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Capitolo 26

Come previsto dal tacito ordinamento della Terza Armata, a Daniel Begum non era mai stato prescritto né somministrato alcun medicinale psicoattivo. Ma quando il Dottor Howard si era trovato di fronte lo sguardo allibito di Acke non aveva potuto fare a meno di allungare il proprio verso le analisi che questi teneva in mano.

«Porca puttana» si lasciò sfuggire.

Ad Acke non era mai capitato di vederlo così fuori controllo, perciò spalancò la bocca e sollevò entrambe le sopracciglia. «Già, porca puttana» echeggiò divertito. Poi lasciò i fogli delle analisi nelle mani del Dottor Howard e, sospirando, si stiracchiò sulla sedia scomoda. «Come la spieghiamo questa?»

«Non la spieghiamo» biascicò piano.

«Vale a dire?» Gli occhi di Acke tornarono a concentrarsi sulla figura del Dottor Howard e si fecero più attenti, più meticolosi. «La Terza Armata vuole un rapporto dettagliato sullo stato di salute del Capitano Begum, no? Non posiamo tagliare le analisi di routine dal fascicolo...»

«Manomettile» fece lapidario, interrompendolo. «Il Comandante della Terza Armata è un tipo strano, molto più strano di quanto tu possa pensare, Acke. Andrebbe su tutte le furie se venisse al corrente di una simile infrazione nell'URC – in special modo al riguardo del Capitano Begum.»

«Il Capitano Begum...» Acke storse appena le labbra, poi inclinò la testa di lato e cercò di ricordare il suo nome tra i tanti che gli erano capitati dinanzi nei vecchi faldoni. Allora esplose con un'esclamazione di sorpresa e fece: «Lui è il primo civile che il Comandante ha portato al Dipartimento Medico dell'SRF!»

«Per l'appunto» tagliò corto il Dottor Howard, gettando all'aria le analisi di Daniel e passandosi una mano tra i capelli. «Dannazione, sento l'improvvisa necessità di ricominciare a fumare...» borbottò.

«Il fumo fa male alla salute» cantilenò Acke alle sue spalle, spostandosi dalla sedia solo per recuperare i fogli lanciati dal Dottor Howard. «Ricorda quella brutta bronchite?»

«Acke...» Sbuffò, si grattò la nuca, poi scosse la testa e disse: «Manometti quelle analisi e fallo alla svelta. Poi cercami una cazzo di sigaretta.»

«Vada per le analisi» confermò, strappando quelle che aveva in mano. «Ma per la sigaretta no, non se ne parla!»

«Non ti chiederò di nuovo il motivo per cui ti ho scelto come assistente» borbottò il Dottor Howard. «Sortisce sempre l'effetto contrario.»

«E quale sarebbe?» Acke sorrise spavaldo, incrociando le braccia al petto.

«Aumentare il tuo ego – che è già smisurato di suo.»

«Che esagerazione!» Sorrise ancora, scrollando le spalle. «Allora riformulo le analisi come da prassi?» Chiese per avere un'ulteriore conferma. Vide annuire il Dottor Howard e sospirò. «Vado!»

«Mi chiedo solo dove abbia preso quella roba» borbottò questi tra sé e sé, vedendo uscire Acke dal proprio ufficio. «Ma dopotutto è l'intero caso a essere contorto» continuò a mezza bocca, spostandosi con la lastra toracica di Daniel verso la finestra. «Hunt non può avergli fracassato le costole con una gomitata, non in questo modo...» Tuttavia non aggiunse altro, si morse la lingua e deglutì a vuoto. Era combattuto, sì, perché conosceva tanto il proprio ruolo quanto ciò che la Terza Armata si aspettava da lui. Perciò, sempre più propenso verso l'idea di ricominciare a fumare, si fece assalire dall'ansia quando sentì il bussare alla porta. Trasalì, ma riuscì comunque a rispondere con un asciutto: «Avanti!» Era troppo presto perché Acke avesse manomesso le analisi di Daniel, ma non abbastanza tardi per veder entrare il Comandante della Terza Armata.

«Vorrei il rapporto sulle condizioni del Capitano Begum» disse Sergej, senza nemmeno attendere di essere invitato a entrare. E non si sedette neppure: fissò il Dottor Howard dall'alto, con stizza e irritazione.

«Il rapporto, eh...»

«Il rapporto sulle sue condizioni di salute, sì» rimarcò. «Dovrebbe essere già pronto, se non vado errando. E io non ho tempo da perdere qui al Dipartimento Medico dell'SRF.» Allungò una mano nella direzione del Dottor Howard, attese la cartella clinica di Daniel con correlate spiegazioni, ma ciò che vide fu solo ostilità e dubbio. Perciò non rincarò la dose, no. Si mise a sedere a gambe incrociate, togliendosi il cappello, e rimase con gli occhi puntati sulla lastra che il Dottor Howard aveva in mano. «Fa parte del fascicolo?» Chiese spicciolo.

Questi annuì, tuttavia aggiunse: «Il fascicolo non è completo.» Lo fece in un soffio, tornando a sedere. Sorseggiò un po' di caffè freddo dalla tazza alla sua sinistra, infine guardò Sergej negli occhi e disse: «Sto aspettando le analisi di routine prima di redigere un quadro completo della situazione...»

«Al diavolo le analisi» tagliò corto Sergej, facendo sollevare un sopracciglio al Dottor Howard senza quasi accorgersene. «Voglio sapere come sta, entro quanto tempo si riprenderà, entro quanto potrà uscire dal Dipartimento medico dell'SRF.» Deglutì, cercando di recuperare un po' della calma perduta, infine serrò le dita sul cappello. «È il Capitano dell'URC, è un membro essenziale per la squadra.»

«Lo immagino» echeggiò laconico il Dottor Howard. «Dunque, qualora le analisi di routine non le interessino, posso parlarle del resto.» Lo vide annuire, così si umettò le labbra e, preso un bel respiro, iniziò a elencare la situazione in modo formale: «Il colpo da lei dichiarato, quello di Hunt, deve essere stato particolarmente forte, perché ha rotto una costola e rischiato il perforamento del polmone sinistro del Capitano Begum. Tuttavia ha avuto anche altre ripercussioni...»

Sergej deglutì a vuoto. «Che tipo di ripercussioni?» Chiese. La voce ferma, inflessibile, e lo sguardo lievemente preoccupato. In fondo alla gola, il nodo della colpevolezza non voleva proprio saperne di abbandonarlo.

«Ci sono altre costole fratturate, delle contusioni che fanno pensare a più di un colpo...» Il Dottor Howard prese una piccola pausa, guardò Sergej negli occhi e aggiunse: «Non voglio mettere in dubbio la sua autorità, Comandante, ma è sicuro che il Capitano Begum non sia stato colpito da terzi durante l'assalto nelle fognature?»

«Ne sono certo.»

«La lastra che stavo osservando poco prima del suo arrivo mostra dei segni inequivocabili...» iniziò a dire, frenato dal pugno di Sergej sulla sua scrivania.

«Ne sono certo» scandì.

«Allora è possibile che il Capitano Begum abbia avuto una colluttazione postuma con un membro dell'URC?» Azzardò, fulminato dallo sguardo tagliente di Sergej.

«No, lo escludo.»

Il Dottor Howard schioccò la lingua e si alzò esasperato dalla propria postazione. Sorseggiò il caffè freddo fino a finirlo, poi posò la tazza sulla scrivania e sollevò di nuovo la lastra per portarla vicino alla finestra. Allora, come accecato dall'ira, disse: «Il suo lavoro, Comandante Jackson, consiste nell'individuare nuove reclute per la Terza Armata. E guidarle, certo, indirizzarle verso la perfezione militare che precede la pulizia della Vecchia Washington.»

«Lo so da me» borbottò crucciato l'interpellato. «Cosa sta cercando di dirmi?»

«Che il mio lavoro consiste in questo. E in questo, Comandante Jackson, io non vedo una gomitata.» Puntò l'indice sulle costole di Daniel, sulla lastra scura. «Lei non è un incompetente, ma neppure io lo sono...»

«Mi sta chiedendo se quelle ferite sono davvero dovute all'atto d'insubordinazione di Hunt?» Questa volta fu il suo turno di schioccare la lingua. E lo fece nervosamente, serrando le dita sul cappello. «La risposta è sì.»

«Ne è così certo?»

«Qualcuno potrebbe dire il contrario?» Ghignò quasi inconsciamente, facendo aggrottare le sopracciglia al Dottor Howard.

«La medicina.»

«Hunt non era tagliato per essere membro dell'URC» sbottò Sergej, alzandosi di scatto. «Quel colpo lo dimostra bene, no?» Arricciò il naso con sdegno, aggiungendo un: «Sarà più utile nelle Squadre d'Assalto, fuori di testa com'è...»

«E se le dicessi che la lastra riporta più traumi?» Azzardò ancora il Dottor Howard, frenando l'avanzata di Sergej verso la porta. «Se le dicessi che non credo alle sue parole, Comandante, e che a mio avviso non è stato Hunt a ridurre il Capitano Begum in questo stato... Lei cosa mi risponderebbe? Cosa farebbe?» Sollevò il mento con fare sprezzante. «So ancora leggere una radiografia, sa?» Incalzò.

Sergej tornò indietro a passo svelto, posando entrambi i palmi sulla scrivania del Dottor Howard. Allora sibilò un: «Le direi di non farsi strane idee, di procedere come le è stato richiesto. Il tutto, ovviamente, se non vuole perdere il posto più privilegiato del Dipartimento Medico dell'SRF.»

«Mi minaccerebbe, dunque» soffiò, trattenendo una risatina frustrata. E nello stesso momento vide entrare Acke nello studio con in mano le analisi falsate di Daniel. «La conversazione si conclude qui» stabilì, allungando una mano per recuperare le analisi di Daniel.

Acke osservò dapprima il Dottor Howard, poi Sergej. Deglutì a vuoto, non riuscendo a fare altro che chinare il capo. «Le analisi» balbettò.

«Lo vedo, Acke» disse semplicemente il Dottor Howard. «E sono perfette, proprio come vuole la Terza Armata!» Esclamò dopo una prima occhiata, fulminando con lo sguardo Sergej.

«Passerò a visitare il Capitano Begum, ma al mio ritorno esigo un rapporto stilato a norma» dichiarò acidamente Sergej, allontanandosi con uno scatto dalla scrivania del Dottor Howard.

«Il paziente non è in condizioni di ricevere visite» soffiò quest'ultimo, conscio di aver iniziato a provocare un po' troppo la persona sbagliata.

«Voglio vedere come sta un mio subordinato» disse. «E dal momento che non si trova in terapia intensiva, procederò con la visita.»

Il Dottor Howard restrinse lo sguardo, ma fece spallucce con nonchalance per dissimulare un po' della tensione che lo stava logorando. Allora, quando sentì la porta chiudersi violentemente alle spalle di Sergej, guardò Acke negli occhi per sillabare un: «Non voglio una sigaretta, voglio un pacchetto intero.»

E questi chinò lo sguardo, iniziò a tormentarsi le dita. «È successo qualcosa di brutto?» Chiese scioccamente, forse troppo preoccupato per formulare una domanda migliore.

«Niente di cui tu debba preoccuparti, Acke.»

Il tono caldo del Dottor Howard e la sua voce profonda lo tranquillizzarono subito, facendogli perfino emettere un sospiro di sollievo. «Va bene.»

«Ma voglio le sigarette» disse, puntandolo con l'indice destro. Lo vide annuire, così sorrise e lo seguì con lo sguardo fin quando questi non uscì dallo studio.

In corridoio, Acke non poté fare a meno di rallentare il passo per seguire l'andatura di Sergej. E tentennò un po' quando lo vide fermo di fronte alla stanza di Daniel Begum. Trattenne il fiato, totalmente all'oscuro di ciò che questi si fosse detto con il Dottor Howard. Tuttavia, quando lo vide entrare, non poté fare altro che tirare dritto. Non si sarebbe mai fermato a origliare, no davvero, perché in prossimità delle scale c'erano le due guardie armate che aveva visto quando Hunt era stato trascinato via dal Campo di Addestramento del Settimo Distretto. Perciò chinò la testa, procedette a passo svelto e, raggiunti i due, l'ignorò. Con le mai in tasca e il battito accelerato, scese a cercare le sigarette per il Dottor Howard.

Dal canto suo, Sergej restò immobile accanto alla porta d'ingresso. Le spalle ritte, le braccia tese lungo i fianchi e lo sguardo puntato su quello velato di Daniel.

«Non sono stato punito abbastanza?» Chiese questi in un rantolo.

«Lo sei stato» confermò invece Sergej, prendendosi la briga di muovere qualche passo nella stanza che sapeva di disinfettante.

«A cosa devo questa visita, allora?» Quasi ringhiò, cercando di posizionarsi sul fianco indolenzito pur di non guardare Sergej in faccia. E restrinse lo sguardo, chiuse gli occhi, si morse la lingua per non emettere un fiato.

«Non costringermi a chiamare qualcuno per legarti al letto, Daniel» soffiò. «Torna con le spalle sul materasso, avanti.»

«Ancora ordini?» Schioccò acidamente. «Ne ho abbastanza, davvero.» Era frastornato, su di giri, e non era nemmeno riuscito a dormire decentemente da quando si era allontanato dalla propria scorta di Trazodone.

«La schiena contro il materasso» sillabò, premendo un palmo sulla sua spalla sinistra. Gli sentì emettere un gemito basso, ma nulla di paragonabile ai suoni che aveva udito la sera in cui lo aveva preso a calci in corridoio.

Lo sguardo vuoto, distante. Disse: «Agli ordini, Comandante Jackson.» Un sussurro che fece imbestialire Sergej e che gli fece digrignare i denti sotto lo sguardo sempre stranito e lontano di Daniel.

«Sei solo mio» biascicò. Lo guardò in viso, ma non vi lesse né devozione né amore. Sembrava che qualcosa si fosse spento del tutto. Allora sbottò, disse: «Non so cosa ti sia successo, ne cosa ti abbia messo in testa quella merda di Hunt, ma...»

«Non è una merda» sputò rabbioso. «Ed è molto più umano di lei, Comandante Jackson.» Accennò un ghigno, ma sul suo viso comparve solo un'espressione contorta, indolenzita. «Non mi avrebbe mai ridotto in questo stato, tantomeno costretto a mentire» disse piano. «Ma lei, invece, è un vero campione di menzogne... E potrebbe essere contagioso, sì. Perciò, se non le dispiace, gradirei che da oggi mi stia il più lontano possibile.»

«Il più lontano possibile» schioccò, echeggiò, quasi ringhiò a denti stretti. «Cosa ti ha messo in testa? Dimmelo.»

«Niente.»

«Cosa?» Insistette, stringendo la presa sulla sua spalla sinistra. Lo guardò negli occhi e per la prima volta da quand'era entrato notò un barlume di qualcosa: paura. «Voglio sapere cosa ti ha messo in testa, cosa ti ha detto...»

«La preoccupa tanto?» Chiese piano. «Ha paura che mi abbia rivelato qualche verità nascosta?» Cercò di ridere, ma il dolore alle costole lo fece tossire.

Sergej ritirò la mano di colpo, poi si lasciò pugnalare dallo sguardo incattivito di un Daniel piegato a metà dai dolori e gli sentì dire:

«La sua spia ha cantato con la persona sbagliata e lo ha fatto per ripicca. Perciò non dia la colpa a Hunt per quello che è successo: lei sa mentire molto bene, ma le bugie hanno le gambe corte – anche se in questo caso hanno retto due anni prima di consumarsi del tutto.»

«La mia spia?» Echeggiò confuso, aggrottando perfino le sopracciglia.

«Non può biasimarmi se le dico che no, non sarò più suo. E non può biasimare neppure Hunt per aver ceduto a un momento di debolezza...» Prese una piccola pausa, concentrando lo sguardo sulla fede di Sergej. «Perché anche lei ha avuto un lungo momento di debolezza – ovviamente prima che sua moglie morisse accidentalmente in un attentato.»

«Non nominare mia moglie, Daniel» scandì. E senza accorgersene, scattò verso di lui per afferrarlo alla gola. «Non hai alcun diritto di nominarla.»

«È morta poco prima di denunciarla alle autorità competenti» tossicchiò. «Prima che qualcuno potesse rinchiuderla in manicomio per questa strana perversione che è detta sodomia – od omosessualità.»

«Non nominarla» sillabò.

«Se smettesse di considerare proprie le persone, Comandante Jackson, io potrei smettere di fare strane allusioni o congetture sulle circostanze che hanno portato alla morte di vostra moglie.» Riuscì a dirlo a fatica, ormai senza voce per la stretta di Sergej. Ma insistette, aggiunse perfino una minaccia: «Se non mi lascia subito dovrà spiegare il motivo del mio decesso al dipartimento medico dell'SRF...» E tornò immediatamente a respirare, vedendo Sergej scostarsi come scottato. Annaspò, si massaggiò il collo, si umettò perfino le labbra. Infine, prima che Sergej potesse uscire dalla stanza, chiese: «Dove ha mandato Hunt?»

«Non sono affari che ti riguardano.»

«Non è stato lui a fracassarmi le costole, Comandante Jackson... Vuole che lo riferisca a qualcuno?» Lo provocò appena, deglutendo. «Vuole che spieghi al Dipartimento Medico dell'SRF cos'è successo nel dettaglio? Vuole che dica loro come lei ha perso il controllo dopo essere entrato nel mio appartamento?»

«In isolamento» sibilò. Non aggiunse altro, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Procedette a testa china, infuriato e frustrato, fin quando non raggiunse Moore e Garner in prossimità delle scale. Solo allora disse: «Possiamo andare.» E non tornò indietro, non bussò di nuovo alla porta del dottor Howard. Aveva come la sensazione di essere messo alle strette – troppo alle strette.

«Ma il fascicolo...» provò a dire Moore, venendo subito interrotto dall'occhiataccia di Sergej.

«Torneremo domani per il fascicolo. Il Dipartimento Medico dell'SRF sta ancora lavorando al caso del Capitano Begum» tagliò corto, procedendo per primo lungo le scale e solo per non guardare in faccia Garner – oh, sapeva che lui sarebbe stato in grado di vederci fin troppo chiaro in quella faccenda, cosa che lo metteva oltremodo a disagio.

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