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Perché si sceglie la solitudine

“Ma sai cosa lo ha davvero fatto invaghire di me? Che tutti gli altri mi volevano. Ho iniziato accettando di uscire con un altro ragazzo, quello ha raccontato in giro che ero divertente e mi ha fatto entrare nel gruppo. Tanti hanno iniziato a voler uscire con me, e questo per i maschi è l’afrodisiaco più potente. Impazziscono per una donna desiderata da tanti uomini. Non gliene frega niente se è bella, brutta, intelligente, scema o ha le pustole: se un altro la vuole, devono averla! Adesso che è mio marito, mi sono forse rilassata? No, sono ancora in tiro, perché lui deve credere che ci metto mezzo secondo a sostituirlo se osa sgarrare!” picchiò un pugno sul tavolo, per sottolineare il messaggio.

Era sempre orgogliosa di poter raccontare il suo trionfo personale “Deve credere di amarmi più di quanto amo lui, perché è chi meno ama che tiene il potere in una relazione!” 

 “Si, lo sappiamo. E come mi deve far sentire meglio tutto questo?”

 Si bloccò, leggermente colta alla sprovvista. L’unica cosa che adora più della figlia è ripetere quella storia e inconsciamente non lascia cadere occasione per farlo.

 “Voglio dire che se qualcosa ti ferisce, può non essere del tutto negativo.” parlò lentamente, ponderando le parole “Se davvero ti fa male, significa che lo desideri. A me la batosta servì per acquisire coscienza di me, del mio potenziale. Mi fece tirare fuori gli artigli. Se davvero hai tanta paura di quello che hai sentito, rendilo falso. Attacca. Presentati al matrimonio della stronza a braccetto di un dio greco. Falle vedere che se sei sola è per tua scelta, e ti basta volerlo per prenderti il meglio che c'è sul mercato.”

 “Il punto è questo. È davvero una mia scelta?” oddio, il groppo alla gola, rieccolo “Io mi sentivo felice, prima di sentire quelle parole. Il lavoro, voi amiche, i miei hobby… e se invece di essermi costruita una vita che mi soddisfa ho solo cercato surrogati e mi sono rifiutata di riconoscere la realtà?” si stava facendo strada in me la convinzione che fossi brutta, indesiderabile e potessi aspirare solo al peggio del ramo maschile.

Un ramo che, va detto, più è marcio più pretende da un rapporto senza dare nulla in cambio. 

 “Grazie tante.” fu il commento di Giulia. Ammettere la mia sconfitta significava ammettere implicitamente anche la sua, visto che le nostre vite amorose stavano attraversando la stessa landa desolata.

 “Sapete cosa voglio dire.” feci spallucce “Insomma, io ho sempre voluto una famiglia mia. Credevo che sarebbe arrivata naturalmente, col tempo. Marito, figli, casa con giardino, il pacchetto completo. Non me ne sono mai preoccupata, ero così presa, così soddisfatta, e così convinta che presto questo Principe Azzurro si sarebbe presentato… Ora, d’un botto, mi sento una vecchia ciabatta con alcune storie fallite alle spalle e la sensazione che non ce ne saranno altre.”

 “Questo non è possibile. Se ne hai avute, perché non dovrebbero essercene ancora, e magari quella definitiva?” Daniela alzò un sopracciglio “Oh, Francesco.”

 Quel nome era uno sputo sul pavimento.

 Si, Francesco. È tempo che facciate la sua conoscenza.

 Il vino deve invecchiare per essere davvero buono. Così pure molti formaggi e salumi diventano eccelsi solo con una lunga stagionatura.
Ma ci sono altri cibi che necessitano di riposare un po’ dopo la preparazione, perché ogni boccone sprigioni tutto il sapore delle spezie e dei condimenti che lo rendono unico.

 Il carpione è uno di questi. Si tratta di una marinatura tipicamente italiana.  

 Personalmente preferisco il pollo al pesce, perciò eccovi la ricetta del pollo in carpione:

Tagliate 400 grammi di petto di pollo a fettine o bocconcini. Passateli nell’uovo sbattuto, poi nel pangrattato e friggeteli. Una volta dorati, asciugateli con carta assorbente e salateli. Affettate una cipolla (rossa o dorata) e fatela appassire in padella con olio e alloro. Sfumate tutto con vino bianco (400 ml) e aceto (300 ml) unite salvia, sale, pepe e fate sobbollire qualche minuto.

Ora prendete un contenitore e alternate strati di pollo fritto a strati di cipolla, salvia e alloro. Finiti gli ingredienti, rovesciateci sopra la marinata di cottura (alias carpione). Quando il tutto è freddo, copritelo con pellicola o coperchio e mettetelo in frigorifero. Dopo alcune ore il sapore è celestiale. Si mantiene perfettamente anche per diversi giorni.

 Se lo assaggerete appena fatto, i diversi sapori saranno ancora separati e non vi sembrerà che il risultato possa giustificare il gran lavoro fatto. Ma riponete il carpione di pollo in frigorifero per una notte. Avrete un piatto del tutto armonioso, di consistenza delicata e gusto speziato, aspro.

 Questo fu il mio errore con Francesco. Nonostante un inizio che mi lasciò la bocca insipida, credetti che il tempo gli avrebbe conferito un gusto del tutto diverso. Per certi versi fu così… anche se non nel modo che avevo sperato.

 Ci conoscemmo a una serata di giochi di società, in un pub. Lui e i suoi amici erano alla prima esperienza di gioco; io, Daniela e Giulia, veterane navigate, gli spiegammo volentieri come si svolgevano le gare.

Sedettero al tavolo accanto al nostro e parlammo di cose banali per quasi tutta la serata. Inizialmente sembrava attratto da Giulia, ma con il trascorrere delle ore il suo interesse si era spostato su di me. Ammetto che durante Trivial Pursuit è impossibile non notarmi. Perdo ogni controllo, pigio forsennata il pulsante di risposta, strillo, mi agito, saltello. Il mio entusiasmo lo colpì e a fine serata pomiciammo qualche minuto fuori dal locale.

Non mi sentivo particolarmente trasportata, ma sembrava gentile, simpatico, e pensai che tante storie appassionate nascono con inizi poco promettenti.

Cosa più importante, ero single da otto mesi e sentivo il bisogno di interrompere quella carestia sentimentale.

Lo so. Lo frequentavo tanto per frequentare qualcuno. Una di quelle relazioni senza scintille sotto la cenere. Ma credevo ancora che basta decidere di amare qualcuno per innamorarsene.

 In realtà, le cose filarono bene quasi subito. Era un bravo ragazzo, ci trovavamo bene insieme. Scoprimmo di avere passioni comuni come il cinema, la buona cucina, i thriller. Il tempo trascorreva facilmente.

 Ero molto impegnata, perché stavamo espandendo l’attività. La pasticceria aveva sempre più richieste di servizi di catering ed ero nel pieno delle assunzioni quando conobbi Francesco. Terminati i colloqui e allestite le cucine, mi ritrovai ancora più presa per organizzare le nuove gerarchie interne e scegliere i menù.

 Poi venne il momento delle interminabili sedute con i clienti che pretendevano di esaminare e assaggiare ogni piatto descritto sul menù prima di decidere cosa servire alla loro festa, e riassaggiare ancora e ancora per cambiare idea ogni giorno e complicarmi l’esistenza. Ancora oggi questa responsabilità sottrae molto tempo al lavoro d’ufficio vero e proprio. 

 Il fatto che fossi tanto occupata non sembrava un problema. Francesco si complimentava con me per il successo che stavo ottenendo. Non gli spiaceva che di giorno fossi quasi irreperibile. Era operaio in una cartiera, a fine turno gli piaceva farsi una birra con gli amici. Si vantava di avere una ragazza che non protestava mai se faceva tardi a cena.

Cenavamo spesso insieme, a casa sua a volte, più comunemente da me perché la sua più che in periferia era in un paesino limitrofo a Milano e occorreva del tempo per raggiungerla. 

 Eravamo una coppia tipica, un weekend al mare, tanti in città. Il nostro ritmo era quello rilassato di chi si trova a suo agio con il partner. 

 O così mi illudevo che fosse.

 Dopo tre anni senza scossoni di rilievo, una sera stavo per rientrare, e lui mi telefona. “Vediamoci al tal bar” disse con una voce strana. Fortunatamente non fantasticai di trovare violini tzigani e lui in ginocchio a implorarmi di sposarlo, o sarei schiattata di crepacuore entro dieci minuti.

 Quella sera ho ascoltato quello che credevo sarebbe stato il discorso più inatteso della mia vita. 

 “Ho un’altra” esordisce. “Ti ho tradita, e … finiamola qui. Non sono il tipo che tiene il piede in due scarpe.” interessante affermazione, detta da uno che doveva aver tenuto il piede in due scarpe almeno per un po’.

 C’erano stati segnali, mi chiedevo, qualcosa che avrebbe dovuto farmi capire cosa stava succedendo?

 No, nessun litigio, nessun moto di stizza, nessun comportamento insofferente.   

 Diamine, la notte prima avevamo fatto sesso due volte. Evidentemente aveva deciso di chiudere in bellezza.

 “Non guardarmi così.” mi implorò.

 Schifoso pezzo di cerume, pensai, Mi hai portata in un locale solo per evitare una scenata, scommetto che hai preso la giornata libera per portar via ogni traccia della tua esistenza dal mio appartamento, mi hai cornificato e scaricato. Come dovrei guardarti per non ferire il tuo delicato ego?

 “Cosa pretendi? Che ti allunghi un fazzoletto e ti consoli perché sei stato bravo?”

 “In realtà lo sono stato. Tu sei una donna fantastica, eccezionale… sei troppo eccezionale per me. Ho sopportato finchè ho potuto.”

 Sopportare. Ogni donna sogna di veder finire una storia e scoprire che è stata sopportata. Sotto il tavolo, le mie mani strinsero il tovagliolo che tenevo sulle ginocchia.

 “Che fantasia.” ero stranamente calma. Non ero legata a lui da una passione così forte da sentirmi il cuore spezzato. E lo stupore rallentava di parecchio le mie reazioni emotive. Nondimeno ero ferita.

Ecco... Era il mio orgoglio a esserlo. Non ne ero nemmeno innamorata, ma mi ero sforzata di accettare la sua personalità, i suoi interessi. Avevo messo tutta me stessa per fare funzionare quel rapporto credendo che prima o poi sarebbe diventato il grande amore della mia vita.
Davanti a quel tradimento, realizzai due cose: ero felice che fosse finita e furibonda per come stava finendo.
So diventare parecchio sarcastica se voglio.

 “Mi aspettavo qualcosa di più da te. La storia del ‘ti mollo perché sei troppo per me’ è così scontata. Fa tanto liceale. Non riesci a trovare una scusa migliore? Per esempio, inventarti una spiegazione su in cosa ho mancato? Sono stata terribile al punto che hai dovuto cercare una con cui tradirmi, in cosa, Perdio, sono stata tanto insopportabile?”

 Esitò, poi ammise “Il fatto è che per me è molto più facile stare con lei che con te.”

 Clic, fece il mio cervello. Cosa stava dicendo?

 “Mi sono sentito inferiore a te dal primo giorno. Prima mi sentivo lusingato che una così ci stesse… poi poco a poco mi sono sentito sempre più svilito, più piccolo, poco importante. Tu mi batti in tutto.” mi fissò negli occhi per la prima volta in quell’incontro “Sei più alta, più attraente, più intelligente. E prima che protesti…” levò una mano per zittirmi, ma in realtà mi stava solo uscendo un verso di scherno   

 “Rifletti: io ho un diploma, tu la laurea. Io sono un operaio, tu hai un’azienda.”

 “E anche una socia.” puntualizzai.

 “Resti sempre proprietaria di un’attività. Hai successo nel tuo lavoro, sei stimata. Ti puoi permettere un appartamento molto più centrale del mio, e più bello. In qualunque sport ci siamo cimentati, mi hai superato. In qualsiasi argomento ne sai più di me. Tutti non fanno che dirmi che bastardo fortunato sono a stare con una donna molto più raffinata di quanto saprò mai essere. Dicono che siamo strani perché tu sei più alta. Stare con te mi fa realizzare di essere una nullità su tutti i fronti.”

 “Hai finito?” chiesi, glaciale.

 Forse voleva dire altro, ma tacque. L’espressione che avevo glielo consigliava caldamente, se voleva andarsene sulle sue gambe. Tuttavia aggiunse “Lei lavora con me, non c’è tutta questa diversità, non ha studiato, mi fa sentire intelligente, importante, si appoggia a me…”

 “Non voglio sentire!” lo bloccai “Cosa ti fa credere che voglio ascoltare cosa di questa tizia te l’ha fatta preferire a noi? Mi sembra che sei riuscito a insultarmi abbastanza!”

 “Non ne avevo l’intenzione… io ti voglio bene… nonostante tutto. Ho solo capito che siamo troppo incompatibili, e non voglio essere per tutta la vita uno che la gente indica come quello che vive alle spalle della sua donna. So che non c’è niente di male, ma non lo voglio per me.”

 Stemmo zitti qualche secondo, il segnale che quanto avevamo da dirci era finito, ognuno poteva andarsene per la sua strada. Sempre che non volessi perdere la dignità residua per togliermi lo sfizio di schiaffeggiarlo, ma soprassedei.

 “Va bene. Sei stato chiaro e non voglio trattenerti. Non ho motivo per farlo. Spero solo che il tuo discorsetto non includa la tiritera sul restare amici, perché non voglio vederti più. Hai capito?”

 “Si, lo immaginavo.”

 “Lascio le tue cose in portineria. Fammi riavere le chiavi al più presto.”

 “Eccole.” le buttò sul tavolo “Sono passato stamattina e le ho prese, non credo di aver dimenticato qualcosa.”

 Aveva pensato a tutto. E lì capii che si vergognava. Non era da lui, quel comportamento. Non era tipo da tradimenti, sotterfugi, bugie. In un certo qual modo stava davvero cercando di salvare il salvabile e rimettere entrambi sulla retta via, ma questo non toglieva che lo faceva a mie uniche spese.

 Raccolsi le chiavi “Se hai così poca fiducia in te da credere che tutto questo l’hai fatto per un divario d’altezza, titoli di studio o denaro, non vali davvero niente. Tutte scuse. Credi alle parole della donna tanto eccezionale che ha meritato di essere cornificata e scaricata in un pidocchioso pub: l’hai fatto perché l’hai voluto, e perché non ti importava abbastanza di me da avere la decenza di mollarmi prima di fartela con un’altra.”

Mi guardò e non parve eccessivamente ferito.

 “Hai diritto di arrabbiarti, so che non lo pensi davvero. È stata una cosa naturale.”

 “Mentiti quanto vuoi, ma anche tu l’hai sempre sostenuto: i traditori tradiscono perché vogliono farlo. Non si dà la colpa alle stelle. È chiaro che quello che avevamo per te non era importante. Forse non era perfetto, ma meritava una fine più dignitosa.”

 Non lo salutai. Uscii, tornai a casa, notai l’assenza delle sue cose, andai in camera e piansi. Le mie amiche raccolsero i pezzi. Il giorno dopo stavo meglio ed esplorando i miei sentimenti sentii solo nostalgia. Non avevo il cuore spezzato, ma un orgoglio ferito. Dilaniato. 

 Quello che avevo scambiato per carpione si era rivelata una banalissima omelette di sole uova. Quella va mangiata subito, appena fatta, perché il tempo le fa solo crescere sopra la muffa.

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