104 - By the Time
La temperatura saliva di minuto in minuto e Garvin si ritrovava a passare dall'incoscenza allo stato di veglia continuamente. Vedeva Jason, sentiva le sue labbra in quell'ultimo bacio, ricco di lascrime e sospiri.
«Ti amo...» gli aveva detto dopo quel bacio.
Era stato quello a spingerlo a gettarsi sullo stregone, non lo aveva preso di sopresa, anzi.
Lo aveva fissato sorridendo e lo aveva pugnalato con un rapido gesto.
Jason aveva urlato ma lo stregone lo aveva afferrato «Non temere, non è che un graffio, si riprenderà. Nel corpo almeno.»
Aveva urlato «Non me lo porterai via!» riuscendo solo a farlo ridere.
Jason lo aveva supplicato di non continuare, di non insistere ma lui non lo aveva ascoltato.
Si era lasciato contro lo stregone che lo aveva scansato senza alcuna difficoltà.
Lo aveva deriso «Guarda bene il mondo che conosci, saluta i tuoi amici, la tua vita. Presto non resteranno che ombre e polvere, presto resterai solo. Perché sì, su sopravvivrai, gliel'ho promesso. E vivrai ogni giorno nella tenebra, nella solitudine, nel dolore e nella consapevolezza del fallimento»
Aveva fallito, era un inutile ammasso di vita.
Chiuse gli occhi, voleva tornare indietro, in quella macchina. Quando la sua vita era fatta solo di baci, un istante cristallizzato nel tempo di perfezione.
Dalle tenebre apparve un letto e lui era là, esattamente come in tutti i suoi sogni.
Nonostante avesse il suo volto, la sua età non gli lasciava dubbi, J.
Perché piangeva? Perché se ne stava chiuso in se stesso, in quel letto d'ospedale.
Garvin muovendosi urtò il comodino e raggelando si rese conto di essere veramente in quella stanza.
J sussultò e si mise a sedere sul letto, guardandosi attorno guardingo. Vi era il terrore nei suoi occhi.
«Chi c'é...» la paura gli attanagliava le viscere, che quel mostro potesse emergere dalla tenebra, che finisse l'opera che aveva lasciato incompiuta. Si morse il labbro e la ferita si aprì di nuovo facendogli tornare le lacrime.
«Cosa ti è successo?»
J vide Garvin emergere dalle tenebre e capì che doveva essere un sogno, quel volto, quegli occhi, quello sguardo.
Si stava vedendo in uno specchio. Era il se stesso giovane, ingenuo? Eppure, una diversa luce illuminava il suo sguardo.
Si stringeva le braccia intimorito, erano lontani i ricordi che aveva sognato, di sorrisi e baci.
«Vance... lui...» J singhiozzò coprendosi il volto. «Me lo hanno portato via... Mi hanno lasciato solo...»
Garvin gli si avvicinò e gli si sedette di fronte.
«L'oscurità ha portato via tutto anche a me... Ma non siamo soli... Marco è sempre con te e io so che ci sono anime che mi seguono, vegliano su di me... Non mi lasceranno mai da solo. Noi siamo la loro forza e loro sono la nostra. Marco ha bisogno di te, si sentirà smarrito, vedo, percepisco, capisco... Lui si sente responsabile e se ne farà una colpa. Si odierà e penserà di non meritare il tuo affetto. Spetta a te fargli capire che si sbaglia. Vi amate, l'oscurità non potrà mai avere la meglio.» Poteva leggere nei suoi ricordi, lo poveva vedere nudo, legato e ferito in balia della tenebra, poteva vedere come il potere di Leonard. Aveva corrotto quell'uomo, quel Vance. Rendendo il suo spirito più nero della notte.
Quello che aveva fatto a J, ciò che il suo Marco aveva dovuto vedere.
«Ti riprenderai...» sussurrò Garvin prima di svanire.
J si ritrovò solo, al buio ma rincuorato da quelle parole.
«È mio marito va bene? Non puoi impedirmi di stargli accanto». La voce di Marco lo raggiunse e spazzò via l'oscurità.
J aprì gli occhi e sorrise al suo orso gentile. Il ragazzone poggiò il volto sul letto, allungò la mano sfiorandogli la sua, era lì per lui, ci sarebbe sempre stato.
Garvin percepì il tocco gentile della sua mano, poi il suo profumo e infine il delicato bacio sulla sua fronte.
Freddie.
Lentamente aprì gli occhi, il suo amico lo stava fissando. Era accanto a lui, c'era sempre quando aveva avuto bisogno di lui.
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