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114 - With Your Eyes

Barça era bellissima vista dall'alto, adesso che Maël non poteva più vederla con i suoi occhi finalmente ne percepiva la vera essenza. La vita brulicante, le creature magiche che si muovevano come scie luminose nell'oscurità, tutta quella vita che il suo occhio interiore riusciva a percepire chiaramente grazie alla magia. In passato non avrebbe mai pensato che gli sarebbe servito perdere la vista per acquisire consapevolezza della verità.

Era quella vita che aveva giurato di proteggere, vita che un tempo aveva creduto di odiare. Era il sacro custode e avrebbe protetto la sua realtà fino al suo ultimo respiro non importava se per questo sarebbe rimasto solo per molte vite ancora. Una parte di sé sapeva che in un futuro, forse non eccessivamente lontano, si sarebbe incarnato in un umano di nome J e nonostante le numerose violenze e difficoltà, avrebbe trovato il vero amore. Marco. Quel pensiero lo avrebbe fatto resistere intere ere. Passando da una miriade di lotte sanguinose.

«Il mio Re è preoccupato?»

«Niente, il sole sorge e tramonta, la luna illumina il nostro mondo e tutto continuerà ad esistere come sempre.»

Alla risposta della fata il Creatore sorrise, sempre enigmatico il suo Re. Per quanto si sforzasse non riusciva a strappargli un solo vero pensiero, solo enigmi.

Non gli aveva chiesto perché aveva deciso di aiutarlo, ne perché mantenesse le distanze e apparisse compassionevole e distaccato al tempo stesso. Mikhail ammirava il suo Re, eppure lo reputava così triste e solo. Gli si sedette accanto, era quasi un estraneo ai suoi occhi eppure sembrava non esserlo affatto.

«Dimmi cosa vedi» chiese il Creativo e la fata chiuse gli occhi e si concentrò sulle energie che affollavano la sua mente. «Sento le loro vite, la loro energia... »

«Deve essere meraviglioso»

Maël sorrise di nuovo, il suo Mikahil. Non ricordava niente. Ne il rapporto che i legava ne tantomeno il nome che gli aveva dato, ed era giusto così. Era già rischioso passare del tempo con lui, che ricordasse quanto passato. Non doveva ricordare, meglio l'oblio che morire nel dolore.

«Tu sei la luce» e quando la fata a quelle parole sgranò gli occhi l'umano aggiunse «Per la nostra città, il nostro mondo, ma non solo. Credo che molti mondi possano splendere grazie a te. »

Ovvio, non parlava certo di amore, e la fata un po' ne era deluso, ma era giusto. Non meritava il suo amore.

A questo punto l'aria torrida gli si infittì davanti e da essa si formò una figura, la fata sforzò la vista per vedere. Un uomo. Su una capigliatura molto elaborata era poggiata una grossa farfalla dalle ali di smeraldo. Aveva una bellissima bocca dai tratti scolpiti. Ben rasato, bruno un sorriso sghembo stampato in faccia. L'occhio destro nero, quello sinistro stranamente verde. Indossava un vestito grigio di gran pezzo, e scarpe straniere del colore del vestito. Portava un berretto grigio sulle ventitré, sotto l'ascella aveva una canna nera con un pomo nero a forma di can barbone(*).

Immanuel sorrise loro, l'occhio della fata lo aveva attirato a se, quel barlume di tenebra aveva fatto breccia di nuovo nel suo mondo.



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NOTE dell'AUTORE
La citazione nella citazione.
(*) la citazione di che cita IL MAESTRO E MARGHERITA.


Cara Chiara, grazie della tua amicizia dei miei deliri cosmici!

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