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186 - Un anello rosso

Garvin si voltò su un fianco e carezzò Trudy.
Aveva avuto un bel sogno per una volta, era in un campo e aveva sognato di nuvo quegli occhi di cielo. Lo aveva cosparso di baci e gli aveva carezzato i capelli.
Dei riccioli color miele. Un sorriso meraviglioso.
Si sentiva così a disagio, nudo sotto le stelle eppure era felice e si era svegliato con una piacevole sensazione addosso.
«Mi manca tremendamente piccola... Non so nemmeno come si chiama, so soltanto che mi manca immensamente... »
Aveva sentito di avere un profondo legame con lui. Aveva trovato una fedina rossa, era sposato? Era sposato con quella persona? Eppure sentiva non solo affetto ma anche una profonda tristezza pensando a lui. Garvin prese la fede e se la rigirò nelle mani, c'era un'iscrizione, c'era una scritta al suo interno.

BEN

«Quindi è questo il tuo nome?»
Sei un dannato egoista, perché mi lasci solo? Perché vuoi abbandonarmi... Non vuoi rimanere nemmeno nei miei ricordi?
La sua voce lo raggiunse dalla profondità della sua mente, chiuse gli occhi.
Trudy era in forma umana e lo stava fissando preoccupata.
I miei ricordi se ne vanno, risucchiati via... Ben se ne va... Mi abbandona... Ancora e ancora... Ben non mi ama... Mi ha sempre preso in giro...
"Ci sono io... Non ti lascerò scivolare via... Ti terrò qua, te lo prometto"
La voce di Trudy? Cosa ci faceva in un suo ricordo?
Voleva chiederle se gli nascondeva qualcosa, se aveva dei ricordi con lui. Ma non fece a tempo.
Vedeva offuscata una sagoma di donna davanti a lui, aveva i capelli rossi... rossi come quelli di Trudy. Il sogno svanì veloce come era giunto, Garvin si svegliò pervaso da un profondo senso di malinconia.
«Chiara...» sussurrò Garvin e si sorprese delle sue parole, sollevò lo sguardo, Trudy lo stava fissando in forma umana «Ho già udito quel nome... dove lo hai udito?» gli chiese la ragazza gatto, Garvin la fissò pensieroso... Chiara, quel nome gli saliva alla mente eppure non ricordava dove lo avesse udito «Era solamente un sogno...» concluse, Trudy si trasformò in gatta e se ne andò lasciando Garvin con i suoi pensieri.
Era certo che la ragazza gatto sapesse più di quanto affermasse... Le sue domande erano ingannevoli, lei sapeva già le risposte... eppure non diceva niente... lo lasciava a vagare nel dubbio.
Raggiunse gli altri in salotto.
Freddie era rimasto imbronciato da quando l'uomo che si era fatto chiamare Leonard si era presentato alla porta di casa.
Aveva chiesto di parlare con la custode, ma si era rifiutato di entrare nella casa.
Si era materializzato nel cortile che dava sul bosco delle anime perse, aveva atteso la custode e si era immerso in una fitta conversazione, ignorando chiunque altro.
Non aveva più parlato con Garvin dopo l'enigmatico riferimento al suo passato.
Garvin si chiese se anche lui lo conoscesse come pareva conoscerlo Leon, chissà se avrebbe potuto rivelargli qualcosa... Invece lo straniero si congedò dalla custode senza rivolgergli la parola, lasciandolo pieno di dubbi e curiosità.
Quella sera stessa aveva espresso le sue perplessità.
Chi era quel tipo? Cosa voleva? Potevano fidarsi? Freddie a priori decise di no.
Garvin non poteva dargli torto visto il voltafaccia di Victor.
La custode riferì loro che l'uomo chiamato Leonard era uno stregone, che aveva viaggiato attraverso molti mondi in cerca del custode dei ricordi per salvare il suo mondo dall'oscuro usurpatore, Victor, che aveva assassinato suo fratello legittimo re, rubato le anime del suo popolo e fuggito con esse nel bosco delle anime perdute.
Aveva che anche Garvin e Lùi erano originari del suo mondo, che se lo avessero seguito attraverso il bosco delle anime, avrebbero trovato tutte le risposte.
Avrebbe dato loro il tempo di riflettere sulla proposta fatta alla loro custode e che sarebbe tornato al momento più opportuno.
«Che poi che vuol dire scusa?» aveva protestato Freddie «Come diavolo farà a sapere quale sarà... cos'è telepate per caso?»
«Considerando che è uno stregone... perché no» borbottò distrattamente Garvin.
Freddie non era convito di quel piano, secondo lui dovevano restare nella casa gialla, perché perdersi nuovamente in quell'inquietate e lugubre bosco? Che senso aveva...
Garvin non lo ascoltava nemmeno, era facile per lui, non aveva dimenticato chi era, non aveva incubi atroci o sogni meravigliosi senza comprendere cosa fosse reale e cosa no...
All'ennesima protesta di Freddie sul viaggio che veniva loro proposto Garvin sbottò
«Non capisci, ho bisogno di scoprire chi sono, passano i giorni e i ricordi non riaffiorano... Solo frammenti sparsi quando mi addormento, visioni incomprensibili e senza alcun senso... non posso vivere così.»
Freddie allora si era rivolto a Lùi sperando che il folletto si schierasse dalla sua parte ma sbattè contro un muro, il folletto era incredibilmente serio «Mi spiace Freddie, anche io ho bisogno di sapere... da dove vengo, cosa mi ha portato qua...»
Freddie stentava a credere alle proprie orecchie, davvero si fidavano di quel tipo inquietante? Evidentemente si.
«Ragazzi, avete mai pensato che forse... è un bene non ricordare, forse se decideste di lasciare andare il passato, gli incubi vi abbandonerebbero? Forse potreste ricominciare una nuova vita? Non lo vorreste» disse Freddie disperato.
«Freddie è quello che cerchiamo di dirti... non possiamo rinnegare il nostro passato, perché è ciò che ci ha portati dove siamo adesso, è ciò che ci ha reso ciò che siamo... anche se non lo ricordiamo fa parte di noi... Senza di esso, noi non esisteremmo più a quel punto come farebbe una persona che non esiste a continuare ad esistere?» chiese Garvin, Freddie cercò di trovare le parole ma Lùi inaspettatamente fu più rapido. Garvin sbattè le palpebre, dove aveva già fatto quel discorso? Aveva perduto i suoi ricordi già una volta, si era sentito svuotato e morto... E adesso? Adesso era solamente un'ombra «La risposta è semplice, non lo fa.»
Calò il silenzio e Freddie seppe che non sarebbe riuscito a far cambiare loro idea, in nessun modo. Così come Garvin e Lùi capirono che l'amico non li avrebbe abbandonati anche se riteneva quel viaggio un'assurdità e sarebbe rimasto volentieri in quella confortevole casa gialla, non li avrebbe abbandonati, tra loro si era stabilito un legame, incomprensibile ed irrazionale, ma indissolubile.
Lùi era diventato incredibilmente serio, giorno dopo giorno sentiva forte irrompere dentro di sé un forte senso di nostalgia, la stessa che pervadeva Garvin quando cercava di ricordare Ben, Chiara, coloro che allietavano i suoi sogni, quelle rare volte che non erano costellati di orribili incubi.
Ogni notte Garvin si coricava titubante, alle volte era talmente terrorizzato all'idea di chiudere gli occhi da sperare di non addormentarsi affatto.
Era sempre più convinto che se fosse riuscito a ricordare tutto il suo passato gli incubi sarebbero svaniti e tutto gli sarebbe risultato chiaro.
Ma Leonard non riappariva.
Garvin si affacciava speranzoso alla finestra, aspettandosi di vederlo comparire dal nulla come la prima volta, ma niente.... I giorni passavano e di Leonard neanche l'ombra.
Freddie ne sarebbe stato anche felice se non avesse dovuto sopportare il malumore dei suoi compagni.
Garvin stava perdendo ogni speranza, forse lo stregone aveva semplicemente deciso di abbandonarli, aveva percepito l'incertezza che aleggiava su di loro, oppure li credeva solo un peso.
Garvin si sentiva inutile... Aveva dei poteri magici ma non poteva usarli se non voleva svenire ed iniziare a sanguinare da ogni dove... A volte gli capitava di ritrovarsi sovrappensiero e di percepire gli elementi attorno a sé, in modo naturale e istintivo ed essi rispondevano al suo richiamo, creando folate di vento, scrosci di pioggia al chiuso... Ogni volta si ritrovava, nel migliore dei casi con un po' di sangue che gli colava da un orecchio, nel peggiore a terra svenuto con molto sangue che gli fuoriusciva da orecchie, naso... alle volte aveva anche pianto sangue...
Per fortuna gli era capitato solo quando era stato da solo, non sopportava lo sguardo di compassione impresso nei suoi compagni.
Ovvio che uno stregone potente come Leonard lo volesse lasciare indietro, se avesse potuto anche lui si sarebbe abbandonato. Dopotutto era solamente un'ombra.

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