Capitolo 5. Il party
Xylia
Sono a casa di Heidi, la mia migliore amica, mentre mi preparo per andare a un party a cui, francamente, non ho nessuna voglia di partecipare.
A inizio settimana, Ludmilla, nostra cliente all'atelier, è passata per invitare il nostro capo e noi ragazze a un gala in cui interverranno tante persone influenti. Dicono ci sarà anche il sindaco di Seattle e che parlerà a favore dell'abbattimento delle diseguaglianze sociali.
Non so per quale assurdo motivo, ma ci teneva che noi presenziassimo all'evento, ha anche minacciato velatamente Dorothy per convincerla ad obbligare noi tutte ad andare alla festa. Dice che siamo il suo bigliettino da visita per le elezioni alla carica d'assessore a cui il marito concorre. Che donna squallida! Userebbe tutto e tutti pur di raggiungere i propri scopi!
«Che pizza che sei, Xy, fammelo un sorriso, su! Non stiamo mica andando a un funerale!»
La voce della mia amica mi ridesta dai pensieri e smetto per un secondo di torturare l'abito che lei ha scelto per me: un vestito lungo della ASOS che la mia amica comprò online qualche anno fa.
Dimenticavo, quella stronza di Ludmilla ha anche preteso che indossassimo l'abito lungo! Che serpe!
«Heidi, quella donna ci sta usando come pedine per vincere le elezioni e far vedere alla gente e al sindaco che è una donna buona e disponibile con tutti, quando è esattamente l'opposto. Ci tratta sempre con sufficienza e ci invita ad una festa?» sbuffo, sedendomi sul divano con uno scatto.
«Sì, è vero, il motivo è questo, ma a chi importa? Perché non pensi a goderti la serata, per una volta? Potresti conoscere l'uomo giusto, lì, chissà. E io non esco a divertirmi da una vita, visto che il 90% delle mie serate le passo con Donny, al suo pub, o con te, qui, a guardare film strappalacrime. Ci meritiamo un po' di divertimento o no?»
Continua a trafficare nell'armadio perché non trova il vestito che vorrebbe indossare. Quando ha saputo di questa stupida festa è come impazzita, cercando di pensare a quale fosse l'abito giusto da indossare.
Immediatamente, quando lei ha iniziato a parlare di abiti, il mio pensiero è volato subito a quello regalatomi da Gabe, ma non potevo dirglielo. Heidi non sa dell'esistenza di quell'abito, né del fatto che adesso è nelle mie mani.
Conosco la mia amica e, di sicuro, avrebbe iniziato a fantasticare col cervello, quando tra me e quel gigolò non c'è niente e non ci sarà mai!
«Eccolo!» dice fiera, tirando fuori dall'armadio un abito di lycra color rosa pastello tutto stropicciato.
«Credi che saremo troppo dozzinali con gli abiti della ASOS?» domanda, oltrepassandomi e avviandosi verso il salottino dove ha già messo su l'asse e il ferro da stiro.
La seguo, ancora scalza e in pantaloncini, e la rimprovero.
«Tesoro, noi non abbiamo un uomo ricco che ci mantiene come quella donna! E non abbiamo nemmeno soldi inutili da buttare per fare sesso con un gigolò!»
«Purtroppo!»
«Purtroppo? Ma ti senti? Dio, Heidi, delle volte non ti capisco proprio, davvero!» mi arrabbio, stupita dalle sue parole.
Come se tra le priorità della vita ci fosse pagare per fare del semplice sesso. È assurdo!
«Xylia, non facciamo le ipocrite, sgobbiamo come matte per portare a casa uno stipendio che ci permette di campare, per carità, ma di sicuro non di fare la bella vita! A chiunque farebbe comodo un "marito ricco", quindi non criticare.»
Posa l'abito sull'asse e comincia a stirare, mentre io la guardo torva.
«Sul serio? E tutto il tuo amore per Donny che dine ha fatto?» chiedo.
«Che c'entra Donny? Sai quanto lo amo! Ma se vincessimo alla lotteria saremmo di sicuro più felici, non credi?
La vita è già dura, Xylia, è ovvio che invidio gente come Ludmilla che, invece, ha tutto facile!» si giustifica, sbuffando.
«Invidi? Dici sul serio? Una poveretta che ha sposato uno che non le piace solo per soldi e che è costretta a pagare per ricevere del buon sesso? Non è il mio stesso concetto di invidia, Heidi!»
«Voglio soltanto dire che quella donna ha una vita più semplice della nostra. E scusami tanto se, per una cavolo di sera, voglio divertirmi, dimenticando i problemi, le bollette da pagare, il matrimonio che tanto vorrei ma che ritarda sempre perché io e Donny non possiamo permettercelo, quella casetta al centro che tanto mi piace ma che non potrò acquistare nemmeno tra un milione di anni. Scusami tanto se per una volta voglio dimenticarmi tutto questa e buttarmi nella mischia, sognando una vita semplice, facile, qualcosa che non potrò mai avere!» Lo dice con rabbia, alzando un po' troppo la voce, e capisco di essere stata troppo dura con lei.
Ha gli occhi lucidi e si tiene una mano su un fianco, respirando piano per sbollire la rabbia.
Mi avvicino cautamente e la cingo a me, scusandomi.
«Perdonami, sono un'idiota! Hai ragione tu, abbiamo già così tanti guai, per una sera meritiamo di svagarci senza pensare a niente. Scusa.»
«Non mi importa di questo, Xy, solo: non giudicarmi una frivola, perché sai benissimo che non lo sono!»
«Non volevo darti della frivola e ti chiedo scusa se è passato questo.» Ci guardiamo intensamente negli occhi e lei mi fa un sorriso. Ci abbracciamo ancora e poi lei mi lascia andare.
«Che dici? Te lo finisco di stirare io, il vestito?» chiedo.
«No, figurati! Anzi, va a vestirti, piuttosto! Ti ho prestato un abito mozzafiato quindi fila a metterlo!»
«D'accordo, d'accordo, vado!» Alzo le mani in segno di resa e ridacchio, mentre lei sorride scuotendo la testa.
Mi volto, dandole le spalle, facendo pochi passi, quando mi viene in mente una cosa e mi giro nuovamente.
«Heidi, credi che stasera ci sarà anche lui?»
Il cuore mi batte un po' troppo quando glielo chiedo e il pensiero ritorna involontariamente a quando mi ha toccato la schiena, mentre indossavo quel vestito, in atelier.
«Lui? Lui chi?»
«Gabe.»
«Il gigolò?» domanda alzando un sopracciglio.
«Mmm» mugugno, scuotendo la testa in segno d'assenso.
«Non lo so, credi sia conveniente portarlo a una festa del genere? Non so se certi uomini frequentano solo alcuni ambienti oppure sono lanciatissimi nell'alta società come se fossero dei semplici politici o imprenditori!»
«Beh, in un certo senso lui è imprenditore del sesso» dico in una battuta e lei scoppia a ridere.
«Non lo so, Xylia, non ne ho idea. Non è che mi capiti tutti i giorni di conoscere gigolò. Tu vorresti che ci fosse?» chiede e io resto in silenzio un attimo, forse di troppo. La guardo dritto negli occhi e, per la prima volta da quando quest'uomo ha messo in qualche modo piede nella mia vita, sono sincera con lei.
«Non lo so» esalo e mi volto, per tornare dritta in stanza e prepararmi per questo fantomatico party a cui parteciperò.
***
Siamo appena arrivati nella sala dove si tiene il ricevimento e mi sento particolarmente tesa, al punto che lascio Heidi raggiungere le nostre colleghe e mi dileguo, cercando il bagno.
Una volta lì, poso la pochette sul lavabo, mi fisso allo specchio e prendo un bel respiro.
Ammiro la mia immagine curata, i capelli lisciati dietro e i piccoli cerchi di finti brillanti che risplendono tra questi.
L'abito è nero, a collo alto ma con la schiena scoperta in parte. Mi sta bene, mi sento bene.
Eppure perché ho questa strana sensazione che mi assale? Perché ho così paura di rivederlo?
Prendo un altro bel respiro, recupero la pochette e torno di là.
Attraverso la sala in cerca delle mie colleghe e finalmente le vedo. Ci sono tutte: Amber, Jenny, Louise, Mindy e anche Dorothy è lì con loro. Ludmilla parla con le mie colleghe come se fossero le sue più care amiche e questo mi fa ribrezzo!
Faccio un passo per raggiungerle, ma una mano si posa sulla mia vita e mi blocca.
«Hai un buon profumo, stasera.» La sua voce è calda, nel mio orecchio, e la sua mano è insinuante, benché ferma, salda sul mio fianco.
Mi volto, cercando qualcosa di arguto da dire per metterlo a posto ma non ci riesco.
È elegantissimo, emana un profumo e un odore buonissimi che mi fanno vacillare. I suoi occhi sembrano scintillare sotto le luci della sala e il modo famelico in cui mi guardano mi fa tremare.
«Voglio dire...» continua, come se non avesse mai interrotto il discorso «il tuo profumo è sempre buono, ma stasera ha... qualcosa di particolare. Forse è l'unione del Narciso Rodriguez mischiato all'odore del trucco. Ha un effetto micidiale, Xylia» dice con tono ammaliante.
«Non è il Narciso, ma soltanto una sua pessima imitazione! Non spenderei mai tutti quei soldi per un profumo. E non posso nemmeno permettermi di farlo, per cui...»
«Un'ottima imitazione, comunque. Mi aveva quasi fregato! O forse sei tu che riesci a mandarmi in confusione con la tua sola presenza.»
Deglutisco forte, provando a reprimere la profonda attrazione che sento per quest'uomo e che non voglio, non posso sentire!
«Cambia repertorio, Gabe. Non funziona con me!» dico acida e lui, per tutta risposta, sorride con quell'aria da insolente, alza una mano e la porta sul mio viso, agganciandomi dietro l'orecchio.
«Sei bella quando ti arrabbi» esala e prova ad avvicinarsi, ma io lo scanso, mettendo le distanze.
«Stavo raggiungendo le mie amiche. Quindi, se vuoi scusarmi!»
Non faccio che un passo, perché lui mi viene vicino e mi dà il braccio, come a dirmi di afferrarlo.
«Ottimo! Stavo andando nello stesso posto anch'io. Vieni?»
Lo guardo leggermente accigliata, ma non voglio fare ancora stupidi battibecchi o scenate, così mi aggancio al suo braccio e cammino con lui verso le sue amiche.
«Credevo che avresti messo il mio abito!» sibila, durante la camminata.
«Non metterò mai quell'abito! E poi come sapevi che sarei stata qui, scusa?» chiedo, innervosita.
«Ludmilla mi informa sempre dei suoi giochetti per il potere!»
«Ah, figurarsi!»
Cerco di non mostrarmi troppo infastidita perché, nonostante tutto, quella donna è una cliente e non posso lasciarmi andare, con Gabe o con chiunque, a commenti poco carini.
Quando arriviamo dalle mie colleghe, Gabe cattura subito l'attenzione di tutte e mi lascia immediatamente andare.
Saluta tutte col baciamano, mentre loro avvampano come se non avessero mai visto un uomo. Fa battutine, sorride, gioca, scherza e si comporta come un gallo in un pollaio.
Dorothy, il mio capo, è in estasi e anche Heidi sembra catturata da quell'uomo.
Mi sento fuori posto, vorrei andare via, quando qualcuno, sul palco prende la parola.
È il sindaco Pew e comincia il suo discorso al quale, la maggior parte della gente, presta ascolto fingendo interesse.
Io, invece, sono realmente interessata, perché mi importa della mia città e da chi e in che modo viene gestita.
Quando questi finisce, chiama in causa il marito di Ludmilla che lo raggiunge sul palco e fa un discorso a sua volta.
È un uomo palesemente viscido, mi fa ribrezzo! Il modo in cui parla, si muove e sorride è disgustoso. Non ho altre parole per definirlo.
Quando anche lui finisce, il sindaco ci invita a fare banchetto con le pietanze che i camerieri iniziano a servire in quel momento.
Prendo la mano di Heidi e ci buttiamo al buffet, per mangiare roba raffinata che, probabilmente, non assaggeremo mai più in vita nostra.
***
La serata scorre e, stranamente e contro ogni mia aspettativa, mi sto divertendo.
Dorothy sembra essere diventata una di noi. Ci racconta aneddoti buffi del suo passato e delle sue mille avventure amorose, facendoci fare un mucchio di risate.
Gabe ha passato quasi tutta la festa districandosi tra mille persone, soprattutto donne. Non l'ho perso di vista un attimo! Non so perché, ma quello che fa mi interessa.
A buon punto della serata, il gigolò si avvicina a noi per chiederci come sta andando e inizia a parlare di un'altra festa, un posto frequentato da gente di ogni tipo.
Dice che sarebbe felice di portarci e che vorrebbe farci conoscere il suo mondo.
Io sono sconvolta, ma Dorothy e le ragazze sembrano entusiaste.
Ci dice che si tratta di una sorta di appartamento megagalattico dove ci sono uomini donne, transessuali, scambisti e gente di ogni tipo che vive la propria vita in maniera dissoluta.
A me sembra una follia andarci, ma tutte sembrano d'accordo nel provare questa nuova emozione.
All'inizio mi mostro reticente, dicendo che sarebbe una scortesia nei confronti di Ludmilla, ma Gabe assicura che lei sa già tutto e che possiamo andare, visto che, in pratica, qui, la serata sta volgendo al termine.
Le ragazze sono entusiaste e io, di mala voglia, mi accodo alloro.
Abbandoniamo il party dopo tante, finte cerimonie con Ludmilla e seguiamo Gabe fuori dall'edificio.
Siccome all'andata eravamo tutte venute in taxi, Gabe ci fa salire nella sua limousine, guidata da uno chauffeur attempato.
Durante il tragitto, in auto, cerco di non incrociare mai il suo sguardo, anche se me lo sento addosso, così addosso che inizio a sentire caldo.
Quando arriviamo a destinazione, il cuore incomincia a battermi più forte e stringo la mano della mia amica per sentirmi al sicuro.
Sembrano tutte eccitate da questa sorta di brivido del proibito che non riesco a concepire.
Saliamo all'ultimo piano e Gabe bussa alla porta kitch di quello che, immagino, sarà un super attico.
È un ragazzo ad aprirci, ubriaco, che quando vede Gabe gli salta al collo e lo bacia in bocca.
Gabe ricambia e poi si distacca ridendo.
Io sono scioccata, totalmente senza parole.
«Igor! Già ubriaco?» chiede Gabe, dandogli una spintarella.
«E strafatto, anche! Oh...» esala, accorgendosi di noi. «Hai portato la figa!»
Gabe gli dà uno scappellotto e lo rimprovera.
«Non essere volgare, Igor. Levati dalle scatole e facci entrare.»
Lo spinge via e ci fa segno di entrare.
Io sono l'ultima della fila e quando passo, Gabe si attacca dietro di me e richiude la porta alle sue spalle.
Dentro, nella sala, ciò che mi si para davanti è quanto di più osceno abbia mai visto in tutta la vita: uomini, donne, avvinghiati, l'uno addosso all'altro, a fare sesso davanti a tutti come niente fosse.
Orge, threesome e gente che sniffa cocaina sono attorno a noi come se fosse la cosa più normale della terra.
Mi sembra di stare in un maledetto film, accidenti!
«È questo il tuo mondo?» chiedo inacidita a Gabe.
Lui mi fissa, intensamente, poi mi si para davanti e si avvicina al mio orecchio.
«Questo e molto altro, Xylia» sussurra, facendomi rabbrividire.
Mi distacco, fintamente infastidita e mi allontano di poco da lui.
Ci muoviamo nella sala e io cerco di smettere di guardare lo schifo che mi circonda.
Gabe ci fa spostare in una zona più appartata e, all'improvviso, tra tanti volti sconosciuti, ne intravedo uno noto, uno... familiare.
«Yuri!» esclamo, sconvolta. Lascio andare la mano di Heidi e avanzo a grandi falcate verso di lui.
È appoggiato al muro e flirta con una bionda.
«Che diamine ci fai qui?» urlo, una volta raggiuntolo.
«Xylia? Che diamine fai tu qui?» ribatte, sotto shock. Lancio un'occhiataccia alla bionda che si dilegua senza salutare.
«Sono qui per "lavoro", diciamo. Sono con le mie colleghe e con Dorothy, il mio capo. Eravamo a una festa, stasera, loro sono venute venire qui e io ho voluto accodarmi. Ok? Ora dimmi tu che fai qui!»
Yuri si morde il labbro e poi si guarda intorno. Mi tira per un braccio e ci allontaniamo, finendo in una stanza da letto.
Yuri richiude la porta e sbuffa, portandosi una mano in testa.
«Ti dirò tutto, ma devi promettermi che non dirai nulla a papà. Non voglio che si preoccupi.»
Sgrano gli occhi, preda del panico.
«Preoccuparsi? Che diamine significa? Che hai combinato?»
«Niente, sta calma.»
«Se ti sei cacciato in un brutto guaio...»
«Nessun guaio, stammi a sentire. La mia vita, di qui a poco, cambierà da così a così» dice mettendo il palmo della mano dritto davanti a sé e spostandolo da un lato all'altro.
«Che vuoi dire?»
«Lunedì, al lavoro, un uomo mi ha fermato. Mi ha... come dire... notato, ecco. Mi ha detto che sono un bel ragazzo e che il suo capo cercava proprio tipi come me: giovani e bei ragazzi da ammaestrare per questo tipo di vita.»
«Ammaestrare? Come si fa con le scimmie? Santo Cielo, Yuri, sii più chiaro, mi stai facendo preoccupare.» Sono agitata e temo le sue parole.
«Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Mi è solo stato offerto uno stile di vita differente, uno più... inusuale. Vogliono insegnarmi a fare il gigolò, Xylia. Fare sesso per vivere, riesci a crederci? È il sogno di ogni uomo!»
Il cuore mi si ferma nel petto e ho la netta sensazione che di lì a qualche istante sverrò.
«Inoltre mi hanno prospettato guadagni che non vedrei nemmeno in un anno di lavoro, e stiamo parlando di guadagni mensili, sorellina! La mia vita cambierà, potrò permettermi il meglio, comprare una casa nuova a papà, a te!»
«Tu sei matto!» grido come un'ossessa. «Non puoi fare una cosa del genere, Yuri, va contro ogni nostro principio, cazzo! Non pensi a cosa proverebbe papà se dovesse scoprirlo, eh? Non te lo permetto, Yuri. Se non abbandoni subito questa idea malsana sarò io stessa a dirglielo!» lo minaccio ma lui, per tutta risposta, apre con violenza la porta e mi guarda un'ultima volta.
«Fa pure, non mi importa! La vita è la mia, Xylia, e non permetterò a nessuno di interferire, chiaro? A nessuno!» urlo e va via, sbattendo con violenza la porta.
Rimango lì e scoppio a piangere, piegandomi su me stessa e chiedendomi perché tutto questo è capitato proprio a lui, proprio a mio fratello, alla mia famiglia.
Non posso permettergli di distruggersi con le proprie mani, non lo consentirò!
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