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25. "Impazzire per un'umana"

▶️5Sos, Lonely heart

Adone

Nascere e sapere che vivrai come se fossi maledetto per tutta la vita, non è bello.

Anzi, no. Nascere e sapere che potrai portare sfiga all'interno mondo è, come direbbero gli umani, figo. E infatti io, a parte l'immutabile odio e ribrezzo di mio padre nei miei confronti, vengo descritto dagli altri come figo e sono anche parecchio ammirato. Le donne, soprattutto, mi adorano.

E infatti tutti sono così spaventati e al contempo eccitati quando sanno che sono intorno a loro, che non riesco a fare a meno di sentirmi speciale. Importante. Unico.

Certo, Zeus continua a ricordarmi sempre che sarebbe stato meglio rinunciare al divertimento per una volta – tanto, è stato divertente soltanto per lui a quanto pare –, anziché permettere che nascessi io. Dio della Sfiga.

E perché mai, proprio lui, ha così paura di me? Lui, che ha il controllo su tutto e tutti! Lui, che potrebbe benissimo farmi fuori!

Nonostante mi faccia sempre sentire come se il mio posto fosse sotto la suola delle sue scarpe, e nonostante io abbia sempre fatto finta che lui non esistesse e non facesse parte della mia vita, adesso mi si stanno riversando addosso dubbi e preoccupazioni, e anche una sorta di odio verso me stesso, che mai avrei pensato di provare. Proprio io.

Quindi, immaginatevi di vivere completamente circondati da ricchezza, piacere, donne, e di essere perfino temuti, e poi essere invocati da una semplicissima umana.

E immaginatevi di bussare alla sua porta con l'unico e l'irremovibile intento di portarle talmente tanta sfiga da vederla impazzire.

E immaginatevi di sentirvi in colpa per questo dopo un paio di settimane trascorse intorno a lei.

Io, Dio della sfiga, mi sento in colpa per averle portato sfiga. Certo, non sempre, ma non cambia molto in questo momento.

E io, una divinità rispettata, nonostante non sia sempre visto di buon occhio, mi abbasso ai livelli degli umani, mi comporto come un adolescente con una crisi esistenziale, e sono perfino geloso di un lurido umano, la cui esistenza su questo pianeta è molto dubbiosa e perfino parecchio discutibile. I suoi genitori non avevano di meglio da fare?

E sempre io, adesso, dovrei spiegare ad un'umana che il demone mandato da mio zio è sparito nel nulla davanti a lei.

Anzi, dovrei prima spiegarle che quello era davvero un demone e che non siamo nella Divina commedia di Dante, storiella per bambini che la professoressa di letteratura continua a spiegare, probabilmente con l'intento di farci addormentare. A quanto pare va molto forte nelle scuole.

La mia realtà non è un'opera di fantasia. Non è un libro scritto che gli umani devono leggere, imparare, ripetere e poi buttare nel cestino che giace in qualche angolo della loro mente, dove di solito gettano i pensieri inutili.

E adesso non so come spiegare la mia realtà, quella di cui faccio parte e che gli umani pensano sia quel tipo di fantasia da fare sognare loro, che sono una divinità e che per tutto questo tempo stavo dicendo la verità.

Nikita è sdraiata sul letto, dopo essere svenuta l'ho portata nella sua stanza. Freddie se ne sta occupando degli altri.

Non so cosa sia passato per la testa di Ade. Probabilmente Persephone l'ha fatto arrabbiare di nuovo e, per sfogare la sua rabbia, ha scelto come bersaglio me. Non sarebbe comunque una cosa nuova, dato che la penultima volta ha chiesto aiuto ad Efesto, hanno costruito una gabbia, le sbarre circondate dalle fiamme che Ade spegneva e riaccendeva a suo piacimento, e mi ha rinchiuso a Delfi. Sì, proprio così, e Apollo ha partecipato, perché ogni disgrazia nei miei confronti è divertimento assicurato per lui. Ed è comunque il più simpatico per me.

«Svegliati, altrimenti ti taglierò i capelli a zero e scommetto che tu ci tieni ai tuoi capelli», dico a Nikita, inginocchiato davanti al letto mentre le osservo il volto.

Nel sentire le mie parole, sgrana gli occhi e si porta subito le mani nei capelli.

Sorrido vittorioso. «Sapevo stessi fingendo».

Lei gira lo sguardo di lato con aria offesa. «Non stavo fingendo, non volevo tornare di nuovo alla realtà».

Mi alzo e mi siedo accanto a lei. «Hai sempre vissuto in questa realtà».

Mi scocca un'occhiata omicida. «Sto iniziando ad avere dei dubbi».

«I dubbi avresti dovuto averli già da quando sono comparso davanti alla tua porta», le faccio sapere.

Si mette a sedere, con la schiena ben appoggiata alla testiera de letto e un cuscino tra le braccia, che stringe con forza al petto, come se potesse assorbire la sua paura e la sua confusione.

«Cos'è successo? Quella donna è sparita sotto i nostri occhi. Io l'ho vista», punta l'indice contro il mio petto con fare minaccioso.

«Ecco, lei è un dem-»

«E giuro che se inizi a sparare stronzate su divinità e roba fantasy, io ti distruggerò», conclude.

Ecco, dovrei fare un passo indietro di nuovo.

«Perché pensi sia fantasy?», le chiedo.

«Mio fratello guarda sempre roba del genere. E tu non sei come mio fratello, ci siamo capiti?», adesso sta davvero cercando di negare l'ovvio.

«Era un demone, che ti piaccia o no, dovrai credermi».

«Che mi piaccia o no? Mi stai prendendo in giro?», le sue guance diventano rosse.

«L'ho mai fatto?», le domando. Abbassa per un secondo lo sguardo, consapevole di aver detto una corbelleria.

«Ma sto diventando davvero matta!», esclama, appoggiando la faccia nel cuscino.

Sto per rispondere, ma qualcuno bussa freneticamente alla porta e mi alzo per aprire. Freddie mi sorride come se avesse appena peggiorato le cose.

«Ho rimediato a tutto. Loro ci hanno creduto e noi ce ne torneremo a casa al più presto. È fatta!»,  fa un ampio sorriso finto.

«Che succede?», chiede Nikita alle mie spalle.

«Sì, che succede?», chiedo io, fulminandolo con lo sguardo.

«Ecco, è successo un fatto strano. Probabilmente mi odierai anche tu», Freddie inizia a ridere nervosamente. Poi esclama dal nulla: «Siete stati drogati tutti! Per sbaglio, ovviamente».

Nikita scende dal letto in un batter occhio e si fionda verso di noi con i pugni stretti lungo i fianchi. «Che cosa?», grida.

«È stato un errore! È una roba nuova e voi l'avete usata come zucchero nella vostra cioccolata calda. Starò più attento la prossima volta», inizia a ridere, grattandosi la nuca imbarazzato.

Nikita rimane a fissarlo immobile. Batte piano le palpebre e poi sussurra: «Perché ti droghi? La vita è così bella! A volte le cose si complicano un po' per tutti, ti viene voglia di sparire o piangere a dirotto, ma la vita è bella. Un giorno sei felice e l'altro giorno sei triste e ti senti un fallimento, e va bene così. Bisogna bilanciare entrambe le cose, perché probabilmente sei troppo per questo mondo e ti tocca sempre lottare per restare in equilibrio. Quelli che hanno un mondo dentro sono quelli che si sentono più soli nell'universo. Lo so. Non devi rovinarti tu, a volte lo faranno gli altri e tu dovrai essere pronto per lottare, va bene?», gli mette le mani sulle spalle e lo guarda intensamente negli occhi, con preoccupazione e anche paura. Freddie non sa più cosa dire, ma dall'occhiata che mi lancia capisco che adesso si sente in colpa e che non si aspettava minimamente questa reazione da parte sua. Magari uno schiaffo, ma non di certo un discorso su quanto lui sia una creatura fragile dell'universo e al contempo l'universo stesso.

Mi prendo il viso tra le mani per nascondere un sorriso e poi sbircio tra le dita, mentre i miei occhi scivolano ancora sul suo sguardo marcato dal tormento. E da questo capisco che vorrebbe fare di più per gli altri, anche quando è lei stessa a cadere a pezzi. Le metto una mano sul braccio e la faccio indietreggiare lentamente. «Lui sta bene, te lo posso assicurare. Non devi preoccuparti».

«Sì, non devi», Freddie distoglie lo sguardo. «Non l'avevo nemmeno provata e adesso non lo farò più. Detto questo, Adone posso parlarti in privato per un secondo?», adesso sembra impaziente.

«Okay, vai pure», dice Nikita, andandosi a sedere sul letto.

«Tranquilla, tornerò da te in un battito di ciglia», le sorrido.

Dopo essermi chiuso la porta alle spalle, do una spinta a Freddie e sibilo: «Non potevi trovare una scusa migliore? Gli altri ci sono cascati davvero?».

«No, non potevo. E sì, ci sono cascati, Adone. Non so quante volte te lo dovrò ancora ripetere, ma non possiamo rischiare che gli umani sappiano più del dovuto su di noi. Non puoi mettere a rischio te stesso per delle persone che moriranno tra un po' d'anni», e la naturalezza con cui me lo dice è come uno schiaffo in faccia. E non perché io non conosca già il ciclo della vita umano, e non perché mi importi realmente qualcosa della vita degli umani, ma sto pensando soltanto a Nikita. Lei è umana.

«Sì, so a cosa stai pensando», continua a dire. «Vedrai sparire anche Nikita, non complicare le cose e andiamocene via prima che sia troppo tardi», adesso mi sta seriamente guardando con compassione.

«Non è un problema. Perché lo stai facendo diventare? Io sono abituato, non è un dramma. La gente muore, lo so», scrollo le spalle e camminiamo fino in fondo al corridoio.

«Non pensare di fregarmi così! So che della gente non ti importa niente, non sono scemo. Parli di tutti tranne che di lei, perché sai che ti stai innamorando e io volevo evitarlo, perché tu non sei abituato, Adone», sospira profondamente.

«Abituato a cosa?», serro le labbra.

«Non sei abituato ad amare e ad essere amato. Non lo sei. E sarà un disastro», scuote la testa, guardandomi poi negli occhi come se volesse farmi capire meglio ciò che pensa.

«Perché stai ingigantendo tutto?», gli chiedo, ormai al limite della sopportazione.

«Perché lei è già stata presa di mira. Perché lei potrebbe essere in pericolo, e che tu sia una divinità o meno, quando si perde l'unica cosa che rende la nostra vita migliore, si impazzisce», mi spiega con voce ferma.

Aggrotto le sopracciglia e incrocio le braccia al petto. «E quindi?».

«E quindi non puoi permetterti di impazzire per un'umana. Tu perderai la testa, qualcun altro perderà la vita. Ricordatelo», mi punta l'indice contro.
«Adone... tu sei molto di più. Davvero molto di più».

«E so che c'entra Zeus. Ho capito anche che c'entrano i miei poteri», ghigno. «Non sarà mica la stessa profezia del passato....», riduco gli occhi a due fessure. «Gli dei non mi temono così tanto e non mi hanno mai preso di mira, a meno che... Non si tratti di spodestare Zeus», lo guardo dritto negli occhi, Freddie deglutisce.

«Adone...», fa per dire, sempre più preoccupato.

«Sì?».

«Tu non sei pronto», mormora, guardando fuori dalla finestra.

«Per cosa?».

«Per quello che succederà se farai la scelta sbagliata. Per quello che proverai. Se gli dei avranno nel pugno Nikita, avranno anche te. Cosa non capisci?».

Il mio sguardo scatta nuovamente su di lui. «L'ho messa in pericolo e quindi dovrei allontanarmi? Sul serio? E di quale scelta stai parlando? Pensi che sarei in grado di scatenare una specie di guerra o cosa?».

«La vuoi morta o viva?», alza la voce, ma poi serra nuovamente le labbra.

«La voglio e basta», rispondo.

«Se anche le tue azioni fossero come le tue parole, allora saremmo tranquilli tutti», continua a ripetere, sicuro di sé.

Faccio un breve sorriso tirato e torno nella stanza di Nikita. È seduta sul letto a gambe incrociate e sta fissando il muro. Appena mi vede i suoi occhi si illuminano e mi sorride.

«Visto? Sono tornato», dico in tono divertito. Mi sdraio sul letto e poi lei mi guarda dall'alto, scivolando piano verso il basso finché i nostri sguardi non sono allo stesso livello.

«È divertente quando continui a ripeterti che ti piace un cretino del genere e ignori la realtà», le dico, osservando le sue labbra.

«La realtà?», domanda piano.

«Sì, sappiamo entrambi che non ti piace, ma pensi sia così perché per qualche strano motivo non riesci ad ammetterlo a te stessa che in realtà ti piaccio io», le tocco la punta del naso ma lei diventa di colpo rossa. Penso inizi a piacermi vederla imbarazzata grazie a me.

«Oh, ma per favore!», alza gli occhi al cielo.

«Te lo posso dimostrare se vuoi», mi avvicino di più, finché il mio naso non tocca il suo.

I suoi occhi si specchiano dentro i miei e prima di lasciarle il tempo di sorridere, premo le labbra contro le sue e poi lei fa una cosa del tutto inaspettata: si mette sopra di me e continua a baciarmi con foga mentre le sue mani scivolano lentamente in basso e inizia a sollevarmi la felpa. L'aiuto a toglierla e la sua bocca scende sul mio petto, tracciando un sentiero di baci senza smettere di sorridere maliziosamente mentre i suoi ricci scivolano sulle sue spalle e alcune ciocche solleticano la mia pelle. Non so cosa le stia succedendo tutto ad un tratto, ma mi piace e non intendo per niente al mondo fermarla o permetterci di fermarci del tutto.

Slaccia il bottone dei miei jeans e inizia ad abbassarli, ma la confusione si fa sempre più presente e si mischia all'eccitazione. Capisco sempre di più perché è lei la mia umana preferita. Se non sapessi che è realmente umana, avrei detto che è una dea.
La mia mano si intrufola dolcemente tra i suoi capelli e proprio mentre sta per abbassare anche le mutande, la porta si spalanca di colpo e Cleo grida: «Ehi, Niki volevo scu-», si blocca, Nikita si spaventa così tanto che scivola di lato e cade per terra. «Ma che cazzo! Sei veramente un'ipocrita, ero pure venuta a scusarmi!», continua a gridare Cleo, sbattendo la porta alle sue spalle.

Nikita rimane a terra con lo sguardo fisso sulla porta. Sembra mortificata. Mi tiro su i jeans e me li abbottono, poi mi sporgo verso di lei e le sfioro la spalla. «È tutto okay, Noodle», ma vedo soltanto i suoi occhi pieni lacrime e sento la sua flebile voce dire: «Ma perché rovino sempre tutto?».

Scivolo accanto a lei e le prendo il viso tra le mani, come se l'avessi fatto un altro milione di volte solo e soltanto con lei. «Non stavi facendo niente di male. Non ci pensare nemmeno. La tua amica deve imparare a farsi gli affari suoi. E quando tu ammetterai che ti piaccio, le cose diventeranno più facili». O molto più difficili, direbbe Freddie.

Non. Devo. Pensare. A. Freddie.

«Sono una pessima amica», si alza e fa per andare via, probabilmente vuole raggiungere la sua amica, ma io la fermo e le accarezzo il dorso della mano, poi mi avvicino e le do un bacio sulle labbra. «Tanto a me piaci tu».

I suoi occhi si spalancano sempre di più, le sue guance assumono una nuova tonalità e poi annuisce, abbassando lo sguardo. Non dico altro e non insisto, perché so che è così anche per lei. E mi sto davvero trattenendo per non portare così tanta sfiga a Cleo da vederla soccombere, soltanto perché è la sua migliore amica.

Lascio andare Nikita e quando abbandona la stanza, mi prendo il viso tra le mani e mormoro a me stesso: «Ma che devo fare?»

Un paio di minuti dopo sento Nikita gridare e mi fiondo nel corridoio, incontrando Cleo.

«L'hai sentita anche tu?», chiede lei.

«Sì, dov'è?», domando, preoccupato.

«Sarà andata a farsi una passeggiata. Se è uscita dal retro allora sarà scivolata. Scivola ogni dannata volta sui gradini. Inoltre, le sue passeggiate in montagna durano secoli», si stringe nelle spalle e ritorna dagli altri.

Esco fuori e mi guardo intorno, ma lei non c'è. Be', conoscendola, però, forse ha ragione Cleo.

Passano le ore e aspetto ancora che lei torni dalla sua passeggiata, ma quando arriva la sera, decido di andare a cercarla. Qualcosa non va.

Hello there, come state? :) C'è qualcuno che sta sottovalutando Adone? 😂
Pensate che Freddie in parte abbia ragione e sarà un disastro? 👀
Cose brutte accadranno? Mmh
Qualcuno soffrirà a breve
Se vi è piaciuto, lasciate una stellina o un commento 💓 grazie di seguirmi ancora 😭
C'È UN TRADITORE

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