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Lasciali andare...

Mi allontano da quella che dovrebbe essere casa mia e non so più dove andare. Di arrivare alla casa famiglia ora non ho più voglia, lì troverei Arianna che mi farebbe troppe domande a cui non voglio rispondere. Poi probabilmente lì ci sarà anche Isabella e dopo come l'ho trattata dubito voglia vedermi.
Dovrei tornare indietro, dovrei chiederle scusa, dovrei dirle che non è colpa sua ma mia, che io volevo solo allontanarla dal mio mondo che finisce inevitabilmente per sporcare chiunque. Dovrei confessarle che lei mi ha regalato un sorriso che non avevo più, che vedere il mio mondo le avrebbe fatto schifo come fa a me ed io non voglio farle schifo e poi dovrei anche dirle che lei non è chiunque. Ma io non ho mai avuto coraggio nella vita, la rabbia che ho dentro è troppo grande e finirei inevitabilmente con il ferire e sporcare anche lei come ho appena fatto. Io non sono in grado di dare affetto e non posso riceverne, da nessuno, sarei in grado solo di distruggere come si è distrutta la cornice della foto. Allora non torno indietro, non chiedo scusa, non faccio niente di quello che dovrei, continuo a camminare e decido di andare nell'unico posto dove mi sono sempre sentito me stesso, dove ho sorriso e pianto, dove sono stato solo un bambino e poi un ragazzo, dove ho conosciuto il fratello che non ho mai avuto, ma che ho scelto. Vado su quel prato verde che mi ha insegnato la lealtà, la correttezza, il rispetto e l'amicizia prima che decidessi di passarci sopra perché solo la rabbia e il dolore potevano starci nel mio cuore.

Ho distrutto io quello che ero. Il nonno, la mamma, il padre che non ho mai avuto, mi hanno spinto, ma io ho deciso. Io ho deciso che fosse più facile lasciarsi andare piuttosto che combattere contro il mio passato, la mia rabbia ed il mio dolore. Io ho deciso che faceva troppo male e mi sono arreso, mi sono spento, mi sono perso.

Arrivo ed al campo non c'è nessuno, è tutto vuoto, silenzioso. È agosto, non potrebbe essere altrimenti, saranno tutti al mare a godersi l'estate, tutti tranne me. Ma oggi non mi pesa non essere al mare, oggi sono dove voglio essere e soprattutto ho bisogno di questo silenzio.
Mi siedo al centro del campo, proprio lì dove tutto inizia, dove l'arbitro fischia e la partita prende vita.
In campo si gioca per vincere, ma non sempre accade, a volte si perde e certe sconfitte bruciano più di altre. Ma il mister che ci allenava quando ero più piccolo diceva sempre che le sconfitte servono forse più delle vittorie, perché sono quelle che ti fanno crescere, quelle che ti insegnano a migliorare, a lavorare sodo. Sono quelle che ti fanno capire che c'è sempre qualcosa in più che puoi fare. E poi le sconfitte ti fanno apprezzare davvero le vittorie, te ne fanno capire il senso, che non è dimostrare di essere il più forte ma dimostrare che con l'impegno, il sudore, il lavoro e la passione le cose belle arrivano. E una volta assaggiato l'amaro il dolce ti regalerà il suo sapore migliore e anche se ci saranno partite che inevitabilmente andranno perse, l'importante sarà averci provato, ma provato davvero. Allora, solo allora avremmo davvero capito il senso di quello che facciamo in campo e potremmo dire di aver giocato davvero a calcio.

Io ho dimenticato tutte queste cose evidentemente perché le mie sconfitte sono diventate troppe e non ci ho provato più a vincere. Mi sono lasciato andare e l'impegno, il sudore, la passione li ho abbandonati e non perché volessi farlo davvero, ma perché credevo di essere arrivato ad un punto in cui non ne valesse la pena. Tanto sudore e dolore per cosa? Non ho niente per cui valga la pena lottare io, niente che mi faccia credere che dopo andrà meglio, che dopo sarà tutto diverso. C'è solo questa speranza che si è annidata in fondo al cuore, che batte forte anche quando tutto fa male e fa paura ed io ho paura. Paura di lottare per poi perdere ancora. Forse questo sport che amo così tanto non è adatto a me, non perché io abbia paura, ma perché questa mi blocca e non dovrebbe essere così. Nonostante la paura dovrei correre, giocare e tentare di vincere. Un giocatore vero farebbe così, ma io non lo sono.

"Ciao Riccardo" mi dice una voce che non sento da un po' ma che inevitabilmente riconosco.
"Claudio?" Chiedo alzando gli occhi.
"Sì, sono io. Sembri sorpreso di vedermi" sorride lui prima di sedersi accanto a me al centro del campo.
Sì che lo sono sorpreso, è l'ultima persona che mi aspettavo di trovare venendo qui. Non lo vedo da tanto, un anno si può dire. Da quando il rapporto con Matteo è andato in pezzi come tutto quello che tocco. E dopo tutto quello che ho fatto non l'ho mai trovato il coraggio di andare da loro e chiedere scusa. Mi vergognavo troppo, come si addice ad un vigliacco quale sono.
"Pensavo qui non ci fosse nessuno" riesco solo a dire. Sono proprio bravo.
"In effetti non c'è nessuno, siamo ad agosto e per di più di domenica. Sono passato solo perché volevo salutare il mister e poi dovevamo parlare della situazione di Matteo"
La situazione? Che cosa era successo che non sapevo? Pensavo Matteo fosse felice e contento in Australia ora.
"Matteo sta bene"? Gli domando subito.
"Certo che sta bene! Solo che è un po' difficile che dall'Australia possa venire lui qui, così sono venuto io per discutere il suo passaggio in prima squadra"
In prima squadra, Matteo passa in prima squadra. Me lo aveva detto prima di partire, era molto contento ed io lo ero per lui. Era il nostro sogno di bambini questo. Un sogno che volevamo vivere insieme. Su questo campo abbiamo fatto tutto insieme. Ci siamo arrivati che eravamo solo dei bambini, dei piccoli pulcini* che ancora dovevano crescere e lo abbiamo fatto. Tra allenamenti faticosi, partite difficili, sconfitte brucianti e vittorie inaspettate, siamo cresciuti e da pulcini siamo arrivati fino alla primavera* insieme, poi io mi sono fermato mentre Matteo sta andando incontro alla sua estate senza di me. Io sono rimasto qui, solo, al centro del campo.
"Da quando è partito non lo sento molto Matteo, è giusto che si goda la sua vacanza lontano da qui" Ci manca solo che io mi metta a buttargli addosso tutto il mio mondo malato di nuovo.
"Mi ha chiesto di te, visto che tu è da un po' che non rispondi"
Ovvio che non rispondo. Cosa dovrei dirgli? Che sto una merda vera ed in questo momento avrei bisogno di un fratello? Che avrei bisogno di lui che viene qui e mi prende a calci fino a farmi alzare da terra? Che avrei bisogno di lui che mi dice che non è per vedermi fare di nuovo il vigliacco che ha scelto di darmi una possibilità, che ha scelto io fossi suo fratello? Non posso dirgli nessuna di queste cose e allora preferisco tacere anche perché di mentire sono stanco e che sto bene glielo direi non credendoci davvero e chi ti conosce lo sa anche se non può vederti che non è vero. Allora sto zitto, meglio il silenzio di una bugia detta a fin di bene ma che in realtà riesce solo a ferire. Tanto le bugie dette per il bene altrui non esistono, quando mentiamo lo facciamo per noi e basta.
"È vero non gli rispondo ma lo faccio perché non voglio mentire"
"Perché dovresti mentirgli?" Mi chiede, ma io lo so che lui già lo sa il motivo.
"Mi chiederebbe come sto e non posso dirgli che sto bene, ma neanche come sto davvero" mi guarda serio, poi mi mette una mano sulla spalla.
"E come stai davvero Riccardo? Dillo a me"
Mi giro a guardarmi i piedi, quelli che mi hanno portato fin qui, quelli che mi hanno condotto in uno dei pochi posti che amo, ma mica è semplice dirlo ad alta voce come sto. Credo che forse un'unica parola può rendere l'idea del casino che mi si agita dentro.
"A pezzi. Ecco come sto. Sono rotto in un miliardo di pezzi che non riesco più a mettere insieme"
Gli dico la verità a Claudio, in fondo è l'unica figura che più si è avvicinata a quello che dovrebbe essere un padre per me. Ci sono cresciuto con Claudio e Liliana. Loro erano sempre presenti alle partite mie e di Matteo e quando io alzavo lo sguardo per trovare qualcuno per me e non vedevo nessuno erano loro a fare il tifo per me e non ero più solo.
"Allora lasciali andare questi pezzi Riccardo. Quando un vetro cade e si rompe è inutile cercare di incollare i pezzi com'erano prima perché non potrà essere mai come era prima. Mai"
E chi vuole essere come prima. Io voglio essere me e basta.
"Non voglio essere chi ero. Io voglio essere Riccardo e basta"
"E allora perché ti preoccupi tanto di voler rimettere insieme i pezzi di una persona che non vuoi essere più?" Mi domanda ancora e questa volta la mia risposta non la sa già.
"Io voglio essere quel ragazzo che è cresciuto con voi, che ci teneva, che sapeva voler bene e lui si trova tra quei pezzi che ho perso e che mi servono. Ne ho bisogno perché quei pezzi possono essere il mio nuovo inizio"
Lì rivoglio. Io li rivoglio indietro. Non ce la faccio senza. Non ci riesco.
"Riccardo ascoltami, quel ragazzo che è cresciuto con noi è proprio qui di fronte a me. Io ti guardo e lo vedo. Io ti guardo e ti vedo qui bambino a cercare lì" indica i gradoni che circondano il campo: "qualcuno che fosse qui per te, che tenesse a te ma non trovava nessuno"
"Non è vero che non trovavo nessuno, trovavo voi. Te e Liliana, che mi avete voluto bene anche se non ero niente per voi" anche se poi vi ho lasciato andare perché vedevo in voi solo quello che io non avevo e ho sbagliato perché ho perso tutto. Ma questo non lo dico, ormai non serve più.
"E oggi sei di nuovo qua a cercare ancora qualcuno che sia qui per te, che tiene a te, ma non hai trovato nessuno"
"Non è vero che non ho trovato nessuno, ho trovato te. Te che per qualche strano motivo mi vuoi bene anche se non sono niente per te"
Claudio sorride.
"Non è vero che non sei niente per me. Sei il ragazzo che è cresciuto con noi, che ci teneva, che sapeva voler bene e lui si trova proprio di fronte a me, non tra i pezzi che dice di aver perso e che non gli servono più perché non è più la persona che era"
Ci crede davvero in quello che mi sta dicendo Claudio, ma lui con le parole è sempre stato bravo, d'altronde è un professore d'italiano. Ma ora qui mi sta parlando non da professore ma da padre e lui vede in me quel ragazzo che io ho paura di non riuscire ad essere più.
"Invece a me sembra di essere ancora quello che ero"
"Perché continui a cercare in quello che eri quei pezzi di te che tu credi siano andati persi. Solo se smetterai di farlo lo vedrai anche tu quello che sei e potrai ricominciare da lì"
Ma come si fa? Non credo di esserne in grado io.
"Non credo di riuscirci"

Claudio a queste mie parole si alza e si allontana. Esce dal campo e non lo vedo più. Possibile sia andato via così? Non è normale e anche se ho detto che non sono in grado, mi aspettavo che lui mi contraddicesse non che se ne andasse. Non dopo avermi detto che chi voglio essere è qui, solo che se continuo a cercare in quello che ero non lo vedrò mai. Ma non é mica così facile lasciare andare chi sei stato fino ad ieri, anche se poi non era tutto questo granché.
Vedo Claudio tornare con un pallone da calcio in mano, mi alzo, lo guardo e non capisco.
"Giochiamo un po'" mi dice. Fa cadere il pallone sul campo e inizia a giocare con i piedi.
Sorrido. Lui non è mai stato un granché a pallone ed io e Matteo da bambini lo prendevamo sempre in giro.
"Tu lo sai vero che non sai giocare a calcio?"
"Allora che aspetti a venirti a prendere il pallone e a farmi vedere come si fa?" Ride ed inizia a correre verso la porta.
"Dai forza! Non vorrai perdere contro di me vero?"
Inizio a correre anche io e lo raggiungo nell'area di rigore prima che possa arrivare a tirare in porta. Lo marco, lui prova anche a liberarsi di me facendo passare il pallone tra le mie gambe, ma io me lo aspetto e non permetto alla palla di passare e questa mi sbatte addosso, allora ne approfitto per bloccarla con il piede destro e faccio un pallonetto a Claudio che se ne accorge un po' tardi. Poi inizio a correre verso la porta opposta, ma Claudio non può raggiungermi, sono troppo veloce per lui ed io non mi fermo finché non arrivo nell'area di rigore, tiro e la palla va in rete.
"Vedo che nonostante non giochi da un po' sei sempre bravo" e mi fa un applauso.
"Ma va! Contro di te è troppo facile. Scusa se te lo dico ma sei proprio scarso"
Claudio ride ed io con lui mentre si avvicina per raccogliere il pallone.
"Hai ragione il calcio non è il mio sport" risponde mentre ci incamminiamo di nuovo verso il centro del campo.
"Claudio tu e lo sport siete proprio su due pianeti opposti lasciatelo dire"
Rido al ricordo di lui che provava a stare dietro a me e Matteo quando la domenica andavamo a correre. Sì ostinava a voler venir con noi perché "correre fa bene" diceva, ma lo faceva per avvicinarsi a Matteo che lo respingeva. Nonostante la buona volontà però restava sempre indietro ed arrivava a casa distrutto con quindici minuti di ritardo. Una volta addirittura ci mise un ora, Liliana si era preoccupata così tanto che io e Matteo siamo dovuti tornati indietro a recuperarlo, ma lui era seduto comodamente ad un bar a fare colazione.
"Hai ragione, non sono nato sportivo io" ride con me come si faceva sempre quando ero più piccolo. Manca solo Matteo qui con noi.

"Ecco qua. Hai visto?" Mi domanda Claudio poggiando il pallone in mezzo al campo.
"Ho visto cosa?"
"Che il ragazzo che sei è proprio qui in mezzo al campo, di fronte a me. Riparti da qui" dice indicando il pallone proprio accanto ai miei piedi.
"Da qui?" Lo guardo.
"Tutte le partite anche le più difficili iniziano sempre da qui. Inizia la tua di partita Riccardo. Non ti dico che sarà facile, ma provaci, altrimenti vincere sarà impossibile. E ti ho visto ora, tu sei in grado di farlo. Non pensare il contrario"
Claudio mi parla ancora una volta da padre e mi dice che io sono quel ragazzo che avevo paura di non essere più.
"Dai andiamo ora che si sta facendo tardi"
"Dove?" Gli domando sorpreso.
"A pranzo. Liliana sarà felice di vederti e magari ti darà qualcosa per quel naso che ti ritrovi, credo faccia male un bel po'"
Il naso, mi ero quasi dimenticato.
"Non fa così male"
"E come te lo sei fatto?"
"Sono caduto dalle scale" questo non voglio che lui lo sappia e so che le bugie dette a fin di bene non esistono, ma mento lo stesso e lo faccio per me, perché io questa cosa voglio risolverla da solo. Loro sanno quasi tutto sulla mia famiglia, ma non questo. Questo non gliel'ho mai detto. Sanno che mio nonno è rigido ma che mi picchia no, anche perché da piccolo ho ricevuto degli schiaffi si,ma non erano pugni come questo. Da grande ha iniziato a farmi fare male davvero.
"Riccardo tu ora sei grande e puoi prendere le tue decisioni. Ma noi ci saremo sempre per te. Ricordalo! E la prossima volta che cadi dalle scale chiamami che ti aiuto io"
Claudio però è troppo intelligente per bersi la storia della caduta della scale e mi sta dicendo che io posso decidere quello che devo fare ora, ma la prossima volta che succederà lui sarà lì per aiutarmi ed io lo so che se mai dovesse vedere nonno farmi picchiare lui lo denuncerà. Ma non voglio che loro siano coinvolti in tutto questo, devo sbrigarmela da solo con la mia famiglia. Per cui Claudio non ti chiamerò, ma grazie. Grazie perché sei pronto a batterti per me.
"Grazie Claudio"
"Non devi ringraziarmi" mi sorride.
"Potresti non dire a Matteo di oggi per favore? Lui deve solo godersi la sua vita"
"Riccardo davvero credi che Matteo non sappia già come stai? Siete cresciuti insieme voi due, siete diventati come fratelli e credimi che lui c'è anche a kilometri di distanza"
E ora lo so che questo incontro con Claudio forse non è frutto del caso, anche perchè i dettagli del passaggio in prima squadra lì avranno già sistemati tutti.
Lui mi stava cercando, lui è il segno che Matteo arriva sempre quando ho bisogno e non è necessario chiederglielo perché lo so che è così.
Matteo è qui con me anche se in realtà è distante kilometri. Lui è e sarà sempre mio fratello perché sa come sto anche se non può vedermi.


*I pulcini sono una delle prime squadre giovanili di una società di calcio, formata da bambini tra gli 8 e gli 11 anni.
*La primavera è la squadra giovanile di una società composta da ragazzi tra i 15 e i 19 anni.

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