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II || ANNI


PRESENTE

<<Harry>>

Hermione si alza dalla brandina cigolante, attraversa la tenda e raggiunge il ragazzo moro, che seduto attorno al tavolo fissa il vuoto con la testa tra le mani. Il vento sforma il telo spesso sopra le loro teste, la luce calda della lampada trema leggermente.

Nel silenzio ancora riecheggiano le parole di Ron, il modo brusco in cui se n'è andato, in cui li ha abbandonati.

<<Harry>>

Lo chiama di nuovo la ragazza, con dolcezza.

Si siede al suo fianco, ed anche se era andata a chiedergli di poterle prestare la Mappa del malandrino, conservata accuratamente tra le sue robe, decide di aspettare, allungando piuttosto una mano per passargliela tra i capelli. Hermione ha cercato di tagliargli quella folta chioma corvina solo pochi giorni prima e, dati i deludenti risultati della sua opera, spera per lui ricrescano in fretta.

<<Parla con me>> mormora Hermione, con la voce più dolce che riesce a tirar fuori. Non le viene facile. Troppe cose sono successe nella sua vita negli ultimi tempi e la tenerezza sembra improvvisamente così difficile da sfoderare con naturalezza. E' più facile gridare, arrabbiarsi. O essere triste. Spesso, si arrabbia perchè si sente troppo triste. E questo riassume più o meno lo spettro di emozioni che aleggia nella sua sfera emotiva, sopratutto da quando sono partiti alla volta della ricerca degli Horcrux.

<<Era colpa dell'Horcrux>> dice dopo qualche altro momento di silenzio Harry, la voce atona, lo sguardo ancora perso. La frase rimane sospesa tra l'affermazione e la domanda. <<Le parole di Ron, non le pensava davvero>>

Hermione scuote la testa, cercando di sorridere con fare rassicurante, ma lui si perde quello sforzo, continuando a guardare dritto davanti a sé.

<<No Harry, non pensava davvero ció che ti ha detto>> conferma lei, credendo fortemente in ciò che dice <<Ron non voleva lasciarci davvero. E tu sei il suo migliore amico. Quanto a me... abbiamo provato a fare finta di niente, ma sapevo che questo momento sarebbe arrivato>>

<<Hermione, vieni con me?>> le aveva domandato il ragazzo dai capelli rossi, un piede nella tenda ed uno fuori, lo sguardo spiritato. Hermione aveva una mano sulla bocca e stava cercando con tutta sé stessa di trattenere le lacrime causate dalla discussione che i suoi due migliori amici avevano appena avuto.

Anche se sotto shock, aveva fatto segno di no.

Non sarebbe andata con Ron, e non per le motivazioni che lui credeva ma per una cieca fiducia in Harry, e la promessa di combattere insieme, di restare uniti, tutte cose che l'altro invece stava infrangendo.

<<Lo sapevo>> aveva risposto quest'ultimo, soffiando con sprezzo <<Non hai tutti i torti, se quella sanguisuga di Malfoy ti scoprisse sola con me sono sicuro che non si farebbe problemi ad ucciderci. Entrambi.>>

<<Ronald!>>

Non aveva avuto neanche il tempo di rincorrerlo e controbattere, che Ron era già scappato via.

Infondo, non avrebbe neanche saputo cosa dirgli.

<<E' ferito, Herm>> le dice Harry, in un sussurro. Per lui, parlare del rapporto tra Hermione e Ron è più facile che affrontare il resto delle problematiche che hanno portato alla dipartita del ragazzo solo poche ore prima, per questo almeno prova ad argomentare. <<Immagina cosa ha provato questi giorni, convinto di star costruendo di nuovo qualcosa con te ma sentendoti tutte le notti mentre mormori il nome di...>>

Harry si blocca, come se pronunciare il suo nome fosse peggio di nominare Voldemort.

<<L'hai visto?>> taglia corto la ragazza, arrivando al motivo per cui aveva trovato le forze di uscire dal letto. E' una domanda che si pone da giorni, anzi, negli ultimi giorni è semplicemente diventata più insistente. In realtà, si tortura pensando a cosa stia facendo Draco da quando si sono visti per l'ultima volta.

Harry sembra non capire, così con un cenno della testa Hermione indica il mucchio di cose del ragazzo, tra le quali sporge un angolo della Mappa del Malandrino.

<<Draco>> sussurra, sentendo una fitta all'altezza dello stomaco nel pronunciare il suo nome, un pugno fatto di sentimenti contrastanti. Rimpianto. Rabbia. Mancanza. Tristezza. Soprattuto tristezza. <<È ad Hogwarts?>>

Hermione sa che Harry ha studiato la mamma tutte le sere, prima di addormentarsi. E lei l'ha tenuto d'occhio, pronta a reagire a qualsiasi novità, ma non aveva mai trovato il coraggio di chiederglielo. Già se ne vergognava profondamente, domandare una simile cosa davanti a Ron sarebbe stato troppo.

Il ragazzo dagli occhiali tondi scuote la testa, facendo muovere i capelli sulla fronte e rivelando la cicatrice che lo rende tanto famoso e che per Hermione è ormai cosa ordinaria. L'avrebbe seguito in capo al mondo, ma non per quella cicatrice.

Harry Potter, per lei, è sempre stato molto più di un segno sulla fronte. Più della sua fama. Più della sua magia.

Harry è i suo migliore amico.

L'amico che si è scelta. L'amico per cui ha lottato, e che ha lottato al suo fianco.

L'amico per il quale farebbe qualsiasi cosa.

Come, in quel momento, starsene in una tenda in mezzo al nulla, in attesa di un segno, o di un'idea, nel corso di una caccia all'uomo - o meglio, ai pezzi dell'anima di un uomo - che sembrava sempre non portare da nessuna parte.

<<Hermione>> comincia Harry, tornando improvvisamente in sé e muovendosi sulla panca, mettendosi a cavalcioni così da poter guardare meglio la ragazza al suo fianco. Sono entrambi a conoscenza di cosa verrà dopo quel nome e nessuno dei due vorrebbe davvero intraprendere quel discorso, eppure Harry sente che il momento è arrivato ed Hermione ha sempre saputo che prima o poi avrebbe dovuto delle spiegazioni al suo migliore amico <<Io ho cercato di farmi il più possibile gli affari miei, perché tu me l'hai chiesto e perché mi fido ciecamente di te, ma non ti andrebbe di raccontarmi cosa è successo? Insomma, tu e... Malfoy. Come diavolo è potuto accadere?>>

La risata della ragazza, bella quanto inaspettata, spezza il silenzio.

È un suono amaro in realtà, provocato dall'espressione storta di Harry nel pronunciare quella frase in cui associa alla sua amica il nome del purosangue che lo tormenta da quando ha respirato per la prima volta l'aria di Hogwarts. Hermione non lo biasima. Non riesce ancora a capacitarsene lei, come potrebbe Harry trattarla come una faccenda normale?

<<È una lunga storia>> risponde lei, scrollando le spalle e abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Su quelle dita, un tempo, aveva portato lo stupido anello con lo stemma dei Malfoy che Draco le aveva dato. Non era stato un gesto romantico, lui l'aveva fatto per togliersi un peso e lei, al tempo, avrebbe preso qualsiasi fardello pur di vederlo sorridere. Sopratutto se quel fardello riguardava la sua famiglia. Ancora arrossisce al pensiero delle volte che l'aveva indossato, di notte, quando nessuno poteva vederla. Era un gesto così stupido, infantile, eppure si dice che non è tanto diverso dal tenerlo appeso ad una catenina come fa da quando ha visto Draco per l'ultima volta. Quella serpe le ha sempre fatto fare cose stupide infondo.

Quasi ne sente improvvisamente il metallo freddo spingere contro il petto e, in un modo triste, le ricorda la sensazione di avere le sue dita sulla pelle. Dure. Gelide. Pesanti.

<<A meno che tu non abbia idea di dove andare a cercare il prossimo Horcrux, o una zanna di basilisco, o la spada di Godric, abbiamo tempo>> mormora Harry, cercando di scherzare e riportando l'attenzione di lei su di sé. Anche il suo tono di voce è più mite, mentre si sforza di far sentire Hermione a proprio agio, con qualcuno al quale avrebbe potuto confessare tutti i suoi segreti. Non si erano mai tenuti nascosti niente ed il pensiero che potesse esserci qualcosa a dividerli creava un muro tra loro, un muro che Harry era pronto a rompere nonostante sapesse che niente di ciò che Hermione gli avrebbe raccontato gli sarebbe piaciuto.

<<E non mi giudicherai?>> domanda la ragazza, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e guardando l'amico con fare timoroso. Non era solo per Harry che aveva paura di raccontare quella storia. Sarebbe stata la prima volta che avrebbe messo i pezzi del puzzle a posto, ad alta voce, davanti a qualcun altro. Temeva di sentirsi una stupida, di vedere tutti gli errori che aveva commesso, la verità sbattuta in faccia. Temeva che sarebbe stato chiaro che Draco non l'aveva mai amata.

E lei invece si aggrappava a quella speranza, durante le notti buie e le giornate lunghe e pesanti. Durante ogni duello. Durante ogni sconfitta, e ogni piccola vittoria.

C'è stato un momento in cui Draco Malfoy l'ha amata.

E questo le basta come benzina per andare avanti.

Per non sprofondare nel buio.

Harry scuote la testa, allungando una mano per afferrarne una di quelle di Hermione e stringerla tra le dita polverose, eppure così familiari.

<<Insomma, a parte tutto... è un bel ragazzo. O almeno così dicono tutte. Probabilmente è stato difficile resistergli.>> commenta, e quella frase suona così strana ad entrambi, nonostante cercasse di fare il serio, che scoppiano tutti e due a ridere. Era passata una vita, dall'ultima volta che avevano riso insieme di gusto.

<<Si, è un bel ragazzo>> risponde Hermione, arrossendo molto più di quanto si sarebbe aspettata <<Me non è mai stato questo il motivo>>

Rimane qualche attimo in silenzio.

<<Peró ha provato ad uccidere Silente>> aggiunge, poi.

È quello che Hermione non si perdonerà mai, è lì che ha smesso di guardarlo in faccia, lì che lui ha distrutto tutto.

Aveva sempre pensato che Draco avrebbe combattuto contro la sua natura, contro i suoi genitori, che si sarebbe opposto ad abomini del genere. E invece no. Invece era salito su quella torre per uccidere Silente, rinnegando lei piuttosto.

<<Ho pensato tante volte a quella notte. E tutte le volte, mi sono ritrovato a pensare che Draco non sarebbe mai riuscito ad uccidere Silente. Non l'avrebbe mai fatto davvero, e forse grazie a te>>

Nel momento in cui Hermione si rende conto che Harry Potter sta alleggerendo le colpe di Draco Malfoy spalanca la bocca, sorpresa, ma capisce anche che è arrivato il momento di far sapere ad Harry come sono andate le cose.

<<Non è solo perchè è un bel ragazzo che è difficile resistergli>> mormora lei, aggrottando le sopracciglia e cercando di mettere in ordine i pezzi <<Ci sono voluti anni per costruire quello che abbiamo avuto. Ed anche se mi sembrava qualcosa di forte, di solido, in realtà è bastato solo un attimo per spazzarlo via>>

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