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53 - The Voice

Molte persone si soffermavano a guardarlo, un ragazzo curioso rannicchiato su se stesso, le mani premute sulle orecchie, la testa nascosta, il respiro ansante.
Chi è? Starà male? No forse è soltanto ubriaco, stiamogli lontano...
«Vi prego smettetela... » sussurrò Garvin.
La risata dello stregone lo paralizzava, i pensieri delle persone, I suoi poteri crescevano in modo incontrollato. Non voleva nuocere a nessuno, ma tenere i suoi poteri telecinetici a freno era doloroso.
Si stringeva, come se le sue braccia potessero contenere la sua essenza e tenere imbrigliata quell'energia. Non sapeva dove stava andando, ma voleva allontanarsi da Jason.
Era stato così gentile con lui... aveva alleviato il suo dolore e senza chiedergli niente in cambio. Jason... lo conosceva appena e lo aveva ascoltato... Jason... Jason... se pensava al suo sorriso la sua mente si placava.
Potrei fargli del male... non riesco a controllare... non ...
Non riusciva a muoversi... Iniziava a temere che non si sarebbe rialzato mai più o che lo stregone lo avrebbe ghermito li, trascinandolo nel suo mondo di tortura.
Non sentì la voce di Jason ma sorrise quando il ragazzo lo strinse a se.
«So che hai paura Garvin, so che vorresti che tutto questo non ti fosse mai successo... Ma ti assicuro che ce la farai... ».
Garvin voleva piangere, era scappato come un vigliacco e il ragazzo continuava a preoccuparsi per lui.
Quando Jason lo sciolse da quell'abbraccio lo fissò preoccupato dalla sua espressione affranta.
Mi dispiace... Mi dispiace Jason... E se ti ferissi per sbaglio? E se perdessi il controllo come in quegli stupidi film? E se diventassi pazzo?
Cercò di parlare, aprì la bocca ma nulla... non un suono... Così strinse i pugni con forza.
Voleva colpirsi, era così frustrante... A che gli servivano quei poteri se non poteva parlare?
Aveva perso la voce quando Arthur aveva distrutto i suoi ricordi. Una parte di lui avea creduto che allo stesso modo l'avrebbe riacquistata e invece no.
Insisteva e la voce si rifiutava di tornare.
Jason prese le sue mani tra le proprie. «Vieni... Mangiamo qualcosa... Non sforzarti, riesco a capire... e ti assicuro che la voce tornerà».
Una lacrima rigò la guancia di Garvin.
Voglio parlare adesso! Voglio dirti cosa sento, voglio urlare! Non ne posso più... Non pensavo potesse davvero mancarmi il suono della mia voce.
«Io ti sento... » sussurrò Jason poggiando la mano sul collo di Garvin.
Non aveva detto nulla ma quel semplice gesto lo aveva calmato.
«Hai fame?».
Garvin fece segno di sì con la testa, in effetti non ricordava l'ultima volta che si era sentito così affamato. Solitamente ignorava il suo stomaco quasi fosse un estraneo, ma quando Jason lo guardava con tanta premura, come in ospedale gli diceva di si... Per lui doveva sforzarsi di ascoltare la propria fame. Anche perché quando Jason si concentrava su di lui lo stregone veniva scacciato dalla sua mente dandogli sollievo.

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