Cenere
La canzone che ho caricato qui va ascoltata non ora, ma quando ve lo dirò più avanti.
La giornata alla casa famiglia alla fine è passata. I ragazzi sono tornati dal mare per l'ora di pranzo e abbiamo mangiato tutti insieme. È stato un caos, i ragazzi non sono tantissimi, ma messi tutti insieme, ognuno con la propria personalità, ognuno con un pensiero diverso e tutti con la voglia di esprimerlo, hanno dato vita ad un pranzo pieno di parole, battute, risate e anche Ivan con la loro compagnia sembra aver messo da parte tutti i suoi fantasmi, almeno per un po'.
E anche io alla fine sono stato bene, da bambino non avevo una famiglia con cui passare le giornate, il più delle volte andavo da Matteo o stavo da solo con Arianna, non ci stavo bene a casa. Oggi invece anche in mezzo a tutti quei ragazzi che conosco appena non ho avuto il tempo per sentirmi solo o male, oggi stavo bene, solo bene.
Ora che è sera, mentre torno a casa, ripenso a tutta la giornata appena trascorsa ed è inevitabile chiedermi se questo mio sentirmi bene non dipenda anche da quello che è successo stamattina con Isabella. Dopo il bacio è scappata via senza una parola, forse era spaventata e forse la capisco più di quello che potrei permettermi perché anche io sono spaventato, anzi terrorizzato e la cosa che mi fa più paura è il sorriso che mi accompagna nel riviverlo questo ricordo. Non so cosa voglia dire, non so neanche se voglia dire qualcosa, magari è solo un attimo che è passato e che non si ripeterà, magari non voglio neanche che si ripeta, magari invece lo vorrei. Magari non lo so neanche io.
Ho baciato parecchie ragazze ma non sono mai andato oltre il loro aspetto fisico o la loro bellezza, se qualcuna mi attirava mi avvicinavo, mi prendevo ciò che volevo e poi andavo via. Non mi restava granché addosso e neanche dentro. Alcune ragazze mi continuavano a cercare e per levarmele di torno le trattavo anche male. Come cavolo facevano a stare dietro ad uno che le trattava da schifo e che niente le lasciava addosso? Perché alla fine il mio era solo un corpo che le faceva star bene per il tempo necessario, ma era senza un cuore, senza un'anima. Era vuoto. Non poteva dare niente a nessuno. Eppure mi stavano dietro, ma non era per me, non poteva essere, non mi conoscevano, era per l'idea che avevano di me. Il ragazzo biondo occhi verdi, con una famiglia ricca e per questo perfetta, una popolarità effimera da fare invidia, un amico che era un fratello praticamente perfetto. Le ragazze volevano stare con me per essere invidiate e popolari, io non gli davo niente e loro non davano niente a me eppure erano lì. La cosa mi faceva sorridere, ma era un sorriso amaro, perché se all'inizio mi divertivo, dopo, rendersi conto di essere desiderato per qualcosa che non ero mi faceva solo tanta rabbia. E allora stavo con le ragazze per prendermi tutto quello che erano disposte a darmi senza alcuna remora per poi andarmene senza una parola, senza un gesto, nulla. Alcune mi cercavano anche ma per me dopo non esistevano più, non contavano nulla ed il nulla era l'unica cosa che potevo dargli. Erano loro a starmi dietro in fondo, erano loro a desiderarmi nonostante tutto, io gli davo solo quello che volevano e che volevo. Non era colpa mia se poi stavano male, se sognavano il principe azzurro ed invece ero arrivato io, se si illudevano di un qualcosa che non sarebbe mai potuto essere.
Ora però ho capito che anche io sbagliavo, che anche io le illudevo facendogli credere che ero il principe che cercavano, invece le usavo soltanto. E nonostante continuo a credere che alcune ragazze non volessero altro rispetto a ciò che hanno avuto e che invece avrebbero dovuto rispettare di più loro stesse, lo so che era anche e soprattutto colpa mia. Lo so.
Solo una volta sono stato colpito da due occhi talmente chiari e talmente profondi che ti ci potevi riflettere dentro. Erano azzurri come il mare ed erano di una bellezza disarmante, mi avevano lasciato senza parole la prima volta che mi era capitato di fermarmi a guardarli. Mi facevano paura quegli occhi, ero sicuro sarebbero stati in grado di leggermi. Era la prima volta che mi capitava ed era stata una sensazione strana, ma non era andato mai oltre. Solo una sensazione. Anche perché quegli occhi non erano per me, quegli occhi guardavano quello che era sempre stato mio fratello, quegli occhi erano nati per innamorarsi dei suoi, non dei miei. E di quanto fossi stato stupido a mettermi in mezzo me ne sono accorto solo dopo, perché alla fine io non ero pronto per nulla e l'ho fatto solo perché soffrivo, per invidia, per debolezza, per vigliaccheria, perché desideravo un amore che non avevo mai avuto. Ma non era quello il modo e non era quello l'amore che stavo cercando. Quello era l'amore di qualcun altro non il mio ed io ed il mio vuoto lo abbiamo quasi distrutto.
Ora che tanti mesi sono passati e tutto sembra lontano ma ancora troppo vicino io non sono più lo stesso. Ho toccato il fondo, ci sono proprio caduto dentro e nonostante continuo a dimenarmi non riesco a rialzarmi e più ci provo, più sento di andare a fondo.
Mi sono sporcato, le mie mani si sono macchiate di un colore che è grigio come la polvere, figlia di un fuoco che mi ha bruciato e ridotto in cenere, la stessa che mi sento addosso ora che vorrei rinascere. Ma questo grigio, fatto dal Riccardo che sono stato, continua nel suo intento di soffocarmi, non vuole lasciarmi andare, non vuole lasciarmi vivere. Ma in tutto questo c'è un angolo di me, un piccolo spicchio dove il grigio della cenere ha lasciato il posto al cioccolato di due occhi che non merito.
Isabella.
Una ragazza che avevo già incontrato, che tante volte ho visto, ma alla quale mi ero avvicinato quando ero ancora il ragazzo che poi si è bruciato con il fuoco che solo cenere di lui ha lasciato e che non l'aveva mai guardata davvero. Per me all'epoca Isabella sarebbe stata solo una tra tante, una bella ragazza da cui prendermi ciò che volevo senza domande, senza parole e senza emozione. Ma lei non si è fatta trattare così. Non appena mi sono avvicinato mi ha allontanato, a lei non piaceva quel che vedeva, quel ragazzo che le usava solo le ragazze, non si è fatta abbindolare da due parole dolci, sapeva che non erano vere, che non erano sentite. A lei non piaceva quel Riccardo e ad essere onesti non piaceva neanche a me. Lei non ha voluto essere trattata come le altre, lei era Isabella, non si è illusa e ha rispettato sé stessa.
Ricordo quel giorno in cui venne da me tutta combattiva per dirmi di smetterla di farla offendere da Alissa e le "sue galline". Mi guardò senza paura convinta fosse opera mia, mi piaceva la sua determinazione, ma si sbagliava. Io non c'entravo e anche se quel giorno di fronte a lei non dissi nulla e con il mio silenzio le feci un po' credere fossi coinvolto mentre raccontava tutta la storia a Matteo, appena andò via cercai Alissa e le dissi, anzi le ordinai di piantarla. Le ricordai, poco delicatamente, che da me aveva già avuto quel che voleva, che niente più di quello le avrei mai dato e offendere chi a differenza sua aveva avuto rispetto di sé stessa non serviva, lei era e sarebbe rimasta solo una parentesi di qualche minuto in una notte che presto avrei dimenticato. La lasciai in lacrime quel giorno Alissa ma me ne andai senza voltarmi e da quel giorno le offese finirono, ma lei di venire dietro a me e poi a Matteo non smise mai.
Ora è tutto diverso, ora sono diverso. Non sono più quel Riccardo, mi sto cercando in mezzo alla cenere, ci sto provando. E quello spicchio di me che ha preso il colore del cioccolato mi dice che forse, anche se non ci credo abbastanza, dalla ceneri di un me che odiavo può nascere il Riccardo che ho sempre cercato.
Immerso in pensieri sempre troppo presenti arrivo di nuovo, e questa volta non credo che i miei piedi mi ci abbiano portato per caso, davanti al ristorante dei Girardi.
Oggi non ho nessun attacco di panico, so chi sto cercando e anche se sicuro non lo sono più, e forse non lo sono mai stato, entro lo stesso. Ho bisogno di farlo.
C'è molta confusione stasera, i tavoli sono pieni sia fuori che dentro, forse sarà che è domenica ed in questo periodo poi sono tutti in ferie, il mare non è lontano da qui e non tutti partono per andare altrove a cercare il divertimento.
Mi guardo intorno ma non vedo Isabella da nessuna parte. Forse ho fatto una camminata a vuoto, potrebbe essere uscita o essere da qualsiasi parte che non sia questo posto. Mica le persone non hanno una vita da vivere come il sottoscritto e di certo nessuno perde tempo ad aspettare uno come me.
I tavoli sono pieni e passare tra di essi mi crea un certo imbarazzo perché li sento gli occhi della gente addosso e anche se non credo tutti non abbiano un cavolo da fare se non osservarmi, so che alcuni mi stanno guardando per il cognome che porto e per quello che ho fatto. Si staranno domandando che cavolo ci fa un Visconti da queste parti e con che coraggio io vada ancora in giro.
Inizio ad agitarmi e credo forse sarebbe stato meglio che io fossi rimasto a casa, tanto Isa non è da nessuna parte e sto solo perdendo tempo. Decido di girare i tacchi e andarmene ma una voce mi ferma:
"Ciao...Sei Riccardo vero?"
Adriano mi si para davanti e la mia idea di fuga si perde nel nulla.
Annuisco per rispondere alla sua domanda e gli rifilo un semplice "ciao" appena percepibile.
Mi guarda e non dice nulla.
Lo guardo e non dico nulla.
Non lo conosco neanche sto qui, magari si aspetta che sia io a fare conversazione.
"Cerchi Isabella?" Si decide a chiedere perdendo miseramente al gioco del silenzio.
Non voglio parlarci con questo ed in realtà non voglio rispondere alla sua domanda. Il fatto che è uno di famiglia per Isa mi mette addosso un po' di agitazione. Ma Isabella non si trova ed io sono venuto fin qui apposta anche se non voglio dirglielo e sto rischiando di fare la figura dell'imbecille perché se non sono venuto qui per lei che cavolo ci faccio dai Girardi?
"Si" rispondo.
Inutile mentire tanto scemo per scemo, almeno penserà che lo sono per un motivo.
"È qui fuori, sta cenando con una sua amica"
Ecco, come immaginavo ha di meglio da fare di sera e non ho di certo nessuna voglia di presentarmi mentre si trova con qualche sua amica, magari di scuola, magari che mi conosce, magari che è stata una delle tante che ho illuso e poi salutato.
"Ok, allora ciao"
Wow che conversazione lunga e interessante tra me ed il principe delle pizze.
"Te la chiamo se vuoi" mi dice mentre lo sto oltrepassando per andare via.
"No" dico deciso, ma lui sembra far finta di non aver sentito perché mi trattiene dal braccio e manda un cameriere a chiamare Isabella.
Ma lo sa questo qui che No vuol dire No?
Mi libero dalla sua presa e decido di andare via lo stesso.
(Da qui la canzone. Se finisce prima che finiate di leggere vi consiglio di rimetterla)
"Dove vai? Ora arriva Isa l'ho mandata a chiamare"
"Ma chi te l'ha chiesto?" Domando brusco.
"Sei venuto qui apposta. Lo hai detto tu"
"E a te che ti frega? E comunque è impegnata, non importa"
"Ma ormai è fatta per cui tanto vale che aspetti, che le dico se no?"
"Non è un problema mio. La prossima volta fatti i cazzi tuoi"
Mi guarda duro adesso, lo vedo che vorrebbe rimproverarmi ma si trattiene dal farlo. Gli ho risposto male lo so, ma non mi importa, si poteva fare i fatti suoi. Nessuno gli ha chiesto nulla.
"Senti, meglio che ti calmi. Volevo essere educato per Isabella ma rispondimi così un'altra volta e a quella porta ti ci accompagno a furia di schiaffi? Chiaro?"
Ma come cazzo si permette sto qui a parlarmi così? Ma chi si crede di essere? Ma cosa vuole? Non mi faccio trattare così da uno che ho visto due volte in tutta la vita.
"Senti coso ma chi cavolo ti credi di essere per parlarmi così eh?" Gli dico con rabbia mentre mi faccio avanti per sfidarlo.
"Uno che della vita ha visto abbastanza mentre tu sei solo un ragazzino che non conosce rispetto"
Dio! Questo Adriano vuole davvero farmi arrabbiare. Ma che cavolo ne sa lui di me? Che cavolo ne sa del rispetto? Chi cavolo è?
Sento la rabbia scorrermi dentro insieme al sangue e le mie mani chiudersi in pugni talmente stretti da farmi male. Tremo ma cerco di trattenermi, devo assolutamente fermare la rabbia dalla sua corsa impazzita pronta per raggiungere la mia testa e annebbiare il mio buon senso. Non posso perdere il controllo, non qui, non davanti a tutti. Non ora. Non adesso.
Non posso. Non devo. Cerco calma, tranquillità, ma non le vedo, non le trovo. Non ci riesco.
"Tu non sai niente. Stai zitto" Gli intimo di smetterla ma per me non per lui.
Sto per crollare.
Lo so.
Lo sento.
Devo andarmene da qui.
Devo andarmene.
Ora.
Subito.
Girati e vattene.
Girati e vattene Riccardo.
Ma per quale cazzo di motivo i miei piedi non si muovono più?
"So abbastanza per capire che sei senza un briciolo di educazione ma d'altronde dai Visconti non ci si può aspettare mai niente di buono"
Eccola ora è arrivata.
La rabbia è arrivata alla testa e lo sento il buon senso scivolare via, buttato fuori dal mio respiro accelerato e non ci vedo più.
Non ci vedo più.
Le mie mani strette a pugni partono ancora prima che io decida di muoverle ed è forte il rumore che fanno nello scontrarsi con la guancia di questo Adriano.
Gli si gira la faccia ed io ho perso.
Ho perso il controllo.
Qui.
Ora.
Davanti a tutti.
Guardo il mio pugno che è rimasto sospeso nell'aria e ancora tremo, ma lui non resta di certo immobile a guardarmi, ma si fa avanti e mi afferra per la maglia spingendomi via. Vado a sbattere contro un signore seduto ad uno dei tavoli tanto è la forza che ci mette nello strattonarmi.
"Vai immediatamente fuori di qui prima che ti prenda a pugni davvero ragazzino" grida davanti a tutti Adriano.
"Ma che cosa sta succedendo?" E ora che la sento so che Isabella ha visto tutto.
Me.
La mia rabbia.
Il mio pugno.
Il mio perdere il controllo.
Guardo ancora la mia mano tremolante e decido di scappare via senza guardarla, non posso fare altro ora.
Sono ancora il vecchio me ora.
E mentre i miei passi si fanno veloci, prima di poter raggiungere l'uscita, mi si para davanti tutto quello che sono stato. Se ne sta fermo lì a guardarmi attraverso gli occhi di una ragazza che ho usato e poi buttato.
"Riccardo..." E Vanessa mi osserva incredula e sorpresa.
Eccolo qui tutto quello che ero.
Quello che sono stato.
Quello che ho fatto.
Quello che mi sta soffocando.
Mi manca l'aria.
Devo uscire di qui.
Devo uscire.
Non posso Vanessa.
Non posso scusarmi.
Non posso.
Non ce la faccio.
Esco di corsa sulla strada, il cuore mi batte all'impazzata nel petto.
Ho perso il controllo.
Respiro.
Non mi calmo.
Respiro e mi stropiccio gli occhi.
La rabbia ha di nuovo vinto.
Io ho perso.
"Riccardo fermati" sento un mano che mi afferra il braccio e mi giro di scatto.
"Io non poss..."
"Che cavolo ti è preso si può sapere?" Isabella e la sua voce mi interrompono.
Isabella ed i suoi occhi mi guardano.
"Io...io...Stavo cercando te.
Io stavo cercando te.
Cercavo te"
"E nel frattempo hai deciso di prendere a pugni Adriano? Ma che problemi hai?"
"Io cercavo te. Cercavo te. Non volevo"
Non riesco a smettere di ripeterlo.
Io cercavo lei.
Lei.
"Non lo so. Non lo so che problemi ho. Non lo so. Ma cercavo te. Cercavo te" credo di star gridando ora.
"E che volevi? Che volevi da me?
Ora sono qua dimmelo.
Che volevi?
Cosa volevi?" Grida anche lei e non lo so.
Non lo so che volevo.
So solo che mi avvicino.
Il cuore batte forte e faccio un passo.
Il respiro mi esce affannato e le prendo il volto tra le mani.
Faccio un passo avanti e lei uno indietro.
Camminiamo insieme e la porto con me fino a che non raggiungiamo un muro.
I nostri occhi si guardano.
Il mio viso corre verso il suo.
Le mie labbra si scontrano con le sue.
La mia lingua apre la sua bocca.
Cerca, esplora e trova la sua.
Ne ha bisogno.
La desidera.
La assapora.
La fa sua.
Non si ferma.
Continua.
Ancora.
E ancora.
Mi manca il fiato.
Le manca il fiato.
Non mi importa.
Non mi fermo.
Non si ferma.
Continuiamo.
Scendo sul suo collo.
Lo sfioro.
Lo bacio.
La mia lingua lo attraversa piano.
Il respiro di Isabella ora è profondo.
Il suo sospiro un sussurro.
Risalgo e di nuovo le nostre labbra si scontrano.
Le nostre lingue si cercano, si trovano e si intrecciano.
Hanno bisogno l'una dell'altra.
Si desiderano.
Si assaporano.
Non si fermano.
Continuano.
Ancora.
E ancora.
Mi manca il fiato.
Le manca il fiato.
Ci guardiamo.
Ci stacchiamo.
E in un sussurro glielo ripeto:
"Cercavo te. Cercavo te.
Il mio spicchio di cioccolato nel grigio della cenere che ancora sono"
La lascio.
Mi volto e corro.
Corro.
Lei è il cioccolato tra la cenere.
La cenere di quello che ero.
Quello che mai smetterà di essere parte di me.
Lontano ma sempre troppo vicino.
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