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20. "Ti aspettavi un regalo da parte mia?"

▶️Halsey, Graveyard

Nikita

Avete presente quel momento in cui sentite che qualcosa non va nella vostra vita, ma quel qualcosa vi rende felici?
Come se fosse assolutamente proibito fare una determinata cosa, ma la tua felicità dipendesse da essa?

Non mi sono mai trovata in una situazione simile e mi rende confusa. Odio le emozioni contrastanti, quelle che mi scombussolano di più la mente.

Andava tutto bene; era tutto perfetto. I miei pensieri erano chiari e indubitabili. Niente confusione, solo perseveranza. E adesso mi ritrovo nel salotto a guardare fuori dalla finestra con aria malinconica senza sapere nemmeno il perché.

Cos'è che mi manca, di preciso?

Non faccio altro che torturarmi la manica del maglione rosa che indosso mentre la mia mente è altrove. Perfino Bryce mi guarda come se un alieno avesse preso il posto di sua sorella.

Ho passato gli ultimi giorni ad evitare gli sguardi mortificati dei miei genitori e a provare a cancellare quella dannata scena dalla mia mente. Ogni volta che hanno provato ad aprire il discorso, puntualmente scappavo nella mia stanza, più imbarazzata che mai. Non è nemmeno una cosa così folle, anche io ho fatto sesso, ma vedere i genitori mentre sono sul punto di farlo, ecco, non è esattamente bello. E come se non bastasse, la vigilia di Natale è saltata perché Dick si è ritrovato incastrato in una situazione familiare all'improvviso, Evelyn anche, e Adone è magicamente sparito. Odio quando non dà segni di vita. Ha il mio numero, perché diavolo non lo usa?

«Sta nevicando?», chiede Bryce mentre dà una mano a papà ad apparecchiare il tavolo.

«Sì, ed è bellissimo», dico con ancora le mani sul vetro appannato della finestra. Le luci natalizie brillano nella notte e i fiocchi di neve mi fanno venire voglia di andare fuori, sdraiarmi e lasciare che la magia mi avvolga completamente.

È Natale e l'unico pensiero che ho in testa, è: con chi cenerà Adone?
Forse non dovrei nemmeno pensare a lui, mi ha fatto capire che se la sarebbe cavata. Quando ho aperto l'argomento Natale, mi ha sorriso genuinamente e ha detto "Scusa, ma cosa dovrei fare esattamente?".

«Hai intenzione di aiutarci, o rimarrai lì alla finestra per il resto della serata a guardare fuori come un cane che aspetta i suoi padroni?», mi stuzzica Bryce.

«Stavo solo ammirando il paesaggio», incrocio le braccia al petto.

«Sì, certo. Il paesaggio», alza gli occhi al cielo.

«Vedi qualcos'altro fuori che io non vedo?», gli domando, andando ad aiutarlo.

Mi rifila uno dei suoi sorrisi maliziosi e si stringe nelle spalle.
«Tra poco verrà la signora Stone, mamma l'ha invitata», mi fa sapere.
La signora Stone ha perso il marito l'anno scorso, adesso è da sola e bada a suo figlio di cinque anni e il suo cagnolino. Ogni tanto io e mia madre facciamo la torta di mele per loro e, Drake, suo figlio, apprezza davvero molto il gesto. Penso sia la sua preferita.

Aiuto mio fratello a finire di apparecchiare e vado ad accendere le luci dell'albero, che l'idiota di Bryce ha spento per la terza volta nelle ultime due ore.

«Volevo risparmiare», apre le braccia, come se niente fosse.

«Sono solo delle luci», ribatto.

Quando suona il campanello, il mio cuore perde un battito.

«Apro io!», grido, correndo verso la porta, ma mi trovo davanti la signora Stone insieme a suo figlio e il suo cane.

«Oh, salve», dico, per un attimo confusa.

«Buon Natale, cara», si protende in avanti per abbracciarmi e faccio un debole sorriso, ricambiando l'abbraccio.

«Ciao, Drake», gli strizzo la guancia e lui sorride. «Prego, entrate», mi sposto di lato e sospiro profondamente, guardando per un attimo la strada, senza chiudere la porta.

«Stai aspettando qualcuno? Muoviti a chiudere quella dannata porta», grida mio fratello.

«Non stavo aspettando nessuno», la chiudo e lo fulmino con lo sguardo, ma lui muove su e giù le sopracciglia come un idiota.

«A Carlito e a me sei mancata», dice Drake accarezzando il suo cane.

«Anche voi, ma ultimamente sono stata impegnata», dico sentendomi quasi in colpa per aver smesso di giocare con lui.

«Perché sei sfigata?», dice sorridendo. Gliel'ho ripetuto talmente tante volte che adesso pensa sia una domanda normale, come se chiedesse "Ti piace il gelato?".

«Sì, esattamente. Perché sono molto sfigata», forzo un sorriso per non dire qualcosa di sbagliato, dato che ogni volta mi torna in mente la dannata storia che sto scrivendo e che si è rivelata un disastro, quasi peggio della mia vita.

«Ti abbiamo portato un regalo», dice correndo a prendere la busta. «È un bracciale, ma fai finta di non saperlo». Ecco perché adoro i bambini.

«Grazie, dopo lo aprirò».

«Nikita, la cena è pronta», dice mio fratello e con un sospiro profondo vado a sedermi a tavola, al mio solito posto. Guardo con stupore i due posti in più e strizzo gli occhi.

«Scusa, ma perché-», mi blocco non appena sento il campanello suonare. «Vado io».

Spalanco la porta e Adone e Freddie mi accolgono con un sorriso caloroso. «Ciao, buon Natale», dice Freddie dandomi un abbraccio.

«Sì, come dice lui», mormora Adone, allungando le braccia per darmi un abbraccio, ma lo fermo.

«Buon Natale anche a te, Adone».

Alza gli occhi al cielo, ma la voce di mio fratello ci interrompe. «Entrate, ragazzi. Grazie di essere venuti». Freddie mi passa accanto e io rimango imbambolata davanti ad Adone.

Dio, questo ragazzo è bello da togliere il fiato.
Mi osserva come se volesse dire "Sei inquietante, ma continua pure ad osservarmi", e io lo faccio. Se prima si lamentava perché non riuscivo a guardarlo in faccia mentre gli parlavo, adesso lo guardo ma non riesco a parlare.
È come se il diavolo fosse spuntato davanti alla mia porta, con lo sfondo bianco a fare da cornice dietro di lui e ad invogliarmi a seguirlo all'inferno. Un po' come quando non vuoi peccare, ma peccare ti rende felice.

Si passa la mano tra i capelli neri e per un secondo vorrei essere io a farlo. Deglutisco e abbasso lo sguardo sul suo corpo. I miei occhi sono stati benedetti e la mia vagina anche, ma questo lo terrò per me. Nonostante Dick mi piaccia tanto, è innegabile il fatto che Adone sia davvero un bel ragazzo.

«La prima volta che ho bussato, mi hai puntato contro un fucile. Dal modo in cui stai riflettendo, penso tu sia sul punto di farlo di nuovo, quindi è stato un piacere», alza due dita in segno di saluto e si gira per andare via.

«Cosa?! No! Ehi, torna qui», grido andando verso di lui.

«Ne sei sicura?», inarca un sopracciglio.

«Sì, stavo solo... Stavo», mi gratto la nuca, imbarazzata.

«Mi stavi guardando come se mi fossero spuntate altre dieci teste», mi fa sapere.

Cavolo, speravo di non dargli l'impressione di essere una svitata. Adesso anche lui mi fa capire che non sono brava nemmeno a fissare i ragazzi, e che forse è per questo motivo che Dick non osa nemmeno rivolgermi la parola. Forse l'ho spaventato.

«Ho la faccia da serial killer, secondo te?», gli chiedo, spalancando la bocca. Lui posa due dita sotto il mio mento e fa per chiudermela.

«Prova ad uccidermi, poi risponderò alla tua domanda», replica, sorridendo.

Lo prendo a braccetto ed entriamo dentro casa. «Non ti ucciderò», gli dico.

Ci fermiamo nel corridoio non appena i suoi occhi si posano sulle decorazioni che mio fratello ha messo nel salotto.

«Questo bisogno di illuminare la vostra abitazione, è dovuto forse alla vostra improvvisa perdita di vista?», sussurra al mio orecchio.

«No».

«Ma è carino. Cosa dovrebbero rappresentare, esattamente?», continua a chiedere.

«Sono solo delle luci, Adone».

«Lo vedo che sono delle luci, Noodle», ribatte. «Delle luci che mi fanno vomitare».

Freddie lo sente e gli rivolge un'occhiata di rimprovero, poi viene verso di me, ridendo.
«Devi scusarlo, lì in montagna non metteva mai le luci natalizie».

Adone fa una smorfia e distoglie lo sguardo.

«Ah, ora capisco», rido a mia volta.

«No, non capisci niente», borbotta Adone, andando a sedersi.

Carlito raggiunge i suoi piedi e lui resta immobile a fissarlo.
«Ama i cani, vero? Scommetto che lì in montagna aveva un sacco di animali a fargli compagnia», dico a Freddie.

«Sì, lui ama davvero molto i cani. Lui è davvero-»

«Questo cane col broncio mi sta infastidendo», grida Adone.

«È un carlino... E si chiama Carlito», gli spiego.

«Carlino Carlito, sparisci», dice al cane. Freddie sembra sul punto di avere un esaurimento nervoso.

«È come Cerbero», sibila Freddie.

«Forse intendi che potrebbe essere la cena di Cerbero», ribatte, spingendo con il piede il cane.

«Carlito!», grida Drake, andando verso di lui.

«Per gli dei!», esclama Adone alzandosi dalla sedia.

«Quello è solo un bambino», dico, nel caso si fosse scordato del loro aspetto.

«Non mi piacciono i bambini», ribatte accigliandosi.

«A me sì, quindi rimettiti seduto», affermo.

Fa come dico e con la coda dell'occhio continua a guardare Drake. Quest'ultimo gli sorride e dice: «Che regalo hai preso a Niki?».

Adone si gira verso di me. «Che regalo dovevo portarti?», domanda e sento le mie guance andare a fuoco. Dio, inizio a pensare che sia nato ateo in un altro universo.

«È Natale», spiega Drake.

«Posso pagare per la cena. Non ho mai festeggiato questa festa, e soprattutto insieme ad un bambino e un cane triste», si toglie il cappotto e vado a prenderlo.

Freddie va verso di lui e gli dice qualcosa all'orecchio, sento Adone sbuffare.

«Li ho invitato io, comunque», mi fa sapere mio fratello. Ora capisco perché sorrideva come un idiota prima.

«Ragazzi, siete arrivati!», esclama mia madre. Adone non sembra minimamente imbarazzato. Anzi, sembra proprio abbia rimosso dalla mente l'immagine di quella sera.

«Salve, Hillman», dice lui e per poco non mi va di traverso la saliva.

«Signora», dice Freddie tra i denti.

«Chiamami Hilary e basta», dice mia madre sorridendo, poi presenta i ragazzi alla signora Stone e ci sediamo a tavola per cenare.

«Qualcuno vuole del vino?», chiede papà.

«Che domande! Certo che sì», risponde Bryce. Sono seduta accanto ad Adone e lui non fa altro che fissarmi e io sto per battere la testa contro il piatto davanti a me.

«Io non penso che sia una bella idea dare da bere ad Adone», dico a mio fratello.

«Non ha mica cinque anni», ribatte lui, facendomi cenno di stare zitta.

«Il vino è buono, Noodle», sussurra Adone al mio orecchio.

Ma io ho un brutto presentimento.

Tre ore dopo, finito di mangiare, abbiamo giocato a carte e a Monopoly, con Bryce e papà che hanno stracciato tutti continuamente, e adesso sono in cucina, perché mi sono offerta di lavare i piatti prima di scartare i regali.

Qualcuno si schiarisce la gola e vedo Adone appoggiato allo stipite della porta. «Ciao», dice con voce profonda.

Sì, era una pessima idea farlo bere, ma mio fratello ha insistito e adesso Adone ha finito di mangiare tutta l'uva, perché l'unico modo per farlo smettere di bere il vino è stato dirgli "Prova a mangiarlo, invece. Sarà lo stesso buono". Ci ha creduto sul serio.

«Puoi provare con la spremuta di arancia», dico anticipandolo.

«Avrei una domanda», viene verso di me leggermente barcollante.

«Spara», dico.

«Non sono pazzo come te, non ho nemmeno un fucile», apre le braccia e mi guarda come se fossi davvero così folle da farmi sparare in fronte.

«È solo un modo di dire...», pronuncio sottovoce.

«Cosa?», chiede, aggrottando le sopracciglia.

«Spara», chiarisco.

«Non ho ancora voglia di ucciderti, ma perché tutta questa voglia di morire all'improvviso?», e dall'espressione che ha sul viso capisco che è davvero serio.

«Sputa il rospo e basta», sbuffo, asciugandomi le mani.

Adone rimane immobile, gli occhi spalancati.

«Cristo, dimmi la domanda», aggiungo.

«Ti aspettavi un regalo da parte mia?», avanza, le maniche della felpa nera sono arrotolate fino al gomito e i miei occhi scendono sui suoi jeans del medesimo colore, che fasciano le sue gambe toniche.

«No», dico.

«In cosa consistono questi regali?», mi chiede, appoggiando la mano sul tavolo. I miei occhi osservano le sue vene ingrossate ma mi tiro due schiaffi mentalmente e lo guardo di nuovo in faccia.

«Vieni con me, magari lo capirai così», gli faccio cenno di seguirmi al piano di sopra, nella mia stanza.

Chiudo la porta e lui rimane appoggiato al muro.
Prendo il sacchetto contenente il suo regalo e glielo passo. «Avevo intenzione di dartelo in questi giorni»

Lui batte le palpebre confuso e lo scarta, guardando interdetto la scatoletta blu scuro.

«Coraggio, aprila. È una cosa stupida, ma mi ha fatto sorridere», gli dico. Lui la apre e afferra la collana nera tra le mani e fissa il ciondolo nero.

«Un fulmine?», chiede, battendo velocemente le palpebre.

«Sì, ho pensato alla tua domanda "Ti ho per caso fulminata?". Quel giorno, è stato divertente», dico, sentendo le mie guance andare a fuoco. «Se non ti piace, capisco», mi affretto ad aggiungere.

Adone sfiora con le dita il fulmine e vedo piano piano gli angoli della sua bocca sollevarsi verso l'alto.

«Quindi, è questo l'effetto che i regali hanno sulle persone?», domanda, puntando i suoi occhi nei miei.

«Dipende... Che effetto ha avuto su di te?», gli chiedo, nascondendo le mani sotto le maniche del maglione.

Adone punta il dito verso il suo sorriso. «Questo», dice.

«Sono felice che ti piaccia».

Lui si gratta la guancia e dice: «I regali quindi devono essere spontanei e devono rendere felici entrambi?», chiede, avvicinandosi a me.
«Sì, diciamo di sì», sono sul punto di ridere ma preme dolcemente la bocca sulla mia e io smetto di respirare. Sto davvero trattenendo il fiato. Piega la testa per baciarmi meglio e lascia cadere la scatoletta a terra, ma stringe ancora la collana, mentre con l'altra mano mi afferra il mento tra le dita.
Sono così scioccata che non riesco nemmeno a ricambiare o muovermi. Si stacca per un secondo per guardarmi negli occhi e borbotta: «Hai detto che doveva essere spontaneo». E io spalanco ancora di più gli occhi, ma lui sbuffa e mette la collana sulla mensola, poi si gira di nuovo verso di me e dice: «Più spontaneo?». E apro la bocca per ribattere, ma mi afferra nuovamente il viso tra le mani e le sue labbra si incastrano nuovamente alle mie e si muovono lentamente, facendo esplodere i miei neuroni, uno ad uno, e accendendo i miei ormoni peggio delle luci di Natale. Quando finalmente riesco a chiudere gli occhi e rilassarmi, gli cingo il collo con le braccia e ricambio il bacio. Sorride contro le mie labbra e mi afferra per i fianchi, attirandomi di più contro il suo petto, mentre le mie dita stringono piano i suoi capelli; lo sento gemere contro la mia bocca, poi mi afferra per le cosce e mi solleva, senza smettere di baciarmi. La sua lingua irrompe nella mia bocca e mi sembra di vedere le stelle, a meno che questa non sia un'allucinazione. «Oh, per gli dei», sussurra, riprendendo a baciarmi, ma quando sta per raggiungere il letto sentiamo un tuono rimbombare talmente forte da farmi sussultare, poi la il quartiere piomba nel buio più totale.

Mi stacco da lui respirando con affanno e dico: «Dov'è sparita la luce?». Il respiro di Adone si infrange ancora contro le mie labbra, e me la devo svignare subito da qui.

«Nikita! La luce è andata via per colpa di un fulmine, mi sa che è saltata la corrente», grida mio fratello al piano di sotto.

«Parlando di fulmini...», brontolo, scivolando dalla stretta di Adone.

Prendo il cellulare e accendo la torcia, illuminando la stanza. Quando i miei occhi incrociano quelli di Adone per poco non mi metto a urlare.

«Cosa cazzo hanno i tuoi occhi? Sono quasi bianchi, cosa cazzo-», li osservo senza battere ciglio e piano piano tornano al normale, sono di un azzurro così innaturale, e il suo sguardo è così famelico in questo momento, che potrei benissimo concedergli di strapparmi via le mutande, ma non mi sembra il caso.

Poi mi torna in mente Cleo e mi cade il cellulare dalle mani.

«Stai bene?», mi chiede lui, con voce roca.

Mi abbasso per riprenderlo e lui va a riprendersi la collana, mettendola poi al collo.

«S-sì, ho combinato un casino», balbetto, con il panico che mi avvolge come una bolla.

«No, non è vero».

«Non sai nemmeno di cosa sto parlando», gli dico, nascondendomi la faccia dietro il palmo della mano.

«No, non ne ho idea, ma sicuramente non hai sbagliato a ricambiare il mio bacio».

Lui sì che sa come farmi andare a fuoco.

«Andiamo», gli dico, aprendo la porta.

«Nikita», dice e mi fermo.

«Sì?».

«Buon Natale», sorride maliziosamente. «Spero ti sia piaciuto il regalo».

«Era per me o per te?», gli chiedo, cercando di buttarla sul ridere.

«Per entrambi?», suggerisce, stringendosi nelle spalle.

E mentre scendiamo al piano di sotto, penso soltanto a come farò a passare le vacanze insieme a lui dopo avermi baciata. E come diavolo farò a dirlo a Cleo? Mi ucciderà. Sono finita.

Scusate l'ora, ma ho finito adesso di scriverlo, non è stata una giornata piacevole oggi, ma spero che il capitolo vi abbia strappato un sorriso ❤️❤️ ricordatevi di votare, it makes me happy :)

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