«Val mi manchi così tanto che il cuore mi fa male... » sussurrò Giovanni incidendo la pelle. Il suo snague non lo impressionava più, non come quando Valerio lo canzonava perché sveniva per un piccolo taglio. Garvin sorrise per un attimo mentre affondava la lama nella pelle gelata. Non sentiva niente, il freddo gli aveva tolto ogni sensibilità? Oppure era il dolore al cuoread offuscare i suoi sensi?
Era questo che aveva provato Valerio morendo in una fossa, sotto le intemperie, assieme a così tanti cadaveri.
Giorno dopo giorno pregando di sopravvivivere, finché il fato crudele lo aveva strappato alla vita?
Avrà sentito le stesse cose?
«Val ti sono mancato almeno un po'?»
Per un attimo il mondo attorno cambiò, era in una stanza sconosciuta, le finestre oscurate e il profumo di cera fusa riempiva l'aria.
Giovanni lasciò cadere a terra il coltello e si guardò attorno stupito.
Un giovane se lo fissava in lacrime in uno specchio.
Lasciami andare... Non trattenermi... Non posso restare qua solo perché tu credi che debba vivere...
Quell'immagine, quel volto emaciato, quei grandi occhi di giada in quel volto scavato lo fece rabbrividire.
Poi un vocio lo riportò alla realtà e la terrazza, la neve tornarono con irruenza. Guardò il suo polso mentre il sangue macchiava quel bianco candore e provò orrore.
Quella voce, quel ragazzo chiuso dentro di sè soffriva ancora... Ma non era arrivato ancora il momento di lasciarlo andare.
Nasacose il coltello sotto la neve, e si fasciò il polso.
Seguì le voci, le persona che lo circondavanio erano vive, avevano lottato per lui e lo tenevano ancora ancorato alla vita.
Scese rapidamente le scale, in sala trovò suo padre, sua sorella Fosca e sdraiato sul divano un uomo ferito. Aveva riccoli dorati sporchi di sangue, era un soldato? No non indossava nessuna divisa... Che fosse un disertore? Poco importava era un uomo ferito bisognoso di cure, in una notte gelida d'inverno.