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187 - Walk... Again...

Garvin si era sdraiato in veranda, osservando il bosco delle anime perse, intravedeva le ombre degli spetti muoversi tra gli alberi in modo furtivo... Garvin si chiese se alla fine anche lui si sarebbe trasformato in un'ombra di sé stesso... privo di ricordi, privo di volontà e di pensieri... Garvin chiuse gli occhi... Magaeri lo era già... forse tutto quello che gli stava capitando era solo un'illusione mentre in realtà stava vagando nella foresta assieme alle altre ombre.

Una mano si insinuò sotto le coperte tra le sue gambe, Garvin cercò di destarsi ma si scoprì inchiodato al letto, di nuovo.
Sentiva miriadi di dita insinuarsi nel profondo del suo intimo, sentiva dei gemiti dei sospiri e lui era paralizzato, in balia di quell'oscura forza.
Che voleva da lui? Perché questa creatura, che era sicuramente la stessa ogni volta, era così ossessionata da lui, perché lo aspettava nell'ombra.
Garvin sentiva il disgusto che aumentava, voleva svegliarsi, come poteva essersi assopito senza accorgersene.
Strinse i pugni con forza e tutto svanì, fu solamente un attimo di pace ma poi ci fu uno schiocco e una frusta gli si strinse attorno al collo e con uno strattone lo fece piombare a terra.
Garvin non respirava, sentiva la frusta stringersi sul suo collo come fossero spire di un serpente da cui cercava di liberarsi, invano.
Poi una voce sibilante lo paralizzò. «Ecco, il fuggitivo... ti ho scoperto... questo ti prometto sarà̀ una punizione esemplare.»
Quando la frusta allentò la presa Garvin crollò a terra senza fiato.
Una mano gelida e viscida lo afferrò con il collo e lo obbligò a fissarlo.
La creatura, quell'orribile creatura era davanti a lui «Questo ti prometto ti precluderà̀ la luce del sole, sarai mio, per sempre... tutto mio... la tua sarà̀ una lunga dolorosa vita.»
Garvin sentiva la rabbia e la nausea montare, la lama gli si materializzò in mano, una scheggia di vetro e lo conficcò nel braccio della creatura che arretrò urlante.
Sangue nero come la pece sgorgò dalla ferita. La creatura rise «Guarda, guarda il gattino ha gli artigli» leccandosi la ferita «Il mio dolce cucciolo... Sarà̀ divertente sottometterti-»
«Non potrai mai sottomettermi, perché ti ucciderò̀ oggi stesso... E questo te lo prometto sarà̀ lento e doloroso... rimpiangerai di avermi anche solo sfiorato.»
Le parole fuoriuscivano da sole, ma quella non era la sua voce, Garvin ne era certo. Era come se qualcun altro parlasse al posto suo.
«Oh ma ti ho ben più̀ che sfiorato... e farò anche di peggio in futuro... credi che ti abbia fatto dalle male... Scoprirai che quello che ti ho fatto finora era niente se paragonato a quello che sta per accadere...» rise la creatura schernendolo.
Garvin sentiva la rabbia divorarlo, le fiamme apparvero, la natura era piegata alla sua volontà̀, gli elementi erano assoggettati a quella cieca rabbia, lo percepiva, si sentiva potente.
La creatura non poteva opporsi, Garvin stava vincendo quando la sua diabolica frusta balenò attorcigliandosi al braccio di Garvin.
Quasi immediatamente l'energia iniziò ad abbandonarlo, Garvin si ritrovò in ginocchio e la creatura torreggiava su di lui.
«Oh la tua energia... l'ho sempre adorata... sarai un'inesauribile fonte di nutrimento... ti terrò in vita così potrò giocare con te ma non ti lascerò energia sufficiente per poter reagire, sarai mio per sempre» la creatura rise e Garvin rabbrividì.
Voleva svegliarsi, non poteva sopportare di restare in quel luogo un secondo di più̀ con quell'essere.
Sentì le sue dita viscide sollevargli la maglia e carezzargli la schiena. Cercò di allontanarlo ma lui di tutta risposta lo afferrò per la vita e lo trasse a sé poi bramoso iniziò a leccargli il collo.
Garvin voleva gridare, le forze lo abbandonavano... Crollò a terra spossato, non aveva speranza, sarebbe rimasto prigioniero di quell'incubo?
Poi accadde, un getto di denso sangue nero lo investì, sollevò lo sguardo e vide l'essere, una lunga linea lo divideva in due, entrambe le parti crollarono a terra scosse da spasmi ed al suo posto una katana di pietra riflettente molteplici colori, impugnata da un uomo avvolto dalla tenebra.
«Non dovresti perderla» disse l'ombra «Questa è una spada molto speciale.»


Garvin si svegliò di soprassalto, nella penombra del fuoco Leonard lo stava osservando.
Garvin si mise a sedere, qualcuno aveva acceso un braciere per tenerlo al caldo, probabilmente la custode, era una ragazza così premurosa, una vera guardiana di anime.
Leonard era davanti a lui, oltre la veranda e lo stava osservando. «Brutti sogni?»
Garvin scosse il capo «Tempo siano brutti ricordi... ma non ne sono sicuro...»
Quando sollevò di nuovo lo sguardo sullo stregone gettò fuori le parole con forza «Verremo con te, tutti noi, vogliamo ritrovare i nostri ricordi»
L'altro rimase in silenzio a fissare il fuoco celando un sorriso soddisfatto, il suo decotto stava avendo effetto. Glielo aveva somministrato ogni notte, muovendosi attraverso le ombre, poche gocce in un orecchio erano bastate, stava ricordando... presto avrebbe potuto iniziare a influenzare la sua mente e a mostrargli ciò̀ che voleva, gli avrebbe mostrato la sua verità.
«Parlamene, raccontami il tuo sogno» lo invitò Leonard, voleva stabilire un legame, così da poterlo guidare verso la giusta via, ma Garvin si limitò ad un semplice «Non è così importante da doverne parlare» poi si alzò e uscì in giardino.
Garvin era contento che finalmente lo stregone lo avesse raggiunto, ma il sogno lo aveva scosso davvero molto così iniziò a vagare intorno alla casa come un animale ferito.
Non era il solo a soffrire di insonnia anche Freddie si nascondeva al chiaro di luna.
Per un attimo Garvin fu certo di vedere un profondo dolore impresso sul volto dell'amico, sentimento che svanì nascosto da un gigantesco sorriso nel momento in cui lo vide.
Garvin gli rispose con un saluto.
«È una maschera, ben fatta, ma nessuno può̀ celarmi davvero i suoi propri sentimenti...»
Garvin sussultò per lo spavento, Lùi fluttuò al suo fianco e sorrise gioviale, la sua voce era stata stranamente seria e aveva turbato Garvin.
Solitamente Lùi parlava con tono gioioso, ma raramente, la sua voce si incupiva, diveniva profonda e cupa rivelando un profondo turbamento che poi svaniva in uno sbuffo colorato di gridolini e saltelli.
I due si avvicinarono a Freddie e si sedettero accanto a lui.
«Pensieri profondi?» chiese Lùi improvvisamente e Freddie scosse la testa.
«Altri brutti sogni? È di nuovo venuto a trovarti... beh lo sai...» deviò il discorso Freddie.
Garvin trovò liberatorio raccontare agli amici ciò che aveva sognato.
«Certo che è strano... cosa hai di irresistibile, perché tutti ti vogliono saltare addosso?» cercò di scherzare Freddie.
Garvin non seppe che rispondere.
«Ehi scherzavo... magari sono solo sogni, magari...» esordì Freddie... non sapeva però come concludere la frase.
«Certo sarebbe bello sognare qualcosa che sia... beh diverso... mi sento profanato ogni volta che chiudo gli occhi...» sussurrò Garvin chiudendo gli occhi, cercando di rinchiudere nel profondo quelle immagini.
Lùi fluttuò sopra le loro teste «Anche io alle volte sogno di baciare un ragazzo, ma non riesco a ricordare il suo volto... però non mi sento profanato... ti spaventa, pensi che possa profanarti anche io?»
«Ma no... che c'entra...» sbottò Garvin.
«Non so magari credi che io e quella creatura siamo simili... » le domande di Lùi erano innocenti, spontanee, ma Garvin si sentì in obbligo di rassicurare l'amico
«Assolutamente no... mi fido di te... e quel mostro, beh non ha niente a che fare con te, ne sono certo.»
Lùi sorrise alle parole di Garvin.
Freddie sospirò «Io non sogno molto, ricordo che c'era una persona... A cui tenevo più della mia vita... Aveva i tuoi stessi occhi di giada Garvin e il tuo sorriso... Magari hai un gemello da qualche parte... Credo di essere morto per lui...»
Freddie si interruppe per osservare gli amici.
Lùi aveva un'espressione indecifrabile «Non sono sicuro di aver compreso...» concluse il folletto infine «Sai i sentimenti mi confondono... non li distinguo sempre bene...»
Garvin sorrise sornione, lui aveva capito cosa stesse dicendo Freddie, aveva provato quel senso di struggimento per qualcuno che, come Freddie, non era certo esistesse veramente. Era come se in quel bosco incantato fosse possibile attraversare lo spazio e il tempo, raggiungendo con la mente luoghi lontani... anche lui si era beato nello sguardo di una creatura celestiale, dai grandi occhi di cielo.
«Vedi, non tutto è tenebra...» sussurrò Lùi in un orecchio.
«Vero Lùi... e comunque anche tu sai di cosa stiamo parlando, ricordi il bacio di cui mi hai parlato poco fa... ecco è la stessa cosa... non sappiamo come, chi, quando... ma da qualche parte per tutti noi c'è un po' di luce e speranza.»
Lùi sorrise alle parole di Garvin, era strano alle volte i pensieri nella sua evanescente mente volavano via come polvere nel vento... Eppure i suoi amici lo riportavano alla realtà̀, al mondo terreno e concreto.
Stando con loro sentiva di diventare sempre più̀ reale e sempre meno evanescente e fatto di sogni, forse come per loro, per lui c'era qualcuno che lo aspettava... La principessa di Freddie, la ragazza dal profumo di lavanda per Garvin e forse anche per lui da qualche parte c'era il ragazzo del sogno....
Perché quel nome continuava a emergere nella sua mente?
Al di fuori di quel bosco magico c'era la vita reale e Lùi sperava che l'avrebbero potuta afferrare, attraversare lo specchio e viverla.
Garvin si appoggiò all'albero, era piacevole sentire la presenza dei due amici accanto a lui, avrebbero trovato il guardiano che gli avrebbe ridato i loro ricordi perduti e poi chissà, gli avrebbe permesso di lasciare l'infinito bosco delle anime perdute e assieme sarebbero rinati a nuova vita.
Garvin chiuse gli occhi tranquillo e per un attimo la nube di paure e preoccupazioni svanì.
Garvin si addormentò e finalmente fu un sonno ristoratore e privo di incubi.



Furono pronti per partire, all'alba si ritrovarono sul retro della casa, lo stregone li attendeva.
Quando li vide indicò Freddie con sdegno «Lui non c'entra con noi, non so perché́ sia qui... non è un'anima smarrita, è stato maledetto, molto tempo fa, mi spiace ma non c'è nulla che possiamo fare per lui, dovrebbe restare alla casa... credo...».
«Siamo tutti anime smarrite, maledette o no, ci aiuteremo a vicenda, Freddie farà̀ ciò̀ che vuole, prenderà la strada che vuole, non spetta a te decidere, né a nessun altro e se la sua strada lo condurrà̀ nella nostra stessa direzione, nessuno lo allontanerà̀ mai contro la sua volontà» lo interruppe bruscamente Garvin.
Freddie non lo disse, ma era grato a Garvin per le sue parole, si trovava bene con Garivin e Lùi, non voleva mai più̀ guardarsi indietro, aveva iniziato ad aprirsi ai suoi compagni di viaggio, Garvin era stato il primo essere vivente che lo aveva visto mutare senza spaventarsi, che si era fidato senza conoscerlo davvero, gli aveva affidato la sua vita senza chiedergli delle garanzie, avevano condiviso ubriacature meravigliose... Sì voleva restare al suo fianco, era la prima volta che aveva una relazione simile... un amico, non se lo sarebbe lasciato sfuggire e pareva che anche Garvin pensasse la stessa cosa, alla faccia di quel viscido Leonard, che potesse morire di rabbia.
Aveva apprezzato soprattutto come lo aveva detto.
Si perché́ non aveva detto "lui resta" aveva detto che se avesse voluto, non sarebbe stato allontanato, se avesse voluto continuare a viaggiare con loro sarebbe stato il benvenuto, ma che sarebbe sempre stato libero di andare via e per questo sarebbe rimasto:
Perché́ lo voleva, non perché́ qualcun altro lo aveva deciso.
«Bene quindi siamo pronti...» trillò Lùi felice.
Lo stregone indicò loro il bosco
Si, pensò Garvin. Si voltò e fece cenno di saluto alla custode della casa ed ai suoi protetti, Trudy in forma di gatta e al vampiro nascosto nella penombra.
Ben... Chiara
Quei nomi gli balenarono nella mente... Fu un attimo, per un attimo il distacco da quella casa fu insopportabile, poi lo stregone lo richiamò e quei pensieri volarono via, portati dal vento.
Strano...
Garvin osservò di nuovo il bosco, Sì era pronto.

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