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05. Ho più Power bank che autostima

▶️Eminem, Without me

Nikita

Mi sento come se la mia vita fosse diventata un film horror. Stamattina appena ho aperto gli occhi sono rimasta così, immobile, a fare niente. Poi, dopo circa dieci minuti, la mia sveglia ha iniziato a suonare e poi è scappata via.

Vi starete chiedendo: come fa una sveglia a scappare, vero? Mia madre per il compleanno mi ha regalato Clocky, la sveglia che scappa. Ti costringe ad alzarti dal letto e acchiapparla, non prima di aver inveito contro qualche divinità a caso una volta aperti gli occhi.

Solo che adesso sono così morta, che non mi interessa niente di questa maledetta sveglia, che continua a sbattere contro la porta. Quest'ultima si apre e mio fratello si affaccia nella mia stanza, cacciando un urlo quando Clocky gli passa tra le gambe.

«Pensavo fosse un animale strano», dice, andando a prenderla. La spegne e viene davanti al mio letto. Io continuo a guardare il soffitto in silenzio; penso di avere una crisi esistenziale di prima mattina.
Mio fratello, invece, mi guarda dall'alto, preoccupato.

«Hai intenzione di dare segni vitali?», domanda, toccandomi la guancia con un dito, per assicurarsi che sia viva.

«Non mi sono svegliata bene», rispondo come un automa.

«Tu non ti svegli mai bene», dice, poi mette la sveglia sul comodino. Il mio primo istinto è quella di prenderla e spaccarla contro il muro, ma quando la sveglia inizia a suonare nuovamente e scivola giù dal comodino, grido: «Ma cos'è, una missione spartana, svegliarmi?».

Mio fratello scoppia a ridere e va a riprenderla. È sotto il letto, adesso.
«Scusa, non volevo perdermi la tua reazione. Colpa mia», se la ride sotto i baffi.

«Coglione», borbotto, spostando il piumone di dosso e poggiando i piedi a terra, sentendo subito il freddo penetrare nella mia pelle. Dovrei smetterla di dormire senza calzini e poi andare in giro scalza.

«Continui a sembrare uno zombie», mi punzecchia.

«Non hai un lavoro?», gli chiedo.

«Inizio alle otto», mi ricorda.

Bryce ha ventitré anni, non va al college perché gli fa schifo stare sui libri, e quindi si è trovato un lavoro qui a Burlington. Magnifica città del Vermont. Proprio magnifica zona. Bellissimo il freddo, le montagne, le caprette, Heidi.

Sbuffo sonoramente e mi alzo dal letto. Apro la finestra per far entrare un po' d'aria fresca, ma inizio a tremare come se avessi preso la scossa.

«Cazzo, ci manca soltanto che vediamo i pinguini camminare per strada», dice mio fratello.

Prendo il piumone e me lo avvolgo intorno al corpo, camminando poi per la stanza come se avessi un mantello addosso.

«La mamma ti ammazzerà», cantilena Bryce.

«Levati dal cazzo», gli do una spallata e vado in cucina a fare colazione. Mia madre appena mi vede rimane immobile, con la pentola che le sta quasi per cadere dalle mani.

«Tesoro, non mi sembra il caso che tu cammini con il piumone addosso. Sai, vero, che non puoi andare a scuola in questo modo?», dice.

Ecco, ogni volta che faccio una cosa insolita, appaio subito stupida agli occhi degli altri. Ma secondo, non sono consapevole di non poter andare a scuola conciata così? Al massimo potrei andare in pigiama.

«Sì», rispondo in tono secco.

«Cosa vuoi per colazione?», mi chiede.

«Morire», rispondo.

Bryce ride mentre cerca di mangiare un pancake senza strozzarsi.

«Non ti sei svegliata bene, eh?», domanda, dandomi una carezza sulla testa.

«Io non mi sveglio mai bene», le ricordo.

Mi mette davanti il mio solito sandwich con prosciutto e formaggio, e un bicchiere di spremuta d'arancia. Ecco qui, la mia colazione.

Mio padre entra in cucina con un'espressione confusa sul viso e va a dare un bacio sulle labbra a mia madre. Il sandwich mi va quasi di traverso. Ew, non voglio vedere i miei baciarsi.

«Qualcuno sa dirmi perché il mio fucile da collezione è dietro la porta e non è al suo posto, appeso al muro?», domanda, guardando prima me e poi mio fratello. L'aranciata mi esce dalla bocca a spruzzo, come una maledetta fontana, e schizza dritto in faccia a mio fratello.

«Nikita, ne sai qualcosa?», chiede papà mentre io inizio a tossire come se mi fossi appena fumata due pacchetti di sigarette.

«Io? No? Cosa te lo fa pensare? Non toccherei mai i tuoi fucili», rido nervosamente. No, seriamente, in circostanze diverse non l'avrei mai toccato. Mio padre ci tiene molto ai suoi fucili. Ha ereditato questa passione dal nonno, amante della caccia. Ma lui, per fortuna, si limita a continuare la collezione e basta.

Tutta la mia famiglia si gira verso di me.
«Volevo conoscere la sensazione di tenerlo in mano. Grosso e pesante», cerco di trovare una scusa.

Questa volta è mio fratello a strozzarsi. Inizia a tossire così forte che diventa rosso in viso.

«Bryce, non stavo parlando di cazzi», gli dico, guardandolo male.

«Ovviamente», mormora lui, pulendosi la bocca.

«Nikita», mi riprende papà.

«Va bene, l'ho toccato io», ammetto. Mio fratello sta per strozzarsi un'altra volta.

«Ma non devi andare a lavorare?», gli chiede la mamma.

Mio fratello si mette subito sulla difensiva. «Inizio alle otto! Ma perché mi volete tutti fuori dai piedi?».

«Perché sei sempre una rottura», gli dico io.

«No, non è vero», lo rassicura papà.

Scuoto la testa e finisco di mangiare, poi vado nella mia stanza a prepararmi per andare a scuola.

«Mamma, per caso sai dove sono i miei pantaloni?», grida Bryce dalla sua camera.

Io mi blocco davanti alla porta. Intende quelli che ho dato a quel pazzo? Quindi non ho avuto le allucinazioni?
Esco dalla mia stanza senza farmi sentire, finché la voce di Bryce non mi ferma in corridoio: «Mi sono spariti degli indumenti».

Mi giro verso di lui, aprendo le braccia: «Magia», dico in tono allegro e poi sorrido in modo forzato.

«Stai sorridendo come se ti stessi per cagare addosso, quindi sputa il rospo», incrocia le braccia al petto. Non posso mica dirgli che ho dato i suoi vestiti ad un altro ragazzo, sconosciuto, tra l'altro.

«Li ho dati in beneficenza», esclamo.

«I miei pantaloni preferiti li hai dati in beneficenza», ripete, incredulo.

«Che sorpresa», mormoro.

«Nikita», grida così forte che mi metto automaticamente a correre verso la porta, gridando a mia volta: «Buona giornata a tutti!».

Prendo l'autobus e vado a sedermi accanto a Cleo, come ogni mattina.
La vedo rovistare dentro lo zaino, poi tira fuori due power bank.
«Ma quanti ne hai?», le chiedo al posto del buongiorno.

Lei mi scocca un'occhiata e borbotta: «Stamattina ho più Power bank che autostima», si mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio e continua a rovistare nello zaino.

«Cosa stai cercando?»

«Le gomme da masticare! Non le trovo».

Apro la tasca del mio zaino e le offro una delle mie. «Sei la migliore», esclama abbracciandomi. Certo, sono sempre la migliore quando le offro le sue cose preferite o le salvo il culo.

Al primo posto individuo un cappellino blu in testa ad un ragazzo e inizio già a fantasticare su di lui.
Su Dick, ovviamente, mica sul cappellino.

«Asciugati la bava», mi rimbrotta Cleo.

«Non trovi anche tu che sia bellissimo?», le chiedo con un sospiro.

«Si vede soltanto il suo cappello», afferma , lanciandomi uno sguardo laconico.

«Il suo cappello è sexy», insisto. Cleo rimane in silenzio finché non arriviamo a scuola.
Costringo la mia amica a rallentare finché Dick non mi passa accanto e fingo di inciampare, con il desiderio che lui mi afferri al volo come nei film, ma il risultato è che io cado in ginocchio accanto ai suoi piedi.

«Oh, ciao Niki», mi saluta raggiante, abbassando lo sguardo su di me; in questo momento mi sento come se fossi in procinto di slacciargli la cintura, e non mi dispiacerebbe affatto, comunque. Ma io di fronte al suo sorriso mi sciolgo, quindi tra poco farò la fine di un ghiacciolo sotto il sole cocente.

«Ciao, Dick», sorrido, guardando l'altro Dick. Ommioddio, ho la faccia quasi all'altezza del suo bacino e sembra che io stia parlando seriamente con le sue parti basse.

Mi alzo in fretta e mi sistemo i vestiti, continuando a sorridere come una deficiente, intanto che la mia amica si sta sbellicando dalle risate alle mie spalle.

«Serve una mano?», domanda Dick, con la solita premura.

«Anche due», rispondo io.

«Su tutto il corpo», mi fa l'eco Cleo. La fulmino con lo sguardo e lei si zittisce.

«Oggi sembri piena di energie», mi dice mentre andiamo verso il cancello della scuola.

«Oh, sì. Pienissima», faccio un verso strano di esultanza e Cleo balza all'indietro dallo spavento. Lui mi piace proprio tanto, ma onestamente non ha mai capito un accidente dei miei stati d'animo. Ma è fantastico lo stesso.

«Il tuo viso sembra anche più luminoso», mi fa presente. Wow, mi ha anche osservata.

«Grazie, sto usando una crema a base di bava di lumaca», lo dico sperando di suscitare in lui un po' di curiosità e anche un po' di ammirazione nei miei confronti, magari, ma l'unica cosa che ricevo da parte sua, è una smorfia di disgusto.

Cleo nel frattempo mi fa cenno di stare zitta per non peggiorare la situazione, ma io sono innamorata di lui da quando l'ho visto la prima volta in seconda liceo, quindi le provo tutte affinché lui cada ai miei piedi o direttamente addosso a me. Magari nudo.

«Sai che Evelyn ha scritto una storia davvero avvincente? Penso sia piaciuta anche alla professoressa. E forse l'aiuterà a scrivere la sceneggiatura. Ti immagini se dovessimo fare le prove su una storia che abbiamo scritto noi? Sarebbe un sogno!».

Dio, è proprio innamorato del teatro. Un giorno parlerà anche di me con lo stesso entusiasmo, me la sento.

«Soprattutto la storia che sto scrivendo io! Sarà degna di essere letta», mi viene questo lampo di genio all'improvviso, e subito dopo mi maledico.

Dick si ferma e appoggia le sue grandi mani sulle mie spalle, guardandomi con i suoi occhi color cioccolato fondente. «Sono davvero fiero di te».

Approfitto delle sue mani su di me e mi fiondo tra le sue braccia, dandogli una pacca sulla schiena. «Grazie, Dick. Significa molto per me».

«Figurati», ride e poi fa per tirarsi indietro, ma io lo stringo ancora di più. Dietro la sua spalla mi pare di intravedere quel mentecatto e spingo violentemente Dick, facendolo quasi inciampare.

«Ma, Nikita!», mi rimprovera il mio Romeo.

«Scusami! Ma mi sembrava di aver visto...», mi alzo in punta di piedi per guardare meglio, ma non lo vedo più.

«Ehi, ciao!», dice alle nostre spalle e per poco non collasso.

«C-ciao», balbetto, girandomi verso di lui. Questo inizia a mettermi davvero paura. Sia mai che si sia davvero preso una cotta per me... Magari è diventato ossessionato! E se un giorno mamma mi ritrovasse in un cassonetto, deceduta?

Oh Gesù, perché la terra non si apre all'improvviso? Gradirei finire all'inferno in questo momento.

«Scusa, tu sei il tizio di ieri?», prende parola Dick, affiancandomi.

«Sì, proprio io. Sono Adone, comunque», gli sorride, ma i suoi occhi sono puntati su di me.

«Adone sembra un nome greco», ride Dick. Ottima osservazione, comunque! Io non ci sarei arrivata. Anzi, a me sembrava italiano.

«E cosa c'è da ridere? Meglio un nome greco che il nome del tuo organo riproduttivo», controbatte Adone, incrociando le braccia al petto. Nonostante oggi indossi il cappotto – che tra l'altro lo fa sembrare un intellettuale –, mi sembra di intravedere lo stesso i muscoli delle sue braccia e il suo ampio petto. L'ho visto quasi senza vestiti, so di cosa sto parlando. Mi chiedo quanto si alleni al giorno... Magari fa parte di qualche squadra di football?

«Come mai sei qui?», chiedo io, assottigliando lo sguardo.

«C'è un'alta probabilità che io frequenti a breve questo liceo», spiega come se la cosa dovesse rendermi felice.

«Ci sono altre scuole», suggerisco disperatamente, sperando che cambi idea.

«A me piace questa», risponde lui. «E poi, tu sei qui».

Dick si gira verso di me, confuso.  «Lo conosci?», chiede.

Cosa dovrei dirgli?

«Certo che mi conosce», risponde Adone al posto mio.

«No che non lo conosco», faccio finta di niente. Questo Adone o sfiga o chi diavolo dice di essere, mi sta rovinando la vita più di quanto io non me la rovini già da sola. E lo conosco soltanto da pochi giorni.

«Comunque, ti sono grato! Ora che sono qui grazie a te, sto scoprendo un sacco di cose nuove ed è fantastico. Anzi, alcune le sapevo già, ma voi non vi stancate mai di inventare cose strane. La cosa più interessante è il cellulare con la fotocamera frontale. Lo sai che se ti chiamassi, tu potresti vedermi pure se fossi in giro a cavalcare un ippocampo insieme a Poseidone?», grida con così tanto entusiasmo che alcuni si fermano e si girano verso di lui, sconvolti.

«L'ippocampo non è una parte del cervello?», sussurra Dick al mio orecchio.

Ignoro la sua frase, e dico invece: «Dove sono i tuoi genitori? Mica ti puoi iscrivere da solo», indago, guardandolo con sospetto.

«Mia madre ora starà facendo litigare qualche coppia nel mondo e mio padre probabilmente starà riflettendo se bandirmi o meno, disconoscermi come figlio o spedirmi con un calcio nel sedere nelle fauci di Cerbero, dopo aver chiesto il permesso ad Ade, ma è quasi improbabile», risponde con nonchalance, ruotando gli occhi al cielo.
Dick e io lo guardiamo come se avessimo davanti un extraterrestre. «Mi manca Apollo», ora ha l'aria malinconia.

«Sta bene, questo qui?», bisbiglia di nuovo Dick.

«No, non penso», rispondo senza distogliere lo sguardo da quello di Adone. Forse è la prima volta in cui trattengo il fiume di offese che vorrebbe sfociare contro di lui e mi prendo un secondo per ammirarlo davvero. Se pochi giorni fa si era presentato davanti a me seminudo, oggi è decisamente troppo vestito. E sembra normale. E anche bello.

Lui mantiene il contatto visivo e non batte nemmeno ciglio. Ora che è serio, noto come i lineamenti del suo viso siano al punto giusto, come se fosse davvero una statua greca scolpita con precisione. Ha due occhi più azzurri del cielo in estate e una piccola fossetta sul mento, che su di lui sta davvero bene. E le labbra... Oh, mai visto delle labbra così piene, carnose e... Sembra così normale adesso.

«Niki», Dick mi scuote per un braccio.

«Tu», punto l'indice contro Adone. «Stai lontano da me».

«Non puoi darmi ordini!», alza la voce, riducendo gli occhi a due fessure. Mi ha fatto addirittura sobbalzare.

«Ma chi cazzo ti credi di essere per alzare la voce con me?», gli tengo testa, avvicinandomi a lui e guardandolo a mo' di sfida.

«Tu, a quelli come me, potresti soltanto-», non lo lascio finire, perché lo afferro per il cappotto e mi sollevo per essere alla sua altezza, ma non ci arriverei mai, nemmeno se usassi i tacchi. «Dì un'altra parola e ti faccio mangiare da Ade».

Penso di aver attirato la sua attenzione, perché all'improvviso il suo sguardo s'illumina.
«Mio zio non mi mangerebbe mai», dice, sbuffando una risata.

«In realtà sto parlando del cane del mio vicino».

«Stai dando del cane al dio degli Inferi?», domanda, sbattendo piano le palpebre. «Hai coraggio, rozzo essere umano».

«Senti, tu mi fai esasperare. Da quale cazzo di epoca vieni?», gli do una spinta e prima che lui possa ribattere, gli mostro anche il dito medio.

«Qui tra gli umani questo comportamento starebbe a significare che in realtà ti sei già innamorata di me?», domanda alzando piano le sopracciglia.

«No, qui sulla terra significa che se non mi starai a cinquanta metri di distanza, ti beccherai un ordine restrittivo», gli do le spalle e vado a raggiungere Cleo. Non ha fatto altro che osservare la scena con aria sbalordita.

«Ma l'ho visto in un film!», grida Adone alle mie spalle.

«Figo, quello lì», dice Cleo, indicandolo con il dito.

«Oh, ma cammina!», alzo gli occhi al cielo e poi mi giro per vedere cosa sta facendo lui, ma è rimasto fermo, con le mani nelle tasche del cappotto e un sorriso impertinente sulle labbra.

Immaginatevi Adone frequentare un liceo. Immaginate.😂 Come potete ben vedere, Nikita è persa di Dick. Secondo voi lui sarà anche? Staremo a vedere! Con Adone nei paraggi, chissà cosa potrebbe succedere 👀 ci vediamo al prossimo aggiornamento, stellinate e commentate💞

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