I requisiti di un Principe
Quegli elenchi andavano bruciati, distrutti, polverizzati prima che qualcuno ci mettesse sopra gli occhi.
A proposito... ruotai la testa e le vecchiette rimbalzarono ai loro posti. Si erano sporte così tanto per cercare di leggere qualcosa che avrei protestato per le alitate sul collo, non fossi stata tanto presa dalla lettura.
Mancava un unico foglio. Dovevo bruciarlo direttamente assieme agli altri o dargli una scorsa?
Curiosità, il tuo nome è donna. Sbirciai con molta circospezione...
OBIETTIVO
Premessa: basta perdigiorno, complessati, disoccupati, lavativi, inconcludenti, allergici alle relazioni serie, deboli, cocchi di mamma, spilorci, scialacquatori, sboccati, incapaci domestici, vesto-solo-jeans, tele-dipendenti e disgraziati in generale. Questa è la tua voce, e ti ricorda che meriti di essere trattata con decenza e rispetto. Meriti un uomo che sappia fare il pilone, non che sia sempre lui ad appoggiarsi a te. Meriti un uomo con le palle, che non soffra del complesso di Napoleone o inferiorità varie. Tu meriti un Principe perché sei una Principessa! E questo è l'identikit del tuo futuro marito.
1) Più alto di me.
2) Preferibilmente, lavora in un settore connesso al tuo
3) Un livello di istruzione pari o superiore al mio.
4) Introiti superiori ai miei.
5) Coetaneo o più anziano fino a un massimo di dieci anni in più
6) Deve volermi coinvolgere nei suoi interessi
7) Amante degli animali
8) Indossa sempre pantaloni e camicia
9) Il fatto che amerà lo sport non escluderà che voglia fare gite e visitare mostre
10) Non ha nessun senso di inferiorità verso nessuno. Insomma, sicuro di sé.
11) Educato, gentile ma capace di tenere in pugno la situazione.
12) Amante della famiglia
13) Attraente. Ma non nel modo 'è bello ciò che piace'. Deve essere uno che tutti ritengono bello. È un investimento a lunga scadenza. Un uomo trofeo dà prestigio immediato e a lungo termine ti darà bellissimi bambini.
14) Attento alla propria salute
15) Niente vedovi! Soprattutto, meglio che uno abbia assassinato la moglie piuttosto che sia morta per altri motivi. Le morte sono più ingombranti delle vive.
16) Niente divorziati. Teoricamente l'esclusione non è totale, ma puoi fidarti di uno che ha già lasciato a spasso una donna promessa di amare finchè morte non li separi?
17) Figli: no, no e No. Questa è la descrizione di un obiettivo perfetto. La tua idea di perfezione è avere figli tuoi o crescere quelli di un'altra? Che rimarrà così nella vita del tuo uomo e ti darà ordini su cosa dire e fare con suoi figli perché tu non sei la madre?
Seguivano ben altre 47 voci!
Come descrizione non mancava di nulla, tranne indirizzo e recapito telefonico dell'obbiettivo, il cui prefisso probabilmente faceva da collegamento con la Corte dei Miracoli.
Anche se esistevano uomini così, da quelle come me si tenevano ben alla larga.
Ficcai tutto nella tasca del giubbotto e per un soffio non mancai la fermata giusta.
Riemergendo alla luce del sole, la poca che filtra tra i palazzi cittadini, mi sentii vagamente meglio. La testa pulsava sensibilmente meno, il pensiero del lavoro che mi attendeva sgombrava la mente dai problemi personali che indiscutibilmente mi affliggevano.
Se solo non avessi guardato quella vetrina! Sapeste quante e quali tragiche conseguenze mi sarei evitata!
Perché avrei gettato quei fogli nel primo cestino, proseguendo con la mia vita, inghiottendo l'amaro calice e fingendo che tutto andasse bene, da bravo struzzo che caccia la testa sotto la sabbia... ma guardai.
Come Orfeo negli Inferi non seppe trattenersi dal guardare l'amata anche se era stato avvertito che così facendo l'avrebbe persa per sempre.
Lui si voltò... io guardai... e fu la fine di molte cose per entrambi.
Perché il mio equilibrio mentale era così precario che un'ultima spintarella bastò.
Prima vidi l'esposizione di porcellane... poi il riflesso di un mostro.
Ed ero io!
Colorito cadaverico tipico di ha avuto troppo alcool in circolo da poco tempo, ciocche già evase dalla prigione di forcine, occhiali con qualche ditata sulle lenti, nessun accessorio, preponderanza di colori scuri nell'abbigliamento serioso
Se fossi stata un uomo avrei valutato con orrore quella vista. Scappa dalla vecchia beghina, prima che ti faccia inginocchiare sui ceci per espiare col sangue i peccati di natura libidinosa!
Dio mio, com'era successo? Quando avevo dimenticato che non si esce di casa in versione naturale? Che ne era stata della mia femminilità?
Seppellita sotto uno strato di sonno, dormiente a causa della fretta. Messa da parte innanzi all'urgenza degli impegni.
Di solito compivo ogni tragitto a passo affrettato, lo sguardo basso mentre rimuginavo sulle scorte da acquistare, gli appuntamenti che si accavallavano, i registri da aggiornare.
È facile iniziare a tralasciare cose che hanno sempre fatto parte della propria esistenza, quelle più semplici. Si dà per scontato che c'è tanto tempo, c'è sempre tempo per rimettersi al passo.
In tante cose, forse. Ma per altre... c'è davvero una data di scadenza. E vicina o lontana non importa, con quell'aspetto la stavo saltando a piè pari!
Volsi la testa e scrutai la strada, come suggeriva il primo elenco... diamine, ero tentata di scavare una buca e seppellirmici dentro! Da dove spuntavano tutti quegli uomini? Di ogni età, ragazzi, uomini, vecchi. Sciamavano verso scuole, uffici, strutture pubbliche. E per tutti ero assolutamente invisibile.
La cosa mi riempì di gratitudine e mortificazione al contempo.
Ripresi il cammino, in completo subbuglio interiore. Le liste erano un'idea balorda, ma quella sul mutamento potevo anche conservarla, dopotutto. Magari sarebbe stata un'utile promemoria. Si, una seduta dall'estetista poteva solo giovarmi. Ero stata fuori dai giochi da troppo tempo, a causa di Francesco.
Zitella.
Ting! La parola tintinnò nell'aria. L'aveva detta qualcuno o me l'ero sognata?
Barcollando, quasi non vidi l'elegante macchina sportiva ferma nel parcheggio di scarico della pasticceria.
Entrai e il muro di aria calda profumata di zucchero mi avvolse come il bacio ardente di un'amante!
Ah, se trovate consolazione o piacere nell'annusare un pasticcino, metter piede in un simile luogo vi farebbe raggiungere il nirvana.
Una pasticceria ha toni caldi, dorati e luccicanti. È piena di specchi, nastri e scatole allegre con il nome del negozio vergato in lettere gotiche dove riporre gli acquisti.
Non c'è tristezza, non esiste il male. Solo una tiepida carezza che significa: va tutto bene, siedi, prendi fiato, ordina qualcosa. Qui il tempo non esiste.
Dietro il bancone, scaffali traboccanti di pane fragrante, focacce, salatini e brioche appena sfornate. Davanti, nelle vetrine, torte e pasticcini decorati con panna e frutta.
Le due commesse servivano le prime clienti della mattina, donne che si concedevano un caffè, con appresso i bambini impegnati a scegliere la merenda per l'intervallo.
"Buongiorno!" mi salutarono allegre, e cercai di rispondere a tono.
In realtà fui delusa che non mi chiedessero quale tir mi aveva investita. Significava che erano abituate a vedermi in malarnese?
Il retrobottega non è grande. C'è il mio ufficio, necessariamente spazioso perché vi ricevo i clienti che vogliono esaminare le nostre offerte di servizi. C'era una stanza che in origine aveva ospitato i forni, ma al momento è stata adibita a sala di esercitazione per chi segue le lezioni di cucina che organizziamo tre sere a settimana.
Il vero laboratorio è al piano inferiore. Dove un tempo c'era la cantina rombano i giganteschi forni, ruotano miscelatrici e impastatrici mentre il personale si affaccenda trasportando sacchi di farina e zucchero.
Un ascensore è quasi in perpetuo movimento; trasporta i multiscaffali su ruote dai forni all'ingresso secondario dove vengono sospinti sul furgone che va a rifornire diversi locali in città. Laggiù si gira in calzoncini anche se fuori nevica. Nessun condizionatore la vince sul calore delle macchine.
Il mio ufficio pare spazioso solo a una prima occhiata. Veramente lo divido con la nostra venditrice. Quel ruolo ho potuto delegarlo da soli tre anni, uno degli obiettivi che più mi hanno spronata a dare il massimo.
Un lato del lavoro che odio è procacciare nuovi clienti, bussare ai negozianti, ai baristi con la valigia piena dei nostri assaggi per proporre di rifornirsi da noi.
La presenza di Viola nel negozio consta in pochi minuti per rifornire la valigia, ritirare un elenco di attività da visitare in giornata, tutte nella stessa zona per farne più possibile (le scelgo io) e ripartire.
Quindi l'ufficio può ancora definirsi tutto mio, quell'amato guazzabuglio pieno di schedari, classificatori, fotografie di lavori eseguiti e registri contabili.
Appeso il giubbotto all'attaccapanni, mi sforzai di non farmi prendere dal panico alla vista delle pile di fatture, bolle di consegna, depliant di promozioni ammucchiati malamente sulla scrivania.
Si prospettava una giornata lunga e difficile per recuperare il tempo perso. Appena sbrigate le incombenze urgenti, avrei avuto il tempo per riflettere.
Mi sedetti, feci per nascondere in un cassetto le tre micidiali liste... e per poco non ci lasciai tre dita nella fretta di richiuderlo.
La porta si era spalancata. Una mezza dozzina di persone vestite con la divisa bianca da addetti alla lavorazione entrarono a precipizio.
"Finalmente è tornata!"
"Non sa cos'è stato..."
"Qui si calpestano i diriti umani!"
"Non piangevo così da quando è morta mia nonna!"
"Perché ci ha lasciati soli? Perché? Perchèèèèèèè?"
Gridarono i loro lamenti tutti insieme, così da trasmettermi in pieno l'ondata di disperazione che emanavano. I dipendenti circondarono la scrivania, agitatissimi e multicorali.
Tentai di interromperli "Ma cosa..." il fatto sembrò solo eccitarli maggiormente.
"... Non si va più avanti così..."
"Se prende ancora le ferie io mi licenzio!"
"Quella è tutta matta!" la testa mi rimbombava come se dentro vi si agitassero due suonatori di maracas.
Un giorno libero. Uno. Ed ecco l'accoglienza che ricevevo.
"O le fa capire che la schiavitù è stata abolita o faremo come in Francia: morte ai padroni!"
"SILEEEENZIOOOO!" afferrai un portapenne e lo sbattei con violenza sulla scrivania "SILENZIO! SILENZIO! SILENZIO!" uno, due, tre colpi in rapida sequenza.
Li guardai. Erano immobili e mantenevano le pose di angoscia e furore di poco prima, ma ora c'era un'emozione nuova. Paura?
Quando le persone tranquille si rivoltano si tende a credere che siano peggiori di quelle normalmente aggressive, ma in realtà la sensazione di maggior paura è dovuta allo stupore dell'aguzzino che vede rivoltarsi un buon cagnone e alla consapevolezza di star per pagare con gli interessi i calci che gli ha inflitto per anni. Niente da più paura di una coscienza sporca.
Quella scenata era un deja vu perfetto. Ogni volta che mi assentavo, in negozio c'era la rivoluzione.
Ma quel giorno non ero disposta a sopportare l'ennesima mattinata ad ascoltare lamentele. E io quando potevo lamentarmi? Il mio turno sarebbe mai arrivato?
"Guardatemi!" ho urlato. Lo fecero "Vi sembro in forma? No, miei cari, carissimi dipendenti. Ho un'emicrania da sbornia, mi viene da vomitare e mi sento di merda!" okay, la loro paura era diventata terrore "E indovinate un po'? Sono venuta lo stesso, a fare il mio lavoro! Vedete questo?" sollevai una manciata di fatture e le sventolai sotto il loro naso "Qualcuno se ne occupava se non c'ero? No, e allora sono venuta. E cosa mi aspetta? Un ciao? Una qualche buona parola preoccupata perché ho la faccia di chi sta esalando l'ultimo respiro? No, non sia mai. Sandra è il vaso di Pandora, dove vanno buttati tutti i mali del mondo. Diamole addosso ora che sta da schifo, magari la facciamo attaccare alla canna del gas!"
Forse qualcuno voleva dire qualcosa, ma un'occhiata al peperoncino li rimise in riga
"Congratulazioni, a tutti quanti! Siete riusciti a completare il mio esaurimento nervoso. Ora, alzi la mano chi è qua per lamentarsi di Sofia."
Sei mani si alzarono, tremanti. Credo avrebbero preferito battersela.
"A destra! E ora, quelli con un problema di lavoro?"
Era rimasto solo Claudio, detentore dell'incarico di chef ai corsi di cucina e ufficiosamente aiuto-pasticcere ma ufficialmente pasticcere.
"A sinistra! Ora, visto che siete delle persone e questa è una nazione civile, godete di ogni sorta di diritto umanitario. Significa che potete scendere, dire in faccia a Sofia che vi ha rotto i cosiddetti e continuare a lavorare, oppure datemi il preavviso e tanti saluti, perché oggi non è un buon giorno per usarmi come spalla su cui frignare." era una minaccia a doppio senso.
Nessuno avrebbe rinunciato a un posto fisso con la crisi economica che c'era. D'altro canto se nel negozio di colpo metà del personale avesse dato forfait, la produzione si sarebbe bloccata rendendo impossibili le consegne nei tempi concordati.
Nel nostro settore i ritardi sono imperdonabili. Vieni di fatto depennato dalle liste dei fornitori. Un albergo che per le sette serve la colazione agli ospiti non perdona chi lo costringe a umilianti scuse per il disservizio e a regalare il brunch come forma di risarcimento.
Il mio sfogo li fece fuggire senza neppure lasciarsi dietro echi delle solite recriminazioni: ma con Sofia non si scherza, e chi le dice niente, ma lei è così buona per favore.
Claudio mi fissò qualche secondo con aria concentrata prima di dire "All'ultima riunione di famiglia c'è stata una rissa tra la mia zia paterna e la nuora perché la prima aveva usato le chiavi di emergenza per entrare in casa loro e sabotare i contraccettivi. Mentre tentavano di dividerle a mio zio è stato rotto un dente e qualcuno lo ha accompagnato al pronto soccorso. Mio cugino si è sbronzato, disperato dal vedere la madre e la moglie suonarsele di santa ragione e ben deciso a restarne fuori. Suo fratello accettava puntate sulla vincitrice, mio fratello mangiava come se nulla fosse, alcuni cugini filmavano tutto per caricare il video su Youtube, nonna razziava la torta e io contavo i secondi per potermene andare da quel manicomio. Immagino sia stata una giornata idilliaca in confronto a quanto è successo ieri. A proposito..." mi porse quella che è la nostra piccola tradizione personale. Ogni mattina mi offre uno dei suoi esperimenti di pasticceria, dicendo "Dolce giornata."
Quel giorno era un cioccolatino fondente con grani di sale rosa.
La sua presenza ha sempre avuto un effetto calmante su di me. Anzi, calmante non è la parola giusta. Diciamo che mi eccita talmente che dimentico le cose negative... assieme a tutto il resto.
Fisicamente, Claudio Bonfiglio assomiglia al Nek dei tempi di Laura non c'è. Il giorno che si presentò per il colloquio, tre anni fa, sono stata tentata di non assumerlo proprio per l'effetto conturbante che mi faceva, nonostante il diploma turistico-alberghiero e i tre anni di scuola di cucina in Francia.
A parte che non capivo perché uno qualificato come lui, addirittura con esperienza da sous-chef nei ristoranti, volesse svendersi così.
Insomma, io rispetto la mia professione, ma Claudio è di tutt'altro livello.
Era troppo bello per essere vero. Troppo bello anche di faccia. Non particolarmente alto, ma con un gran bel faccino. Il tipo che dovrebbe stare in televisione a reclamizzare corsi di cucina.
Temevo causasse scompiglio tra le donne già assunte. Io lo stavo già provando. Ore e ore sottoterra immerse in un'aria rovente con quel bocconcino... tre anni e nonostante sia più giovane di me e più basso, ancora sento brividi di eccitazione quando siamo vicini. Come se non bastasse, è affidabile, gentile, pieno di inventiva. Il sogno di tutte noi.
Naturalmente, è gay.
Cosa credevate? Che non ci fosse la fregatura? Ma quando mai!
Ero decisa a non assumerlo perché intuivo che se mi avesse fatto un fischio sarei corsa da lui come un cagnolino ubbidiente, se non che guardai fuori dalla finestra mentre lui usciva dal negozio... e lo vidi raggiungere il suo ragazzo.
Si, avete capito bene. Lo aspettava un uomo altissimo, inguainato in una minigonna con calze a rete rosse e tutto l'armamentario da travestito che riuscite a immaginare. Un gay. Ti pareva.
Lo assunsi il giorno seguente.
Ho provato il naturale sconforto di una donna che vede uno splendido maschio irraggiungibile per sempre.
Quando Giulia si lamentò che era uno spreco incredibile, trovai non so dove la forza di obiettare che invece era abbastanza naturale. Noi donne smaniamo per quei corpi scolpiti e non possiamo pretendere che un uomo sbavi dietro un panciuto e pelato rifuggito da noialtre.
Non c'è mai stato uno sviluppo alla Will&Grace tra noi. Claudio è estremamente riservato sulla sua vita privata, e non fosse che ogni tanto vedo il travestito... devo smettere di chiamarlo così: diciamo il fidanzato, passare a prenderlo o a portarlo, crederei che la loro storia sia finita e lui abbia risaltato il fosso.
È così discreto che non ci si accorge della sua tendenza. Del resto non è che si porti scritto in fronte le proprie preferenze sessuali, e nemmeno dovrebbe importare a chi ci sta intorno. In negozio si fanno puntate su quando farà outing.
Mi ero già abbandonata sulla sedia, fissando trucemente la porta che i fuggiaschi si erano chiusi alle spalle.
"Non voglio mai più sentir parlare di ieri. Ieri non esiste." borbottai "Allora, Sofia è stata così tremenda?" mangiai il cioccolatino. Assolutamente divino.
"Una piccola crisi stanotte. La Gisa ha urtato un miscelatore, l'impasto si è sparso sul pavimento ed è stato necessario ripulire tutto e buttarne circa venti chili. Le ha fatto un cazziatone di mezz'ora e poi si è sfogata dietro tutto e tutti."
"Brava la mia spietta." lo ringraziai, sovrappensiero "Non posso neppure esserle totalmente contro se è successa una cosa simile." c'erano incidenti su cui sorvolare e altri da usare per imprimere lezioni.
"Magari dille di usare toni meno... violenti." non volli chiedere cosa era stato detto di preciso "Però sta facendo progressi. Due anni fa sarebbe andata peggio." inclinò il capo per guardami meglio "Sembra proprio che hai un piede nella fossa. Sicura di non voler tornare a casa?"
Visto? Era sempre gentile. Si accorgeva sempre se stavo bene o male. Se l'avessi incontrato prima di entrare nel negozio, probabilmente le sue attenzioni mi avrebbero risollevata quel tanto da non farmi avere l'esplosione rabbiosa di poco prima.
"No, a casa non avrei niente da fare... oggi ho bisogno di avere la testa impegnata. Di che cosa volevi parlarmi?"
"C'è un viaggiatore. Ci pensi tu?"
Piccola disgressione a beneficio di chi pensa ad avviare un'attività in proprio: se hai un negozio di qualche tipo, detesti, in quest'ordine: ispettori del fisco, ispettori d'igiene, viaggiatori, maltempo, lavori in corso su strada, ritardi di consegna, permessi di malattia. Gli ispettori sono l'apoteosi della seccatura anche, e soprattutto, se sei completamente in regola. Ti monopolizzano per ore mentre scartabellano registri, esaminano confezioni e tu vedi che potresti essere più utile dietro il bancone perché è l'ora di punta, ma non puoi muoverti. Per di più, non mollano finchè non trovano qualche irregolarità, anche la più piccola scemenza del mondo, perché è il loro lavoro. Se non ricordo male, la loro ultima coincise con una multa di sessanta euro per un riporto errato di venti centesimi su una fattura.
Dovettero sforzarsi di trovare qualcosa, perché oltre a doversene andare a mani vuote erano parecchio arrabbiati per essersi appostati due ore in borghese senza trovare nessun cliente a cui non avessimo fatto lo scontrino. Quelli dell'igiene, invece, fecero un discorso di ore sull'importanza di non mescolare i prodotti... perché in mezzo alle ciabattine erano finite due rosette. Temevano si accoppiassero e riproducessero generando un mostruoso panino biteste?
Le altre voci rappresentano ritardi nel lavoro e carenza di clientela, non servono spiegazioni.
Ma i viaggiatori meriterebbero un intero volume a sè. Ho letto da qualche parte che la natura della mafia è la costanza: tu puoi stancarti di scappare, ma lei non si stancherà mai di darti la caccia.
I viaggiatori non si stancheranno mai di cercare di fregarti.
In otto anni di attività ne avevo visti susseguirsi decine, di onesti ben pochi. Cercavano di fregarmi sul prezzo, sul peso, sulla qualità o intascandosi i regali allegati ai prodotti profondendosi in mille scuse quando li beccavo dicendo, in pratica, che tutti possono sbagliarsi, ma in buona fede, per carità! Il che mi obbligò, dopo i primi raggiri, a pesare in loco tutto quel che compravamo. Sapete che significa pesare farina e zucchero quando ne ordini a quintali? Ore e ore.
I viaggiatori mi odiavano perché non mi lasciavo fregare quanto io odiavo loro perché tentavano sistematicamente di fregarmi. Tutti i negozianti accettano lo stato di cose e pagano, consentendoci di arrotondare lo stipendio, parevano volermi dire ogni volta che contestavo una fattura o telefonavo alla casa madre per segnalare errori di bolla, perché non cedevo?
"No, pensaci tu, per favore. Credo che ammazzerei qualcuno, oggi."
"Lo immaginavo. Ti mando su qualcosa? Cioccolata? Tè? Brodo caldo?"
"Abbiamo il brodo alle sette di mattina?"
"Stasera c'è la lezione sulle vellutate, ricordi? Ne abbiamo a litri. Di pollo, di pesce,
di manzo, di verdure."
"No, grazie. Mandami Sofia, piuttosto."
"Il suo turno sta per finire, e anch'io stacco tra poco. Torneremo alle sette, stasera. Non è un po' crudele affrontarla ora che è esausta?"
"Le guerre si vincono con la strategia, non con la forza bruta. Falla salire e fingiti spaventato da me."
"Oggi non devo fingere."
Sospirai "Fortuna che ho te. Giuro che a volte sei l'unico motivo che mi dà la forza di continuare a gestire questa gabbia di matti." compreso il poter adocchiare la tua favolosa camminata.
Mi guardò in modo strano e prima che potessi chiedergli cos'aveva se ne andò.
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