28. "Giurare sullo Stige"
▶️5Sos, Thin white lies
Adone
Incommentabile.
Questa situazione è semplicemente incommentabile.
Senza ombra di dubbio mi aspettavo che la serata finisse in modo totalmente diverso. Molto diverso. Magari con me e Nikita da qualche parte, da soli. Ma no, Bryce ci ha pensato benissimo a rovinare tutto con il suo vomito. E con tutto intendo veramente tutto, perché ci ritroviamo nel mio appartamento e, come se non fosse abbastanza per me da sopportare, c'è anche l'organo ammosciato qui con noi e non so davvero cosa mi trattiene dal tirargli almeno un pugno in faccia.
A mia discolpa posso dire di essere già stato abbastanza condiscendente, mite, pietoso nei suoi confronti; una clemenza inimmaginabile, mai avuta prima. Dovrebbe quantomeno inginocchiarsi e baciare il suolo sul quale cammino.
Ma no, niente di tutto ciò che vorrei accadesse, accade. Al contrario, appresso a Nikita sto scoprendo di avere un altro potere, ovvero quello di tollerare cose che avrei potuto maledire per la vita con un pizzico di sfiga e uno schiocco di dita, ma faccio in modo che le catastrofi che immagino non oltrepassino il confine della mia mente e rimangano soltanto lì, in un vortice di pensieri che continua a girare e girare, generando il caos più totale all'interno del mio cervello tra pensieri stupidi e paranoie.
Ed è per questo che da venti minuti sto guardando il nulla reprimendo, o forse dovrei dire sopprimendo, la voglia di defenestrare qualcuno, perché non siamo soltanto noi quattro qui, ma ci sono anche Cleo e Freddie. Per qualche bizzarro e infausto motivo, me li ritrovo sempre in mezzo ai piedi, anche quando vorrei essere invisibile per loro. Per sempre, magari.
«Bryce è resuscitato?», chiede Cleo con finta preoccupazione. Il suo disinteresse riuscirei a fiutarlo anche dall'altra parte del continente, dall'Olimpo e dagli Inferi.
«Ma non è mai morto», le fa presente Dick, quasi come se avesse fatto riemergere il suo intelletto, non capendo, però, che in questo modo appare semplicemente ancora più stolto e somaro.
«Ma dài!», esclamo io con aria ovvia, ruotando gli occhi al cielo, lì dove spero mio padre veda l'esasperazione impressa sul mio bel volto.
Cleo si acciglia e si alza dal mio pouf, approssimandosi lentamente a me. Questo è il momento in cui cerco di contenere anche la voglia di buttarla fuori dal mio appartamento? O dovrei sorridere e annuire come fa Nikita quando le parlo di cose di cui non capisce niente?
«Non permetterti di rivolgerti così, con quel tono da saputello!», incrocia le braccia sotto il seno, come se volesse quasi alzarlo di più e metterlo in bella mostra davanti a me. Quel vestito rosso fuoco che indossa evidenzia maggiormente la pelle quasi diafana e le sue forme, stringendole il seno in modo quasi... sofferente. Ma avere le sue tette sotto gli occhi non cambierà di certo il mio modo di vederla e il livello di simpatia nei suoi confronti non farà di certo un salto al livello successivo.
«Altrimenti?», mi alzo anche io e torreggio su di lei, mantenendo l'espressione seria. Lei ammira la mia altezza e deglutisce, ma continua a fingersi sicura di sé. So perfettamente che il suo modo di stringere le braccia intorno al busto sembra un inutile tentativo di sembrare forte, inflessibile e austera, peccato dia l'impressione di essere l'esatto opposto. Appare come un coniglio impaurito che cerca di abbracciarsi da sola, isolandosi e proteggendosi da un possibile attacco.
«Non userai il tuo cazzo di fascino da maschio alpha con me, hai capito?», abbaia, stringendo i denti. Nonostante io non capisca davvero il suo astio nei miei confronti, forse ho un'idea di cosa potrebbe averlo generato.
«Non mi sei mai stata particolarmente simpatica e adesso mi stai dando tanti motivi per cui potrei farti davvero male, ma mi limiterò a dirti di andare a sederti al tuo posto e non azzardarti mai più ad alzare la voce con me, ci siamo capiti?», mi fissa ammaliata e annuisce piano mentre indietreggia verso il pouf, stando attenta a non inciampare nei suoi stessi piedi.
«È arrivato il momento in cui tu ci offri qualcosa da bere», Dick ha ancora la faccia tosta di aprire la bocca.
Penso a Nikita e cerco di controllarmi. È molto più difficile di quanto pensassi.
«Hai sentito?», chiede Cleo.
Giro lentamente lo sguardo verso Freddie ma abbassa subito la testa e decide di non intromettersi. Cos'è, una specie di test? Stanno mettendo alla prova il mio livello di tolleranza?
«Certo, porto del veleno per te», gli dico sorridendo freddamente. Dick e Cleo mi fissano come se avessi addosso un costume da pagliaccio.
Freddie scoppia a ridere all'improvviso, battendo la mano sulla coscia e buttando la testa all'indietro. «È davvero uno spasso a volte! Gli piace scherzare». Ennesimo tentativo perso di mascherare il mio istinto omicida con una delle sue risate forzate.
«Sì, sono un ridanciano», mormoro e vado in cucina a portare qualcosa da bere. Adesso sono diventato nientemeno che il loro maggiordomo. A casa mia.
Freddie mi raggiunge e mette una mano sulla mia spalla. «Amico, è così che funziona qui».
Lo fulmino con lo sguardo. «Non sono il loro schiavo».
«No, tecnicamente si chiama ospitalità. Sai, siamo a casa tua, non possono di certo andare in giro a toccare la tua roba. Servi e basta».
«Mi stai dicendo di servire degli umani?», spalanco gli occhi, indignato.
«Non esattamente...», mi guarda confuso.
«Ehi, ragazzi», dice Nikita entrando in cucina, con suo fratello che si sorregge al suo esile corpo.
«Serve aiuto?», offro subito la mia disponibiltà.
«Un bicchiere d'acqua?», farfuglia guardando suo fratello e aiutandolo a sedersi sulla sedia. Se Bryce non fosse davvero il mio secondo umano preferito, a quest'ora sarebbe diventata una stella nel cielo. Un modo carino e umano per dire che lo avrei mandato dal suo creatore. Peccato si sia sentito male all'improvviso e Nikita si sia spaventata, quindi dove altro avrebbe potuto portarlo se non da me? L'unica cosa che non mi spiego è per quale motivo quel cretino ci viene ancora dietro?
Passo il bicchiere a Bryce quando dal salotto sento Cleo gridare come una iena: «Mi porti qualcosa o no?».
Stringo i pugni e trattengo il fiato, poi vado alla macchina caffè. Cerco di ricordare le istruzioni fornitemi da Freddie, ma sicuramente mi sta sfuggendo qualche passaggio al momento, perché la macchina inizia a fare dei rumori strani e non si ferma.
Nikita si acciglia e inclina il capo per osservarmi. Con un sorriso sornione tengo gli occhi puntati su di lei mentre con un pugno inizio a colpire questo aggeggio infernale e tecnologico, con l'intento di fermarlo.
«Sai, non penso che il caffè si prepari tirando pugni», mi dice Bryce ridendo e guardandomi stordito.
«Oh, sei vivo, per fortuna».
«Sono un po' ubriaco e forse fatto», mi ricorda.
«Hai vomitato nella mia macchina», gli ricorda Freddie cercando di farlo sentire in colpa.
«Ora la tua macchina è stata benedetta», risponde invece, sempre con scherno.
Dick entra in cucina, rovinando ulteriormente il mio umore e anche la situazione. Guarda Nikita e tira su il mento, con orgoglio.
«A volte devi perdere, sai?», gli dico con tono pseudo-compassionevole. Lui l'ha persa. È andata. Deve mettersi l'anima in pace.
Freddie mi dà man forte. «Sì, Dick. Non tutte le ciambelle escono col buco».
Tutti ci giriamo verso di lui, confusi.
«Non sempre le cose vanno secondo i piani o come vorremmo noi», chiarisce.
«L'avevo capito, non sono stupido», ribatte Dick, lanciandomi uno sguardo tagliente.
«Cosa?», chiedo.
«Ho sentito qualcosa riguardo ad un certo stolto pecoraro», si stringe nelle spalle, ma il mio sguardo scatta su Nikita. Lei spalanca gli occhi e cerca di farsi piccola dietro la schiena di suo fratello. «Potrebbe essermi sfuggito un po' di tempo fa?», dice con voce innocente.
«Ma quindi è vero... Tu e le capre?», indaga Dick, con dubbioso entusiasmo.
L'aria qui dentro è diventata soffocante perfino per me. Faccio un bel respiro e mi allontano, appoggiandomi al davanzale e aprendo la finestra. Lascio che il vento frizzante invernale mi sferzi il viso e chiudo gli occhi. Certo che è difficile vivere qui...
Qualcuno mi tocca la spalla e mi arriva una zaffata di alcol alle narici.
«Tu sei un dio», Bryce mi scuote per la spalla.
«Non me lo ero dimenticato, ma grazie di avermelo ricordato», rispondo con sarcasmo.
«No, è che mi piace dirlo. È una figata, vero? Vorrei esserlo anche io».
E magicamente è sparito il rancore che provavo nei suoi confronti.
Quando sto per aprire nuovamente bocca, sentiamo un rumore assordante provenire dal salotto e vedo Nikita saltare giù dalla sedia e afferrare un coltello.
«Mio dio, stai ferma! Tu fai solo danni quando hai oggetti pericolosi tra le mani», grida Bryce.
«Concordo», dico.
Nikita non intende mollare il coltello, anzi lo stringe ancora più forte e lo solleva quasi all'altezza della testa.
«C'è qualcuno», sibila.
«Ra-ragazzi», grida Cleo dal salotto e chiudo gli occhi sperando che non abbia le allucinazioni o che qualcosa di strano si faccia vedere proprio adesso.
«Dico davvero, molla quell'oggetto e mettiti qui seduta. Io vado a controllare la tua amica», dico a Nikita stringendo le sue piccole spalle.
Il suo sopracciglio schizza verso l'alto e vedo la rabbia incendiare i suoi occhi nocciola. «Senti, è la mia migliore amica e io so difendermi».
«Su questo non ho alcun dubbio...», biascico senza distogliere il mio sguardo dal suo. Come fa una simile umana, esile e graziosa, a sembrare un'arpia? Mi volta le spalle di colpo e a passo deciso si allontana da me.
«Oh Gesù, se ci sei e mi senti, colpiscila tu prima dell'assassino, ti prego», prega Bryce in tono drammatico e inginocchiandosi a terra con lo sguardo rivolto verso l'alto. «Anche voi avete voglia di fare biscotti?», aggiunge guardando noi, con ancora le mani unite.
«Mio dio, cosa gli sta succedendo? È stato posseduto?», chiede Dick, adesso con la schiena appiccicata al muro e gli occhi spalancati.
«Smetterò di portarti sfiga, ma per piacere piantala», pronuncio.
Si alza come un fulmine e sorride genuinamente. «Senza sfiga, più figa», mi fa l'occhiolino, dopodiché raggiungo Nikita.
È ancora sull'attenti, con la lama del coltello che sfiora la parete e la sua posizione di attacco per poco non mi fa ridere...o eccitare. Dipende.
«Controllo io, sono un dio, è più sicuro», sussurro al suo orecchio.
«No, faccio io», ribatte.
«Per gli dei, sono immortale», le ricordo.
«Magari sto soltanto cercando di morire per sbaglio, senza farlo sembrare un suicidio», fa spallucce come se niente fosse.
Faccio un bel respiro e sono pronto a sparire dalla sua vista, quando lei all'improvviso sparisce dalla mia. Si mette a correre e poi grida: «Questa è un'infrazione», alza il coltello sopra la testa, ma davanti a noi vediamo Artemide con la spalla appoggiata alla portafinestra che dà sul balcone. Si rigira tra le dita una freccia e ghigna, puntando gli occhi su di me.
«Felice anno nuovo», dice deviando l'attenzione su Nikita.
«Ma tu...»
Vorrei fulminarmi da solo. «Puoi sparire?», le chiedo gentilmente.
Lei fa finta di pensarci su. «No».
«Scusa, tu sei?», chiede Cleo, indossando di nuovo la maschera da stronza.
«La mia rilevanza nel mondo è sicuramente più grande della tua», le risponde, strizzando l'occhio.
«Ehi! È la mia migliore amica», protesta Nikita, offesa.
«Embè? Dovrebbe importarmi?»
Nikita sbarra gli occhi e si gira come un lampo verso di me. «Ma cosa vuole?»
«Fare due chiacchiere con Adone», risponde al posto mio.
«Ce l'ha anche lui una bocca, sai?», Nikita appare sempre più stizzita.
«È importante?», le domando, avvicinandomi.
«Ah! Lo sapevo», grida ad un tratto Cleo. «Hai anche tu dei segreti, non è così? È la tua ex ragazza?», punta l'indice verso Artemide. Quest'ultima la fulmina con lo sguardo e la squadra dalla testa ai piedi.
«Fammi il piacere e ficcale quella freccia in testa», le dico piatto.
«Fallo e ti ucciderò», Nikita digrigna i denti. Qualcosa mi dice che si sta arrabbiando. E questo non rientrava assolutamente nei miei piani. Anzi, nemmeno avevo dei piani.
«Tu? Uccidere me?», Artemide batte piano le palpebre, sbalordita.
«Ci puoi giurare», sibila Nikita.
«Calmiamoci un attimo», mi intrometto. Faccio cenno ad Artemide di seguirmi nella mia stanza. «Tu aspetta qui», dico a Nikita.
Artemide alza il mento e guarda dritto, poi entra nella mia stanza e chiudo la porta.
«Che bisogno c'era di presentarti qui? E a che giochetti state giocando, tu e Apollo?».
Artemide va a sedersi sul letto e accarezza una freccia con delicatezza, sollevando lo sguardo verso di me. «Porto cattive notizie», mi fa sapere. «Gli dei hanno scoperto che sei una minaccia e adesso stanno cercando di agire prima di te. Ares è convinto che tu scatenerai una guerra quando meno se lo aspetteranno e in qualche modo il suo pensiero ha influenzato Zeus».
Sbuffo una risata e lancio le braccia in aria. «Mi sembra ovvio, mio padre ha paura che io prenda il suo posto, quindi farebbe di tutto per farmi fuori».
«Devi convincerli che non è così, Adone. Devi dire che non è quello che vuoi e che la profezia non si avvererà».
«Si chiama profezia per un motivo», alzo gli occhi al cielo, spostandomi vicino alla finestra.
«Sì, ma dipende anche dalle tue scelte. Sappiamo tutti dell'odio che provi nei confronti di Zeus e quell'odio potrebbe sfociare in una guerre tumultuosa».
Mi mordo il labbro e mi avvicino a lei. «A me non è mai fregato nulla di mio padre e lo sai benissimo. Il casino lo sta facendo tutto da solo».
«E forse hai ragione, Adone. Ma non ci resta che vedere come andrà a finire. A meno che tu non sia pronto a rinunciare a qualcosa o a fare un giuramento», alza il sopracciglio.
«Mi stai davvero suggerendo di giurare sullo Stige?», stringo i denti.
«È l'unico modo per mettere fine a questo casino! A meno che tu non voglia vedere quella bella fanciulla fare una brutta fine. Adone, non tutti sono clementi con te come lo siamo io e Apollo. Gli dei sanno essere anche molto manipolatori e malvagi. Se davvero ci tieni a lei, pensaci bene. E nel caso fosse il contrario, allora non vedo cosa potrebbe tenerti ancora fermo qui. Torna a casa oppure scegli dove e con chi stare», Artemide sparisce dalla mia vista e tiro un pugno nel muro, stringendo i denti. Non è possibile! Giurare sullo Stige è come consegnarmi a Zeus. Non voglio che lui abbia ancora più potere su di me.
«Non ho altra scelta», mormoro ad alta voce, prendendomi la testa tra le mani.
Qualcuno bussa alla porta e vado ad aprire. Nikita mi guarda con aria circospetta, poi si solleva e guarda oltre la mia spalla, ispezionando la stanza.
«Non c'è, è andata via», le dico.
«Uhm... E dunque? Cosa voleva da te?», mi domanda guardandomi con quegli magnifici occhi marroni.
Le accarezzo dolcemente il viso e sorrido, posando il pollice sulle sue labbra. Vale la pena farlo per lei? Giurare sullo Stige per un'umana?
Nikita piega la testa e mi bacia il palmo della mano. I suoi occhi brillano ancora dall'emozione e si morde il labbro inferiore, impaziente.
«Sei bellissima», le dico in un sussurro, poi le prendo le mani e andiamo via, senza dire nulla agli altri.
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