Lisa e la torta nuziale
“E va bene, ho fatto una carognata presentandoti Saverio. Sapevo del suo… problemino di dipendenza materna. Ma sua madre mi rompeva da una vita perché gli presentassi qualcuna e…”
“Hai deciso di sacrificarmi.” interruppi Daniela, molto inviperita per la surreale esperienza che avevo vissuto grazie a lei.
“Sai com’è, ho pensato che magari vi sareste intesi. Finchè c’è vita c’è speranza.”
“Un giorno potresti aver bisogno di un rene, e io non sarò in prima fila per darti uno dei miei.” ribattei.
“Okay, okay. La prossima volta…”
“Scordati che ti permetta di organizzarmi ancora qualcosa. Mi spiace, ma sei fuori dal progetto Caccia al Principe Azzurro.” dissi, categorica.
“Non puoi farlo!” protestò “Io sono stata tra le ideatrici!”
“Tu sei quella che mi ha fatta uscire con un tal mammone che anche sua madre non lo sopporta più.” non aveva modo di controbattere, piagnucolò per diversi minuti finchè riattaccammo per dedicarci ognuna ai nostri impegni.
Si era calmata parecchio dopo la promessa di continuare ad aggiornarla sugli sviluppi della vicenda. Immagino presentisse che dopo MicioMacho e Saverio/Madre, la Caccia dovesse portare ad altri eventi assolutamente spassosi per gli spettatori.
Al telefono Giulia era quasi rimasta soffocata dai tentativi di non ridermi in faccia e ogni tanto dalle cucine sentivo salire la risata isterica di Sofia che probabilmente riviveva la scena in cui cercavo di riprendermi la borsetta dalle mani della virago e guadagnavo l’uscita di Bere Milano vergognandomi come un cane per quella scenata.
La doppietta di uscite fallimentari in modi che andavano oltre ogni previsione aveva gettato parecchia acqua sul mio fuoco. Meditavo di accantonare momentaneamente la caccia e lasciare che il destino facesse il suo corso perché, chiaramente, forzarlo portava a pessimi risultati.
Erano trascorse quasi due settimane dalla festa di fidanzamento. Quel sabato mattina, nella metro, ero parecchio appesantita.
Ricordate quando ho accennato al fatto che le donne sono le vere organizzatrici delle feste e non gradiscono avere intorno personale avvenente che potrebbe girare per giorni attorno al loro marito/compagno e costituire una tentazione? Dopo il mio restauro fisico alcune clienti avevano manifestato improvvisi atteggiamenti gelidi, mentre quelli dei compagni si era fatto più cordiale. Volendo evitare qualunque rischio per i guadagni della pasticceria, mi ero organizzata come segue: portavo al lavoro un cambio.
Uscivo di casa tutta in ordine, con un borsone da palestra contenente un castigato tailleur pantalone, fermaglio per capelli e occhiali. Indossavo il tutto in ufficio e poi mi cambiavo di nuovo prima di tornare a casa.
Un gran sbattimento che mi aveva già annoiata, ma era il solo stratagemma trovato per non compromettere in alcun modo gli affari e al contempo essere al meglio per strada o quando facevo delle commissioni.
Dunque, carica del borsone e in bilico su tacchi 5 (non si può chiedere a una donna alta di usare il 12, proprio non si può) ero nei sotterranei della metro quando vidi Claudio.
Nel fine settimana il suo compagno non lavora e quindi non gli dà un passaggio, o così credo, perché lo incrocio spesso sui mezzi pubblici mentre andiamo al lavoro, e quasi ogni volta ci fermiamo a prendere un caffè d’asporto in un baracchino su ruote che sosta vicino alle macchinette obliteratrici.
“Cappuccino senza schiuma e un espresso.” ha ordinato quel giorno senza neppure chiedermi cosa volessi.
Non so se è dovuto al suo essere gay, ma Claudio ha due pregi che finora non ho mai trovato in altri uomini. Anzitutto si ricorda sempre dei miei gusti. E poi non cerca mai di modificarli.
So che il vero cappuccino dovrebbe essere coperto da mezzo metro di schiuma densa. Decine di persone mi hanno avvertita che come lo bevo io è solo caffè mischiato a latte, ma a me piace così. Io voglio un cappuccino bollente con molto latte e senza schiuma, grazie. Ho perso il conto degli uomini che hanno lottato contro questo mio vizio perverso.
“Guarda che quello non è un cappuccino, questo è un cappuccino. Dai, assaggialo e vedrai che non torni indietro…” e ogni volta mi è toccato assaggiare la schiuma e mentire per educazione dicendo che non è male, mentre mi fa schifo.
È incredibile quanto la gente si attacchi a dettagli di così infima importanza come la schiuma del cappuccino. Non volendola, è come se uscissi dai binari giusti, è come se tu volessi urlare al mondo che ti distingui dalla massa… o così ti etichettano gli altri.
Per me significa solo che la schiuma non mi piace, così come non mi piace il pesce crudo o lo zenzero.
Ma in questa società malata di omologazione non c’è spazio per qualcosa di semplice come il gusto personale, se non ti adatti alla tendenza generale cercano di modificarti.
Claudio invece non ci ha mai provato. Dopo aver alzato un sopracciglio la prima volta che mi ha sentito fare l’ordinazione, non ha mai guardato nel mio bicchiere dicendo che deve fare proprio schifo. A volte mi ha chiesto se volevo provare la sua ordinazione ma non ha mai detto che dovrei cambiare la mia.
È da cose come queste, i particolari, che capisci che un giorno sarà un magnifico compagno. Per un uomo molto fortunato, purtroppo.
Con il bicchiere in mano, ci avviamo senza fretta alla pasticceria, chiacchierando del più e del meno.
“Tanto per sapere, come sta andando con la storia della chat room? Qualche appuntamento in vista?” ha chiesto quel giorno.
“Veramente ho già visto un paio di persone, ma non ci siamo piaciuti e la cosa è finita lì.” riposi evasiva, sorvolando sulla tragicomicità delle esperienze vissute di fresco.
“Ah.” è stato il suo commento seguito da qualche secondo di silenzio dove, lo so, meditava interiormente se fosse opportuno non chiedere dettagli o farlo. Sfortunatamente, vinse la seconda opzione.
“Cos’è successo per farteli scartare senza concedergli neanche una seconda occasione?”
“Non so, ho capito che non poteva funzionare.” è stato il mio tentativo di glissare sull’argomento.
“Si, ma cosa…”
“Toh, guarda, i concerti del mese prossimo.” in un palese e disperato tentativo di cambiare discorso, indicai le locandine degli eventi cittadini appese fuori dalla metro “Pezzali già sold out, Venditti idem… possibile che sia più facile vendere un rene che vedere dal vivo i tuoi idoli?”
“Siamo a Milano. Dovresti andare in un posto con meno concorrenza, come Alessandria. Lì di solito qualche posto resta vuoto.” considerò lui, accettando la sterzata sulla conversazione.
Scossi la testa “Alla tua età lo facevo, ma ormai… chi ha il tempo?” gli diedi una pacca sulla spalla “Goditela finchè dura.”
“Ho venticinque anni!” esclamò, offeso “Non sono un pupetto!”
“Scusa, non voglio darti del moccioso. Dico solo che sei giovane.” sapessi che darei per avere ancora la tua età, avrei voluto aggiungere, così potrei scaricare quel perdente del mio ex prima che monopolizzi i miei ultimi anni in cui giravano uomini decenti.
Per il resto del tragitto lui negò di essere giovane e io insistetti che lo fosse. Su queste note arrivammo alla pasticceria e ci dividemmo, non prima che lui mi consegnasse un cioccolatino alla crema di limone augurandomi Dolce giornata.
Mi sentivo così in pace da voler effettivamente accantonare la Caccia. Ma si, mi dicevo, rallentiamo. Prendiamocela con più calma.
Indossai il tailleur, mi feci la coda di cavallo e inforcai gli occhiali. Ero pronta per il lavoro.
La mattinata trascorse insolitamente liscia. Presi accordi per organizzare un rinfresco di battesimo, il buffet freddo di una riunione tra commercialisti, due feste di compleanno, il che richiedeva prenotare i camerieri all’agenzia di fiducia.
I fine settimana portano invariabilmente richieste di catering alla buona per addii al nubilato, la cosa più facile del mondo. Basta portare una scelta di insalate, perché sposa e amiche si mantengono semi-digiune in vista della passerella nuziale. E abbondare di alcolici. Allo spogliarellista provvedono le amiche.
Stavo in piena trattativa con un pazzo che insisteva a voler tenere il suo schiuma-party all’aperto nonostante le previsioni dessero pioggia, quando bussarono alla porta.
“Si, capisco che l’anno scorso ha avuto un successone e cavallo che vince non si cambia, tuttavia è dato per certo che pioverà e io propongo solo di spostare l’evento in un posto chiuso.” intanto una commessa aveva infilato la testa dentro e muoveva lentamente la bocca. Sono un disastro nell’interpretare il labiale, ma riuscii a capire “T-u-a-m-a-d-r-e.” nel mezzo della frase sussurrata.
Sempre seguendo la telefonata, cercai nella memoria se ci eravamo accordate per pranzare insieme o qualcosa di simile. Vuoto assoluto.
In tensione, feci cenno di lasciarla passare. Dopo mezzo minuto mia madre varcò la soglia dell’ufficio… seguita a ruota dalla zia, la madre dello sposo, la sorella e nientepopodimeno che Lisa.
Non so cosa m’impedì di svenire.
Non ero psicologicamente pronta per affrontare la traditrice. Ero troppo incattivita per quanto mi aveva detto alle spalle e temevo di non saperlo nascondere.
Avevo continuato a ricevere sms di Lisa sugli stadi di sviluppo del matrimonio, che mi suonavano tanto come ‘Nananana, io ce l’ho e tu no!’ e non più ‘Sono felice e voglio condividerlo con chi è importante per me’.
La telefonata mi permise di mantenermi calma mentre indicai le uniche due sedie e mimai delle scuse per l’attesa, sorridendo al contempo.
“Si, si…no! No, non è fattibile. Ho sentito il proprietario e non c’è modo di utilizzare anche l’altra piscina. Ah, la cosa più importante è che si possa vedere il cielo stellato. No, no, una soluzione c’è. Esiste una struttura termale con il soffitto di vetro. È anche apribile. Pure se piovesse, la vista del cielo ci sarebbe. Si, mi sembra che fosse anche più grande. Allora chiedo di poter fare un sopralluogo. Si, a che ora? Bene, la richiamo quando verifico la disponibilità del locale. Buona giornata a lei.” sospirai, pregando che in faccia mi si leggesse solo divertimento “Scusate, a volte organizzare queste feste diventa un calvario. Certe persone non vogliono capire che ai capricci del tempo bisogna piegarsi… comunque, che bella sorpresa! Oggi non dovevate andare dal fioraio?”
Rispose mia cugina, tutta pimpante “Ci siamo state. E visto che eravamo in zona abbiamo pensato di fare un salto.”
Mmmm. Doveva essere l’effetto ottico del mio recente acquisito cinismo, però nell’espressione di Lisa scorsi un lampo di scherno. La zia doveva averla trascinata per i piedi, ripetendole che sarebbe stato troppo maleducato trovarsi a due isolati e non passare a salutare.
“E vogliamo scroccare gli assaggi dovuti ai parenti!” esclamò Matilda con entusiasmo.
“Buona, tu.” la rintuzzò immediatamente la madre “Per prima cosa, la torta, poi il divertimento!”
Strana affermazione per una donna coinvolta nei preparativi matrimoniali del figlio.
Per la mia, occuparsi del mio matrimonio sarebbe stato lo spasso del secolo.
“Si, ehm… purtroppo oggi sono abbastanza impegnata.” era vero. Mi aspettavano altri tre appuntamenti, più il sopralluogo alla possibile struttura sostitutiva dello schiuma-party.
Mi sentii grata per tutto quel lavoro. Non ero psicologicamente pronta per trascorrere la giornata sorridendo a Lisa che avrebbe finto di essere entusiasta di avvalersi dei miei servigi.
Ero sicura che fingesse. La giovane che in un bagno pubblico mi parlava alle spalle e si vantava della vita dispendiosa cui stava per accedere, non si sarebbe accontentata di una torta nuziale ordinata a una parente, anche se si trattava di una professionista apprezzata. Voleva il meglio, qualcuno famoso a livello nazionale, costoso all’eccesso, per potersi vantare di averlo assunto.
Tirai fuori l’agenda. Fortunatamente era scritta fittamente, piena di post-it e caotica.
Pareva proprio l’agenda di una persona subissata d’impegni.
Non che non lo fossi!
Vediamo, riflettevo girando le pagine, fingendo di vederle. Quando mi sarei sentita di passare due o tre ore mostrando cataloghi delle torte già preparate per altri eventi a mia cugina? O più semplicemente, quando volevo fare quell’inevitabile seduta masochista?
“Siete libere dopodomani? Ho solo un appuntamento nel pomeriggio, così potremo metterci tutto il tempo che servirà per guardare con comodo la nostra produzione.” si, avrei avuto modo di calmare i nervi, preparare la mente e fare le prove con lo specchio a casa per verificare che nessuno dei miei reali sentimenti trapelasse.
“Ah, non puoi fare un’eccezione, visto che siamo già qui?” chiese Lisa, un po’ petulante. Forse quella visita era per lei un dente marcio che voleva cavarsi alla svelta, senza dover prendere l’impegno di tornare.
“Potendo, lo farei, ma oggi sono proprio occupatissima.” sollevai l’agenda con fare innocente, mostrando il guazzabuglio di scritte “Sono tutti incontri per feste programmate da tempo, non posso rinviarli. Sarebbe indice di scarsa professionalità.”
“Ha ragione, nel lavoro mantenere l’impegno preso è tutto.” intervenne Matilda, con la madre che annuiva e mia zia chinava la testa imbarazzata per la mancanza di tatto della figlia.
Realizzai che con tutto quel che era accaduto, non avevo ancora contattata Matilda per parlarle delle serate di giochi di società. Peraltro al momento rinviate a data da destinarsi, ma lei non poteva saperlo. Sperai non mi portasse rancore, credendo che le stessi dando buca.
“Anzi, siamo state invadenti. Avremmo dovuti avvertire che venivamo.” aggiunse la forse futura suocera.
Ahi. Queste stoccate non erano per me e la mia scarsa collaborazione. Giravano per aria come boomerang verso mia zia. I rapporti non erano affatto solari e distesi, bensì carichi di tensione.
Che ci fossero stati motivi di screzio, dopo la litigata tra i fidanzati per la questione della donna a mezzo servizio?
“Non dite così. La famiglia è famiglia.” con il mio intervento sperai di impedire qualunque raccolta di sfida. Ma le loro parole sembravano esser scivolate sulle altre presenti senza lasciar segno. Mia zia doveva esser davvero disposta a mangiar fiele pur di accalappiare quel genero.
“È solo una coincidenza… ho preso troppi impegni per oggi. Ecco, da dopodomani diciamo, passate quando volete. Potrete visitare il laboratorio per controllare le varie fasi di creazione delle torte e guardare i cataloghi di quanto abbiamo già fatto.” ero in modalità di venditrice. Parlavo come avrei fatto con qualunque altro drappello di donne coinvolte nei preparativi di un matrimonio.
“Se sei sicura…” parlò per la prima volta la zia. Scommisi con me stessa che entro sera avrebbe chiamato la mamma, la quale mi avrebbe chiamata a sua volta, borbottando rimproveri perché non avevo fatto aspettare dei normalissimi clienti per aiutare invece la sua unica sorella.
Credo nelle intenzioni originarie la zia fantasticasse che le accogliessi srotolando il tappeto rosso, riservandogli onori a tutto spiano, rinviando gli impegni e mettendogli la pasticceria a disposizione, per mostrare alle future parenti che razza di famiglia unita, solidale e amorevole fossimo.
“Certo! Mi fa molto piacere dare una mano!” stavo diventando davvero brava a mentire “Comunque, come vi dicevo alla festa, non siamo specializzati nelle torte nuziali, perciò se non troverete niente che vi piace, non fatevi un problema a dirmelo.” buttai lì come fosse una formula di cortesia. Desideravo andassero altrove. Non avrei fornito loro le immagini più belle. Solo quelle di repertorio dei primi tempi.
Scambiammo qualche frase di gentilezza, ascoltai le lamentele tipiche di ogni persona coinvolta nei preparativi di un simile evento, con un extra sulle difficoltà nel reclutare una wedding planner capace di fare il suo lavoro. Ne avevano già scartate quattro, e altre due dovevano essere esaminate.
Dopo qualche minuto, ci alzammo per salutarci. Io avevo un lavoro che mi attendeva, loro dovevano visitare altri due fiorai.
Aprii la porta del mio studio in tempo per vedere due lavoranti trasportare con prudenza nel corridoio una fantastica torta multistrato, i vari piani occupati da giunchiglie di zucchero, increspature azzurre e carpe argentate. I colori commestibili avevano reso possibile un realismo fuori del comune.
Maledissi l’abilità del nostro scultore e l’intempestività della mia uscita. Neanche organizzandola sarebbe riuscita tanto perfetta.
Notai le bocche spalancate di tutte, e il guizzo avido negli occhi di Lisa.
“Non preoccuparti se non sei libera oggi. Torneremo sicuramente.” disse, seguendo con lo sguardo il colossale dolce destinato al cinquantesimo anniversario di fondazione di un circolo di pesca.
Giusto per aggiungere il danno alla beffa, potevo prevedere che avrei offerto una costosa e magnifica torta nuziale alla ragazza responsabile della distruzione di tutto il mio ego.
L’inaspettata visita di Lisa fece divampare di nuovo la mia determinazione nel procacciarmi un compagno che facesse apparire il suo scadente come una porcheriola di gatto abbandonata su uno zerbino. Altrimenti, forse, mi sarei calmata e la Caccia sarebbe finita progressivamente nel dimenticatoio.
Ne avrei guadagnato in salute mentale.
Invece si ricominciava. Subito. Consultai febbrilmente la lista sui territori di caccia per stabilire quale fosse la prossima mossa.
“Di che morte voglio morire?” riflettevo, senza nessuna reale voglia di fare una di quelle cose.
Ed ecco chiara la via da percorrere: lo speed date.
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