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Capitolo 3. Suadenti pensieri

Gabe

Sono nel mio appartamento, mentre sorseggio un caffè dopo un'ora di allenamento. Amo tenere il mio corpo in forma, amo vedermi impeccabile. Se non fossi così impeccabile non avrei tutta la clientela che mi segue da anni. Certo, il fatto che io sia il migliore scopatore della città è il motivo principale, ma vi assicuro che se avessi la pelle flaccida, la pancetta e l'aspetto poco curato, nessuno crederebbe alle mie doti da gigolò.

Il telefono sulla tavola della cucina vibra all'improvviso e io guardo lo schermo: un numero sconosciuto.

Sorrido leggermente, immaginando già che sia lei. Premo il tasto di risposta e metto subito in vivavoce.

«Pronto» rispondo con voce rude.

«Ehm... Gabe?» La sua, invece, tituba. Vorrei tanto sapere dov'è adesso, che cosa sta facendo, con chi.

«In persona. A quanto pare hai deciso di tenere il numero, Xylia.» Scandisco bene il suo nome, per farle immaginare come sarebbe tra le mie labbra quel suono mentre la bacio e la lecco dappertutto.

«Non per quello che credi. Non posso accettare il tuo regalo!» ribatte decisa e io mi sorprendo. Mi piace che tiri fuori il carattere, ma ovviamente non le permetterò di restituirmi il vestito!

«Credevo di essere stato chiaro nel mio biglietto» replico granitico, ma lei risponde ancora.

«Non so con chi tu sia stato abituato a trattare fine adesso, Gabe, ma io non prendo ordini da nessuno. Dammi il tuo indirizzo così te lo riconsegno.»

«Nemmeno io prendo ordini, a meno che non sia per lavoro, ma vengo pagato bene per farlo.» Sono insinuante e ammicco con la voce per provocare una sua reazione, che non tarda ad arrivare.

«Oh, immagino! Me lo dai quest'indirizzo o no?»

«No! Te l'ho detto, non prendo ordini al di fuori del lavoro. Piuttosto, perché non ne discutiamo da vicino? Non so... magari ad un coffe shop, vicino casa tua.»

«Non se ne parla. Anzi, dimmi subito come hai avuto il mio indirizzo!» ordina ancora e la cosa, non so perché, mi fa eccitare.

«Ho i miei informatori.» Traffico sul tablet per cercare un locale vicino casa sua e ne trovo uno non molto distante da dove vive.

«Informatori?»

«Sì. Ti va bene tra un'ora al Baby? È vicino casa tua, no?»

«Cosa di quello che ho detto prima non ti è chiaro, Gabe?» domanda spazientita.

«Non sono uno che accetta un no come risposta. Allora? Tra un'ora ce la fai?» insisto.

Xylia sbuffa, prendendosi un attimo in più per rispondere.

«Prenderai il vestito se ci vengo?»

«Va bene» mento. Voglio vederla, sono stanco di perdere tempo al telefono.

«D'accordo, tra un'ora. Giusto il tempo di restituirti l'abito e...»

«Saremo in un locale, Xylia. Un posto dove si va per fare colazione. Mangeremo, chiacchiereremo un po' e alla fine, forse, potrai restituirmi il regalo.»

«Forse?»

«A dopo, Xylia.»

Le attacco il telefono in faccia e sorrido, soddisfatto di me.

Lascio stare il caffè che avevo iniziato a sorseggiare e svuoto la tazza nel lavandino.

Corro al bagno per lavarmi, mi sfilo gli slip e apro il getto dell'acqua calda della mia enorme doccia.

Mi butto lì sotto e inizio a massaggiarmi il corpo. Quando arrivo alle mie parti basse, il pensiero vola di nuovo a lei.

La immagino chiusa lì dentro con me, ipotizzo tutte le cose più sporche e assurde che potrei farle.

Voglio scopare quella donna e voglio farlo prima possibile! Devo togliermi questo tarlo dalla testa e via! Poi potrò continuare la vita di sempre.

Guardo il mio uccello indurito e sorrido. Se fosse qui con me non avrebbe scampo!

Penso a come sarebbe averla e mi chiedo se una volta sola mi basterebbe. No! Non credo! Il modo in cui la penso, la immagino e la desidero è così intenso che mi servirebbe molto più tempo per farla mia come voglio.

Sono sicura che Xylia non si lascerebbe andare subito a certe cose e io ho bisogno di farle provare tutti i piaceri del sesso, anche cose che lei, probabilmente, non sa nemmeno che esistono.

Inevitabilmente, ma in maniera incontrollata, mi sfrego l'uccello, continuando a immaginarla qui con me. Probabilmente non mi tiro una sega da solo da quando ho iniziato questo mestiere ed ero diventato un asso della mano amica per allenarmi a resistere più a lungo nelle mie primissime performance.

Non so perché lo sto facendo. È da sciocchi, non ho bisogno di questo per provare piacere!

Oggi ho un mucchio di appuntamenti e posso sfogarmi alla grande insieme a donne avvenenti e sperimentatrici.

Cerco di negare a me stesso il fatto che questo è diverso, che lei è diversa, ma non ci riesco.

Non riesco a fare a meno di pensarla e non riesco ad allontanare il mio palmo da lì.

Continuo a lavorare di mano, ancora e ancora, finché non vengo nella doccia con un verso strozzato.

Mi appoggio alla parete e ansimo piano, riprendendo fiato.

Devo averla, ma come? Xylia non si farà facilmente conquistare. Non è interessata a quello, è chiaro. O meglio, è interessata ma dopo che ha capito il lavoro che faccio ha messo un muro.

Come avrà fatto a saperlo? Chi gliel'avrà detto?

O forse lo sapeva dall'inizio e mi ha solo preso in giro, chiedendomi che lavoro facessi!

Finisco di lavarmi, provando a pensare ad altro, e quando esco e mi avvolgo in un asciugamani, resto qualche istante a fissare la mia immagine riflessa nello specchio.

Forse dovrei proporle una specie di accordo, lei nel mio letto in cambio di... già, in cambio di cosa?

Non ho nulla da offrirle a parte il sesso. Certo è che, per lei, sarebbe un vero miracolo poter venire a letto con me gratis. Non lo faccio mai gratis, mai!

Ma la domanda è: lei è interessata a questo? È interessata a una semplice notte di sesso folle col sottoscritto?

Nah, non funzionerebbe. Ho già chiarito a me stesso che una notte non mi basterebbe. Ma quanto tempo allora? Una settimana? Due? Quanto?

Non ne ho idea, mi sembra tutto troppo assurdo.

Lascio il bagno e torno in camera, vestendomi con i miei migliori abiti.

Quando sono pronto spruzzo del profumo per dare il tocco finale e mi guardo ancora una volta allo specchio. Quello della mia stanza, stavolta, che mi mostra nella mia intera immagine, in tutta la mia bellezza.

Basterà questo per farla cadere ai miei piedi?

O sarò io, come un coglione, che cadrò ai suoi?

***

Sono seduto al Baby e Xylia è appena entrata. È fantastica. Indossa un abito bianco di lino, ha una busta in una mano e mi cerca con lo sguardo. Attendo che sia lei a trovarmi e quando ciò accade, non la saluto nemmeno con un cenno della mano e aspetto che lei si avvicini a me.

Quando arriva davanti al tavolo dove sono seduto, mi alzo per salutarla e lei mi porge subito l'enorme busta, dove c'è di sicuro il mio regalo.

«Ecco, intanto tieni.»

Afferro la busta e noto che dentro c'è quella bella scatola regalo che avevo comprato apposta per metterci l'abito.

«Avresti potuto almeno tenere la scatola» dico risedendomi e poggiando la busta per terra.

Xylia si accomoda davanti a me, sta sulle sue e sembra tesa.

«Non posso accettare nulla da te. Non ci conosciamo e non stiamo uscendo insieme. Non hai motivo di farmi un regalo.»

È acida nella sua risposta, ma io non mi farò frenare.

«Oh, invece sì. Se non si fosse perso del tutto il senso della parola regalo, adesso, tu, terresti quel vestito.»

«Che vuoi dire?» chiede incuriosita.

«Un regalo è qualcosa che si dona spontaneamente, non perché siamo obbligati da precise regole sociali o di comportamento. I regali a Natale, ai compleanni, sono tutte cazzate! Si dovrebbe avere la libertà di donare quello che si vuole, quando lo si vuole e a chi si vuole.»

«Forse. Ma almeno ci dovrebbe essere una motivazione valida. Non so... i genitori regalano giocattoli ai figli perché amano vederli felici, i nonni perché adorano viziarli. Le amiche, a volte, si fanno regali perché si vogliono bene e le coppie perché si amano. Tu che motivo avevi di farmene uno?» domanda, indispettita.

«Semplice, mi piaceva come ti stava quel vestito. Ti basta come motivazione?» chiedo e mi allungo sul tavolo per avvicinarmi di più a lei.

«No! Non mi basta. E comunque ora te l'ho restituito, quindi amen. Adesso, puoi semplicemente lasciarmi in pace e farmi continuare la mia vita?» chiede.

«No! Innanzitutto, il fatto che abbia preso la busta dalle tue mani e messa per terra non significa che abbia accettato la restituzione, seconda cosa: perché hai così paura di me?»

La guardo dritto negli occhi e lei sembra traballare un istante. Distoglie lo sguardo e poi torna a fissarmi.

«Chi ti dice che io abbia paura di te?»

«Tu. Il tuo corpo, le tue parole, le reazioni che hai. Ti terrorizza così tanto il lavoro che faccio?»

«Tu non mi hai detto che lavoro fai.»

«Ma l'hai comunque saputo. Non è una parolaccia, puoi dirlo ad alta voce, nessuno si scandalizzerà» la provoco e lei sbuffa.

«Uff, che vuoi da me, Gabe?»

«Solo parlarti, fare conversazione» mento. «Ti sembra così assurdo che un gigolò voglia fare conversazione con una donna?»

«Conversazione? E perché nel tuo biglietto hai scritto che ti sarebbe piaciuto molto di più vedermi senza quel vestito addosso? Anche quello era un tuo modo per fare "conversazione?» virgoletta l'ultima parola, prendendomi in giro, e mi fa accapponare la pelle.

Adoro vederla arrabbiata!

«Era solo una battuta, Xylia, rilassati. Sono pur sempre un gigolò, concedimelo» rispondo ammiccando, ma a lei sembra non importare.

Possibile che non subisca il mio fascino, che non capitoli seduta stante come succede a tutte?

«Ascolta, non ho tempo da perdere, perciò adesso andrei.»

Si alza di scatto, cogliendomi di sorpresa.

«Non te ne andrai senza il tuo regalo!» ringhio, alzandomi a mia volta.

«Ci siamo visti proprio per questo, Gabe» dice lei, alzando un sopracciglio.

«Se non lo prendi e riporti a casa, tornerò a fare visita al tuo capo, in atelier. Non credo sarebbe felice di sapere quanto mi abbia offeso una sua dipendente non accettando il costosissimo vestito che ho comprato appositamente per lei. Soprattutto se le dicessi che a causa di questa scortesia non spenderò più un soldo lì dentro.»

Xylia sgrana di poco gli occhi, visibilmente colpita.

«Non oseresti farlo!»

Mi piazzo davanti a lei, molto vicino al suo viso. Xylia sussulta, ma non si sposta.

«Sfidami!» sussurro e lei tace. Mi fissa le labbra e io vorrei baciarla, ma subito dopo lei si allontana.

Prende la busta accanto al tavolo, con aria arrabbiata e mi guarda un'ultima volta, prima di girare i tacchi e andare via senza dire una sola parola.

Rimango lì, colpito ancora di più da lei e dal modo assurdo in cui mi fa eccitare.

Dopo quest'incontro, più che mai, sono convinto che devo mettere in atto un piano per averla, qualcosa che la faccia diventare mia per un tempo preciso. Non so ancora quanto, ma so che ci sarà un inizio e poi una fine.

Devo studiare bene questa donna, la sua vita, le sue abitudini. Solo allora saprò qual è la carta giusta da giocare. Devo farle una proposta alla quale non potrà sottrarsi. Una di quelle offerte impossibili da rifiutare!

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