Capitolo 33
Era uscito dalla villa di Sergej con lo stomaco sottosopra. E lo aveva fatto alla svelta, senza degnarsi di salutare, di annuire, di replicare. Ancora scombussolato, mentre nelle orecchie echeggiava quella che sarebbe dovuta essere la sua punizione, Jeremy provò un moto di disgusto. Socchiuse le palpebre e, sulla sommità della scalinata, sbuffò. Non aveva affatto idea di come tornare indietro, di come raggiungere gli alloggi dell'URC, ma non voleva certamente rimettere piede in quel covo di pazzi – aveva ancora l'odore della naftalina nelle narici!
Si grattò la nuca in un moto di frustrazione e iniziò a scendere velocemente le scale. Solo allora, sentendosi chiamare, indurì i muscoli del viso. Ma non si voltò, no, e procedette con più veemenza.
«Jeremy Hunt!» Lo chiamò ancora, inconfondibilmente.
Era Ezekiel – la piaga, la piattola, la punizione – e lui non aveva la benché minima voglia di stargli dietro, di ascoltarlo, di farlo farneticare a vuoto. Se poi si concentrava meglio, allora, ricordava perfino ciò che questi lo aveva costretto a fare nei bagni del Poligono. E la cosa non gli piaceva per niente. «Fottiti» rispose lapidario, alzando una mano come per scansarlo. Ma era distante, sì, e per questo la mosse. Lo paragonò mentalmente a una fastidiosa mosca troppo ronzante.
«La cena non è finita» disse. Alzò la voce, quasi ridacchiò. «E per di più non hai chiamato un taxi che possa portarti a casa!»
«Me ne frego del taxi» borbottò Jeremy. Corrugò le sopracciglia e continuò a scendere le scale, a dargli le spalle con stizza. «Me ne frego dei vostri giochetti perversi, del cervello malato del Comandante Jackson, dei suoi ordini da quattro soldi e delle imposizioni di merda che mi ha sputato addosso.»
«Sei innamorato del Capitano Daniel Begum?» Chiese Ezekiel. Lo fece piano, scendendo qualche gradino per avvicinarsi a Jeremy il quale, tuttavia, procedette più spedito per sfuggirgli. «Rispondimi...»
«E per quale motivo dovrei risponderti?» Schioccò acido. «Tanto tu hai le tue fottute verità, no? Vuoi fare bella figura con il Comandante Jackson, vuoi...»
Ed Ezekiel lo interruppe con un: «Mi piace tanto.» Lo lasciò senza parole, ammutolito, e finalmente riuscì a vederlo in viso: era bellissimo, benché tumefatto, con il volto contratto e illuminato appena dal giallo alone dei lampioni della villa di Sergej. «Il suo modo di amare è così possessivo, così bello...»
«Tu sei pazzo» stabilì Jeremy a denti stretti.
Ezekiel sorvolò sull'offesa e fece spallucce. Disse: «Per questo motivo non ho nulla da dire se sarai davvero in grado di allontanare il Capitano Daniel Begum dal Comandante Jackson.» Un sorriso lieve gli si dipinse in viso e lo fece stringere nelle spalle. Socchiuse perfino gli occhi, lasciando di stucco Jeremy.
«Se ti sentisse ti taglierebbe la lingua» fece in un grugnito.
«Hai o non hai intenzione di allontanarli?» Chiese spicciolo, fissandolo con improvvisa serietà. «Perché se stai solo giocando, Jeremy Hunt, allora non ho tempo da perdere con te.»
«Da che pulpito!» Sbottò. Incrociò le braccia al petto, squadrandolo dalla testa ai piedi. Cercava il minimo cenno di menzogna, lo stesso che aveva visto a tavola e che per un attimo si era lasciato sfuggire. Ma niente, no, non c'era niente sul suo viso. Perciò deglutì. «Sei tu quello che gioca con le vite delle persone, Jenkins» ringhiò d'un tratto, salendo i pochi gradini che li dividevano per afferrarlo malamente all'altezza dei revers. «Tu ci hai spiati, mi hai fatto pestare, mi hai lasciato marcire in isolamento.»
«E tu hai scopato con il Capitano Daniel Begum, Jeremy Hunt» cantilenò. «Non è certo colpa mia se hai fatto la fine del topo.» Fece spallucce, infischiandosene dello sguardo minaccioso e plumbeo che Jeremy gli stava puntando addosso. «Lo sapevi che il Comandante Jackson ne era geloso. Lo sapevi. E sapevi anche che avrebbe fatto di tutto pur d'impedirvi di stare assieme.» Sollevò il mento come per sfidarlo. «Anzi, penso che dovresti ringraziarmi per averti fatto da corriere, da tramite: senza di me non saresti sopravvissuto così a lungo nella cella d'isolamento.» E ghignò, lo provocò. Infine dovette serrare gli occhi, perché si sentì sputare in faccia da quello stesso Jeremy che stava rimproverando.
«Mi fai schifo.» Lo disse velocemente, con rabbia, e poi lasciò Ezekiel con uno strattone. Scese le scale in fretta e furia, intenzionato ad andarsene in un modo o nell'altro.
Ed Ezekiel si ripulì lo zigomo con il dorso della mano, provò un moto di disgusto, deglutì a vuoto. «Dove credi di andare?» Fece, alzando la voce. Lo vide procedere dritto verso l'unica auto parcheggiata e s'irrigidì, socchiuse le labbra, scese velocemente le scale per impedirgli di scassinare la portiera della sua Austin. «Quella è la mia auto, cazzo!» Sbottò. Sgranò gli occhi, troppo lontano per impedire a Jeremy di fracassare il finestrino del guidatore. «Cristo!» Imprecò sconvolto, passandosi una mano sulla fronte.
«Me ne vado» sillabò. «'Fanculo tu, 'fanculo il Comandante Jackson, 'fanculo tutti! Non resterò qui un minuto di più, no!» Non guardò neppure le proprie nocche, non badò al sangue che colava verso il basso, ma si preoccupò di aprire la portiera e cercare sotto il volante quei magici fili per manomettere il sistema e far partire il motore.
«È la mia auto!» Gridò Ezekiel. Si precipitò accanto a Jeremy e lo strattonò per una spalla. Allorché, tirandolo fuori dall'Austin, lo fronteggiò a brutto muso contro la carrozzeria cui lo aveva appena sbattuto. «Chi mi ripagherà il finestrino? Tu, Jeremy Hunt?» Arricciò il naso con stizza, indignato. «Non sai nemmeno come muoverti in questo mondo, non sai chi farti amico e chi farti nemico...» Allora si morse le labbra, s'impose un silenzio fittizio che non durò più di qualche istante. «Sei odioso! Stupido, interessante, anche bello – se vogliamo – ma pur sempre odioso!»
«E tu sei raccapricciante» lo rimbeccò. «Hai fatto il santarellino per fare colpo sul Comandante Jackson, su quella merda che è...»
«Non parlare di lui in questi termini» lo fulminò, interrompendolo con rabbia. «Tu non hai la minima idea di ciò che il Comandante Jackson abbia passato. Tu non lo conosci, Jeremy Hunt!»
«Tu sì, invece?» lo provocò. «Conosci la sua storia, certo! Me lo hai detto quand'ero in isolamento... Sai tutto di tutti, ficchi il naso in faccende che non ti competono. E non mi stupirebbe saperti complice di quell'orrendo spettacolo al piano superiore della villa.»
«Non è un orrendo spettacolo» lo contraddisse. «Quella donna è un ricordo.»
«Un ricordo?» Echeggiò frustrato, divertito e spaesato al contempo. Sembrava sull'orlo di una crisi isterica. «Una fotografia può essere un ricordo, perfino una lettera, un gioiello, un vestito... Ma quella cosa non è un ricordo: è un cadavere, cazzo!»
«Ognuno ha il suo modo per ricordare» mormorò Ezekiel, deglutendo a stento. La presa sulla giacca di Jeremy mancò quel tanto che bastava a farla cedere del tutto, a farlo cadere in una profonda tristezza. Perciò fece scivolare le dita lungo i revers, si umettò le labbra e serrò subito i denti per non aggiungere altro.
«Come diamine fai ad amare quell'individuo?» Soffiò Jeremy, sconvolto dalla reazione di Ezekiel e dalla sua assurda dedizione.
«Esiste forse una definizione di amore a cui io possa appellarmi?» Chiese di rimando, senza neppure guardarlo negli occhi. «Esiste una definizione che tu, Jeremy Hunt, possa comprendere?» Attese in silenzio, senza ottenere alcuna risposta. Poi, con voce tremula, aggiunse: «Lo hai amato?»
«Daniel?» Balbettò, arrossì, batté perfino le palpebre.
«Quando te lo sei scopato lì in bagno, lo hai amato?» Insistette.
«Forse» disse. Non sapeva neppure lui come rispondere, come giustificarsi, e non aveva la benché minima idea di ciò che quell'indecisione avrebbe comportato nella testa di Ezekiel. «Forse sì, forse l'ho fatto.»
«Lo hai definito perfetto» mormorò Ezekiel. Lo sguardo sempre basso e la fronte ormai posata contro il petto di Jeremy. «Lo hai desiderato, lo hai avuto, lo hai amato e lo hai definito perfetto.» Prese una piccola pausa, poi si allontanò di scatto e, sicuro di sé, aggiunse: «Io sarei perfetto per il Comandante Jackson. E il Capitano Daniel Begum non lo è, no. Non lo sarebbe neppure per te se solo avesse tenuto le luci accese...» Vide Jeremy aggrottare le sopracciglia, ma non aggiunse altro.
«Cosa vuoi dire?» Iniziò a chiedere, venendo bellamente ignorato dallo sguardo fisso di Ezekiel. «Perfino a cena hai sostenuto che Daniel mi nascondesse qualcosa.» Attese ancora, si sentì morire dentro. Quella fu una pausa lunga un'eternità, un lasso di tempo che non portò a nulla. «Parla!» Lo minacciò, arrivò a muovere un passo nella sua direzione e a sollevare il pugno ferito. I denti digrignati, la mandibola fremente. Respirava a fatica dalle narici e a fatica riusciva a pensare lucidamente.
«Io non ho bisogno di ferite per espiare» soffiò soltanto, proibendosi di dire altro.
«Quali ferite?»
«Non le hai viste» tagliò corto. «È ovvio che non abbia voluto mostrartele. Se ne vergogna, ma ne è dipendente.» Allora scosse la testa, disse: «Ma non è questo il punto, non adesso.»
Sempre più crucciato, sempre più frustrato, Jeremy chiese: «E quale sarebbe il punto?»
«Il punto è che il Comandante Jackson mi ha incaricato di riportarti indietro per terminare la cena» fece. «Poi sarò io stesso ad accompagnarti fino al tuo alloggio...» Storse appena le labbra, sperando vivamente di poter ricevere qualche favore in cambio dei propri. Eppure, guardando Jeremy, aveva come l'impressione che non sarebbe riuscito a cavare un ragno dal buco. «Prima della fine della cena vuole accertarsi che il concetto ti sia entrato bene in testa, Jeremy Hunt.»
«E come?» Non riuscì a trattenere un sogghigno frustrato. «Nello stesso modo in cui ha preteso che fondessi le mie paure con quelle di Daniel?»
«Ne dubito.» Ezekiel scosse la testa, rimarcando così le proprie parole. «Ma se non rientrassi, probabilmente, finiresti a vagare per la Vecchia Washington senza una meta e per di più disarmato...» soffiò. «Non ho intenzione di saperti in mano a qualche trafficante d'organi.»
«Quanto siamo gentili» ironizzò. Gli vide fare un passo nella direzione delle scale, così lo afferrò per la giacca e lo frenò. «Un favore per un favore, Jenkins» disse.
«Un favore per un favore» assentì. «Cosa vuoi?»
«Rientrerò in quella villa, finirò la cena, fingerò che le parole del Comandante Jackson mi siano entrate in testa e farò esattamente ciò che mi hai chiesto...»
«Ma?» Ezekiel poteva sentire quella parola aleggiare nell'aria, perciò interruppe Jeremy per introdurla lui stesso e fargli comprendere quanto non fosse sprovveduto al riguardo.
«Ma io voglio sapere cos'ha passato il Comandante Jackson.»
«Non posso dirtelo» stabilì. «Non qui, non adesso...» Distolse lo sguardo, muovendo un ennesimo passo verso le scale.
«Quando?» Chiese Jeremy, strattonandoselo vicino. «Dimmi quando, Jenkins. E dove, sì – se questo posto non va bene, allora neppure il mio appartamento andrà bene.» Non aggiunse altro, vide il suo lieve sorriso malizioso sporgersi appena sotto l'illuminazione giallina del lampione. Infine gli sentì dire:
«Il tuo appartamento andrà benissimo.»
«Dopo cena mi dirai tutto?» Lo guardò negli occhi, cercò di essere il più minaccioso possibile. E lo vide annuire, sì. Solo allora sospirò. Lasciò andare la manica della sua giacca e storse il naso. Disgustato da se stesso e dall'individuo che avrebbe rivisto di lì a poco, si mosse a passo lento per rientrare nella villa.
«Il ritorno del figliol prodigo» lo canzonò Sergej, vedendolo sull'uscio del salone. Aveva ancora in mano il bicchiere di vino e sembrava perfino essere riuscito a terminare il tacchino. «Non mi aspettavo che Jenkins ti avrebbe convinto, sai?» Continuò noncurante. Poi sollevò un sopracciglio e perfino un indice. «Non entrare così» disse. Lo fulminò, poi indicò la mano sanguinante e storse le labbra. «O macchierai la tappezzeria.»
Jeremy trattenne a stento la voglia di correre da lui per colpirlo in faccia fino a ucciderlo con le sue stesse mani. E farlo gli costò parecchio. Accennò un sorriso tirato, deglutì, abbassò lo sguardo. Dovette lasciare che Ezekiel si premurasse di bendarlo alla meno peggio con uno dei tovaglioli di stoffa che stavano a tavola. Infine, con voce roca, disse: «Ho capito, va bene.»
«Cos'hai capito?» Sergej sembrava incredulo, quasi confuso.
«Ho capito che la mia posizione è questa e che la sua, a quanto pare, è ben lontana dalla mia.» Non mancò di mostrarsi irritato, di fare il cane bastonato, di far vedere come qualcuno fosse stato in grado di farlo rigare dritto pur concedendogli un profilo d'indole sfrontata. «E se provassi il desiderio di rifarlo, lei mi rimanderebbe in isolamento. Mi farebbe pestare a sangue, forse anche uccidere...» Lo vide annuire, così serrò i denti. «Ho capito.»
«E quindi?» Incalzò Sergej, accennando un sorriso compiaciuto.
«Quindi accetto la mia punizione, accetto che Ezekiel Jenkins si occupi dei miei bisogni...» disse. Deglutì a stento, provando repulsione per la propria falsità. Poi, andando a sedersi laddove era seduto poco prima della sua esplosione emotiva, non aggiunse altro e terminò la cena in silenzio.
Nella sua testa, la voglia di fuggire. Voleva andarsene di lì, voleva scoprire il passato di Sergej e voleva perfino rivedere Daniel. E se delle mediocri bugie lo avessero reso possibile, di sicuro le avrebbe ripetute più e più volte.
Quando ebbe di fronte il dessert, però, sentì Sergej chiedere:
«Puoi provarmelo?»
Jeremy sollevò lo sguardo dalla torta di mele e lo puntò dapprima su Ezekiel e poi su Sergej. «Cosa?» Domandò, cercando di evitare il discorso con fare tranquillo. «La mia sottomissione non le basta, Comandante Jackson?»
«Non hai bisogno dell'aiuto di Jenkins in questo momento?»
«Non in questo momento» disse. «Ma se le preme tanto sapere quando e come ne avrò bisogno... Glielo renderò noto.» Tornò a guardare la torta di mele, totalmente ignaro del gesto lieve che Sergej aveva appena fatto con l'indice e il medio destro all'indirizzo di Ezekiel. Poi, sentendosi afferrare per i fianchi, sgranò gli occhi e sollevò il mento. «Ma che cazzo...» Annaspò, riuscì perfino ad arrossire. Sentiva le mani di Ezekiel sulle proprie cosce, sui pantaloni, poi sulla cinta. Deglutì a vuoto, guardando Sergej un'ennesima volta. «Non ho bisogno di lui in questo momento, sto semplicemente cenando» balbettò.
«Ma io ho bisogno di una prova...» Non aggiunse altro, posò gli avambracci sul tavolo e il mento sulle dita intrecciate per puntare la faccia tumefatta di Jeremy e il piacere che, inconfondibile, gli si dipingeva con pennellate grezze man mano che Ezekiel azzardava di più sotto le coltre della tovaglia. «A quanto pare ne avevi bisogno, Hunt» lo punzecchiò.
E questi si sentì colpito nell'orgoglio, tradito nell'animo da se stesso, dal proprio corpo. Serrò le labbra, gli occhi, e premette le mani sul bordo del tavolo. Tuttavia non si mosse per non fare la figura dello scemo, per non farsi vedere ancora nudo dinanzi a Sergej. Avrebbe voluto prendere Ezekiel a calci, ma sapeva che sarebbe stato inutile e che avrebbe continuato a leccarglielo e succhiarglielo con quella veemenza tipica del suo sguardo.
Era chiaro che lo desiderasse, che lo volesse, che lo bramasse. A ogni pompata, Jeremy se ne rendeva sempre più conto. E serrava i denti, induriva i muscoli del viso, sentiva la testa andare in tilt, su di giri, rivolta solo ed esclusivamente a Daniel.
Sempre più affannato, mugolò qualcosa e batté un palmo contro il bordo del tavolo. Venne direttamente in bocca a Ezekiel e non lo sentì lamentarsi, anzi. Una risatina lieve raggiunse le sue orecchie. Poi lo vide spuntare dall'altro lato del tavolo con aria complice.
Nessuno aveva visto niente, no, ma l'irritazione di Jeremy era palpabile. Perciò Sergej chiese: «Sicuro di aver capito, Hunt?»
«Non amo dare spettacolo» si giustificò con affanno. «E adesso vorrei tornare a casa, se non le dispiace.» Non lo guardò in faccia, non lo vide annuire, ma sentì i passi di Ezekiel e lo seguì lontano da quella maledetta villa. In silenzio, scendendo i gradini per raggiungere l'Austin, smise di sentirsi in colpa per il finestrino rotto.
«Ora siamo pari» disse Ezekiel, facendogli aggrottare le sopracciglia.
«Come, scusa?»
«Dovevi ripagarmi per il finestrino, no?» Fece spallucce, ignorando la sua visibile irritazione. «E lo hai fatto riuscendo a fartelo succhiare di fronte al Comandante Jackson.»
«Io sono rientrato solo per conoscere la sua storia» sibilò. «Se ometti un solo dettaglio ti farò saltare la testa, Jenkins.»
«Allora andiamo a casa...» lo incitò, indicando l'Austin.
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