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Capitolo 39

Quella era la prima alba che vedeva in compagnia di qualcuno. Lo pensò subito, non appena socchiuse gli occhi, perché aveva la spalla indolenzita a causa del braccio che Jeremy gli aveva posto attorno al collo la sera prima. Allora si accorse di essere rimasto lì, sul divano, e che nel sonno era perfino riuscito a non sognare niente. Per un attimo benedì l'effetto del Trazodone e quello delle altre medicine che il Dottor Howard gli aveva prescritto, ma poi arrossì, mugolò e cercò di scostarsi con fare brusco, altezzoso.

«Togliti» biascicò. La voce ancora impastata, lo sguardo appannato. «Pesi, diamine...» Schioccò la lingua, poi si umettò le labbra. Con un grugnito basso, infine, riuscì a togliersi di dosso il braccio di Jeremy.

«Possibile che tu sia già di cattivo umore?» Il tono di Jeremy era tutto fuorché infastidito. Anzi, sembrava addirittura divertito.

«Per forza...» continuò Daniel, massaggiandosi la spalla. «Mi fa male tutto, non sono ancora guarito. E per di più mi dormi addosso!»

«Non ho dormito» replicò Jeremy. «Sono stato sveglio tutta la notte.»

Daniel si voltò a guardarlo con aria spossata. Trattenne uno sbadiglio, ma non poté fare a meno di socchiudere gli occhi. «E perché?» Domandò. Corrugò appena le sopracciglia, si mostrò lievemente irritato per non fare alcuna espressione perplessa.

«Volevo evitare che tornassero» soffiò l'interpellato. «Volevo evitare che ci dividessero ancora.»

Daniel batté le palpebre, socchiuse le labbra, cercò una risposta plausibile alle sue affermazioni. Tuttavia non ci riuscì. Non una frase, una parola, una replica degna. E arrossì, sì. «Che cretino» sputò.

Jeremy sorrise di rimando, mentre Daniel si alzava mollemente dal divano. «Dici?» Incalzò divertito, vedendolo annuire di profilo.

«Dico.»

«Sei senza cuore, Daniel.» Ridacchiò, venendo subito fulminato da una sua occhiataccia ancora mezza assonnata. «Ti sono stato vicino tutta la notte, ho cercato di proteggerti dal Comandante Jackson... Ed è così che mi ripaghi? Dandomi del cretino?»

«Ti fai beffe di me?» Daniel si voltò a fronteggiarlo con un sopracciglio sollevato e le braccia incrociate al petto. Sembrava proprio che non ammettesse repliche, che volesse rimetterlo nei ranghi, e in parte era davvero così. «Ti conviene smetterla prima che io decida di strapparti la lingua e fartela ingoiare.»

«Non solo di malumore» disse. «Anche aggressivo!»

«Ti sorprende?»

Jeremy scosse la testa, continuando a sorridere. «No.»

«E allora cosa?» Arricciò appena il naso, si mostrò quasi stizzito. «Perché se non ti sorprende e non vuoi prenderti gioco di me, Hunt, non capisco proprio dove tu voglia andare a parare.»

«Sei tornato a chiamarmi per cognome, Daniel?»

«Ho mai smesso, forse?» Sbuffò infastidito, non riuscendo più a sostenere tutta l'ironia di Jeremy. Allora, dopo avergli dato le spalle, si diresse a grandi falcate verso il corridoio.

«Direi di sì» borbottò Jeremy, seguendolo con lo sguardo fin quando non lo vide scomparire in camera sua. Poi sospirò, si passò una mano sul viso e ponderò l'idea di tornare in camera per dormire fuoriorario. Ciononostante, prima ancora di trovare il coraggio di formulare qualcosa del genere, sentì Daniel alzare la voce e dire:

«Da oggi preferirei che ti rivolgessi a Garner con il titolo di un tempo.»

«Sei stato retrocesso?» Jeremy sembrava incredulo, tanto che scattò in piedi e raggiunse Daniel nella sua stanza.

«No, affatto.» Si voltò a guardarlo sull'uscio della porta e sospirò con fare stranito. Poi, noncurante, si tolse sia la camicia che i pantaloni per restare seminudo dinanzi a lui. «Sono io che ho deciso di tirarmi indietro» aggiunse in un soffio.

Lo sguardo di Jeremy indugiò sui bendaggi di Daniel, soffermandosi dapprima sull'addome e poi sulle cosce. «Cazzo...» soffiò.

«Che stai guardando?» Fece Daniel, schioccando le dita per catturare l'attenzione di Jeremy.

«Eh?» Questi batté le palpebre, sollevò lo sguardo sul suo viso e non riuscì a fare altro che balbettare un: «Niente.»

«Non credere di essere conciato meglio di me, Hunt» lo provocò con un leggero ghigno. Poi, dopo aver deglutito, prese una camicia pulita dall'armadio e si diresse verso di lui. «Spostati, devo darmi una rinfrescata...» aggiunse.

Jeremy fece ciò che gli era stato richiesto e rimase in silenzio, totalmente consapevole del fatto che in bagno ci fossero ancora le cimici messe da Ezekiel. Così tornò in salone e si guardò attorno. Sospirò, sentendo i passi di Daniel lungo il corridoio, e si sedette sul divano. Poi, dopo aver sgranchito appena le ginocchia, stirò la schiena e le braccia per raddrizzarsi un po'.

Il suono dell'acqua scrosciante gli fece intendere che Daniel avesse appena optato per una doccia, ma se fosse più o meno veloce non gli era dato saperlo. E avrebbe voluto chiederglielo, avrebbe voluto bussare alla porta del bagno per alzare la voce con nonchalance. Probabilmente lo avrebbe anche fatto, sì, ma solo se non avesse la certezza di essere spiato.

Perciò, dopo aver posato i gomiti sulle ginocchia, si lasciò andare a uno sbuffo infastidito e prese a osservare l'orologio da parete con la coda dell'occhio. Contò una decina di minuti prima del silenzio più totale, della fine della doccia, e altri dieci prima di vederlo uscire dal bagno benvestito.

«Ti sei fasciato da solo l'addome?» Chiese Jeremy, non mancando di sollevare entrambe le sopracciglia con fare perplesso. «Come diavolo hai fatto?»

«Con le mani, idiota» lo liquidò.

«Sei sicuro di averlo fatto bene?» Non pareva che se la fosse presa, affatto, e la cosa fece fremere un po' Daniel il quale rispose con un:

«Sicurissimo.»

Tuttavia Jeremy era più cocciuto del solito, più convinto che mai. Aveva una sua teoria in proposito, e cioè che Daniel fosse eccessivamente orgoglioso. Perciò sospirò, si alzò dal divano e lo raggiunse poco prima di fargli varcare la porta della camera da letto. «Posso controllare?»

«Certo che no» scandì. E rimase immobile, di spalle, con le dita di Jeremy attorno al polso – una presa lieve, non minacciosa – e il suo respiro sul collo. «Non ce n'è bisogno, Hunt.»

«Avevamo fatto un patto, mi pare» mormorò.

«Non ricordo di aver fatto alcun patto con nessuno.»

«Dopo quello che è successo...» iniziò a dire. «Pensavo che avessi smesso di rivolgerti a me così freddamente.»

«E io pensavo che avresti iniziato a farti i cazzi tuoi, Hunt.»

«Beh, questo dimostra che a volte è bene non pensare affatto» fece. Riuscì perfino a ghignare. Ma non si trattenne, no: si avvicinò al suo collo, spostò appena il colletto, lo carezzò con le labbra per sentirlo rabbrividire.

«Sei sleale» sputò Daniel.

Jeremy soffiò vicino al suo orecchio. «No, affatto» disse. «Sei tu quello sleale, Daniel, perché ti dimentichi cosa è successo dopo che abbiamo scopato in bagno... E perché ti dimentichi come siamo arrivati a tanto.»

«Come siamo arrivati a tanto?» Attratto dalla sua voce, quasi automaticamente, Daniel si voltò un po' nella direzione di Jeremy. Le labbra socchiuse, le palpebre appena abbassate. «Come hai fatto a piacermi?»

«Non lo so» ammise piano, arrossendo a sua volta per l'imbarazzo. Tuttavia non si ritrasse e fece scorrere un palmo sull'addome di Daniel. Lo sentì fremere, grugnire, perfino ritrarsi. Allora comprese che le ferite non erano affatto guarite, anzi. «Perché ti sei vestito?» Domandò di getto.

«Come?» Daniel strabuzzò gli occhi e batté le palpebre, sentendosi poi spintonare in camera con nonchalance. «Hunt! Che cazzo fai?» Indignato, tornò ad alzare la voce e perfino ad accigliarsi.

Nonostante ciò l'interpellato fece finta di niente e borbottò un: «Come siamo permalosi.»

«Non è questione di essere o meno permalosi, Hunt. Mi sono vestito per una ragione.»

«Quale?» Chiese. Lo afferrò per una spalla e, dopo essere entrato in camera, gli girò attorno. Lo guardò negli occhi, restringendo le palpebre, per poi aggiungere: «Perché io non ne vedo nessuna, Daniel. Vedo solo un uomo ferito che dovrebbe stare a riposo...»

«Io devo parlare con Garner» dichiarò.

«Puoi farlo qui.»

«Non posso» obbiettò. «Devo andare al Dipartimento Medico dell'SRF per ritirare dei farmaci – che, per inciso, sono anche tuoi – e devo parlare con il Dottor Howard.»

Jeremy lo guardò con fare perplesso. «Mi stai confondendo.»

«Non ne dubito» soffiò Daniel. Vide Jeremy mordicchiarsi l'interno delle guance con fare assorto, pensieroso, così sospirò e disse: «Non posso parlarne qui. Se davvero ci sono delle cimici nel mio bagno, allora potrebbero essere ovunque.»

«Ma stai parlando, no?» Jeremy inclinò la testa da un lato, non riuscendo a capire la ragione di un comportamento tanto contraddittorio. «Lo hai fatto ieri, lo hai fatto oggi... La verità è che vuoi solo cacciarmi, farmi uscire, non mettermi in mezzo.» E sorrise, sì, perché la sola idea che Daniel pensasse a lui gli scaldò il petto.

«Credi davvero che io possa pensare a te?» Sbottò l'interpellato. «Se è così ti sbagli, Hunt!»

«Magari mi sbaglio, chissà» fece. «Ma voglio comunque ringraziarti per il pensiero.» Fece spallucce, incrociando le braccia al petto. «Ormai immagino che tu l'abbia capito: non sono uno sciocco, né uno sprovveduto.»

«Credi di non esserlo, ma in realtà sei solo un pallone gonfiato» schioccò Daniel, distogliendo lo sguardo. Si portò una mano alla fronte, esasperato, e allontanò quella di Jeremy dalla propria spalla.

«Come vuoi...» Lo guardò, continuò a sorridere e gli vide indurire i muscoli del viso per non mostrarsi imbarazzato. E avrebbe voluto ridere, sì, avrebbe voluto scoprire tutte le carte in tavola, tuttavia non lo fece. Si schiarì la voce, scosse la testa e mormorò un: «Se non posso trattenerti, Daniel, permettimi di accompagnarti.»

«Nessuno ti lega mani e piedi a questo stabile, puoi fare ciò che vuoi.»

«E permettimi di controllare le tue ferite, per favore...» aggiunse piano, facendolo deglutire.

Daniel negò subito con la testa. Disse: «Non voglio.»

«Perché no?» Chiese. «Possibile che tu sia davvero così pudico?» Sbuffò, non riuscendo a fare a meno di ricordare le parole di Ezekiel e a collegarle alle strane fasciature sulle cosce di Daniel. Così deglutì, non tentò nemmeno di ragionarci sopra. Si grattò semplicemente la nuca, convinto che, prima o poi, sarebbe giunto a una conclusione.

«C'è qualcosa di sbagliato nell'essere pudici?» Borbottò. Tuttavia la sua espressione tradiva una certa ansia, una paura latente. Non era più imbarazzata, ma piena di vergogna. E chiunque, perfino un cieco, se ne sarebbe accorto. Anche la sua voce iniziò a vacillare quando fece: «Se anche lo fossi?»

«Non puoi» dichiarò Jeremy. «Se lo fossi davvero non mi avresti permesso di fare ciò che ho fatto quella volta, non mi avresti concesso il tuo corpo e non mi avresti detto fottimi.» Lo vide arrossire, finalmente, e seppe di aver colto nel segno. Allora sospirò. «Non voglio metterti in difficoltà. Non ti farò nessuna domanda, voglio solo vedere cosa ti ha fatto quel pezzo di merda, Daniel.»

«E pensi che questo non mi metta in difficoltà?» Batté appena le palpebre, poi sospirò a sua volta. «Farmi esaminare da te che non sei neppure un medico...»

«Non voglio esaminarti.»

«E allora perché vuoi guardarmi?»

«Perché sono preoccupato» ammise. «E perché è colpa mia – mi è stato ripetuto fino alla nausea, talmente tante volte che ho iniziato a crederci.»

«Colpa tua?» Daniel trattenne una risata frustrata, conscio del fatto che a ripeterglielo fosse stato proprio Sergej, la vera causa. «Non è vero.»

«Allora di chi pensi che sia? Perché io non riesco a vederla diversamente.» Si umettò le labbra, prendendo una piccola pausa. Infine disse: «Non sono io quello che ha fatto sesso con te, Daniel?»

«Credi che sia una colpa?» Il tono basso, soffuso. Daniel chinò lo sguardo, non riuscì a sollevarlo. «Pensi di doverti autodenunciare, forse? Vuoi farti internare?»

«No» rispose subito. E scosse la testa, spalancò gli occhi. La sola idea di finire come Sergej gli metteva i brividi. Così deglutì, si avvicinò a Daniel e mormorò delle scuse. «Forse hai ragione tu, sono un idiota.»

«È ovvio che io abbia ragione» fece lui. «Non sbaglio mai su certe cose.»

«Fammi restare al tuo fianco...»

«Cazzo, smettila di dire cose imbarazzanti» lo rimproverò Daniel. «Se vuoi fare una cosa, porca puttana, falla e basta!»

Sentendo quel rimprovero, Jeremy reagì d'istinto. E dopo tanto tempo, con veemenza, si azzardò a baciarlo per mozzargli il respiro.

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