La distrazione si paga cara
Per tutta la notte mi rigirai nel letto cercando un buon pretesto per rifiutare il pranzo con Lisa.
Lavoro? Mal di testa? Convocazione della polizia?
Non volevo incontrarla. A dire il vero, se non l’avessi vista mai più nella vita mi sarebbe andato benissimo, per come mi sentivo bendisposta verso di lei.
Se prima avevo trovato giustificazioni per tutto quello che faceva e diceva, adesso la sua voce bastava per darmi ai nervi e mi sembrava terribilmente autoritaria.
Tieniti libera a pranzo, arrivo credo alle due, diceva. Che fenomenale mancanza di organizzazione ed educazione.
“Schiocchi le dita e tutti trottiamo per te, vero Lisetta? Non hai niente da fare ma invece di chiedere se sono libera e a che ora credi che a un certo punto sarai in zona e devo farmi trovare pronta.” ho borbottato per ore.
Alla fine mi sono arresa. Forse potevo evitare di incontrarla quella volta, ma il giorno dopo si sarebbe presentata con tanto di appuntamento concordato attorniata dalle parenti, ed era inevitabile.
Quindi forse doveva parlarmi di qualcosa che non voleva ascoltassero la zia e le altre. Ma cosa? Non c’era confidenza tra noi, di sicuro non ne avrei voluta dopo aver saputo cosa pensava di me e non era possibile che lei la desiderasse, visto come mi considerava.
Magari aveva già deciso di voler prendere la torta altrove. Si! Da un pasticcere molto famoso, di quelli che fanno i corsi in televisione!
Doveva essere quello. Si sarebbe scusata, avrebbe detto che da tantissimo tempo sognava un dolce fatto da quel pasticcere/vip e che insieme avremmo convinto la zia che i miei servizi non facevano per loro.
In tal caso, con quell’incontro me ne risparmiavo molti altri. Mi conveniva accettare quel pranzo e fare buon viso a cattivo gioco.
Mi preparai per uscire con estrema cura, preparando il cambio per l’ufficio.
“Mettere il tailleur appena arrivo.” riflettevo “Poi il vestito per andare a pranzo.” perché per nulla al mondo mi sarei fatta vedere ancora con un tailleur da quella lingua di serpe “Ricambiarmi quando torno al lavoro e poi di nuovo per rincasare. Che rottura!” la faccenda del mettersi al meglio quando si esce per strada era già un fastidio notevole.
Mentre mi concedevo la colazione di chi sta a dieta (tazza di latte scremato e tre mandorle) controllai la mia email.
MoltoPaziente attendeva di sapere dello speed date. Rilessi la ultime battute della nostra conversazione.
'È la tua occasione per dirmi qualcosa su di te e impedirmi di andare in una stanza piena di uomini che vogliono trovarsi una fidanzata'
Era stato il mio tentativo di spingerlo a darmi qualche particolare sulla sua biografia. Perlomeno l’età.
'Ma io non sono affatto preoccupato' era la sua risposta 'Un mio amico è andato a questi eventi. Ha detto che gli uomini, visto che pagano, sono convinti che ci starete già al primo appuntamento, e qualcosa mi dice che non è il tipo di relazione che cerchi tu. Ah, è pieno di sfigati'
Scrissi: peccato che non c’eri. È stato molto divertente (piccola bugia) e niente sfigati (o quasi) tutt’altro. Spero di aver messo nel carniere un cardiochirurgo e un produttore televisivo.
La risposta arrivò prima che uscissi. Aveva il tipico tono saccente di MoltoPaziente quando stavo per vivere un appuntamento con qualcun altro.
'Ripeto: non sono affatto preoccupato. Se ti hanno fatto una buona impressione per cinque minuti non significa che riusciranno a fare altrettanto in una cena di due-tre ore.'
*
Sulla scrivania mi aspettava un cioccolatino al rosolio. Lo gustai con gratitudine dopo la scarna colazione che avevo fatto e mi diedi da fare.
Una mezz’ora dopo arrivò Sismondi, il commercialista.
“No!” esclamai, vedendolo entrare a seguito di una lieve bussata “Non tu. Non di già!”
“Lo so, lo so. Non capite mai quanto passa veloce il tempo finchè non vedete me.” sorridendo, si sedette.
“Ma le tasse le abbiamo già pagate, il mese scorso! Pussa via!”
“Infatti queste sono altre tasse. Su, tira fuori il libretto degli assegni. Ti avevo avvisata, no?” è incredibile come la gente non badi alle espressioni più offensive quando deve ricevere dei soldi. Se lo avessi chiamato vampiro non gli avrebbe fatto né caldo né freddo.
Credo che la visione del proprio commercialista sia una delle più terrificanti nel catalogo degli incubi personali.
Di solito quelli come lui stanno arroccati nei propri uffici. Se escono per farvi visita, è per estirparvi l’ultimo centesimo dal portafogli.
“A volte penso che preferirei vedere un becchino oltrepassare quella porta, al tuo posto.” brontolai, cercando gli assegni già preparati.
“Avessi un euro per ogni volta che qualcuno me l’ha detto.” sospirò.
“Ma lo Stato è consapevole che se continua a tassarci così dovremo chiudere?” chiesi “E lo sa che se ci fa fallire tutti nessuno gliele paga più, le tasse?”
“Sfondi una porta aperta, parlandone con me. Sai per quanti piccoli imprenditori tenevo i conti solo due anni fa? Beh, ora quasi un terzo ha chiuso proprio perché tra tasse e multe per piccole infrazioni, non riuscivano a cavare dal loro lavoro abbastanza di che tirare avanti.” ammise con espressione corrucciata.
“Non parlarmi di multe. Non parlarne che quelle ti sentono e arrivano.” gli passai, dolorosamente, la mazzetta di assegni “Guarda che con questi il liquido è quasi finito, non devi farti vedere per un pezzo.”
“Ottimista.” sorrise, mettendo via il malloppo. Se un rapinatore l’avesse fermato, si sarebbe sistemato a vita. In bell’ordine nella valigetta c’era uno strato di assegni dei clienti, pronti per essere assorbiti dal governo appena depositati in banca.
“Ci sono un sacco di balzelli oltre le note Imu, Tasi, Tarsu e vattelapesca. Non dimenticare per esempio, la tassuccia sulle televisioni e la radio nei locali pubblici…”
Lo bloccai “Non la dimentico. Per questo non le abbiamo messe.”
Ci pensò su “Giusto, voi siete gli outsider del settore ristorazione. Hai fatto la scelta giusta. Quest’anno tenere un televisore a un bar in sole tasse costa più di duecento euro.”
Rabbrividii “Spero che la gente perdoni l’assenza di musica di sottofondo e sia contenta se uso quei soldi per mandare avanti la baracca.” ignorando le proteste delle commesse, che vorrebbero la musica a palla tutto il giorno.
“Una scelta molto sensata. Meglio sacrificare due fronzoli ma assicurare un buon servizio.” consultammo insieme i registri e dopo un po’ di puro lavoro tornammo a rilassarci “Ero molto scettico sui corsi di cucina, ma vedo che ormai c’è un flusso di iscritti regolare.”
“Il nostro insegnante è molto apprezzato.” non sono la sola vittima del fascino di Claudio.
Pur essendo stato concepito come corso per coppie, quello di cucina è diventato un punto di ritrovo per donne e ragazze che occhieggiano il nostro bel cuoco. Alcune hanno anche fatto dei video delle lezioni, che stanno riscuotendo un certo interesse su internet.
Il che mi rende felice, perché dimostra ai clienti che vale la pena pagare cinquecento euro per un corso di meno di due mesi, due sere a settimana, per imparare a cucinare qualcosa che avrebbero potuto imparare dalle madri o dalle nonne da ragazzi, se non fossero stati così convinti che solo gli sfigati cucinano.
Sia lode a quei programmi televisivi che hanno risvegliato nelle persone l’interesse culinario al punto di pagare per imparare a servire con arte un piatto di ravioli.
“Buon per voi. Ho visto molte iniziative simili finir male, ma per fortuna non è questo il caso. Allora, se anche questa volta non accetti di uscire con me, abbiamo proprio finito.” e fece per alzarsi.
“Accetto.” mi sentii dire prima di poter riflettere.
“Come?”
“L’invito a uscire che fai tutte le volte che ci vediamo. Accetto.”
Sismondi mi aveva chiesto scherzosamente di uscire fin da quando avevo aperto la pasticceria, scegliendolo come commercialista.
Ogni volta che si era messo con qualcuna l’invito era sparito, per ricomparire al naufragio della storia.
Immagino di aver istintivamente pensato che tanto valeva giocarmi anche quella carta. Non mi attraeva, però era molto facile parlarci.
Era a dir poco sbalordito “Davvero? Dopo tutti questi anni?”
“Se me lo chiedevi solo per dire non ne facciamo niente, tranquill…”
“No, no! Va benissimo! Fossi scemo!” mi sorrise con tanto trasporto che mi sentii in colpa nel non provare attrazione per lui.
Forse una cena con abbondanti libagioni di vino mi avrebbero fatto cambiare opinione.
Del resto, sulla carta era un discreto principe. Ottimo lavoro, buon giro d’affari, più alto di me e ottima istruzione, pari se non superiore alla mia.
I requisiti di base c’erano tutti.
Un po’ d’iniziativa ed ecco un appuntamento con una persona del tutto normale.
*
“Sismondi? Il nostro commercialista?”
Sofia era a corto di parole. Nella cucina il lavoro ferveva, e il rumore dei macchinari ci dava la possibilità di parlare con una certa intimità pur essendo circondate da altre persone.
“Me lo chiedeva da un sacco, ho deciso di provare.” presi una manciata di biscotti da sgranocchiare.
Erano le due passate, morivo di fame e di Lisa neanche l’ombra.
“Lui lo chiede a tutte, è il suo marchio di fabbrica.” mi ricordò, stizzita “Mescolare lavoro e privato, Sandra! Non va proprio bene!”
“Non sono stata lì a riflettere, okay? Me l’ha buttato lì e io ho abboccato. Punto.”
“Un accidente. Devi essere molto prudente, adesso. Quando uscite, se lui prova a baciarti, stacci.” fu il suo ordine.
“Cos…no! Se bacio qualcuno è perché mi va.” protestai.
“Ottimo filone di pensiero.” ci sorprese una voce alle spalle. Claudio, con un cesto di fragole in mano.
“Per chi può permetterselo. Questa babbea ha un’uscita galante con il nostro commercialista. Devi tenercelo buono, Sandra, quello ha in mano i nostri conti e i nostri soldi. Ti sei messa nei pasticci e ora non puoi fare la preziosa.”
Sofia non aveva tutti i torti. Sarei dovuta stare molto attenta a non offenderlo in alcun modo. Questo però non significava che sarei stata disposta a fare alcunché non mi andasse!
“Ti dirò che questo tuo comportamento sta iniziando a infastidirmi. Ti sorprendo a chattare in ufficio, al mattino sei sempre insonnolita… ma non eri vestita diversamente quando sei arrivata? Portavi un tailleur.” notò solo allora il vestito pervinca.
“Si.. Io… ho deciso che i tailleur sono la divisa da lavoro e quando esco indosso qualcosa di più carino.” confessai.
Sofia si battè una mano in fronte “La Sandra che ho voluto per socia è una che non bada a queste cose. Ridammela alla svelta.”
“Io so come farla tornare.” si intromise Claudio, ancora a portata d’orecchi “Guardate qua.” sollevò una mano.
Stringeva due biglietti colorati, su cui lessi: palazzo dello sport, Milano, serata unica, concerto di…
“Roxy la Rocker!” la voce morì in gola a entrambe “Ro...rooo…Roxy la Rocker! Tu hai dei biglietti?” glieli strappammo di mano per controllarmi, tastandoli come fossero banconote di cui provare l’autenticità.
“Ricordi quando parlavi dei concerti in città? Che non si riesce mai a mettere le mani su un biglietto? Ho chiamato qualche amico e sono saltati fuori questi.”
Gli unici suoi amici che avevo mai visto ne avevano confermato la nascosta omosessualità, altrimenti gli sarei saltata addosso in quell’istante, per desiderio mio e anche gratitudine.
Se non sbaglio, lavorava per noi da solo qualche mese, e nonostante la vista del travestito che ogni mattina lo lasciava in fondo alla strada, tutti quanti eravamo pieni di dubbi sulle sue preferenze sessuali.
In parte perché tutte noi femmine desideravamo fosse etero, in parte per il suo assoluto riserbo sulla propria vita privata.
Non ha mai avuto modi effeminati o comportamenti da clichè sui gay. Come capirlo senza chiedere?
I dubbi furono spazzati via grazie alla festa di compleanno di una maggiorenne nuova di zecca che chissà come aveva convinto i danarosi genitori a farla festeggiare in discoteca con tanto di ballerini/spogliarellisti.
Uno dei nostri primi incarichi di catering. Peccato che la sera della festa il pullman con i ballerini forò dalle parti di Verona dopo un addio al nubilato infuocato.
Claudio, presente in discoteca per gestire l’allestimento del buffet, mi disse che ci avrebbe pensato lui e un’ora dopo almeno quindici muscolosi spogliarellisti si esibivano sul palco.
Tutti lo trattavano con estrema famigliarità, e in effetti a un certo punto l’acchiapparono e costrinsero a eseguire sul palco un balletto sincronizzato con tutti loro, dove se la cavò da Dio.
Io cercavo di non far capire che gli stavo sbavando dietro, mentre si levava la camicia, e chiesi, così per fare, a uno di quelli che si stavano riposando “Balla bene, eh?”
“Da quando era un ragazzino.” confermò “Un vero peccato si sia dato alla cucina. Vorrei venisse più spesso da noi, come ai vecchi tempi.” lavoravano tutti all’Occhio Celato, famosa catena di gay bar. Alcuni apparivano gay in modo clamoroso.
“Spesso?” indagai, cuore in mano.
“Ogni sera, praticamente. È uno di famiglia. Lui chiama, noi arriviamo.” tornò in pista, sculettando. E lì morirono definitivamente le mie speranze.
“Ma che hai fatto per ottenerli? Gli hai promesso un rene?” starnazzavamo incredule, stringendo i biglietti del concerto.
“Uno per biglietto. Allora? Vuoi vedere Roxy dal vivo?”
“Se lo voglio?” e attaccai a cantare il pezzo più famoso di Roxy, quello d’esordio “Ragazzi ricchi non mi fate pena/ragazzi ricchi non avete un problema…” e da tutto il laboratorio si levarono voci d’accompagnamento “…state lì a testa alta mentre chiedete comprensione e pietà/a me nessuno le riserva se per noia devasto la città/povero ragazzo ricco con i genitori divorziati/ma che vuoi da me, anche i miei lo sono, ma non ho la maserati!/…”
Sofia emise un lungo fischio acuto che zittì tutti “Sia chiaro, quella cantante ha scritto un sacco di belle canzoni, ma non questa!”
“Oh, giusto. Dimenticavo il tuo passato di figlia di papà.” mi inchinai a lei “Chiediamo scusa, Ragazza Ricca.”
“Ringrazia di non aver mai lavorato per me.” mi mostrò il pugno chiuso.
“Io lavoro per lei. Salvati finchè puoi.” commentò Claudio, fissandomi “Allora? Questo venerdì, due hamburger al volo e poi il concerto. Varrà la pena tirare le due di notte.”
“Ne sono sicura.” dissi, con l’allegria che mi si spegneva dentro “Ma venerdì ho già un impegno.” se solo avessi presagito quell’invito, avrei proposto un’altra data per Sismondi. Da un lato, una cena con il commercialista verso cui non sentivo particolare trasporto ma poteva fare al caso mio nell’esibizione al matrimonio di Lisa.
Dall’altro, street food con il mio collaboratore gay, a seguire concerto di una cantante presente in città per un solo, irripetibile concerto, e la garanzia di divertirmi. Maledizione!
“Allora vengo io.” si candidò immediatamente Sofia, con tanta aggressività che solo un pazzo avrebbe rifiutato d’invitarla.
“Ragazzi Ricchi sarà il pezzo d’apertura e di sicuro verrà chiesto il bis.” la fermò arditamente Claudio “Speravo potessi venirci tu. Ti sento canticchiarla sempre, quando sei di buon umore.” ed è tuttora la suoneria del mio cellulare.
“Mi tappo le orecchie quando canta quell’obbrobriosa canzone.” rilanciò Sofia.
“Scusa ma proprio non posso. Ho appena preso l’impegno e… beh, è un appuntamento galante. Sai come vanno queste cose. Devo dargli la precedenza. Ma grazie di aver pensato di invitarmi.” dicendo che lo vedevo deluso, minimizzerei.
Era proprio depresso. Posso capirlo. Non mi considero un faro del divertimento ma credo di essere una compagnia migliore della mia socia.
“In tal caso… capo, ti va di venire?” chiese a Sofia, a mezza voce, col tono di chi si avvia al patibolo.
“Naturale, anzi tengo io il mio biglietto così se hai un incidente e non ti presenti, posso entrare lo stesso.” la guardammo “Che c’è? È Roxy, per la miseria, voi fareste lo stesso!” e si avviò verso lo spogliatoio per mettere nella borsetta il suo prezioso biglietto.
“Scusa davvero. Sei stato molto gentile a pensare di invitarmi. Credo che con una simile serata a portata di mano, avresti potuto ottenere un si da chiunque fosse così fortunato da piacerti.” dissi.
“A quanto pare, no.” considerò con evidente rammarico.
Non mi ha capita, pensai. Con quel biglietto poteva ottenere un si da chiunque lui volesse essere accompagnato… sul piano personale. Ma non potevo giocarmi un potenziale candidato per una serata da favola.
“Preferirei di gran lunga venire al concerto.” dissi, per assicurargli che se non ci andavo non era perché non mi piaceva il posto, l’occasione o la compagnia “Ma…”
“Ho capito. Certe cose hanno la precedenza.” m’interruppe “Va tutto bene, non sono offeso. Era solo una proposta buttata lì, per divertirci un po’. Ma scusa se te lo dico, ho visto il commercialista di questo posto e credo che puoi avere di molto, molto meglio.”
Le persone come Claudio andrebbero messe in pillole e vendute come antidepressivi.
“Voglio solo assicurarmi che…”
“Capo Sandraaaa!” urlò una delle commesse dalla cima delle scale “C’è tua cugina!” in mostruoso ritardo, avrei aggiunto.
Volevo andare a quel pranzo come volevo una martellata sui pollici.
“Credimi, Claudio…” dissi, alzando gli occhi al cielo “Questo invito è stata la prima cosa bella che mi succede da giorni.” e mi recai al piano superiore, trascinando i piedi per l’entusiasmo di quello che mi aspettava.
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