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Capitolo 5

La riabilitazione di Jeremy Hunt procedeva velocemente. Veniva scandita da esercizi elastici, monitoraggi e pasticche bianche che il volontario Clave Thorpe gli rifilava come vitamine. Ma non lo erano, no, e il fatto che lo rendessero sempre più su di giri era un segnale sufficiente per fargli capire quanto grossa fosse la portata della presa per il culo che il Sergente Ramsey aveva ordito alle sue spalle.

Avrebbe potuto fingere di mandarle giù, magari lasciarle sotto la lingua per qualche secondo e poi sputarle al primo cenno di distrazione di Thorpe. Tuttavia non lo aveva mai fatto, né aveva intenzione di farlo, perché le sue prestazioni sul Campo di Addestramento erano migliorate.

Ma per il sonno valeva tutt'altro discorso: non era cambiato di una virgola, continuava a essere tormentato, interrotto, disturbato.

Tutto aveva il suo fottuto prezzo – Jeremy lo sapeva, se lo ripeteva in continuazione. E ogni qualvolta incrociava lo sguardo di Ezekiel Jenkins, inevitabilmente, rabbrividiva. Ricordava il sapore del Trazodone, la pressione della sua lingua in bocca, perfino l'insistenza del suo sguardo e quella fastidiosa risatina che riecheggiava lungo il corridoio dei bagni.

Era stato chiaro, in fondo: una pasticca valeva una sbirciata sotto le coperte.

Ed era fuori discussione che Jeremy accettasse una condizione simile. La sola idea di essere umiliato ancora, di fare le veci di una rivista porno gay, lo faceva incazzare. Perché sì, più ci pensava e più si sentiva andare a fuoco il cervello.

A denti stretti, con la rabbia nelle vene, lo fulminò da lontano. Una provocazione silenziosa che, tuttavia, riuscì solo a far ghignare Ezekiel. «Pervertito di merda» bofonchiò Jeremy a denti stretti.

«Corpo a corpo!» Gridò il Sergente Ramsey. Al seguito delle sue parole, il suono stridulo del fischietto. «Divisione classica, uno contro uno» specificò. E sollevò una mano, diede il via alla battaglia di mezzogiorno. Poi rimase immobile, con gli occhi puntati sulla ressa e l'ombra del cappello di feltro che gli copriva appena la punta del naso adunco.

Quello, per Jeremy, era il momento peggiore. Sapeva che le reclute avevano i propri conti in sospeso almeno quanto sapeva di essere la scelta preferita di Ezekiel Jenkins. E nel sentirsi afferrare per la spalla, reagì d'istinto: si voltò di scatto, colpì a vuoto, caricò un secondo pugno per vederselo parare con nonchalance. «Non puoi trovarti un altro cazzo di passatempo, Jenkins?» Sputò rabbioso.

«No» negò questi. Il sorriso sornione e la velocità di un felino affamato. Lo strattonò verso di sé e colpì di taglio dietro le sue scapole. Allora lo sentì boccheggiare. «Devi ancora rispondermi, dopotutto» aggiunse piano, quasi in un soffio. Lo vide barcollare in avanti, si spostò di lato e lo afferrò per i capelli. «Parlo del Trazodone, Jeremy Hunt...»

«Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro» sibilò a denti stretti, afferrando il polso di Ezekiel. Ribaltò la situazione, lo guardò occhi negli occhi e riuscì addirittura a liberarsi dalla presa sui capelli. Infine lo sentì ridere.

«Affatto» disse. «Continui a tergiversare, non ti avvicini neanche per sbaglio...»

«Forse perché mi hai infilato la lingua in bocca, stronzo.» Riuscì a dargli una ginocchiata in pieno stomaco, facendo sorridere in lontananza il Sergente Ramsey. «Non sono un finocchio, chiaro?»

«Chiaro» assentì con voce strozzata. «Ma ti sei fatto ugualmente sfondare il culo nel Settimo Distretto.» Lo provocò intenzionalmente e solo per vederlo reagire, per sentirlo ringhiare, ruggire. Quando lo vide scattare nella propria direzione, si spostò appena e lo afferrò per il braccio operato, rigirandoglielo dietro la schiena.

«Lasciami» scandì Jeremy. Ma il tono non sembrò affatto minaccioso, piuttosto preoccupato. «Lasciami adesso, subito, immediatamente.» Alzò la voce, gli fece battere le palpebre, poi lo colpì con una gomitata al petto e lo sentì indietreggiare di un paio di passi sul selciato Tuttavia restò fermo, immobile, con lo sguardo fisso al suolo e le palpebre spalancate. Aveva reagito esattamente come quel giorno nelle fogne, ma a differenza di quella volta era riuscito ad andare a segno.

«Due contro uno!» Gridò il Sergente Ramsey, riscuotendo Jeremy con il suono del fischietto che portava al petto.

«Ma che cazzo...» Ezekiel aggrottò le sopracciglia, vide scattare Jeremy verso due reclute e attaccarne una alle spalle. «Gli ha schizzato il cervello» soffiò. Poi distolse lo sguardo, parò il colpo di un tipo e incassò il gancio di un altro tizio alla sua sinistra. «Merda, odio il corpo a corpo» gracchiò. Serrò i denti, diede una testata al tipo del gancio e una pedata allo sterno dell'altro. Si liberò giusto in tempo per osservare la mortale stretta di Jeremy con fare spaesato: il braccio attorno al collo della recluta, le ginocchia strette sulle costole e il mento piantato sul cranio.

Pareva proprio che volesse soffocarlo, sì. Probabilmente voleva torcergli il collo come se fosse uno stramaledetto tacchino. E più annaspava più si sentiva mancare il fiato: Jeremy insisteva, strattonava, piegava il gomito e premeva sulla carotide.

Ma non c'era bisogno che qualcuno morisse durante l'addestramento, anzi. Se solo fosse accaduto qualcosa del genere, probabilmente, il Sergente Ramsey avrebbe dovuto vedersela direttamente con il Comandante della Terza Armata. E l'idea non lo allettava affatto. Per questo si portò il fischietto alle labbra e, rosso come un peperone, lo fece suonare una terza volta. Stabilita l'improvvisa fine dell'incontro di mezzogiorno, allora, abbandonò la sua postazione per avvicinarsi a Jeremy. «Fine del corpo a corpo» disse. La voce alta, frustrata dall'incedere della presa di Jeremy. Digrignò i denti, si lasciò scappare un ringhio e, dopo averlo colpito con il calcio della pistola tra le scapole, lo vide stramazzare in terra.

Jeremy annaspò. «Cazzo!» Gli occhi rivolti al cielo, all'ombra inquietante del Sergente Ramsey. Non riuscì a dire altro che venne subito interrotto.

«Mille flessioni» ordinò. Arricciando il naso, restrinse addirittura lo sguardo.

«Perché?» Chiese. Il tono vacillante e lo sguardo velato di lacrime. «Non ho fatto niente!» Obbiettò.

«E cinquanta giri di campo» aggiunse, facendolo deglutire.

Allora Jeremy si morse la lingua, deglutì a vuoto, ricordò le parole di Daniel Begum e si disse che, in fondo, avrebbe potuto benissimo starsene zitto da subito. Annuì, si tirò in piedi a fatica, poi osservò le altre reclute dirigersi verso la mensa.

«Niente pranzo, Hunt» stabilì il Sergente Ramsey. «Detesto quando le reclute non rispondono agli ordini.»

Annuì ancora, a malincuore, e rotolò con la faccia a un palmo dal suolo. Piantò bene le mani in terra e iniziò con le flessioni. Dopo la riabilitazione, in fondo, non era così difficile usare il braccio sinistro. Tuttavia preferì marcare sul destro e non gravare più del necessario sul chiodo in titanio – ah, quello sì che continuava a infastidirlo!

«Resterò qui a contare» disse il Sergente Ramsey. «Conoscendoti, potresti fare di testa tua e fregartene delle disposizioni.»

«Sissignore» grugnì. Era solo alla decima flessione quando la schiena iniziò a dolergli sul serio. E le gambe fremettero, i muscoli delle cosce vacillarono. Deglutì a vuoto, strinse i denti, si lasciò scappare uno sbuffo. Ma non mollò, non si lasciò cadere. Affondò i polpastrelli nel terriccio, inspirò a fondo, perse il conto.

«Centoventi.»

Lasciò che fosse proprio il Sergente Ramsey a dirigerlo, a contare, e rimase passivo per metà della sua punizione. Con le sopracciglia aggrottate, infine, disse: «Mi fa male il braccio.»

«Cinquecentouno» continuò noncurante il Sergente Ramsey. Lo sentì grugnire, mugolare di dolore, e lo vide rallentare. «Non me ne frega un cazzo, Hunt.» E prese una pausa, lo lasciò rantolare con la faccia sul terriccio. «Uno» riprese a contare, facendogli strabuzzare gli occhi.

«Non...» Si trattenne a stento, con gli occhi pieni di lacrime e la testa confusa, appannata. Non riuscì più a formulare una frase. Abbassò le palpebre, continuò con le flessioni e ne fece più di quante avrebbe dovuto – più di mille, sì, perché cadde altre due volte e si rialzò altrettante.

«Vai in infermeria» sbottò d'un tratto il Sergente Ramsey. Lo sentì singhiozzare e distolse lo sguardo per accendersi una sigaretta. «Sanguini come una femminuccia, cazzo.»

Jeremy si morse le labbra, si alzò a fatica da terra e si sentì girare la testa. Le immagini del campo vuoto sembrarono quasi galleggiare nell'aria, distorcersi. «Cinquanta giri» lo contraddisse. E giurò di sentirlo tossire del fumo.

«Ho detto che stai sanguinando, Hunt» riformulò. «Devi andare in infermeria. Per la Terza Armata ho bisogno di un soldato, non di un cadavere.»

«Voglio entrare nella Terza Armata» si limitò a dire Jeremy, deglutendo. E diede le spalle al Sergente Ramsey, lo lasciò di stucco, iniziò perfino a correre attorno al campo. «Cinquanta giri» si disse. «Solo cinquanta, solo cinquanta...»

«Che testa di cazzo» sbuffò. Allontanò la sigaretta dalle labbra, restrinse lo sguardo e ne seguì l'andatura incerta. «Questa volta il Comandante Jackson mi ha passato un rompicapo, non un civile.» Storse il naso, poi sbuffò una nube grigia. Rimase in attesa, pensò di veder crollare Jeremy da un momento all'altro.

Ma più questi correva e più lo sguardo gli s'infiammava. «Quarantotto giri» soffiò. E non riuscì più a comprendere quale fosse la direzione giusta, quale fosse il perimetro del campo. La realtà si distorse totalmente, lo traslò nelle fognature fino a farlo trasalire. Allora accelerò, perse il conto, iniziò a correre a perdifiato. D'un tratto, però, si sentì fermare per un polso. E annaspò, sì, si voltò a guardare quel qualcuno d'indefinito che per un attimo assunse le sembianze del Colosso e poi quelle del Sergente Ramsey. «Cosa c'è?» Domandò. Aveva il fiatone e le guance rigate di lacrime.

«Vai in infermeria» disse questi.

«Devo fare i cinquanta giri...»

«Ne hai fatti sessanta» lo corresse. «Mi sono stufato di stare qui a guardarti, Hunt.»

«Sessanta?» Batté le palpebre, sembrò quasi estraneo al suono delle parole del Sergente Ramsey. Allora deglutì, sentì la gola secca e si guardò attorno. «Ho iniziato adesso» mormorò.

«In infermeria» sillabò imperioso. «Subito.»

E Jeremy annuì, chinò la testa, mosse un passo verso il container adibito a infermeria. Solo allora si rese conto del dolore che partiva dal basso e che lo faceva vacillare. Gemette, piegò le gambe, finì con entrambe le ginocchia in terra. «Porca puttana...» Ansimò, trattenne un singhiozzo. Infine guardò i pantaloni della mimetica e serrò le palpebre. Imbarazzato dalla chiazza rossa, collegò quella che in un primo momento gli era parsa un'offesa: il Sergente Ramsey non cercava di spronarlo a dare il massimo con quel femminuccia, ma di frenarlo.

«Ti è venuto il ciclo, culo rotto?» A pungolarlo, però, fu Foster. Gli occhi ancora cerchiati vi viola e il naso incerottato. Lo guardò, ghignò, poi diede una gomitata alla recluta che aveva accanto.

«Hunt, in infermeria» ripeté furioso il Sergente Ramsey. Per la prima volta non rise alle battute delle reclute, anzi. Si voltò nella loro direzione e alzò la voce per ordinare degli allenamenti aggiuntivi: «Percorso a ostacoli.»

Jeremy serrò i denti, si alzò a fatica, poi intercettò lo sguardo di Ezekiel Jenkins e impallidì. «Cazzo, stammi lontano!» Esclamò furioso. Barcollò sulle proprie gambe, rifiutando l'aiuto di Ezekiel, e gli fece perfino battere le palpebre. Tuttavia non se ne liberò, anzi: lo vide procedere a passo lento, con le braccia ben stese lungo i fianchi e lo sguardo dritto, puntato verso il container dell'infermeria. «Perché diavolo mi stai seguendo?»

«Hai bisogno che qualcuno ti accompagni, no?»

«Se ne avessi avuto bisogno lo avrebbe richiesto il Sergente.»

«Ma il Sergente Ramsey è occupato con i coglioni che ti hanno provocato, Jeremy Hunt...»

«Non chiamarmi per nome!» Sbottò all'improvviso, raggelandolo con un'occhiataccia. «Mi sono stufato della tua presenza costante, del tuo parlottare, della tua ossessione da strapazzo! Sei una fottuta palla al piede, Jenkins: trovati un nuovo passatempo e lasciami stare una volta per tutte.»

«No.» Batté le palpebre, lo fissò. Ma non disse altro, si limitò a sorreggerlo quando lo vide cadere di nuovo.

«Perché diavolo mi ronzi attorno? Sei così disperato da pensare che io possa diventare la tua puttana?» Chiese in un rantolo.

«Affatto.» Lo disse piano, vicino al suo orecchio illeso. «Ti ronzo attorno perché voglio aiutarti a entrare nella Terza Armata prima di vederti impazzire del tutto, Jeremy Hunt.» E prese una piccola pausa, ghignò, fece scorrere le dita lungo la sua schiena. Poi lo sentì cedere del tutto e fu certo che fosse svenuto. Caricandoselo sulle spalle, sbuffò. «Che lavoro ingrato! Odio fare le cose gratuitamente... Mi devi più di una sbirciata, Jeremy Hunt.»

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