Assaggio la vaniglia (1)
“Per colpa tua la mia vita è rovinata!”
Di tutte le persone che potrebbero lanciarmi una simile accusa, la mia socia Sofia è la più inverosimile.
Eppure eccola qui, in ufficio durante l’orario di lavoro, a dichiarare questa menzogna mentre agita per aria un elegante mazzo di orchidee rosa.
Sono indecisa se la pazza qui è lei o sono io.
“Che ti ho fatto, scusa?” indago prudentemente, mentre passo in veloce rassegna qualunque cosa possa averla disturbata nel mio comportamento.
“La tua bella trovata del Principe Azzurro, ecco cos’hai fatto!” sbotta, inviperita “Li vedi questi fiori? Me li ha mandati…oh, ma a che serve dirtelo senza spiegarti tutto?” si siede scompostamente e inspira per recuperare la calma.
“Infatti. E comincia dall’inizio.” le raccomando.
“Sai che vado a cena dai miei una volta a settimana, no?” attacca, per proseguire come un treno appena annuisco “Non sappiamo mai di cosa parlare senza litigare. Disprezzano il mio lavoro, odiano te, sono delusi dalle mie scelte, abbiamo differenti opinioni politiche… finiamo con il cianciare del tempo, delle notizie di cronaca e aria fritta varia finchè terminiamo il dolce e finalmente posso congedarmi. Andava avanti così da anni. Ero felice! Loro non mettevano il naso nella mia vita, io non mettevo il mio nella loro… era fantastico!”
Incredibile come Sofia faccia sembrare avere una famiglia emotivamente distante la cosa più bella del mondo.
O forse quella di impegnarsi nella comunicazione con i parenti e offrirsi reciproco sostegno non è un comportamento naturale bensì propaganda clericale.
Per come va nella mia famiglia, sospetto che il suo approccio renda la vita più semplice.
“Il fatto è che una sera eravamo davvero alla frutta della conversazione. Si sentivano solo i rumori delle forchette sui piatti… iniziavo a essere a disagio… così per dargli un boccone da spolpare ho raccontato del tuo piano di Caccia.”
“Casualmente.” dico, con freddezza. So benissimo che è difficile resistere alla tentazione di raccontare di un’amica impazzita che si è data agli appuntamenti procurati tramite i più ridicoli sistemi.
“Ti odiano. Credevo di fargli un favore dandogli modo di spettegolare su di te.” è la sua disinvolta giustificazione “Sul momento è andato tutto bene. Ma alla cena seguente c’era un ospite.”
Visto che si è fermata, la invito a proseguire con un “Si?”
“Un uomo.” annuisco ancora “Impiegato con mansioni dirigenziali dell’azienda dove lavorava papà. Sui trentacinque, ottimo curriculum, famiglia degna di nota.”
“Continuo a non capire.”
“Neanch’io, ma ho iniziato a farlo dopo che per la terza volta mamma ha suggerito che ci scambiassimo i numeri di telefono per vederci qualche volta, perché noi giovani dobbiamo socializzare.”
“Era una cena per fartelo conoscere?” sono sbottata, incredula.
“Fosse stato un caso isolato, potevo sopportarlo, ma la faccenda sta rapidamente peggiorando. Mi stanno perseguitando!”
Ma tu guarda che fortuna sfacciata, penso, io mi arrabatto per trovare uno scapolo decente e sua madre glieli getta addosso.
“Chi ti perseguita?”
“I miei genitori! Per dieci anni il sistema delle cene ha funzionato splendidamente per tenerci gli uni fuori dalla vita dell’altra senza provare sensi di colpa. Ma parlando di te gli è scattato un clic nella testa, si sono ricordati che ho passato la trentina e credo vogliano un nipotino!”
“Oddio.” il pensiero di Sofia che diventa madre è terrificante. Quale anima può aver tanto peccato per meritare la pena di esserle figlia?
“Hanno pensato che se sono un fallimento da rinunciare a correggere, possono ricominciare daccapo con i miei figli. Una Sofia punto zero da portare alla vetta. Non ne posso più.”
“Per una cena con un’ospite?”
“Tre cene con tre ospiti diversi.” puntualizza “E poi mamma ha cominciato a telefonarmi, cosa che non faceva mai. Vuole sapere dove sono, cosa faccio, se ho in programma di vedere qualcuno.” la storia della mia vita “Oggi mi sono arrivati questi da parte di uno dei tre. Un ringraziamento anticipato perché lo accompagnerò a teatro questo sabato. Mamma ha preso l’impegno a nome mio!” agita violentemente le orchidee “Io non voglio un compagno! Sto bene da sola e non lo dico tanto per dire. Posso fare ogni cosa a modo mio, e mi piace da morire!”
Trattengo a stento una sghignazzata fragorosa “Non ti resta che affrontare i tuoi e dire che non vuoi che ti presentino begli uomini ricchi. Che vita grama hai.”
Scuote il capo “Come se servisse. I miei non sono diventati pezzi grossi nell’amministrazione industriale per niente. Sono squali. Personalità d’assalto che non si fermano davanti a niente, anzi provano gusto nell’incontrare resistenze, per spezzarle a colpi di maglio.”
“Allora dagli i tuoi ovuli, così affittano un utero e producono i nipotini che vogliono senza disturbarti.” il mio è un suggerimento scherzoso, ma la vedo illuminarsi.
“Ma sai che non è un’idea da scartare?”
“Si che lo è! Tu vorresti che il tuo dna si mescoli a quello di qualcuno che neanche conosci?” ribatto.
“I miei sono parecchio selettivi. Si procurerebbero materiale genetico di prima scelta sotto il profilo estetico, intellettivo e magari gli farebbero inserire i geni del talento musicale. Dovresti vedere che roba mi stanno presentando. Non fosse che gli darei soddisfazione e saprebbero tutto quello che succede, uscire al volo con quei tizi.” rivela.
Sto per dire qualcosa di estremamente sensato quando realizzo di aver sbagliato tutto.
In questa faccenda mi sono rivolta a internet, alle amiche… ma non ho mai pensato di coinvolgere Sofia!
“In effetti, la tua famiglia è ricca. Hai frequentato le migliori scuole. Anche se sei fuori dal giro, sai dove trovare uomini affascinanti con carriere in ascesa.” dico lentamente.
“Certo, ho sguazzato per anni in quell’ambiente e anche se ne sono uscita, il nome dei miei è sempre un ottimo passepartout per essere classificata come preda ambita da chiunque sia un ambizioso. Sapessi quanti hanno cercato di fare amicizia con me per arrivare a loro… ma perché stai sorridendo?”
*
“Non so proprio come tu sia riuscita a convincermi.” mugugna Sofia appena mettiamo piede al Go-Go Club, classificato come nido dei rampanti cittadini non ancora spazzati via dalla crisi o da scandali a sfondo sessuale.
“Perché è nel tuo interesse che trovi alla svelta il mio Principe e tutto torni com’era prima.” le ricordo.
Per superare i buttafuori all’ingresso il nome di Sofia non era sufficiente, visto che è fuori dal giro di socialite da anni, ma accoppiato a quello del nostro servizio catering con la scusa del sopralluogo per esaminare il locale in attività e sceglierlo come location per una festa, è risultato vincente.
“Non capisco perché sono tanto selettivi all’ingresso. Non è niente di speciale!” urlo a Sofia, dopo un rapido sguardo per la sala. Non è che un normalissimo disco-pub con illuminazione insufficiente, una pista da ballo rotonda al centro circondata da bassi tavolini e divani, circondati a loro volta da postazioni bar.
“Devi avere carte di credito serie oro per entrare.” mi rivela “E rifiutano i ragazzini.”
Sensato. È un posto di ritrovo per gente danarosa, non troppo giovane, messa in condizione di socializzare solo con gente altrettanto danarosa o con i contatti giusti per superare lo scoglio del denaro. Nel giro di ricognizione riconosco tre attori di soap, un paio di ristoratori con programmi televisivi all’attivo e alcuni profili che non riesco a identificare ma mi sembrano familiari.
“Allora che si fa? Andiamo a ballare?” chiedo a Sofia, attirata dalla musica pop.
Mi guarda inorridita “Naturalmente no! Quello è il territorio delle ragazzine che si mettono in mostra! Vuoi che tutti pensino che sei qui per farti rimorchiare?”
“No… ma in realtà vogliamo che qualcuno ci provi con noi, giusto?” ribatto, titubante. Insomma, lo scopo della serata è questo.
“Ma non devi gridarlo al mondo e soprattutto non devi mirare al maschio che ci prova con la copertura della danza, e che se gli dici no si gira e balla con quella a lato di te, no? Se stai mirando a un esemplare di buon livello, sicuro di sé, il segno distintivo è che cerca di attaccarti bottone mentre non balli!”
Non so cosa pensare di questa teoria, ma Sofia sembra sapere il fatto suo. Ha lo stesso tono di quando dichiara che un dolce è pronto. Non c’è margine di errore.
“Allora… ci andiamo a sedere?” propongo, e penso a come sarà bello non dover rimanere in piedi su questi tacchi assassini.
“La tua ignoranza mi sconvolge.” dice, lapidaria “Non lo sai che solo chi è in gruppo o ha già un compagno si siede?”
Furtivamente, esamino gli avventori sui divanetti e noto che tutte le donne sono sottobraccio a un uomo oppure in un gruppo di cinque o sei compagne.
Chi poteva immaginare che il mondo della vita notturna avesse simili regole non scritte?
“Il nostro posto è all’Abbeveratorio.”
“Il che?” mi sta spaventando.
“Il bar.” spiega, e mi rilasso subito. Chissà cosa mi stava venendo in mente. Forse quel rinfresco che abbiamo organizzato per i Mescitori del Punch, dove le bevande erano versate in gigantesche vasche e si prelevava il necessario per bere con lunghi mestoli di rame.
“Non ho molta voglia di alcolici, cosa c’è di leggero?” non faccio in tempo a finire la frase che Sofia mi fulmina con lo sguardo.
“Tu bevi quel che ordino io!” e al bancone del bar ordina “Due vodka fragola con lime e salsapariglia!” uno degli indaffarati barman recepisce e mi ritrovo in mano un cocktail rosso sangue che deve contenere più alcol di una distilleria.
“Questo è assolutamente adatto. Assaggia.” mi ordina Sofia, e annuso prudente il cocktail. Profuma di fragola e limone ma non sono stordita dai fumi alcolici. Assaggio.
“Ma… si deve essere sbagliato… qui…”
“Sshhhhh!” mi fa segno di abbassare la voce. Ci spostiamo verso una colonna e sorseggio ancora il drink, davvero delizioso come un frullato.
“Sai chi beveva la salsapariglia? I Puffi. Qualche anno fa è nato questo codice tra ragazze e barista. Salsapariglia significa che in realtà vuoi qualcosa che sembra alcolico ma che invece non lo è.” ride Sofia “Così gli uomini ti vedono bere e credono che ti stai ubriacando, che sei divertente e magari più facile, e invece tu sei sobria come un pesce e pronta a sfruttare questo vantaggio.”
“Diabolico.” ammetto.
“È che non mi va di avere mal di testa al lavoro.” aggiunge, pratica.
Dietro suo consiglio, ci concediamo cinque minuti di chiacchiere senza guardarci intorno mentre beviamo i nostri finti cocktail, per acquisire l’aria di donna-che-esce-a-divertirsi-e-non-sente-il-bisogno-di-farsi-notare, che secondo lei è quella che attira gli uomini dotati di sicurezza in sé. Il mio sguardo cade spesso sull’orologio, sono impaziente di chiederle qual è la mossa successiva e…
“Sofia Gambini! Dimmi che sei tu!” la voce appartiene a un uomo molto attraente, alto. Le sorride porgendole la mano e dopo un istante lei esclama “Antonello Sasso!”. si abbracciano come vecchi amici, si baciano sulle guance e attaccano il ritornello di chi non si vede da tempo.
“Saranno due anni? Non eri in Francia?” gli chiede, sorridente.
“Sentivo una gran nostalgia di casa e mi sono fatto riassegnare. Sono tornato giusto da due giorni. E tu? Ancora in pasticceria?”
“Sempre, e ci stiamo facendo una certa fama come marchio.” è orgogliosa nell’affermarlo, e a ragione. In fondo li realizza lei, i prodotti.
“Fantastico. Ti dirò, quando ho saputo che ti davi alla pasticceria, ho scommesso che mollavi dopo aver sgusciato il primo uovo. Ricordo quando venne organizzato quel weekend nella villa in campagna… cos’avevamo, quindici anni?” gli occhi gli brillano ed è davvero carino mentre si rivolge anche a me “Si scatenò un tempesta che ci tagliò fuori e i domestici rimasero bloccati oltre il ponte del fiume in piena. Una ventina di liceali scoprirono di non saper fare neanche un piatto di pasta!” rideva “E tu… tu avevi in mano quel sacchetto di farina e dicesti: se lo metto in forno diventa pizza?”
“Davvero?” la guardo meravigliata di tanta ignoranza, e noto del rossore sulle sue guance.
“Ma che ne sapevo a quei tempi?” ribatte, sulla difensiva.
“Per fortuna…” continua lui ridendo “Per fortuna c’era una ragazzina che se la cavava bene ai fornelli e ci ha pensato lei a impedirci di morire avvelenati. Oh, che serata! E che torta preparò! Di tutte le cose che aveva messo in tavola, quella era in assoluto indimenticabile. Alle albicocche.”
Un momento, la nostra torta di albicocche? Quella alla base della nostra buona nomea?
Sbircio Sofia che evita ostentatamente di guardare dalla mia parte. Questa storia la chiariremo, lo giuro!
“Si, ehm… lei è la mia socia, Sandra. Siamo qui per decidere se usare o meno il locale per lavoro.” mi presenta con disinvoltura.
“Piacere.” ci stingiamo la mano. È asciutta, ferma… mi trasmette un’ottima sensazione.
“Deve essere una persona eccezionale per resistere accanto a Sofia. Non era famosa per la sua bontà di carattere.”
Mi squaglierei davanti al suo sorriso “Oh, la lascio abbaiare. Ho imparato a ignorare i suoi capricci.”
“Quando finite con il sopralluogo, venite al nostro tavolo. Ci sono anche la Vanessa e Regina.” ci saluta, e indica una postazione piena di gente sciccosa prima di congedarsi.
“Stessa scuola, ragazzo angelico. Levatelo dalla testa.” mi informa lei, appena siamo di nuovo al sicuro da orecchie indiscrete “Non so neanche da quanto è fidanzato con la stessa ragazza. Sono una coppia di ferro.”
“Allora andremo al suo tavolo?” chiedo.
“Scordatelo. Vanessa e Regina sono due rimaste come ero dieci anni fa: ricche, snob e con la lingua degna di tre serpenti a sognagli. Ti farebbero sentire una porcheriola di gatto a suon di insulti mascherati da complimenti.”
“Mi fido di te.” non mi va per nulla di scoprire quanto può essere perfida una lingua velenosa.
“Buonasera. Non abbiamo potuto fare a meno di notare che siete sole.” ci interrompe una voce educata. Appartiene a un altro uomo attraente e alto, appaiato a un uomo attraente e alto “Se non vi disturbiamo, possiamo offrirvi un altro drink?”
Finalmente è arrivato il momento! Valuto con approvazione i due. Sembrano esattamente quello che fa al caso mio. Uomini di bell’aspetto e tranquilli, persone di cui ci si possa innamorare senza che un dettaglio come, che so, il fanatismo alimentare o animale o per le fruste diventino ostacoli insormontabili a qualunque forma di interesse.
“S…”
“Meno male, sei proprio tu!”
L’interruzione sgradita e inopportuna è da parte di una donna, anzi, una ragazza. Sui venti, in elegante tubino rosso, che si è aggrappata al mio braccio destro e ha occhi imploranti.
“Scusa, e tu chi…?” sto ribattendo, ma lei spiega subito.
“Alla festa di fidanzamento di Lisa. Sei sua cugina, giusto?”
Come se potessi dimenticarla, vorrei ribattere! Al che però riesco a riconoscere la sua voce: quella che ne i bagni rideva e usava la toilette guasta perché tanto non toccava a lei pulire!
“Si.” la mia voce è più fredda quanto vorrei e d’impulso strattono il braccio per liberarlo dalla presa “Sono impegnata ora e…”
“Lisa è completamente ubriaca e non ci ascolta più! Vuole andare via con un tizio che ha appena conosciuto!” bela quella, e all’improvviso ogni antipatia sparisce, rimpiazzata da una sana preoccupazione.
“Oddio! Scusate, è un’emergenza!” mi congedo così da quello che potrebbe essere l’uomo della mia vita con annessi e connessi tali da far schiattare d’invidia tutte le mie parenti, e mi lascio guidare dalla ragazza fino a un separè dove troviamo altre due loro amiche dall’aria preoccupata e un po’ brilla, Lisa del tutto brilla abbarbicata a un ragazzo che sta gettando al cameriere una carta di credito.
Non so cosa dire. Però sono pronta ad afferrarla per un braccio e trascinarla fuori quando Sofia urla “Sei stato tu a pagare da bere alla mia sorellina?”
Le teste si voltano verso di noi. Il ragazzo apre bocca, ma Sofia lo anticipa.
“Ha sedici anni, cretino! È minorenne e l’hai fatta ubriacare!” punta un dito accusatore su di lui, che spalanca la bocca e si vede che sta per ribattere “Ma quale minorenne!”. Si blocca esaminando il corpo minuto di Lisa fasciato da un miniabito che lascia davvero scarsissimo spazio alla fantasia e gli viene un dubbio. Sofia sembra sul punto di chiamare la polizia, quindi scatta in piedi, riprende la carta dalle mani del cameriere e sparisce nella calca.
“Non si preoccupi, non è affatto minorenne, e pagherà ogni consumazione.” spieghiamo subito al poveraccio che teme di aver servito alcolici a un minore e si vede già sbattuto in una cella. Sollevato, il cameriere ci lascia ai nostri guai. Mi sento vecchia mentre guardo con rimprovero tutte loro. Lisa ondeggia visibilmente benchè sia seduta.
“Cosa pensavate di fare?” oddio, sono diventata mia madre!
“Doveva essere una serata di relax, una cosa tra noi per divertirci. Ma Lisa ha di nuovo rovinato tutto!” è la dichiarazione di quella che mi ha chiesto di intervenire.
“Ha iniziato subito a bere anche se le abbiamo detto che domani andiamo tutte a lavorare e non potevamo fare tardi né alzare il gomito.” aggiunse un’altra, che ha bevuto un po’ anche lei. Francamente, non provo pietà per nessuna di loro. E anche meno per Lisa, nonostante stia diventando verdognola.
Non voglio fare la bacchettona, ma credo sia sacrosanto indignarsi davanti a una fidanzata fresca di nomina che passa le serate a sbevazzare abbarbicandosi agli sconosciuti.
Non ha rispetto per il suo fidanzato, non ha rispetto per la vita delle sue amiche, non ha rispetto per niente!
“E poi si è buttata su quel tizio, molto prima di ubriacarsi.” la terza, nonostante lo sguardo un po’ appannato, sembra lucida, o forse è l’alcol che le fa dire quel che pensa “Inizi a stancarci, lo sai? Non abbiamo più quindici anni. Domani non ci aspetta la scuola, ma il lavoro. Deciditi a crescere anche tu!” le sbraita addosso.
Questo sembra scuoterla “Ma che volete da me? Siete solo invidiose perché io sto per sposarmi e avere un mucchio di soldi e voi gne-gne-gne.” biascica Lisa, tirandosi in piedi a fatica ed esibendosi in una parvenza di dignità offesa.
“E che ne direbbe del tuo fidanzato se ti avesse vista abbracciata a quel tizio?” domando, piena di pietà per quel poveraccio.
Lisa mi guarda. Non sembra mettermi a fuoco.
Poi cade in ginocchio e vomita dentro il cestello del ghiaccio.
Si, credo che il suo fidanzato avrebbe provato la stessa cosa.
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