9 - Sapienza
Dalla prima aggressione avvenuta durante il giorno di Halloween, se ne seguirono molte altre in giorni differenti. I sospetti su Lestrange erano sempre più fondati, eppure lui continuava a negare l'evidenza. Non riuscivano a spiegarsi perché volesse rendere le cose più difficili di quanto già non fossero, e intanto il numero di Grifondoro feriti in infermeria aumentavano pericolosamente.
Prima il cerchio era confinato solo sui ragazzi del suo stesso anno, o almeno dello stesso anno dell'aggressore secondo gli Auror; ma ultimamente si era esteso a quelli più piccoli e ad alcuni di un anno più grande. Le supposizioni lasciavano pensare che non ci fosse uno schema preciso e che il movente fosse totalmente inesistente.
Eppure, contro ogni aspettativa da parte di Charlie, William era restio e quella conclusione. Non era mai stato amico di Lestrange, anzi poteva giurare che lo odiasse più della peggiore delle minacce, ma c'era qualcosa che gli imponeva di dubitare della sua colpevolezza.
Non era una questione di amicizia, era una questione di sapienza. William era il peggior nemico in quel momento del Serpeverde, ma questo non implicava che per lui Lestrange era la causa di tutto. Qualcosa gli diceva che qualcuno gli stava giocando un tiro, lo stava incastrando ma non aveva idea né del perché né di chi potesse odiare il Mangiamorte più di lui. Sapeva perfettamente che Lestrange potesse essere il soggetto ideale, lui era perfettamente in grado di commettere una simile pazzia, ma proprio per questo non era colpevole: non era così stupido da farlo in un luogo e in un momento pieno di gente con l'alto rischio di essere scoperto.
"Sei proprio sicuro di quello che dici Bill? A me sembra forse l'unico sospettto possibile" gli disse Charlie una mattina, mentre si dirigevano verso le rispettive aule dopo la colazione.
"Mai stato più sicuro Charlie. Lestrange sarà anche un bastardo, ma non é stupido e sa a cosa va in contro se rischia troppo" fece William pensieroso. Per lui non vi erano vie alternative, si stupì di sé stesso: Lestrange era innocente fino al midollo. E la cosa lo fece stupire ancora di più al pensiero successivo: gli parve un'ingiustizia a tutti gli effetti. Lestrange stava già convivendo con l'arresto e la separazione dei suoi genitori, ed era chiaramente depresso. Ora imbrigliarlo anche in un'indagine senza uno straccio di prova era il culmine.
"E come fai ad esserne tanto sicuro?"
"Be' Charlie, non bisogna fare un grande ragionamento" disse William fermandosi davantivalla porta della sua aula "Devi solo metterti nella sua ottica: Lestrange è odiato da tutti sin da quando é nato, ha visto i suoi genitori finire in prigione e da quello che ho visto non se la passa bene con suo zio" si passò una mano tra i capelli ripendando a Lucius Malfoy "Lui è visto come una minaccia costante ed é ovvio che qualcuno voglia liberarsi di lui"
"Quindi tu credi che qualcuno stia agendo a danno suo?"
"Ne ho motivo, in effetti" fece William alla fine, poi salutò suo fratello e si diresse verso il suo banco nell'aula di Aritmanzia.
L'aula era ancora mezza vuota, molti studenti di Grifondoro erano ancora in infermeria e chi era stato dimesso riusciva a sostenere un tempo limitato di lezione. William vide che Lestrange non era presente, da un po' di tempo si rifiutava di uscire dal dormitorio e nemmeno alla Sala Grande si vedeva. Usciva solo per le lezioni per poi tornare nel suo piccolo spazio. William intercettò due amici del Serpeverde: Zabini e la Parkinson, che stavano parlando con un loro compagno, un certo Felix Rosier. Parevano arrabbiati o frustrati, si vedeva da come la Parkinson gesticolava con le mani e da come Zabini si abbassasse per parlare piano.
Quando si avvicinò a loro, questi smisero di parlare come per non voler far sapere cosa si stessero dicendo, ma francamente a William non importava. Voleva solo sapere perché Lestrange non fose presente, in fondo a lui era stata tolta la bacchetta per evitare che aggredisse qualcun altro, ma poteva tranquillamente seguire le lezioni di studio: "Lestrange dov'è?"
"Cosa ti importa?" chiese acida la ragazza "Gli vuoi fare un'accusa pubblica davanti a tutti? Non ti basta quello che Silente gli ha riservato?"
"Non sono contento per quello che gli sta succedendo, voglio solo sapere come sta e perché non é qui" disse Willam cercando di mantenere un tono educato ma molto sicuro.
"Vediamo se il tuo cervello é abbastanza sviluppato da arrivarci" si intromise Zabini con una smorfia "Gli hanno tolto la bacchetta dopo che ci sono state agressioni a danno suo e dopo che la Crow gli ha fatto perdere la pazienza diverse volte e viene sorvegliato dagli insegnanti costantemente, oltre che essere senza i suoi genitori. Tu come ti sentiresti?" posò la piuma con fare arrogante "Tra l'altro, girano voci che lo stia facendo per vendicarsi di te. Dopo che gli hai quasi soffiato quella bella Corvonero e dopo che é rimasto ferito in un duello con te" l'anno scorso, quando era stato organizzato il club dei duellanti, William e Lestrange erano stati avversari, e il Serpeverde era rimasto ferito ad una mano dopo una Maledizione ritortasi contro.
William rimase sorpreso di quell'ultima frase: addirittura c'era gente che pensare fosse lui il bersaglio primario e che Lestrange si stesse spianando la strada. Non poteva essere una supposizione più assurda: se il Mangiamorte avesse voluto colpirlo, lo avrebbe fatto senza troppi giri.
Questo poteva quindi essere l'elemento che confermava i pensieri di William: Lestrange era innocente e qualcuno lo voleva fuori dalla scuola.
"Ti sei incantato Weasley?" la voce di Rosier lo riportò alla realtà e il Serpeverde gli fece cenno di andarsi a sedere.
Ebbe da pensare alla scena che aveva visto prima che si fosse diretto a chiedere ai Serpeverde: quei tre parevano irrequieti per qualcosa, anche se quando aveva nominato Lestrange non parevano affatto sorpresi della situazione. Ma allora perché si erano bloccati in tronco? Se stavano parlando degli avvenimenti, potevano farlo anche con lui intorno.
Era come un'incognita negli esercizi di aritmanzia: dovevi risolvere tutti i pezzi prima di trovare tutti gli elementi e incastrali bene per avere il giusto risultato, ed era proprio quello che William aveva intenzione di fare: risolvere tutti i pezzi per trovare il risultato corretto.
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Se Remilia Crow fosse stata zitta e se il duello fosse andato avanti, adesso Antheo avrebbe ancora la sua bacchetta e, cosa ancora più importante, potrebbe anche prendere parte a tutte le lezioni senza esoneri. Quella situazione lo stava consumandone la cosa peggiore era che non poteva nemmeno fare affidamento su zio Lucius, lui pareva godere delle sue disgrazie. Quando era diventato tanto acido?
Antheo teneva lo sguardo fisso sul soffitto coperto dal baldacchino di dolore verde. Era sdraiato sul letto e non aveva voluto andare a lezione nemmeno quel giorno, lo sguardo sospettoso di tutti gli altri gli davano su i nervi, oltre che rendere pesante ancora di più la situazione. Qualcuno iniziava a esagerare, si diceva che gli Auror sarebbero venuti a pattugliare la scuola per assicurarsi che Antheo non potesse fare niente, giusto per un'altra rogna quotidiana.
Da quando era entrato in quella scuola, non avevano fatto altro che mettergli i bastoni tra le ruote; erano sempre pronti a mettersi contro di lui, soprattutto dopo l'arresto dei suoi genitori...
Si rigirò sul letto sbuffando, dopodiché scese e si diresse verso la Sala Comune. Era deserta, visto che tutti erano nel pieno delle lezioni, così Antheo poté scegliere il divano migliore per leggere un libro sulle Arti Oscure. La voce del suo Signore non si era fatta sentire quell'anno, gli sarebbe tornato utile per riacquistare la forza che stava perdendo.
Se fosse entrato qualcuno in quel momento e lo avesse visto con quel libro in mano, lo avrebbero anche allontanato dalla biblioteca. Era certo che lo avrebbero fatto.
Ebbe il tempo di sfogliare un'altra pagina e sentì bussare ripetutamente dove era l'entrata della Sala Comune. Era chiaro che fosse qualcuno che non apparteneva ai Serpeverde, o non avrebbe avuto bisogno di bussare. Con un sonoro sbuffo, Antheo chiuse il libro e si diresse verso l'entrata, magari era Cedric Dorca, di Corvonero, che voleva pare come stesse il suo amico. Era forse l'unico compagno di casa diversa a non odiarlo, oltre a quella bella ragazza che ancora cercava di avvicinare...
Ma quando aprì il passaggio, non vide né Cedric né altri compagni a lui vicini: William Weasley gli si parò davanti, non senza dargli una buona dose di stupore: "Che cosa ci fai tu qui?!"
"Allora sei vivo" Weasley lo guardò incrociando le braccia, aveva un misto di sarcasmo e curiosità in volto "Volevo sapere come stessi"
Antheo arricciò il naso, non gli piaceva l'idea che un ficcanaso come un Grifondoro potesse insinuarsi nei suoi affari, specie quando gli affari non erano belli. Weasley se ne stava lì fermo aspettando una risposta, una che Antheo non gli avrebbe dato per niente al mondo. Lo squadrò da capo a piedi, aspettandosi una reazione al suo silenzio: "Be'? Cosa vuoi qui impalato?"
"Ci sei?" fece Weasley sventolando una mano "Voglio sapere come stai"
"Non sono affari tuoi Weasley, e non ti dirò un bel niente" disse secco e acido Antheo e fece per tornare indietro, ma il Grifondoro non volle lasciarlo andare e lo afferrò per un braccio. Lo trascinò fuori dalla Sala Comune, percorrendo i corridoi pieni di gente che inesorabilmente si misero a guardarli chi con curiosità e chi con stupore, e non mancavano le occhiatacce e le risatine. Antheo cercava di ritrarsi dalla presa, ma gli era totalmente impossibile, Weasley lo teneva ben saldo.
"Lasciami cazzo!" sbottò Antheo tentando di liberarsi con uno strattone, dato che Weasley gli stava anche stropicciando la manica della giacca buona, ma il Grifondoro invece di cedere lo tirò di più quasi facendolo cadere: "No cazzo!"
Voleva umiliarlo, non vi era altra spiegazione. Aveva voglia di beffarsi di lui in un momento del genere o cosa? E dove lo stava portando poi? "Adesso tu vieni con me e finisci la giornata seguendo le lezioni chiaro?"
No, non era chiaro, non per Antheo. Lui non voleva seguire quelle lezioni noiose e non voleva prendere ordini da un Grifondoro di cui non voleva vedere nemmeno un capello. Riuscì alla fine a fermarsi togliendosi dalla presa di Weasley e lo guardò in cagnesco, non voleva avere niente a che fare con lui, tanto ormai che cosa cambiava?
"Cosa pensi di ottenere mettendo il muso e isolandoti, eh?"
"Di sicuro molto più di quanto otterrei venendo a quelle stupide lezioni di studio che non mi portano a niente! Io non sono certo qui per dormire durante Storia della Magia, anzi" fece seccato Antheo avvicinandosi a lui per guardarlo negli occhi, non voleva certo sentir la predica da uno come lui. non voleva niente ecco, voleva solo addormentarsi e sperare che fosse tutto un brutto sogno da cui presto si sarebbe svegliato.
Weasley gli restituì lo stesso sguardo: si scrutavano sapendo troppo l'uno dell'altro solo guardandosi, i loro occhi comunicavano fin troppo bene il loro odio reciproco e anche qualcos'altro: quelli di Antheo chiedevano aiuto, disperatamente, anche se si erano fermati a metà corridoio e non aveva alcuna intenzione di andare oltre. Voleva tornare alla Sala Comune di Serpeverde ma voleva anche che qualcuno lo ascoltasse. Non riusciva a comunicarlo a nessuno, nemmeno a chi aveva vicino, non si sentiva in grado di accettare aiuti, e questo Weasley doveva saperlo benissimo, visto che a dispetto di tutti e di tutto, era stato l'unico a venire da lui.
"Se proprio vuoi tornare a fare il musone vai, ma ti aspetto domani davanti alla Foresta Proibita, dove tu hai iniziato tutto" disse alla fine Weasley "Non vuoi tirarti indietro vero?"
"Io indietro? Dimmi a che ora e mi vedrai lì prima di te" disse Antheo cercando di prendere un tono di voce sicuro, anche se in lui niente era sicuro in quel momento. Weasley lo guadò sorridendo, un sorriso di sfida che servì a invogliare di più Antheo ad accettare, anche se non sapeva cosa aveva in mente "Allora mi aspetto che tu sia già all'albero morto quando uscirò dal portone del castello" si congedò salutandolo con quella frase, lasciandolo in piedi e confuso in mezzo al corridoio e massaggiandosi il braccio per rimettere a posto la manica.
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