Un, due, tre, lo sbaglio viene da sé
Chiaramente le scorciatoie non portano sempre prima alla destinazione voluta.
A volte ti fanno perdere per sentieri di montagne dove, in lontananza, senti eccheggiare gli ululati dei lupi.
Rimasi furibonda verso me stessa per giorni, per essere stata quasi presa in trappola dalla truffa dell’agenzia Vero Amore.
Quasi? Ci ero cascata con tutte le scarpe e solo il fortuito arresto della banda di criminali mi aveva evitato di perdere il denaro e probabilmente la faccia!
Ringraziando il cielo, ero stata prudente fino all’ossessività.
Avevo chiamato l’agenzia usando un telefono pubblico e anche se il nome usato per prendere l’appuntamento era stato il mio, il cognome non lo era, quindi le possibilità che mi rintracciassero quale testimone da convocare in tribunale erano davvero ridotte al lumicino.
Una volta convinta che nessuno avrebbe mai scoperto quanto ero stata ingenua, ripresi baldanza. E la lista.
Decisi di iscrivermi a un corso di ballo, per antonomasia terreno fertile di storie d’amore.
Naturalmente non poteva essere un corso divertente, come la zoomba, la macarena, la danza del ventre.
Non dovevo scegliere il tipo di ballo basandomi sul fatto che fosse divertente o in base alle mie preferenze personali.
Il criterio di selezione doveva essere il numero di uomini iscritti suppergiù miei coetanei.
A tal scopo mi recai in tre diverse scuole di ballo, facendomi accompagnare in giro dall’addetta alle iscrizioni, con la scusa di voler dare un’occhiata alle varie lezioni per decidere quale tipo di ballo fosse meglio per una dilettante come me.
Nessuna di loro ci cascò.
Se avessero avuto un euro per ogni donna che scopriva la vocazione tardiva di ballerina e dava forfait appena invitata a cena da uno degli altri partecipanti al corso, si sarebbero ritirate a vita privata da anni.
Una mi disse chiaramente che per dieci euro poteva indicarmi i corsi con più presenze maschili. Accettai.
Rimasi a osservare le coppie danzanti, e non c’è voluto molto prima che iniziassi a fantasticare di essere tra loro, praticamente la migliore del gruppo. Il mio talento naturale sarebbe emerso dal primo momento, mentre volteggiavo con grazia tra le braccia del mio compagno, eseguendo senza sforzo il valzer viennese.
Purtroppo, il corso in carenza di donne e con molti uomini, era quello della bachata e del tango. Ovvio. Se hanno loro la scelta, ovviamente si precipiteranno verso quei balli dove è possibile sperare (grazie alla propaganda spesso ingannevole dei film sul ballo) di trovare partner con la mercanzia in bella mostra pronta a strusciarglisi addosso con la scusa di eseguire un passo di danza.
Addio lunghi vestiti principeschi e sogni di uomini in completo elegante con mantello chiuso da alamari d’argento.
Benvenuto abito aderente e uomini in canottiera o giacca di lustrini.
Ormai avrete capito che non sono persona da lanciarmi sola in simili iniziative. Stranamente, questa volta la mia vittim… la mia compare nell’impresa non fu Giulia, ma Daniela.
“Posso venire io alla lezione gratuita di prova? Davvero?” potevo sentirla fare una danza della vittoria dall’altra capo del telefono.
“Mi sembra stupido portarmi dietro la concorrenza. Tu sei già sposata e fuori dai giochi.” era stato il motivo principale nello sceglierla.
Lo ammetto, ancora un po’ ce l’avevo con lei per la storia del cugino mammone.
“Non m’importa del motivo. Questa storia degli asili mi sta rendendo pazza e ho bisogno di parlare con qualcuno che non è genitore.” mi mise a parte delle ultime novità: per il figlio della sua vicina di casa era stato trovato un posto nell’asilo pubblico perché non era sposata e quindi risultava ragazza madre, a cui spettano determinati aiuti.
“Il che è ridicolo perché convive con il compagno, ma si sono guardati bene dal segnalare la cosa alle autorità. Sai perché?”
“Avanzare nella graduatoria per l’asilo?” azzardai.
“Assegni per ragazze madri.” abbaiò.
“Aspetta, significa che parte delle mie tasse finiscono nelle tasche della tua vicina?”
“Mi ha detto in faccia che sono stata una cretina a sposarmi. Che se non lo facevo avrei avuto anch’io quei soldi, anche se convivevo con il mio compagno, e potevo fare la casalinga come lei invece di ammazzarmi con il part-time al mattino e la bambina al pomeriggio, perché tanto nessuno controlla mai come stanno le cose. Anzi, rideva, perché adesso con il cambio della legge i conviventi avranno gli stessi diritti degli sposati, quindi in caso di separazione avrà tutte le tutele che ho io. Solo che ha anche gli assegni e il posto all’asilo, la povera sedotta e abbandonata.” ringhiava.
“Denunciala al fisco.” le suggerii.
“Non posso. Accettano solo soffiate non anonime.” quindi aveva già preso le informazioni per farlo “Immagina la mia vita se i vicini scoprono che ho fatto la spia.”
Io non mi sarei mai più fidata di confidarle qualcosa. Non importa se l’avesse fatto per sanare un evidente torto.
“Quindi mi serve davvero una serata fuori per distrarmi dal pensiero che quella infingarda manipolatrice mentendo al sistema ha infilato suo figlio in una struttura dov’è sorvegliato e gli insegnano a leggere e scrivere mentre le persone come me, che hanno fatto tutto per bene, devono svenarsi per mandare i figli in bugigattoli di strutture private dove è già tanto se a cinque anni sapranno distinguere le lettere dell’alfabeto e convivere con il terrore che un giorno al tg vedranno le maestre di questo bugigattolo arrestate per sevizie ai minori.” praticamente, la vicina è la sua Lisa.
“Uau.” dissi “Ma davvero passi le giornate in preda a simili pensieri?”
“Si!” è stata la risposta.
Mi fece sentire improvvisamente più positiva.
*
Daniela riuscì a trascinarsi dietro il recalcitrante marito.
“Tesoro, queste sono cose per disperati in cerca di compagnia. Io ho già moglie.” le stava dicendo forse per la milionesima volta, davanti all’ingresso della scuola di danza “Oh, ciao Sandra!”
“Ciao. Vedo dell’entusiasmo per questa serata.” le presi in giro, senza sentirmi ferita per quel disperati che poteva benissimo ritrarmi a pennello.
“Fa così ogni volta.” alzò gli occhi al cielo la mia amica “Fosse per lui non faremmo mai altro che guardare la tv e andare al pub con gli amici.” perché mi era tanto difficile trovare un brav’uomo con simili ambizioni? “Poi lo costringo a provare qualcosa di nuovo e si diverte come un matto.”
“Non in questo caso.” ribattè lui con determinazione “Non so ballare, non mi piace farlo e mi sento ridicolo quando ci provo.” riassunse efficacemente i miei medesimi sentimenti verso il ballo in generale.
Cinque minuti dopo Daniela ce l’aveva con me per averli invitati e suo marito per la gratitudine mi avrebbe baciato i piedi anche dopo una giornata di jogging.
A causa di un’imminente concorso di ballo da sala, molte allieve si aggiravano per la struttura con il costumino da gara, per abituarsi a portarlo.
Erano pezzi di tessuto paillettato o coperto di strass, a malapena sufficiente per coprire i punti strategici. Il resto era una distesa di tessuto trasparente o pelle nuda di datazione poco superiore ai vent’anni.
Gli uomini non sapevano neanche da dove iniziare a bearsi la vista, come uno zuccheromane davanti a un buffet di dolci. Ci volle una vita per arrivare all’aula dei dilettanti, perché il marito di Daniela rimaneva sempre indietro.
Nella sala coperta di specchi, ci aspettavano una ventina di altri partecipanti e i maestri, una coppia sposata sui quaranta molto in tiro: lui abbronzatura artificiale e sorriso totale, lei quasi in costume adamitico, su tacchi che mi avrebbero azzoppata in un secondo e una gestualità molto accentuata.
Iniziarono mostrandoci quello che, nelle loro intenzioni, sarebbe dovuto essere il nostro livello a fine del corso, se avessimo deciso d’iscriverci.
I primi dieci minuti dell’ora gratuita trascorsero così, guardandoli esibire la propria bravura in contorcimenti tali che sospettai richiedessero sedute fisse dall’ortopedico.
“E ora, un po’ di pratica, tanto per vedere come vi muovete e stabilire le coppie.” annunciarono, dopo essersi divertiti ben bene.
Avevo già scrutato a fondo la fauna maschile disponibile. In mancanza di dati personali, potevo basare le mie preferenze unicamente su criteri estetici e incrociare le dita.
Dallo spesso strato di uomini di mezz’età che strascicavano i piedi ed erano lì per lo stesso motivo per cui c’eravamo noi donne (porre fine al proprio status di single) emergevano ben tre esemplari che sarei stata felice di conoscere.
Nessun cenno di calvizia, completi di ottima fattura, altezza adeguata, spalle larghe e fisico quasi statuario che tradiva una certa abitudine sportiva. Il che non guasta mai.
Sfortunatamente, ero stata puntata da un ometto che rappresentava alla perfezione il contrario del mio ideale di Principe Azzurro.
Mi arrivava a stento alle spalle, aveva una lucida pelata davanti e un codino da sfigato sulla nuca. Occhiali, cinturone da cowboy che il suo fisico emaciato (per non dire scheletrico) faceva sembrare un salvagente, stivali sempre da cowboy in cui sguazzavano le gambe a stecco.
Se quell’abbigliamento era stato un tentativo di darsi un’aria virile, aveva ottenuto il risultato opposto. Pareva la controfigura di Woody Allen.
“Ciao.” mi salutò, piazzandosi davanti a me con un gran sorriso. Assunsi un’espressione cordiale mentre freneticamente cercavo di capire come uscire da quella situazione. Conclusi che non potevo.
“La storia della mia vita.” considerai piena d’amarezza. Aveva mani umidicce ed era chiaramente nervoso. Mi prese per mano e, imbarazzati, stavamo per assumere la posizione di partenza quando intervenne l’istruttore.
“No, no, non andate bene insieme. Cercate di appaiarvi a partner con un’altezza simile alla vostra!” la particolarità di me che ho sempre odiato, mi salvò. L’istruttore demolì le coppie formatesi spontaneamente e ci ridistribuì.
Al cowboy toccò una panterona evidentemente disponibile, per cui non parve rimpiangermi particolarmente.
Quanto a me, lo dimenticai subito: ero stata destinata a uno dei belloni presenti! Carino, adeguatamente alto…era la mia chance!
Ci presentammo e mentre tentavamo goffamente di copiare i bassi base della bachata, iniziammo a chiacchierare.
“Prima lezione anche per te?” chiesi, decisa a essere intraprendente. Tutt’attorno erano molte le donne che ci sbirciavano in tralice, ed era evidente che alla prima pausa l’avrebbero preso d’assalto. Dovevo giocare d’anticipo.
“Già. Io e il mio compagno abbiamo deciso di provare perché dei nostri amici ci hanno detto che ballare snellisce i fianchi.” e con un movimento della testa indicò uno degli altri due belloni in sala.
Ovvio. Se mi mettono un bell’uomo in mano, è gay.
Non nego che fu un colpo durissimo, ma in un modo o nell’altro riuscii a trattenere il mio urlo di rabbia e dissi, con voce tremante “Io invece sono stata invitata dai miei amici, laggiù.” dopodichè mezz’ora passò cercando di non pestarci i piedi a vicenda e scambiando chiacchiere banali su quanto fossero ingannevoli i film, dove la danza sembra facile e divertente e tutti imparano a ballare, mentre noi sembravano arti strappati di un ragno artritico.
Durante la pausa i volti erano in gran parte delusi. Sorseggiando un’aranciata venni presentata al compagno del mio partner e stavamo scambiando i convenevoli di rito quando sentii picchiettarmi sulla spalla.
Era il terzo bellone della sala.
“Può essere la mia partner per il resto della lezione? Non riesco proprio a legare con la mia.”
Il mio sguardo andò al volto bello e virile che mi parlava, alla donna giovane, aggraziata e con il broncio alle sue spalle, e alla coppia gay che furtivamente mi sorrisero come a dire “Buttati, non fare la scema!”
“Oh, ehm… se va bene a tutti…” il cambio fu decretato, le coppie scambiate e la seconda mezz’ora di lezione decisamente più piacevole, ora che nella mente non mi turnicavano pensieri sulla predestinazione allo zitellaggio.
E sapete come andò? Tornai a casa sola. Ma lui aveva nella memoria del cellulare il mio numero di telefono, che usò il giorno seguente in barba alla regola secondo cui bisogna aspettare tre giorni per contattare una donna che vi interessa.
Nel frattempo avevo indagato a fondo su di lui tramite il web e non poteva avere le carte più in regola di come apparivano.
Master in economia, un qualche impiego indecifrabile in Borsa, parlava mezza dozzina di lingue, le fotografie su Facebook avevano come sfondi yacht, appartamenti di lusso e ville in campagna.
Mi sentivo euforica come una che dopo aver comprato gratta e vinci per anni senza mai vincere, si ritrova il jackpot tra le mani. Sperai che andasse tutto bene.
Ho odiato quasi tutto della lezione di ballo e non vedo altro motivo per cui la gente vi partecipi se non per rimorchiare.
Mi portò a cena fuori e fu idilliaco.
Nessuna forma di restrizione alimentare, nessun indizio che preferisse gli animali alle persone, nessun accenno a omosessualità latente o evidente, nessuna ex-moglie, nessun figlio.
“Mi terrorizza che un uomo così perfetto si stia interessando a me.” confessai a Sofia, in ufficio, dopo un secondo appuntamento ben riuscito quanto il primo “Insomma, dov’è la fregatura?”
“Allora ti sei finalmente convinta che non esiste l’uomo perfetto?” chiese.
“La perfezione comprende un difetto trascurabile, e io non ho ancora trovato quello di questo tizio. Uno così di solito paga il mantenimento di tre o quattro figli a ragazze che l’hanno incastrato, ha ex-mogli sanguisughe, o se è libero trascorre le notti a far festa. Oppure la mia è un’idea stereotipata degli uomini belli e ricchi?”
“Stai descrivendo metà dei miei compagni di classe alla scuola Svizzera.” ha ribattuto lei.
“Lui invece è calmo, non ama gli eccessi, è premuroso… mi sembra troppo bello per essere vero.”
Naturalmente, lo era.
Al terzo appuntamento, quando iniziavo a sentirmi più sicura e a rilassarmi, venne a prendermi. Appena seduta in macchina disse “Mi sono accorto di aver dimenticato a casa il portafogli. Vuoi aspettare qui mentre vado a prenderlo o vuoi venire con me?”
Mi sentii lusingata da quello che interpretavo come un tentativo di portarmi in casa e bruciare le tappe, anche se realizzai di colpo di non averne una gran voglia.
Anche se fantasticavo di continuo sull’andare insieme al matrimonio di Lisa dove l’avrei sfoggiato come quel prezioso esemplare di maschio invidiabile che era, non avevo mai immaginato una nostra intimità.
Di solito una donna non fa che pensare a cosa e quando succederà con un uomo che l’attrae.
Scacciai quel pensiero e accettai. Mi stavo facendo troppi problemi. Non sarebbe accaduto nulla, avremmo recuperato il portafogli e saremmo andati a cena in un bel ristorante a bordo di quella favolosa mercedes.
“Ti va di vedere il mio appartamento?” propose, quando arrivammo davanti al condominio signorile dove abitava.
Tombola, come si fa a rifiutare con gentilezza? Io non riuscii a trovare una mezza scusa e sorridendo salii con lui.
Nella mente iniziavano a turnicarmi pensieri preoccupanti: quanto conoscevo quel tizio? Avevo lo spray al peperoncino nella borsetta?
L’appartamento era arredato come in un catalogo per persone rampanti. Vetro e acciaio, tocchi di morbidezza data da quadri con paesaggi marini, colori neutri.
“Ho rinnovato tutto l’anno scorso. L’arredatore ha fatto un buon lavoro, non ti pare?”
No, sarebbe stata la mia risposta onesta, invece della sfilza di bugie su quanto mi piacesse. Sono il tipo da mobili in legno scuro, piantine fiorite sparse qui e là, una coperta di pile sul divano e tracce di disordine evidenti.
Quella era un’abitazione asettica. Da benestante in ascesa, ma asettica.
“Ti andrebbe un aperitivo?” vidi allora che quella che sembrava una scrivania nel mezzo del salotto era una postazione da barman completa di tutto.
“Veramente no. Sai, voglio tenere lo spazio per la cena.”
“Sai, l’ho capito già alla scuola di ballo che sei una persona che dà importanza ai bisogni fisiologici.” disse, versando da bere solo per sé.
“In che senso?”
“Beh, basta guardarti per capire che non stai a dieta.”
Brutto bastardo! volevo urlare Mi stai dando della grassa? Ti informo che nelle ultime settimane ho perso due chili!
“Per questo mi sei piaciuta. Cerco una compagna sana, in grado di riprendere rapidamente le forze.”
Furibonda per la sua allusione alla mia scarsa snellezza, mi ripetevo che non era grave, e ripetendomelo continuamente avrei finito con il crederci!
“E tu sei perfetta per quello che vorrei fare.”
“Scalare montagne?” borbottai, sentendomi offesa.
Gli brillarono gli occhi “Fruste!”
Il sentimento di offesa si dileguò, lasciando spazio all’incertezza “Fruste?” ripetei senza capire.
“Ma si, dai, non dirmi che sei l’unica a non aver letto Cinquanta Sfumature!”
Se volete saperlo quel libro andrebbe bruciato!
Ha convinto migliaia di uomini che tutte le donne segretamente vorrebbero essere legate con cinghie e prese a pagaiate sul didietro!
Beh, miei cari, se quella donna non ha provato per voi immediato magnetismo animale, non siete ricchi, non pilotate elicotteri di vostra proprietà e non avete un fisico da modello di costumi da bagno sormontato da una testa di bellezza degna di esposizione al Louvre, facendo simili proposte vi troverete a essere voi i pagaiati!
“Ho già attrezzato una stanza con tutto quello che può servire.” proseguiva l’imbecille aspirante torturatore “E non vedo l’ora di provarla con una donna che sappia capire quanto può essere eccitante.”
“Spero per te che la troverai presto!” ho esclamato, indietreggiando verso la porta “Mi spiace ma queste cose non fanno per me.” almeno non con te.
Forse da Claudio sarei stata disposta a farmi sculacciare, ma non da altri.
“Ma… aspetta! Non essere così perbenista! È una cosa del tutto innocente…” provò a spiegarmi in extremis, inseguendomi giù per la rampa delle scale (ho preferito non aspettare l’ascensore e filare).
Che irritazione quando la gente ti dà della perbenista per convincerti a fare qualcosa che non vuoi!
“Spiegami una cosa: ti andrebbe bene anche se fossi io quella con la frusta in mano?” gli domandai, senza fermarmi. Lui invece si bloccò.
“Certo che no. È sbagliato!”
“Perché?”
“Perché non voglio sentire dolore!” affermò come se fosse la cosa più logica del mondo.
“Ma tu guarda, neanch’io!” eravamo in strada “Sai, mi spiace interrompere quest’amicizia proprio ora che avevamo trovato una cosa in comune, ma …. Stammi-alla-larga!”
*
Ed eccomi qua nella mia cucina, dopo aver smontato in meno di due minuti l’impalcatura estetica a cui avevo dedicato un’ora per fare bella figura con quel cretino che cercava solo una donna robusta da prendere a nerbate o farci chissà quali giochini erotici.
Questa rapida e scioccante serata mi ha fatto concludere che per essere ideale un uomo non deve necessariamente volermi coinvolgere nelle sue attività preferite.
Francamente inizio ad averne abbastanza degli uomini. Punto.
Le mie amiche avevano ragione. Dovrei baciare i piedi di tutti i santi se troverò un uomo perfettamente normale, senza grandi pregi ma nemmeno le turbe che ho scoperto finora.
Per il momento vorrei solo qualcuno che mi ricordi perché noi esseri umani ci intestardiamo tanto a non voler restare soli perché più vado avanti più diventare monaca di clausura mi sembra appetibile.
Però non posso ancora darmi per vinta.
Non ci riesco. Nonostante la parata di casi umani che affollano la vita dei single milanesi over trenta, ancora non posso arrendermi.
Dio solo sa cos’altro ha in serbo il destino per me!
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