Candice
«Allora, Chris» iniziai, rivolgendomi al colosso vicino a me «Che cosa ne dici di questa scuola?».
Lui, che fino a quel momento stava guardando qualcosa, che sicuramente non erano i miei occhi, qualcosa di lievemente più in basso, mi lanciò un'occhiata «Mmm» mugugnò.
Sbuffai e lasciai perdere qualunque precedente proposito di conversare in maniera consapevole. Perché, cazzo, quando mai ero stata consapevole?
Andai dritta al sodo «Sai, prima della lezione ho mezz'ora libera» lo informai, e finalmente ebbi la sua attenzione. Certo, quello gli interessava «forse potresti mostrarmi... Qualcosa».
Il suo sguardo di cenere si accese di lussuria «Potrei iniziare da un'aula vuota, giusto per farti vedere la disposizione dei banchi» affermò, un sorrisetto a fior di bocca. Forse era meno stupido di quanto credessi.
«Certo, perché no?» ribattei, fra ciglia di fieno, con uno sguardo fintamente ignaro.
Già. Perché no? Era una piacevole distrazione. Bello, alto, muscoloso, labbra rosse e carnose, corpo caldo e sguardo fremente, nero come le profondità di un pozzo.
Il cervello non contava.
E fu così che mi ritrovai in ritardo per la mia lezione di Biologia, rassettandomi la stretta gonna azzurro pastello che mi arrivava al ginocchio e facendo respiri profondi.
Cercai di far sparire dalle mie guance quell'odioso rossore, bussando delicatamente con nocche bianche, sulla porta dell'aula.
Mani candide che fino a poco prima erano affondate in pelle olivastra e ciocche di capelli marroni.
«Avanti...» sentii comunicarmi da una voce sicura ed entrai, scacciando pensieri poco consoni.
Il professore era quasi seduto sulla cattedra.
Le braccia erano incrociate, lasciando intravedere i muscoli degli avambracci attraverso sottili pieghe della camicia bianca. Profondi occhi azzurri svettavano sotto ordinati capelli biondi, tirati indietro, filamenti di frangia su iridi brillanti. Non poteva avere più di trent'anni.
«Lei dev'essere l'altra signorina Leroux» disse, non sembrava arrabbiato per il mio ritardo «Può sedersi vicino a sua sorella, se desidera».
Sapevo perché mi aveva riconosciuto subito. Era fottutamente irritante quanto io e Charlotte ci assomigliassimo.
Ciuffi sottili come ragnatele, arricciati sulle spalle, zigomi soffici, labbra carnose e scintillanti occhi azzurri.
Se una delle due si fosse decisa a tingersi i capelli, allora sì che sarebbe stata la fine.
Saremmo state indistinguibili.
Io annuii, sentendomi stranamente timida. Scaraventai a terra lo zaino bianco, scarabocchiato di stupide e false dediche di amici tristi e rammaricati per la mia partenza, con un lieve tonfo.
Rassettai la gonna, gettandomi sulla traballante sedia di legno, di fianco a quella su cui era posizionata Charlotte.
Incrociai le gambe, disponendo il materiale.
Lei alzò lo sguardo, fra ciocche nere, fissandomi con stizza, stava disegnando, probabilmente, perché ovunque mi voltassi c'erano resti di cancellatura.
Lei odiava la mia irruenza dirompente e io la sua dannatissima quiete.
«Io sono il professor Walker» le dita dell'uomo si sporcarono di gesso, mentre, con ghirigori, imbrattava la lavagna «Vi va di parlarci un po' di voi?».
Fu Charlotte ad alzarsi per parlare, probabilmente perché sapeva che io avrei finito per dire qualcosa di acido.
Ravvivandosi i capelli corvini, un sorriso le balenò sul viso e, con il suo perfetto tono da avvocato, cominciò.
«Non c'è molto da dire in realtà» fece.
La fissai, guardinga, giocherellando con una penna a sfera, le spalle curve su un quaderno blu che nuovo era e nuovo sarebbe rimasto. Posizionai una mano sotto il mento, annoiata, ma attenta.
Grazie al cielo, nonostante tutto, Charlotte non amava particolarmente sciorinare i suoi problemi, che erano anche i miei problemi.
E poi... Mi conosceva.
Bastava poco per farmi saltare la mosca al naso e lei sicuramente non voleva saperne di starmi a sentire.
«Siamo gemelle» continuò «E veniamo da Saint Louis, nostro padre voleva cambiare aria, e qui gli hanno offerto un posto importante in un'azienda informatica» mi lanciò un'occhiata penetrante, i suoi occhi cerulei ed espressivi si riempirono di un dolore che solo io riuscii a scorgere «Lì non c'era più niente per noi».
Rizzando la schiena, schioccai la lingua contro il palato. Forse lì, non c'era niente per lei. Per me... Saint Louis era tutto ciò che rimaneva.
L'ennesima cosa a venirmi strappata, così come la carica sociale che mi ero ricavata graffiando con le unghie nelle fondamenta di quella dannatissima città.
Nessuno sembrava accorgersene.
Il professore curvò la bocca «Grazie, ora puo' sedersi, iniziamo la lezione» disse.
Iniziò a spiegare, passeggiando in giro per la stanza, passo cadenzato e scarpe lucide strusciate sul pavimento. Mi dimenticai presto della frecciatina di mia sorella.
O così mi piace pensare.
«Sei proprio un'idiota, Candice, ti sei lamentata tanto con me, dicendomi di non farti fare tardi... e poi ti rinchiudi in un'aula a rotolarti con uno sconosciuto?» esclamò Charlotte.
«Abbassa la voce, accidenti! Vuoi che ti senta tutto il dannatissimo autobus?» la rimbeccai «Comunque se avessi saputo quanto è figo il professore di Biologia sarei arrivata molto prima!».
Per sicurezza ci eravamo sedute in fondo, ma attorno a noi potevo scorgere teste di riccioli e capelli imbrattati di forfora e gel scadente affacciarsi sopra sedili sfasciati.
«Sai di essere una Ninfomane, vero?» sbuffò mia sorella, incredula.
«Ma dai! Te lo dico io, tu probabilmente sei lesbica, come fai a non dire che è uno schianto assoluto?» ribattei, ugualmente scioccata.
«Non metto in dubbio che lo sia, dico solo che a te basta che respirino!».
«E siano carini».
«Sei proprio senza speranza» scosse la testa Charlotte, apparentemente decidendo di chiudere il discorso.
«Mi farai copiare alla verifica di Biologia» le comunicai. Mi lanciò uno sguardo curioso, normalmente non mi importava del rendimento scolastico.
Studiavo sempre il minimo indispensabile per farmi raggiungere risultati accettabili ed entrare nel consiglio studentesco.
«Devo diventare la cocca del prof» risposi alla sua domanda inespressa.
Sbuffò, ma poi scrollò le spalle e annuì, posando la fronte contro il finestrino fresco, lasciai perdere. Probabilmente stava avendo un altro di quei mal di testa.
Strizzò le palpebre, le iridi blu guizzanti sotto ciglia chiuse.
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💦 𝐒𝐢𝐦𝐨 💦
Hola! Eccomi di nuovo, spero che anche questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere! Anche io penso che Candice sia un po' ninfomane, ma vabbè che ci vogliamo fare?
Sono l'unica a lavorare, qui, mi pare di capire...
💥 𝐀𝐥𝐞 💥
Regá mi dispiace se non abbiamo aggiornato ma io sto fuori per due giorni quindi vi lascio nelle mani dell'arpia, vi amo! ❤️
P.S sorella, ti ammazzo se fai qualcosa che non mi sta bene, ciao!!
💥 𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝑏𝑦 𝐀𝐥𝐞 💥.
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