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Father e Son

La canzone va ascoltata da dove indicherò.
Buona lettura.

È trascorsa una settimana dal quindici agosto e da allora io ed Isa siamo stati sempre appiccicati. In casa famiglia, al mare, insieme ai ragazzi o da soli, a casa di Claudio e Liliana e anche a cena fuori. Niente di eccezionale, un panino ed una birra, ma per me, se penso solo ad un mese e mezzo fa, mi sembra tutto.
Se ci ripenso mi sembra che quello che ha messo piede in quella casa famiglia la prima volta non sia io, ma un altro e sorrido perché in fondo so che è vero. All'epoca ero un ragazzo perso, distrutto, a pezzi.
Non sapevo cosa volevo essere, cosa volevo diventare ma soprattutto chi. Ero spaventato da tutto, terrorizzato che solo un mio tocco potesse fare male a chiunque incontravo.
Non parlavo quasi più.
Ero fermo, immobile.
Tutto girava intorno a me mentre io ero sempre allo stesso punto.
Non riuscivo a muovermi.
Il senso di colpa mi stava mangiando e io gliel'ho lasciato fare.
Non vivevo, non me lo meritavo.
Poi è successo qualcosa.
Poi è successa lei.
E mentre mia madre smette di bere.
Mentre mio padre torna a farsi sentire.
Mentre Arianna diventa mia zia.
Mentre mio nonno sembra svanire.
Lei mi fa vivere.
Ora non sono perso, lei mi ha preso per mano.
Ora non sono a pezzi, con lei accanto ho capito che alcuni dovevo lasciarli andare.
Ora so chi voglio essere.
Voglio essere all'altezza dei suoi occhi, dei suoi sorrisi, dei suoi baci.
Voglio essere il ragazzo che lei dice di vedere, quello che in questo periodo mi ha mostrato io posso essere.
Non sono spaventato.
Ora so che il mio tocco la può proteggere, non distruggere.
Con lei parlo di tutto.
Non sono più fermo, immobile.
Tutto gira intorno a me ed io adesso mi sto muovendo, sto camminando, sto andando avanti perché voglio trovare la mia strada.
Il senso di colpa credo lo porterò sempre dentro un angolo di me.
Ma ora sto vivendo.
E forse anche io lo merito.

Oggi ne abbiamo ventuno agosto e sono sicuro che lo ricorderò a lungo questo giorno.
Oggi infatti ho deciso di incontrarlo.
Oggi mi troverò di fronte a mio padre.
Ho deciso che è il momento giusto.
Non posso più aspettare.
Non voglio.
Devo vederlo.
Sto andando avanti, ma non posso farlo se prima non metto a posto tutti i pezzi del mio puzzle.
Così andrò da lui.
Lo incontrerò dai Girardi.
Al loro ristorante.
È chiuso il giovedì.
Ci saremo noi e basta.

Isabella.
Lei sarà l'unica spettatrice di questo incontro.
Non posso farlo se lei non c'è.
Spero che venga.
Ieri non ci siamo visti.
Non è venuta in casa famiglia.
Un impegno con i suoi ha detto.
E chissà se tra i "suoi" era compreso anche mio padre.
La sera avevo bisogno di sentirla, avevo bisogno di sapere che non sarei stato da solo in questo passo che sto per fare e le ho scritto.

"Ho bisogno che tu ci sia con me"

Solo questo le ho detto.

"Sì"

Solo questo ha risposto.

Strana è stata la sensazione quando l'ho letto.
Quel sì sembrava così lontano da lei e anche da me.
E ho chiuso gli occhi agitato.
Non ho dormito.
Ho solo aspettato il giorno.
Le sensazioni a volte, sono solo sensazioni
Eppure mentre guardo Isabella arrivare la sento ancora.
Più si avvicina, più sembra lontana.
Più la guardo, più lei sfugge ai miei occhi.

"Sei venuta" le dico quando è abbastanza vicina.
"L'ho promesso"
"Sei qui solo per questo?"
"Sono qui perché lo so che hai bisogno di me per farlo questo passo"
Però mica mi guarda mentre le parole lasciano le sue labbra.
"E tu sei sicura di volerlo fare con me?"
"Si"
Eppure lo sento che qualcosa non è al suo posto.
"Guardami Isabella"
Lei esita e allora sono io a fare in modo che lei mi guardi ed i suoi occhi non sembrano gli stessi.
Il suo cioccolato non è vivo.
Non è caldo.
Non è quello che conosco.
"Che cosa è successo?"
Lei mi abbraccia senza rispondere.
Mi stringe forte.
Troppo.
"Ricordati sempre che io ho bisogno che tu ci sia con me"
Solo questo mi dice.
Poi mi lascia.
Poi si volta.
Poi entra in macchina.
Io la seguo.
Entro con lei.
La guardo mentre parte.
La guardo mentre guida.
La guardo mentre parcheggia.
La guardo e ho paura del suo silenzio.

Play da qui

Poi scendiamo.
Poi ci siamo.
Poi mi prende per mano.
Poi la stringo forte.
Poi esito.
Poi la guardo.
Poi mi convinco che lei è qui con me.
Poi trovo il coraggio.
Poi finalmente entriamo.

Adriano è lì.
Seduto.
Fuori.
Ad uno dei tavoli in legno della terrazza.
Al tavolo mio ed Isabella.
Quello dello scatto.
Quello della prima sera che sono stato me stesso.
Quello della prima sera in cui mi sono divertito.
Quello della prima sera in cui ho cantato.
Felicità.
Questa la canzone.
E la vedevo così lontana allora.
Invece era così vicina.
Mi stringe la mano ora.
Sta avanzando con me ora.
Mentre il mio respiro fa fatica.
Il mio cuore accelera.
E lui si gira.

Mi fermo.
Lo guardo.
Lui guarda me.
Non diciamo niente.
Ci osserviamo e basta.
Cerco in lui qualcosa che parli di me.
Qualcosa che mi dica che lui è ciò che mi è mancato.
Qualcosa che mi dica che anche se assente io ero con lui sempre.
E lo vedo da come sta in piedi che così è.
La postura incerta che ha mi ricorda me.
Me che ho camminato senza un pezzo e sicuro non sono mai riuscito ad esserlo davvero.
E poi lo vedo dagli occhi che così è.
Anche se il colore è diverso, lo sguardo che ha mi ricorda me.
Me che la mia strada non sono mai riuscito a trovarla perché senza una guida perso mi sono sempre sentito.
E poi lo vedo dalle sue mani lungo i fianchi che così è.
Sono strette in pugni che mi ricordano me.
Me che le ho usate spesso per attaccare ma solo perché mi sono sempre sentito senza difese.
E poi lo vedo dallo sguardo che ha che così è.
Cerca in me qualcosa che parli di lui.
Qualcosa che gli dica che io sono ciò che gli è mancato.
Qualcosa che gli dica che anche se assente lui era con me sempre.
E lo vede da come sto in piedi che così è.
La postura incerta che ho gli ricorda lui.
Lui che ha camminato senza un pezzo e sicuro non è mai riuscito ad esserlo davvero.
E poi lo vede dagli occhi che ho che così è.
Anche se il colore è diverso, lo sguardo che ho gli ricorda lui.
Lui che la sua strada non è mai riuscito a trovarla perché senza un figlio perso si è sempre sentito.
E poi lo vede dalle mie mani lungo i fianchi che così è.
Sono strette in pugni che gli ricordano lui.
Lui che le ha usate spesso per attaccare ma solo perché si è sempre sentito senza difese.
E poi lo vede dallo sguardo che ho che così è.
Ha trovato in me qualcosa che parla di lui.
Qualcosa che gli sta dicendo che io sono ciò che gli è mancato.
Qualcosa che gli sta dicendo che anche se assente lui è stato con me sempre.
Sono le mie lacrime.
Quelle piccole gocce di sale che ora lo fanno avvicinare.
Quelle piccole gocce di sale che ora lo fanno sorridere mentre piange.
Quelle piccole gocce di sale che ora lo portano ad abbracciare me.
Suo figlio.
Ed io?
Io glielo lascio fare.
Gli lascio essere mio padre.
Perché l'ho trovato in lui qualcosa che parla di me.
Qualcosa che mi sta dicendo che lui è ciò che mi è mancato.
Qualcosa che mi sta dicendo che anche se assente io sono stato con lui sempre.
Sono le sue lacrime.
Quelle piccole gocce di sale che mi fanno avvicinare.
Quelle piccole gocce di sale che mi fanno sorridere mentre piango.
Quelle piccole gocce di sale che ora mi portano ad abbracciare lui.
Mio padre.
E lui?
Lui me lo lascia fare.
Mi lascia essere suo figlio.

Lo stringo forte.
Mi stringe forte.
Mi aggrappo a mio padre.
E ora non c'è il nonno che me lo ha fatto odiare.
Non c'è la mamma che me lo ha fatto allontanare.
Non c'è Arianna che non lo ha comunque mai fatto mancare.
Ora ci sono io.
Io che chiudo gli occhi.
E mi rivedo bambino al campo da calcio.
Mi vedo mentre segno e poi esulto.
Grido e sorrido con gli altri.
Poi alzo lo sguardo.
E lo vedo.
Lui è lì.
Mio padre è lì.
Sui gradoni.
Mi guarda e sorride.
Mi guarda ed esulta con me.
Mi guarda ed io non so chi è.
Ma lui c'è.
Eccolo il mio ricordo.
Quello lontano.
Quello di cui mi ha scritto.
Quello che credevo dimenticato.
Quello che mi è sempre rimasto dentro.
Quello che credevo un sogno.
Quello che ora ho scoperto essere vero.
Quello che proprio ora sto rivivendo.
Ma adesso lo so chi è lo sconosciuto.
E quest'abbraccio che gli sto dando.
Il sorriso tra le lacrime che sta nascendo e per dirglielo che ho bisogno di lui.
Ho bisogno che lui ci sia anche se non c'è stato mai.

"Perdonami" queste le prime parole che mi rivolge.
"Eri qui" queste invece le mie.
Siamo soli adesso.
"Ero qui, ma non potevo esserci davvero"
"Lo so. Ho letto ogni cosa. Ho letto tutto"
"Le parole che ti ho dedicato ma che non sono mai riuscito a farti leggere"
Non riesce a smettere di guardarmi mentre mi parla.
"Ora l'ho fatto. E l'ho capito che non è stata una tua scelta lasciarmi. Ma la tua assenza mi ha logorato ogni giorno"
E lo vedo che lo ferisco mentre lo dico, ma non posso evitarlo.
"La mia assenza ha logorato anche me. Ogni giorno che ho vissuto senza te è stato un giorno in più che ho perso Riccardo"
E le sue ferite sono le mie.
"Ho avuto solo attimi di te. Scorci di vita che ho potuto solo intravedere"
"Arianna te li ha regalati quegli attimi. Lei è tua sorella ed è rimasta lo stesso. In silenzio"
"Lei è stata la spinta che mi ha permesso di allontanarmi. Sapendo lei vicino a te ho lasciato questo paese per poterci tornare un giorno ed essere tuo padre"
"Ma anche se sei tornato. Mio padre non lo sei stato lo stesso ed io avevo bisogno di te. Lo sai. Lo hai saputo per forza quello che ho fatto"
Stringe gli occhi mio padre adesso.
"Io so tutto di te Riccardo. So che cosa è successo. E sono tornato per questo e non mi sono arreso mai. Lo so che hai sofferto come non avresti mai dovuto. Quella sera che sei entrato per la prima volta qui l'ho visto il tuo sguardo, era spento. Ma non potevo"
"Sono diventato maggiorenne quasi un anno fa. Lui non poteva più decidere per me. Lei non poteva più decidere per me. Perché glielo hai lasciato fare lo stesso?"
Mio padre stringe i pugni troppo forte e capisco che la sua è frustrazione per essere stato impotente di fronte al mio grido disperato.
"Eri così grande quando sono tornato. Eri grande. Mi odiavi. Lo sapevo. E ho aspettato di essere meno vigliacco e più me stesso, ma era tardi. Quando ho smesso di aspettare era tardi"
"Non lo era.
Non lo era.
Non davvero.
Non per me.
Avevo bisogno di qualcuno in cui specchiarmi.
Qualcuno che me lo dicesse che io non ero un mostro.
Qualcuno che mi amasse nonostante tutto"
E ricordando come mi sono sentito alzo la voce.
Fa ancora male.
Lo farà sempre papà.
"Ed io ti voglio bene senza condizioni. Tu non eri un mostro.
Tu sei mio figlio"
"Ma io non lo sapevo.
Io tuo figlio non mi ci sono mai sentito.
Ero solo. Solo nel dolore, nella rabbia, nella vita che ho odiato come ho odiato te.
Ma non era tardi.
Se fossi venuto ti avrei odiato lo stesso, ma saresti stato mio padre ed io tuo figlio"
Ti odiavo.
Ma volevo che ci fossi.
Ti odiavo.
Ma volevo che mi aiutassi.
Ti odiavo.
Ma volevo che mi amassi.
"Io ho provato ad esserci. Mi è stato impedito.
Ho perso tua madre.
Ho perso te.
Ho perso tutto.
Lui mi ha tolto tutto"
E lo vedo dalla fiamma dei suoi occhi che parla del nonno. Lo vedo e la riconosco. Quella fiamma è stata sempre anche la mia.
"Il signor "Visconti" ha tolto tutto anche a me. Suo nipote. Anche lui avrebbe dovuto volermi bene invece mi ha distrutto"
"Lui distrugge tutto ciò che tocca. Lo ha fatto con sua moglie, con tua madre e poi anche con te. Ma io ho sperato che Arianna, che Matteo, Claudio, potessero aiutarti, ma sono stato un illuso. Ho voluto crederci perché stare lontano e saperti distrutto io non potevo sopportarlo Riccardo. Non potevo"
Rido di un sorriso amaro.
"Anche io mi sono illuso che potessi farcela da solo, che non avevo bisogno di nessuno. Ma non potevo. Non potevo"
"Ed io l'ho capito, ma ho preferito starti lontano perché tra te libero ma solo e te in carcere ma con me vicino ho scelto, forse sbagliando, il male che credevo fosse più sopportabile"
Di sopportabile non c'è stato niente papà.
Niente.
Ma lo so ora.
Lo so che è colpa sua.
"È stato lui vero? Lui ti ha costretto a scegliere"
Mio nonno pur di ferirlo, pur di tenerlo ancora lontano mi ha privato del suo affetto. Io stavo morendo dentro, ma l'importante era che non lo facessi con mio padre accanto.
Che schifo che mi fai nonno.
"Ed io ho sbagliato Riccardo. Perdonami"
"Sì hai sbagliato.
Hai sbagliato perché tu eri mio padre. Tu dovevi scegliere me.
Avrei preferito farmi la galera ma nella consapevolezza che qualcuno ci credeva davvero in quello che sono. E se non fosse stato per Isabella non lo so cosa sarei adesso.
Tu dovevi scegliere me.
Dovevi scegliere me!"
E gli urlo in faccia tutto quanto.
Perché anche se ora sei qui.
La tua assenza mi ha segnato papà.
È un vuoto che mi ha divorato.
E lo so che non è stata solo colpa tua.
Ma tu dovevi scegliere me.

"L'ho fatto Riccardo. Ti ho scelto"
"La mamma mi ha detto di te. Non tu"
"Mi ha chiesto di poter essere lei a dirtelo. È così ho lasciato che lo facesse. Ho lasciato che facesse questo per te. Dirti la verità"
Dovevo immaginarlo che da sola lei non era in grado.
Dovevo immaginarlo che qualcuno l'avesse spinta per fare finalmente la cosa giusta.
Dovevo immaginarlo che era stato qualcuno a ricordargli di essere mamma.
"Tu hai visto mia madre?"
"Certo che sì. Dovevo farlo. Lei era l'unica che poteva aiutarmi. L'unica che volevo lo facesse"
"Perché?Lei non ha fatto niente per me e neanche per te. Lei ti ha tenuto lontano. Non ha fatto nulla quando il nonno ti ha tolto tutto"
Non capisco.
Forse non voglio farlo.
Lei non merita nessuno di noi due.
Ma Adriano, "mio padre", prende il portafoglio dalla tasca e lo apre.
Prende una foto e me la mette davanti agli occhi.
La riconosco subito, è mia madre la donna che sorride.
Ha gli occhi accesi, vivi come non li ho mai visti.
Stringe un fagottino tra le braccia.
Me.
Suo figlio.
Ed è felice.
Sì nota nei suoi occhi una luce che non ha più.
"L'ho fatto per questa ragazza. Era così felice qui. Lo eravamo entrambi. Questa foto l'ho fatta io un mese dopo la tua nascita. Quando eravamo una famiglia. L'ho portata sempre con me. Vi ho portato sempre con me"
E mi basta osservarlo mentre guarda mia madre sorridente nella foto per capire che lui non ha mai dimenticato nemmeno lei.
"Lei avrebbe potuto aiutarmi. Lei c'era ma ha fatto in modo di non esserci. Mi ha tolto te e poi anche lei"
"Riccardo, anche io sono stato arrabbiato con lei per tanto tempo. Credo di essere arrivato ad odiarla ma poi mi sono reso conto che non era vero. Io ero pieno di rabbia perché l'amavo. Credo di non aver mai smesso. E tu questo lo sai. Non saresti qui se così non fosse"
È vero.
Lo so bene papà.
Lo so perché sono qui adesso.
Lo so perché ti ho odiato.
Lo so perché non era vero.
Lo so perché mi sei mancato.
Lo so perché volevo che fossi qui con me lo stesso.

Non parlo più e allora e lui a continuare:
"Ci sono cose che ancora non sai. Cose che voglio dirti. Spero che da oggi avremmo il tempo che ci è stato negato"
Sono venuto papà.
E l'ho fatto perché quel tempo l'ho sentito addosso ogni momento.
Mi sei mancato.
Ti ho odiato ma ho bisogno di te lo stesso.

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