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Midnight shadows

Cady era bloccata in un sorriso incantato, sincero e assolutamente ebete.

Si mordeva il labbro.

- Ti prego dì qualcosa, mi stai facendo impazzire. - sussurrò Seth.

Lei, in tutta risposta, si avvicinò lentamente e mise la mano destra sulla guancia sinistra di Seth, accarezzando delicatamente la pelle leggermente ispida a causa della lievissima ricrescita della barba.

Passò il polpastrello del pollice sul labbro inferiore, che si dischiuse leggermente.

- Stai fermo. - mormorò piano.

Seth sorrise.

Lei avvicinò il viso, incurante dei due ragazzi che guardavano la scena, l'uno arrabbiato e l'altro disgustato.

Cady fece incontrare le loro labbra, in un bacio delicato.

Senza forza né irruenza, si baciarono dolcemente. Poi Cady scostò il viso e ai diresse verso l'orecchio sinistro di Seth.

- Ti basta come risposta? - mormorò, sorridente.

Seth le lasciò un bacino sulla guancia, che fece ridere Cady.

Un colpo di tosse.

- Ehm, se volete ce ne andiamo. - borbottò Jake, con una smorfia d'irritazione.

- Per me va bene. - rise Seth.

- Aspettate. Non abbiamo mica finito. - disse Cady, rimanendo vicino a Seth, ma senza toccarlo.

Se voleva ottenere le informazioni che le servivano doveva stare attenta a non rendere Jake e Cam indisponenti.

Dando un'occhiata al viso di Jake cercò di scacciare il pensiero che forse fosse troppo tardi.

- Devo fare delle domande anche a voi.

Aprì la mano in cui aveva ancora i due bigliettini rimanenti e lo sguardo le cadde sul numero 2, quello di Cam.

- Le tue domande sono diverse: perché ti sei fatto vivo solo ora? E i soldi di chi dovrebbero essere, se fossimo corretti?

Cameron sbuffò.

Si passò una mano tra i capelli e si sedette sulla panchina, mentre Cady si appoggiò a un altalena e Seth rimase in piedi.

- È stata una mia negligenza. Mio padre mi ha affidato il controllo della situazione all'inizio della sua prigionia, quattro anni fa, e nei primi tempi andavo spesso ad assicurarmi che fossero lì. Poi lasciavo una foglia di basilico per capire se qualcuno avesse mai toccato. La foglia rimaneva sempre lì, immobile, e mi sono chiesto "Perché aprire ogni volta per controllare se qualcuno li ha presi?". Sicuro che nessuno li toccasse, che nessuno ne sapesse qualcosa in realtà, ho più o meno smesso di controllare del tutto.
Poi lunedì 16 dovevo pagare l'affitto, ma il mio capo non mi aveva ancora pagato. Allora ho pensato ai soldi. Ed erano spariti.
Ho rimandato la rata al mese dopo, cioè questo, e sono venuto qui supponendo che tu avessi detto tutto a Jake, con cui stavi insieme.

- E invece...

- Ragazzi, mi dispiace interrompervi ma devo accompagnare mia madre dal dottore fra un quarto d'ora. Possiamo riparlarne? - disse Jake, guardando l'orologio.

Lo sguardo di Cady scattò verso il suo.

- Mandami un messaggio più tardi, magari non di carta viola infilata nella porta. Esistono i cellulari. - le sorrise.

- Va bene. - Cady si morse il labbro.

Jake li salutò e Cady pensò a un momento in cui continuare il discorso con lui.

- Continua. - disse a Cam.

Lui si passò una mano tra i capelli, poi la guardò negli occhi.

- Ho risposto alla prima domanda. Sai bene che venerdì 20 sono venuto qui.

Il cielo si stava scurendo.

Non c'erano nuvole, ma tirava un po' di vento e Cady rabbrividì di nuovo.

- Vuoi la mia giacca? - chiesero all'unìsono Cam e Seth.

Cady ridacchiò.

- Seth, passami la tua. - disse, ancora ridendo.

Lui gliela passò, senza dire nulla.

- Grazie. Vai pure avanti, Cam.

- Come ti avevo detto quel giorno, credevo che tu avessi spifferato tutto e Jake li avesse presi. Ho scoperto solo restando qui un po' e indagando che li aveva presi tuo padre.

- Non li ha presi, glieli ha affidati il Presidente della Corte Suprema di New York.

- Come vuoi. Fatto sta che quei soldi non sarebbero dovuti appartenere a lui. Di quei dieci milioni, Connor ne doveva ricevere due e mezzo, dando la cifra concordata agli afghani, e Cooper lo stesso secondo gli accordi con i Cinesi. Cinque sarebbero spettati alla mia famiglia.

- Ma due sono spariti.

- Due sono spariti. E chiunque li abbia è un gran figlio di puttana.

- E quattro sono andati in beneficenza.

- Cosa?! - sputò Cameron, sbigottito.

Cady non poté fare altro che rivolgere il suo sguardo a Seth, che stava attento a non mostrare emozioni.

- Quindi sono rimasti solo quattro milioni? Nelle tasche di chi poi?

- Non ha importanza. Erano soldi sporchi.

- Erano pur sempre soldi. - commentò Cam agognato.

Come avrebbe spiegato a suo padre che si era fatto fottere tutti i soldi? E che degli originari dieci milioni ne erano rimasti solo quattro?

Per fortuna aveva ancora tre anni per avere il culo in salvo.

***

Mezzanotte.

Cady aspettava Jake al molo.

Se doveva essere una serata spiacevole, preferiva scegliere un luogo dove c'era qualcosa di bello da guardare.

Un'ombra si avvicinava sulla lunga pista di legno scuro. A dire il vero, non si vedeva molto.

La luce candida della luna proiettava figure ellittiche tra le onde del mare, estremamente schiacciate e assolutamente bellissime. Scintillavano.

A Cady piaceva pensare che le stelle riflettessero la luce della luna e quando illuminavano la notte ampliassero il suo splendore.

Il silenzio era rotto solo dall'infrangersi delle onde e dallo scricchiolìo delle scarpe che camminavano sul legno, sempre più vicine.

- Sono qui. - sussurrò.

- Ti aspettavo.

- Lo so. - un sospiro.

- Dobbiamo parlare. - soffiò Cady.

- Lo so.

Non c'era vento, tutto era tranquillo.

Jake si sedette accanto a lei, vicino abbastanza da sentire il suo profumo.

- Dovevi davvero accompagnare tua madre dal dottore?

- No.

- Va bene.

Rimasero qualche istante così, con la mente libera e i piedi poco sopra l'acqua del mare, le gambe penzoloni.

L'atmosfera era calma, serena e leggera. Erano a proprio agio, un po' come alcuni mesi prima, quando Cady si illudeva ancora che tra loro potesse funzionare.

Tuttavia non rimpianse nulla.

- Hai tante cose da dirmi... È meglio se inizi. - gli disse, con voce dolce.

Lui annuì.

- Miami era per me una casa vera e propria. I miei lavoravano tantissimo, quasi dieci ore al giorno, e non avevano tempo di starmi dietro.
Finché c'era Judy, la baby-sitter, le cose sono andate avanti più o meno bene. Poi sono cresciuto e loro hanno ritenuto di potermi lasciare a casa da solo, senza preoccuparsi tanto della mia compagnia.
Sai, la scuola mi annoiava e tagliavo spesso. Mi sono interessato al lavoro di mio padre: lui faceva il camionista. Trasportava carichi di droga tutto il giorno, tutti i giorni, senza sosta. Se andava tanto lontano doveva fermarsi a dormire fuori casa e io volevo seguirlo. Mi annoiavo terribilmente e quello che faceva era figo, era tosto.
Pensavo che avrei acquistato la sicurezza necessaria e l'autostima per diventare un uomo vero.
Per mio padre era più facile usare me, un semplice ragazzino, come copertura rafforzativa. Nessuno faceva mai controlli quando c'ero io accanto a lui nei viaggi.
Con il tempo, mi sono accorto che andavamo spessissimo a New York e visto che era lontana da Miami, mia madre si arrabbiava. Ma di più non poteva fare: o stava zitta o finiva male; mio padre non poteva permettere che andasse via sapendo tutto quello che sapeva.
E lei soffriva in silenzio.
Ci assentavamo sempre più spesso e a lei non andava bene. Riusciva ad avere il coraggio di protestare, nonostante mio padre non fosse esattamente un uomo gentile e premuroso.
Lo ricattò: esigeva di non restare da sola. Uno di noi sarebbe dovuto rimanere con lei se l'altro stava via dei giorni.
Ovviamente mio padre non trascinò questa situazione a lungo. Però non pensavo che fosse in grado di ucciderla. L'aveva ammazzata, e aveva avvolto il suo omicidio in una coltre tanto spessa di mistero che la polizia non arrivò mai a lui.
Ma io sapevo. Ed ero terrorizzato.
Un giorno iniziò a lamentarsi del fatto che avevano condannato il suo rivenditore, ovvero Dallas, e si comportò peggio del solito.
Avevo sedici anni e avevo paura del mio unico genitore rimasto, così ho rubato dei soldi e sono scappato.

- Davvero? Sei scappato?

- Sono venuto qui a San Francisco. Non sapevo che tuo padre fosse arrivato allo stesso tempo. Ho indagato piano piano su tutta la questione e devo ammettere che non è stato così facile. Ci ho messo mesi a ricostruire tutto. Qui non è come a Miami: là avevo i miei contatti, le mie facilitazioni. Era più semplice ottenere informazioni.

- Quindi non sei venuto perché ci siamo trasferiti noi?

- No.

Cady si tranquillizzò.

- Ero arrivato da poco e stavo finendo i soldi, così ho cercato lavoro. La donna che lavorava all'agenzia di lavoro era dispiaciuta per me, così mi ha messo in contatto con suo fratello, un uomo che mi ha dato una casa e tutto quello di cui avevo bisogno. In cambio chiedeva solo che lavorassi alla sua officina di auto e io accettai.
Lui insisteva per mandarmi a scuola e io non ho potuto rifiutare. Gli dovevo davvero troppo. Anzi, gli devo.
Compiuti diciotto anni, ho cercato un alloggio personale e poco dopo ho conosciuto te.

Qui si fermò.

Si voltò a guardarla. Lei aveva gli occhi fissi nelle onde del mare.

Le scostò i capelli dalla spalla e diresse il suo mento verso di lui con un dito.

- Chiedimelo.

Cady inspirò. Alzò le sopracciglia per chiedere conferma.

Jake fece cenno di sì.

- Sapevi chi ero, vero? Sapevi chi era mio padre, dico bene? Sapevi tutto...

- Sì. Lo sapevo.

- Ecco perché non riuscivi ad amarmi. Eri accecato dal desiderio di soldi, di potere.

- Volevo essere superiore a mio padre, dimostrarmi un successo invece di un fallimento.

Silenzio.

- Invece sono un completo fallimento. Non solo non ho ottenuto i soldi, la cosa meno importare che io possa volere, ma ho perso te. Tu, l'unico elemento positivo della mia vita disastrata.

La guardò negli occhi, quegli occhi che riflettevano la luce della luna come specchi trasparenti.

Erano lucidi. Cady stava trattenendo le lacrime.

Aveva investito talmente tanto di sé stessa per lui... Il ricordo era peggio di un pezzo di vetro conficcato negli occhi.

- Mi sono reso conto dopo. Ho capito quanto significavi per me solo quando ti ho persa. E non c'era niente di più doloroso del vuoto che sentivo.
Ero arrabbiato. Ma non con te, come volevo credere, con me stesso.
Sono stato un coglione.

- Sì, lo sei stato. - ridacchiò Cady, con la scia di una lacrima sulla guancia sinistra. Brillava nell'oscurità della notte.

- Se ti dico che mi dispiace, riusciresti a perdonarmi?

- Solo se lo intendi davvero.

- Basta mentire. Basta giochetti. Basta piani segreti e fregature. Giuro che mi dispiace, lo dico con la mano sul cuore. - e lo fece, mise la mano sul cuore.

- Ti credo. - sorrise Cady.

Jake si sdraiò, lasciando le gambe penzoloni sul mare e il busto sul legno, con gli occhi al cielo.

Cady lo imitò, guardando le stelle.

- Farei qualsiasi cosa per tornare indietro... Dirti quanto ti amo. Ma forse chiedo troppo. Quindi... Mi limiterò a sperare che tu sia felice.

Volse la testa verso di lei, l'orecchio contro la tavoletta di legno, a sentire il mare sussurrare.

Anche lei si voltò.

- Due mesi fa avrei fatto qualunque cosa per sentirti dire tutto questo.

- E adesso?

- Adesso sento un vaso di miele cospargersi su una ferita remota. La addolcisce, la ricuce, la cura. Ma non la cancella.

- Non riesci a passarci sopra?

Lei respirò piano, chiudendo gli occhi.

- Ci passerò sopra, prima o poi, ma non è quello che mi impedisce di amarti come una volta.

- Ho capito. Ami lui, non è così?

Annuì.

- Seth è stato quello che ha ignorato i miei difetti e ha abbracciato la me spinosa e aggressiva, quella che amo essere ma allo stesso maledico. Non è facile essere "La Stronza", sai?

- Be', hai classe. - rise Jake.

- A volte faccio il bilancio mentale di chi mi circonda e mi rendo conto che le persone che non mi sopportano sono il triplo di quelle che lo fanno. È triste. Forse se fossi una sfigatella dolce e gentile sempre, mi amerebbero.

Jake scosse la testa.

- Hai torto. Chi sopporta sempre il peggio di te vuol dire che ama anche i tuoi difetti e ti ama davvero. E poi, non ti servono cento persone che ti amano per la tua gentilezza e ingenuità, che è in un certo senso insipida, se hai dieci persone che ti vogliono bene davvero e adorano la tua vena comica sadica e la tua ironia cattiva ma a buon fine.

- Un quarto di cento è venticinque. - obiettò Cady.

- Accontentati, ho la sufficienza in matematica! - ridacchiò lui.

Risero insieme.

Cady sentiva che qualcosa, dentro di lei, era finalmente andato al posto giusto. Un po' come un ossicino che si era aggiustato. Ed era felice.

- Grazie. Per... Questa serata... Alternativa? - sorrise a Jake, dolcemente.

- Quando vuoi. Ehi, non mi importa essere il tuo ragazzo. Solo... Non dimenticarmi. - sussurrò.

- Say you'll remember me
Standing in a nice dress,
Staring at the sunset, babe
Red lips and rosy cheeks
Say you'll see me again
Even if it's just in your
Wildest dreams, ah-ha ohh - canticchiò Cady.

- Metterò un bel vestito, ma non il rossetto, Cady. - rise Jake.

- Stupido. - rise anche lei.

Cady era incapace di non sorridere. Era troppo felice: finalmente aveva recuperato un po' del rapporto con Jake e il suo comportamento aveva avuto delle ragioni. Certo, aveva le sue colpe, ma sentiva di poterle perdonare. In fondo, intendeva davvero quello che aveva detto.

- Sono le tre. Siamo due pazzi. - disse Jake, guardando l'orologio.

- Due pazzi che si prenderanno la broncopolmonite e che continuano a ridere, nonostante tutto.

Sospirarono.

Jake prese il cellulare e mise Little Things.

- Grazie di tutto. Siamo due deficienti, ma non me ne pento. - disse Cady.

- It makes no sense to me...

Cady lo abbracciò.

- I'm here for you.

- Smettila di cantare o piango.

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