16. "Per tutte le teste di Cerbero!"
▶️Blackbear, Hot girl bummer
Adone
Sono un cretino e non è da me ammetterlo, perché per un dio come me sarebbe quasi surreale una situazione del genere. Ma sembro perfino ridicolo e dissennato in questo momento, e sono davvero tentato di fare marcia indietro e andare a portare sfiga a circa cento studenti a caso, a costo di non stare qui ad osservare Nikita mentre elemosina attenzioni da parte di Dick Simpson.
Non riesco a comprendere come faccia a piacerle un tizio con un nome simile e che, tra le altre cose, è totalmente disinteressato a lei; a dire il vero adesso inizio ad avere qualche dubbio. Vederla mentre abbassa la testa ogni volta che lui smonta ogni sua battuta, idea o discorso, è più fastidioso dei serpenti di Medusa che ti solleticano il naso mentre le parli.
Scommetto che anche a Medusa piacerebbero i capelli di Nikita; forse proverebbe perfino un po' d'invidia.
«Stai spiando la mia amica?», chiede una voce femminile alle mie spalle.
Non fingo nemmeno che non sia così, quindi mi giro e dico: «E quindi?».
Cleo alza un sopracciglio e guarda Nikita, poi di nuovo me. «Sei inquietante, lo sai?».
«E tu non dovresti, che ne so, impedirle di soffrire? Non è quello che fanno le amiche? Non che io abbia avuto troppi amici stretti o troppa esperienza in questo campo, ma Freddie cerca sempre di evitare che io finisca nei guai», le dico appoggiandomi con la spalla all'armadietto.
«Gliel'ho già detto, ma non ascolta. Cosa dovrei fare? Alcune volte non puoi impedire alle persone di non soffrire, se sono le prime a permettere agli altri di farle stare male», la sincerità che percepisco nelle sue parole mi porta a rivalutarla per un attimo. Non vorrei essere quel tipo di persona, che giudica e si basa sulle apparenze, ma per quanto loro due siano migliori amiche, non penso siano davvero così... in sintonia. Dov'è la complicità?
«Hai provato ad incatenarla?», le chiedo e la vedo spalancare gli occhi scuri, incredula.
«Scherzi?».
«No. Freddie una volta mi ha abbandonato su un'isola con le mani e i piedi incatenati, peccato non sia servito a nulla, ma ho apprezzato il suo sforzo», mi stringo nelle spalle.
«Aspetta, cosa?», grida facendo un passo verso di me, per poi sibilare: «Lo sai che è un crimine?».
«È vera amicizia», la correggo.
«No, cazzo!», continua a sbraitare. Un ragazzo si ferma nel corridoio e ci fissa stordito mentre stringe la cinghia del suo zaino.
«Le tue gambe hanno per caso smesso di funzionare?», gli chiedo fulminandolo con lo sguardo.
«N-no», risponde balbettando.
«E allora perché sei ancora qui?», mi stacco dall'armadietto e faccio per andare verso di lui, ma il ragazzo si rimette in marcia, e anche di fretta.
«Adone», Cleo pronuncia il mio nome allo stesso modo in cui lo fa Freddie quando deve rimproverarmi.
«Tienilo per te, ti prego», le dico, quasi provando a mettermi sulla difensiva.
Lei appare leggermente confusa, come se l'avessi colta di sorpresa. «Non vuoi sentire quello che ho da dire?», domanda.
«No, per niente. Non mi servono i tuoi rimproveri», rispondo.
«Magari non era proprio un rimprovero», alza gli occhi al cielo, poi si tocca le punte dei capelli tinte di rosa.
«Ti prego, ho una certa esperienza che tu sicuramente non avrai nemmeno fra cento anni», dico ridendo. Lei fa per protestare, ma aggiungo: «Ah, giusto. Sarai già morta».
«Dimmi una cosa», inizia a dire mentre io sono pronto a ignorare la sua domanda. «Sei sempre così schietto?».
«Non è questione di essere schietti. È un dato di fatto che gli umani muoiano, non sei speciale», detto ciò la spingo di lato nello stesso momento in cui la voce di Nikita interrompe la nostra conversazione; per fortuna, aggiungerei.
«Ehi, ragazzi!», esclama fingendo di essere contenta.
«Niki», la sua amica la affianca e appoggia la testa sulla sua spalla.
«Di cosa stavate parlando?», domanda, guardando me.
«Niente d'importante», risponde Cleo.
«Di te, e sì, il tuo livello di rilevanza è superiore al niente», rispondo io, incrociando le braccia al petto. Nikita accoglie a sé l'imbarazzo che la investe all'improvviso e continua a parlare come se la mia risposta non avesse avuto alcun effetto su di lei. «Concordo con Cleo, niente d'importante, dunque», e inizia a ridacchiare.
«Oltre ad usare l'ironia, tra le tue infinite qualità umane, è presente anche quella di sminuirti da sola?», le chiedo sbarrando gli occhi. La sua risata si spegne di colpo, il sorriso non svanisce del tutto, ma riesco a notare la tristezza nei suoi occhi.
«Autoironia», fa spallucce distogliendo lo sguardo e contraendo la mascella.
«O forse hai paura», sussurro piegando la testa verso la sua.
«Di cosa?», si intromette Cleo.
«Di non essere davvero importante».
«Si vede che non conosci Nikita. Lei non ha paura di non essere importante per la gente, ma ha paura che quelli che dicono che lei sia importante le facciano male, alla fine», la sua migliore amica si prende la briga di spiegare la stessa cosa che intendevo io.
«Cleo», dico sorridendo e mettendo una mano sulla sua spalla. «Di solito si ha paura di non essere importanti, appunto, per le persone che ti dicono che in realtà lo sei».
Non pensavo di dover spiegare anche un concetto così stupido, che non fa nemmeno per me, tra l'altro. Nikita sbuffa e poi esclama: «Ho il corso di recitazione, devo andare». Il suo sguardo penetrante mi segue per un attimo mentre mi passa accanto e subito dopo vedo Dick andare nella stessa direzione.
«Tu cos'hai adesso?», chiede Cleo.
«Niente, mi rifiuto di andare a lezione», le dico con nonchalance; nel frattempo i miei occhi seguono le due figure che si ricontrano di nuovo.
«Non puoi rifiutarti...», mi fa presente Cleo e la guardo inespressivo; lei invece mi fissa battendo piano le palpebre, come se stesse cercando di dare un senso alle mie parole.
«Questo lo dici tu. Buona lezione, Cleo», le arruffo i capelli come se fosse una bambina e lei mi schiaffeggia il dorso della mano.
«Vuoi andare a fumare dietro la scuola?», chiede di punto in bianco.
«Ho cose più importanti da fare», taglio corto.
«Tipo cercare di attirare l'attenzione della mia migliore amica?», scoppia a ridere.
Mi limito a sorriderle e poi le do le spalle, scuotendo la testa e allontanandomi da lei. Non so per quale motivo, ma mentre le mie gambe mi portano quasi in modo automatico nel posto in cui la mia mente, tecnicamente, non vorrebbe essere, penso al motivo per cui sto facendo tutto questo. Per gli dei, sono il dio della sfiga, non di certo il protettore dei cuori umani fragili.
«Guarda che finirà male», grida Cleo alle mie spalle. La guardo con la coda dell'occhio e quando si gira finalmente per andare a lezione, si dimentica dell'anta dell'armadio aperta e va a sbattere contro di essa, emettendo un verso di dolore.
«Sfigata», borbotto tra me e me, sorridendo maliziosamente. Mentre gli studenti corrono come impazziti da un'aula all'altra, una ragazza minuta mi viene contro e mormora qualche frase incomprensibile, poi si sistema meglio gli occhiali sul naso.
«Scusami, sono in ritardo. Succede questo quando sei intollerante al lattosio ma bevi lo stesso il latte. Emergenza», mette su un sorriso così rigido che mi fa quasi paura.
«Non ricordo di avertelo chiesto, umana», le dico con un tono piuttosto distaccato.
«Oh sì, giusto. Sono Amélie, ci si vede», alza una mano e la sventola in aria salutandomi, poi la vedo correre via mentre i suoi capelli lunghi e blu rimbalzano sulle sue spalle. Oh, gli umani... perché colorano le loro teste?
Aspetto che il corridoio rimanga nuovamente vuoto. Mi godo il silenzio per un paio di minuti, poi avanzo verso l'aula di recitazione. La porta è socchiusa, quindi mi appoggio con la spalla al muro e guardo all'interno, cercando di individuare Nikita.
Non avrei mai immaginato che questo corso sarebbe stato davvero così... Frequentato? Pensavo che sarebbero stati in quattro, e invece ci sono un sacco di persone. Mentre il mio sguardo vaga per l'aula, individuo finalmente la testa riccioluta di Nikita; è seduta su una sedia, quasi nell'angolo buio dell'aula, con un quaderno sulle gambe; un riccio continua a scivolarle da dietro l'orecchio e lei prontamente lo sposta. Appoggia i piedi sullo schienale della sedia davanti a sé e poi getta la testa all'indietro, sbuffando. Sembra annoiata... O disperata, non saprei esattamente.
Una ragazza sta leggendo qualcosa su dei fogli che tiene in mano, dando un tono sicuro alla lettura e provando ad aggiungere un po' di emozione nelle sue parole; sembrano tutti più o meno attenti, soprattutto Dick. L'unico idiota ad applaudire nel momento più inappropriato. Per quanto il suo gesto sia gentile, la ragazza sembra sul punto di lanciargli una sedia in testa, dato che la sta interrompendo.
E poi c'è Nikita... Che è totalmente su un altro mondo. Un sorriso spontaneo prende vita sul mio viso, ma lo scaccio subito via.
«Brava, Evelyn! Hai fatto un ottimo lavoro», si complimenta l'insegnante.
«Nikita Hillman?», appena fa il suo nome rizzo le orecchie e poso nuovamente gli occhi su Noodle. Continua a stare nella stessa posizione di prima, con l'unica eccezione che questa volta ha gli occhi chiusi e la bocca mezza aperta. Nikita Hillman si è davvero addormentata.
Un suo compagno le tira una gomitata e lei spalanca di colpo gli occhi, grattandosi goffamente la nuca e guardando in modo confuso gli altri.
«Ci sei, Nikita?», l'insegnante alza una mano per farsi notare.
«Oh, certo! Ero troppo impegnata ad ascoltare... La sua storia mi ha molto catturata. Intendo davvero molto, molto catturata», rimarca la parola e poi sbadiglia.
«Che ne dici di farci leggere la tua?», dice l'insegnante e vedo Nikita diventare all'improvviso pallida in viso. Si passa più volte la mano tra i capelli e si lecca spesso le labbra, come se all'improvviso le mancasse l'aria e fosse disidratata.
«Ecco, io in realtà-», si blocca e mormora qualcosa a bassa voce, che probabilmente riesce a sentire soltanto lei. «Non ce l'ho qui. La verità è che ci sto ancora lavorando, ma se vuole posso dirle di cosa si tratta», i suoi occhi si riempiono di speranza.
«Va bene, Hillman», la professoressa non sembra molto contenta.
«Parla di una sfigata», appena pronuncia la frase i presenti scoppiano in una risata fragorosa e io non posso fare a meno di ascoltare attentamente quello che ha da dire, perché dove c'è la sfiga, ci sono io e mi piace godermi il mio minuto di fama giornaliero. «Sì, voglio dire, la storia si chiama C'era una volta una sfigata. Durante la storia alla protagonista gliene capitano di tutti i colori e in un momento di rabbia invoca il dio della sfiga», ridacchia, e io rido con lei. Sta raccontando frottole alla sua insegnante come se fosse la verità e cercasse di convincere gli altri, mentre lei continua a non credere ad una mia singola parola.
«Nikita, questo è...», l'insegnante prova a trovare le parole giuste, ma penso abbia qualche difficoltà. Nikita è una gran bugiarda, ora capisco anche perché le va tutto male. Le bugie hanno le gambe corte, questo non lo sa?
«Fantastico?», suggerisce lei.
L'insegnante scuote la testa con disappunto. «Spero davvero che tu riesca a dare un senso a questa storia, perché l'idea è veramente banale. Abbiamo appena smesso di ascoltare il bellissimo lavoro di Evelyn, dove ha trattato un tema importantissimo come il sentimento di tormento dei ragazzi che vivono malamente il divorzio dei genitori. Ci aveva fatto quasi commuovere, e tu pensi di poter essere all'altezza portando una storia basata su una patetica adolescente sfigata?», le sue parole sono così dure che l'unico pensiero che mi attraversa la testa, è che Nikita possa sentirsi colpita in pieno.
Non sanno nemmeno che quella storia è personale; si sta basando sulla sua vita, e quella vecchia umana con la pelle rugosa le ha appena dato della patetica.
Nikita rimane ferma e zitta con gli occhi puntati sul suo quaderno, che stringe con forza tra le mani e si sforza di sorridere.
«Ce la farò», pronuncia sicura di sé. «Niente di me è patetico. Figuriamoci se lo sarà questa storia», il suo tono sembra quasi sfidante.
Ora, per quale stramaledetto motivo Dick sta ridendo come un fottuto stronzo, mentre sta cercando di nascondere il divertimento dietro il quaderno che tiene davanti al viso? L'unico umano che riesce a farmi accedere al vocabolario colorito che non sono solito usare.
Sono quasi certo che perfino il suo quaderno si darebbe fuoco da solo. Gode nel vederla così o cosa?
Stringo i pugni e sono quasi sul punto di fare irruzione nell'aula, ma rimango immobile a fissarlo finché non sento l'energia arrivarmi quasi alla testa come una scossa; l'unica cosa che riesco a notare attraverso la finestra, è la folata di vento che smuove con forza i rami vuoti degli alberi.
Va bene.
No, questo non va bene.
Mi sposto di lato e mi prendo il viso tra le mani, sfregando in seguito una mano sulla guancia e ripensando alle parole di Apollo. Cosa diavolo non so?
A fine lezione, vedo Nikita raggiungere il corridoio come se fosse sul punto di buttarsi da un dirupo e mi volesse perfino pregare di darle una spinta.
«Ciao», esclamo cogliendola di sorpresa. È così giù d'umore che non sembra nemmeno la solita Nikita. Male. Molto male.
«Non sono in vena per la tua sessione giornaliera di stalking. Pensavo ti fosse bastata quella di stamattina», borbotta incamminandosi probabilmente verso il suo armadietto.
La seguo cercando con tutto me stesso di non sembrare davvero così inquietante, ma è stata lei a chiamarmi qui... Chi altro dovrei seguire?
«Com'è andata?», chiedo, cercando di fare conversazione.
Si ferma davanti al suo armadietto e si gira verso di me. «Bene. È stato parecchio noioso oggi, ma tutto sommato è stato comunque fantastico».
Per gli dei, è veramente una grandissima bugiarda. Ma per quale motivo sta mentendo così spudoratamente?
«Davvero?», domando.
Appena apre l'anta dell'armadietto, posa dentro il quaderno e il libro e rimane ferma a guardare il nulla...
«Ehi, Niki», Dick appare all'improvviso accanto a lei, dandole uno scossone sulla spalla. «Anche se è patetica, sono sicuro che troverai un'idea migliore. Spaccherai!», le sorride e poi si allontana insieme a quell'altra ragazza, Evelyn?
Nikita sorride tristemente e annuisce.
«Per tutte le teste di Cerbero!», borbotto alzando lo sguardo verso il soffitto per cercare di impedire che i miei occhi cerchino quello stronzo.
«Ehi tu, stai bene?», chiede Nikita senza alcuna espressione sul viso.
«Per tutte le anime degli Inferi!», continuo a dire pensando a duemila modi diversi per farlo finire dentro un fosso.
«Sto benissimo. Non preoccuparti, lui ha già firmato un contratto a tempo indeterminato con me», le faccio l'occhiolino.
La vedo sorridere sinceramente e poi chiede: «Senti... a casa tua hai una scorta di cioccolata calda, giusto? E poi, volevo vedere Leonida».
«Ti sei appena auto invitata a casa mia?», le chiedo trattenendo una risata.
«È per Leonida», ci tiene a specificare.
Certo, Leonida.
Oh, cavolo. Leonida. Il criceto Leonida.
«Ti senti bene?», chiede aggrottando le sopracciglia.
«Certo, devo solo-», ricordare dove diamine è finito il criceto.
«Quindi, che ne dici?», insiste, guardandomi speranzosa. Probabilmente non vuole tornare a casa triste e io non posso di certo tirarmi indietro.
Cazzo, no! Adone, tu sei la sfiga. Tu sei-
La consapevolezza che tutto questo sia colpa mia mi prende in pieno come un fulmine.
«Sì, certo... Sarebbe davvero... Ecco, com'è che dite voi umani? Fico?»,
«Bene, allora», sorride assottigliando le labbra e guardando fuori dalla finestra.
Non capisco... Non capisco perché sembra voglia a tutti i costi essere una stella nel cielo della persona che adesso non merita nemmeno un suo sorriso, figuriamoci la sua tristezza, anziché puntare ad essere il cielo stesso... Gli umani sono proprio strani. Strani e complicati.
«Perché mi guardi così?», chiede all'improvviso, ancora accigliata.
«Stavo pensando», dico.
«A cosa?»
«Al fatto che la tua mente è probabilmente come il labirinto di Cnosso».
Lei arriccia il naso e chiede: «Cno-cosa?».
«Andiamo, Noodle», le metto un braccio sulle spalle, lei prende il suo zaino e mi lancia un'occhiata minacciosa, ma poi i suoi occhi scendono sul mio sorriso e alza gli occhi al cielo, sorridendo a sua volta. Le tiro un riccio e camminiamo verso l'uscita. Questa volta almeno non si è lamentata del contatto fisico.
Spero vi sia piaciuto il capitolo 😊❤️ se volete supportarmi, lasciate una stellina, ve ne sarei grata. Alla prossima 🌻
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