Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 13

20/04/15

Si svegliò prima dell'alba, stiracchiandosi sul letto. Sorvolò con lo sguardo la sua nuova stanza. C'erano ancora diversi scatoloni da disfare, ma già i suoi amati libri riposavano nella sua libreria che aveva trovato. Suo padre aveva allestito davvero bene quella casa.
La sua camera era la prima di un corridoio che terminava con un piccolo bagno lungo e stretto ma accogliente con delle piastrelle verdi acqua e una piccola doccia incastrata in fondo. Mentre dall'altra parte della casa, una cucina giallo paglierino, un piccolo salotto provvisto di divano e televisione, e per finire la camera di Hugo esattamente a fianco all'ingresso.
Chi aveva preparato quel posto per accoglierli, aveva fatto un ottimo lavoro. La mobilia era messa esattamente come nella sua camera all'Inferno, e se non fosse stato per le pareti bianche e il delicato paquette beige, anziché nere, avrebbe pensato di certo di non aver lasciato la sua casa.
Ma una cosa era certa. Per la prima volta avrebbe assistito all'alba. Giù al'Inferno a scandire il tempo erano solo gli orologi, dato che il tutto era rischiarato dalla lava che attraversava pigra in tutte le Lande.
Aprì le imposte della finestra pieno di una strana euforia, ma con delusione si ritrovò a guardare un palazzo dalla facciata beige scura. Non esattamente il massimo come panorama. Doveva assolutamente raggiungere il tetto, che per fortuna era a disposizione di tutti gli inquilini della palazzina. Velocemente si mise un paio di jeans e una maglia nera aderente, e in ultimo i suoi anfibi. Daemon aprì un occhio e non si scomodò neppure di alzarsi. Si sistemò nella sua cuccia e riprese a dormire come se nulla fosse. A volte quel cane gli faceva concorrenza in quanto a pigrizia.
Prima di uscire recuperò le chiavi e chiuse velocemente la porta. Secondo i suoi calcoli mancavano solo due minuti all'alba. Salì le scale a due a due, finché non raggiunse la porticina che portava in terrazza.
Per fortuna aveva la chiave per aprirla, assieme e a quella dell'appartamento, del portone e della cantina. Cosa se ne sarebbe fatto della cantina era un mistero, dato che il suo periodo lì sarebbe stato limitato e non avrebbe avuto il tempo di riempire tutta la casa. Ma, ehi, l'importante era averla.
Non appena fu fuori, fu investito dall'aria fresca delle prime ore del mattino. In lontananza scorse i primi raggi di luce farsi strada timidamente nel cielo. Finché tutta l'immensa palla di fuoco uscì in tutta la sua magnificenza dall'orizzonte.
Seth lo fissó ammaliato. Non si era mai aspettato uno scenario così spettacolare, per alcuni umani scialbo e banale, dato che ogni giorno si presentava. Ma per lui era diverso. Certo, il Sole lo scorgeva sempre quando usciva per quelle poche ore che gli venivano concesse, ma non aveva mai assistito all'alba in prima persona. L'aveva solo vista nei libri e in qualche film, ovviamente quando la connessione e la frequenza dei canali tv prendeva.
Si appoggiò con i gomiti sul parapetto della terrazza, assaporando i caldi raggi del Sole illuminare la sua pelle sul pallido, e ciò che lo circondava.
Bè certo, non era cosí tanto bianco come alcuni suoi fratelli, ma nemmeno tra i piú abbronzati. I pochi fortunati, se così si poteva dire dato che erano le vittime preferite dei pennuti e dei loro figli, erano i Reclutatori, cioè coloro che individuavano gli umani destinati all'Inferno, e che portavano alla morte inscenando diverse situazioni, dagli incidenti agli omicidi in prima persona.
Mezzi Demoni che passavano tutta la vita o quasi sulla Terra servendo l'Inferno a quel modo, che cadevano però vittime dei pennuti che per maggior parte li scovavano per contendersi l'anima di un umano.
Quegli stolti dei nemici della sua specie credevano nella redenzione di quegli umani che durante la loro vita non facevano altro che causare sofferenza e dolore ad altri loro simili. Era giusto che pagassero per i loro sbagli, ricambiarli con la stessa moneta. Ed era su questo obiettivo che l'Inferno era basato dagli inizi.
Perso nei suoi pensieri si rese conto all'ultimo che era quasi ora di andare. E se voleva fare colazione avrebbe dovuto sbrigarsi. A malincuore lasciò la magica atmosfera della terrazza, e scese di nuovo verso il suo appartamento. E non appena vi mise piede trovò Hugo spaparanzato pigramente sul divano a guardare la tv.
Non appena sentì il rumore della porta che si chiudeva, alzò lo sguardo.
«Oh ma guarda chi si vede»lo salutò con tono beffardo.
Seth sentì l'irritazione montare. Chi si credeva di essere a trattarlo con cosí tanta famigliarità?
Gli si avvicinò, strappandogli il telecomando dalle mani e spense la tv.
«Non hai tempo per gingischiare. Questo posto al mio ritorno deve essere lindo e perfetto. Sono stato chiaro?»
Hugo lo fissó seccato ma annuì brevemente.
Seth sorrise soddisfatto e andò in cucina a prepararsi velocemente una tazza di latte e cioccolato, il suo preferito. Lui andava matto per il cioccolato.
Chissà come avrebbe smaltito tutto quello che avrebbe ingurgitato sicuramente a seguire, pensò.
E con una punta di divertimento si immaginò come un barile ambulante che anziché correre dietro ai dannati rotolava facendoli cadere come birilli. Un pensiero un po' strano ma che gli tirò su il morale e gli cancellò parte dell'ansia che provava.
Mezzo Demone o no la scuola lo preoccupava. Chissà come sarebbe stato trovarsi in mezzo ad esseri umani ignari della realtà che li circondava.
Si sarebbe integrato bene tra loro?
O sarebbe rimasto solo?
Bé per quei poveri ragazzini era meglio la seconda opzione, dato che lui per via della sua natura sapeva essere pericoloso. E mettere nei casini un umano innocente che non avrebbe nulla a che fare con l'Inferno gli sembrava un atto virile e infame.
Finita la tazza afferrò un croissant al volo.
«Io vado. Ricordati cosa devi fare»salutò acidamente il dannato che gli rivolse un ghigno.
«Spero tanto che ti metta sotto una moto per quanto mi riguarda»ribatté Hugo, beccandosi un'occhiata velenifera da parte del ragazzo, prima che questi chiudesse la porta di casa, che poi sogghignò.
«Vorresti eh? Peccato che non accadrà mai. Harevouir Hugo»lo salutò, agitando la mano come un bambino impertinente. uscì dall'appartamento chiudendosi dietro la porta a chiave. Tanto Hugo doveva rimanere chiuso segregato lì, e quel piccolo gesto lo faceva sentire piú sicuro. Sentiva che della appartamentino che era appena diventato il suo rifugio era al sicuro.
Scese i gradini a due a due, e uscì dal portone andando a botta sicura verso una moto nera cromata, bellissima come ne vedeva nei cataloghi di moto che tanto piacevano ad alcuni suoi fratelli. Non era un esperto di moto, a lui piacevano di gran lunga di piú le Ferrari, ma stando al marchio segnato sulla carrozzeria era una Harley, di cui però non conosceva il modello vero e proprio. Era uno dei regali fatti da suo padre per la sua permanenza lì.
«Con questo non dovrai spostarti in massa in quei chiassosi tranvicoli pubblici»gli aveva detto Abbadon, dopo avergli consegnato le chiavi della moto. E concordava con la scelta del padre. Gli autobus non gli sembravano mezzi cosí tanto comodi, soprattutto quando si riempivano, e le persone si schiacciavano come sardine inscatolate.
Con lentezza quasi religiosa tirò fuori il casco nero anch'esso con le fiamme vermiglie sui dorsi e si sedette sul comodo sediolino in pelle. Inserì la chiave nella toppa e diede gas. Subito il motore emise un rumore dolce e melodioso, che si poteva solo ascoltare per modelli particolari, tra cui le sue amate Ferrari. Se non avessero dato troppo nell'occhio avrebbe potuto convincere il padre a procurargliene una, dato che aveva già compiuto diciotto anni. Ma quella Harley di certo non gli dispiaceva. Anzi, da quando aveva ottenuto il patentino, seguendo le lezioni nella Landa come tutte le altre, non aveva mai guidato una moto, e questo lo elettrizzava non poco.
Una leggera spinta con i piedi e fu in strada, verso la scuola che avrebbe frequentato da quel giorno.

Quella mattina Margherita non ne voleva sapere di alzarsi dal letto, che sembrava attirarla come una calamita. Fu grazie a sua madre che riuscì a vestirsi in tempo e a prendere l'autobus, dato che Katherine quel giorno sarebbe entrata tardi al lavoro.
Mandò un messaggio ad Amira per sapere come stava e se fosse tornata a scuola. Ma con delusione e tristezza scoprì che l'amica stava ancora male e che avrebbe dovuto sopportare un altro giorno di scuola senza di lei.
Percorse l'intera tratta di autobus in solitudine, e come unica compagnia le sue canzoni, seconda ispirazione per le sue storie, dopo i sogni.
Si, era da tempo che faceva un sogno ricorrente di cui a volte cambiava l'ambientazione.
Ma non Lui.
Un ragazzo, di cui non intravvedeva mai i tratti, se non sfumati e confusi, ma che amava piú della sua stessa vita.
Un ragazzo che la ricambiava, ma che però temeva di farle del male.
Ma lei non provava paura, mai.
E quando si svegliava e il sogno si perdeva nel suo inconscio sentiva la mancanza di quella figura. E cosí aveva deciso di renderlo protagonista di una storia, che era in procinto a scrivere, quella stessa storia di cui aveva tra le mani solo piccoli frammenti. Come i ricordi del sogno. L'unica cosa che ricordava e che il ragazzo misterioso aveva sempre erano un paio di occhi verde smeraldo scintillanti come pietre preziose.
Quanto desiderava che fosse tutto reale.
Scosse la testa.
Ma cosa andava a pensare? Nessuno si sarebbe potuto innamorare di una sfigata come lei.
Ah, bene. Ecco che ricadeva nell'autocommiserazionismo.
"Smettila Marghe di rimuginare su questi pensieri. Quel ragazzo non esiste realmente, per cui devi fartene una ragione" l'apostrofò malignamente la sua parte razionale. Che tanto torto non aveva.
Scese dal bus persa nei suoi pensieri, e in altrettanta situazione percorse il piccolo tratto di strada che la separava dalla fermata alla scuola.
Si accorse solo all'ultimo della moto che stava arrivando a velocità assoluta. Se la ritrovò a un soffio dal suo corpo mentre stava attraversando la strada. Sulle prime la fissó imbambolata, per poi alzare lo sguardo verso il proprietario dal volto celato sotto il casco integrale.
«Allora, ti vuoi togliere o no?»l'apostrofò seccamente la voce proveniente da sotto il casco.
Marghe si sbrigò a levarsi dalla strada, sentendo un sonoro sbuffo da parte del ragazzo che rimise in moto e si allontanò. La ragazza si fermò a contemplarlo mentre scompariva.
Chi era? Un ragazzo di passaggio da quella strada o uno che si era preso una moto nuova che non riconosceva?
I suoi pensieri furono interrotti dal suono della campanella, e la ragazza si affrettò ad entrare.
Giunta in classe trovò già le sue amiche ai loro posti. Lucia la salutò con un sorriso che Marghe contraccambiò.
E dopo neanche cinque minuti entrò la prof di inglese che quel giorno aveva intenzione di interrogare. E il povero estratto fu Massimiliano, un ragazzo mingherlino dai capelli castani seduto davanti a lei, che non appena sentì il suo nome uscire dalla bocca della prof quasi sbiancò. Dalla sua faccia non doveva aver studiato granché. Snocciolò qualche frase ma si vedeva che stava cercando di arrampicarsi sugli specchi.
Fu sicuramente per grazia divina che si sentì bussare alla porta.
«Avanti»gracchiò la voce della professoressa, interrotta nel bel mezzo dell'interrogazione del povero Massimiliano, a cui scappò un sospiro sollevato. Almeno poteva dare un'occhiata alle cose che erano da studiare.
La porta si aprì ed entrò un ragazzo che non aveva mai visto prima.
«É la classe quarta T?»domandó questi in tono di scuse.
La professoressa arricciò il naso.«Si, posso esserti d'aiuto?»
«Bé si. Sono uno studente nuovo e la preside mi ha collocato qui».
E le porse un foglio che la donna gli strappò di mano e cominciò ad analizzare con cura quasi maniacale.
Marghe come tutti gli altri suoi compagni fissó con curiosità il nuovo arrivato, che quando volse lo sguardo verso di lei, sentì il suo cuore perdere un battito.
Era in assoluto il ragazzo più bello che avesse mai visto, con i suoi capelli ricci castano scuro sul corto, il corpo perfetto quasi scultoreo. E poi gli occhi d'un verde cosí intenso che non potevano esistere in natura. Solo dopo un po' si accorse dei piercing: uno sul sopraciglio sinistro e uno sulla parte cartilaginea dell'orecchio destro, che non gli conferivano un'aura da prepotente e spaccone, bensì lo rendevano ai suoi occhi ancora piú bello. "Sexy" lesse il labiale di Irene, una delle amiche di Emma, e seduta rispetto a lei dalla parte opposta del pavimento.
Bello e dannato. Un mix micidiale.
Peccato che era fuori dalla sua portata. Uno come lui di certo non se la sarebbe calcolata di striscio una come lei. Ma allora come mai la fissava con quegli occhi magnetici incuriosito?
"Non metterti strane idee in testa Marghe. Quelli come lui prima giocano e poi ti mollano non appena hanno perso interesse" l'apostrofò la vocina irritante nella sua mente.
Eppure una parte di lei non ci credeva che fosse quel genere di persona. Magari conoscendolo avrebbe capito quale parte di sé aveva ragione.
Dopo un tempo che parve interminabile il loro contatto visivo si infranse, e Marghe riuscì a tornare a respirare, sentendo già la mancanza di quei straordinari occhi su di sé.
"Oh cavolo! Sembro una ragazzina in preda agli ormoni. Devo finirla" si impose. E nel frattempo osservò il ragazzo discutere con la professoressa su chissà che cosa, dato che stavano bisbigliando e lei non sentiva un accidenti.
«Molto bene Grigori»disse infine la donna soddisfatta.«Si sieda davanti a Barbieri».
E indicò proprio il posto vuoto davanti a lei, che era di Amira.
Marghe ci mise un po' a metabolizzare quelle parole. E non appena lo fece arrossì senza ritegno.
Oh accidenti! Si sarebbe seduto davanti a lei!
Non sapeva se ridere o piangere per quella cosa.
Il ragazzo le scoccò a malapena un'occhiata prima di prendere posto.
«Molto bene ragazzi. Vi presento il vostro nuovo compagno, Seth Grigori»annunciò sbrigativamente la prof. Il ragazzo non diede alcun segnale di prendere la parola e tutti si riguardarono bene dal cominciare un discorso.
"Magari é solo timido" pensò Marghe. Certo, come no. Con quell'aria determinata che si ritrovava di certo non si sentiva in imbarazzo a parlare di fronte ad una classe.
"Oppure magari non ne ha voglia" concluse poi. Mmm, forse quest'ultima ipotesi poteva avvicinarsi meglio alla realtà.
Passò l'intera ora a fissare i favolosi riccioli del nuovo arrivato, all'apparenza morbidissimi al tatto. Quanto voleva passare le dita tra di essi.
Arrossì senza ritegno.
Ma che accidenti andava a pensare? Doveva assolutamente smetterla! Non era il tipo che perdeva la testa per un ragazzo.
Cosí per distrarsi dai ricci, cercò di scervellarsi su un modo per attaccare bottone con lui. Oltre il suo aspetto che aveva mandato in visibilio ogni fibra del suo corpo, l'istinto le suggeriva che doveva anche essere simpatico.
E per una volta voleva essere lei a fare il primo passo. E doveva farlo in fretta prima di rimangiarsi tutto.
"Ok Marghe. Respira, inspira. Non é cosí difficile. Vai da lui e lo accogli come merita. Facile no?" pensò.
Certo, piú facile a dirsi che a farsi. Ma ormai aveva preso una decisione e non voleva di certo tirarsi i dietro.
Aspettò pazientemente la campana prima di alzarsi e scacciare via il terrore. Accidenti, doveva solo parlare con un ragazzo, bellissimo ma pur sempre un essere umano come lei.
Per cui tirò fuori il poco coraggio che possedeva e si posizionò di fronte al ragazzo, che alzò lo sguardo cominciando a fissarla incuriosito.
"Una cosa é fatta. Adesso tocca a pronunciare una frase intelligente che possa metterlo al suo agio" pensò.
«Ti chiami Seth, come il dio egizio della morte»disse.
Okay. Come non detto. Da dove era uscita una frase cosí stupida?
«Distruzione»la corresse meccanicamente Seth.
Ma perché tutti pensavano che l'omonimo dio da cui suo padre (cosí diceva) aveva tratto ispirazione per il suo nome fosse quello della morte? Era Osiride quello della morte, accidenti! Ma la conoscevano gli umani la civiltà egizia?
Marghe lo fissó perplessa.
«Come?»
Seth represse uno sbuffo, imponendosi di essere civile. Non gentile, civile.
«Seth era il dio della distruzione. Osiride era quello dei morti»spiegò pazientemente, senza troppi preamboli.
Accortasi dell'errore madornale che aveva appena fatto, Marghe arrossì senza ritegno.
"É carina quando arrossisce" si ritrovò a pensare Seth, scacciando immediatamente quel pensiero.
Non si sarebbe lasciato abbindolare da un'umana dagli occhi da cerbiatta e aria innocente.
Per questo decise di andare sul sicuro.
«Margherita giusto?»le domandò con un sorriso, uno di quelli speciali molto apprezzato dalle ragazze.
Infatti come aveva previsto la vide arrossire e torturare un ricciolo ribelle. Chissà se al tatto erano morbidi come sembravano.
"Accidenti Seth! Non distrarti! Pensa che lo stai facendo per lei, la stai mettendo al sicuro da ciò che sei veramente" si rimproverò aspramente.
«Allora devi essere o una di quelle persone pizzose, o una frignona»la stuzzicò tirando fuori dai meandri piú oscuri tutta la stronzaggine di cui disponeva.
Marghe non capì, e divenne ancora piú rossa.
«Perché?»balbettò.
Seth sentì il cuore stringersi di fronte al suo sguardo perso. Quella ragazzina non gli aveva fatto nulla. Ma doveva attenersi al piano. Era meglio per entrambi.
«Bé sai, hai il nome di una pizza per cui sei pizzosa. Pensavo avessi colto il mio sarcasmo, ma a quanto vedo non l'hai afferrato».
Mentre parlava manteneva un sorriso beffardo che istintivamente Marghe voleva cancellargli dalla faccia.
In lui constatò che la bellezza era direttamente proporzionale ad una ironia alquanto pungente.
La ragazza incrociò le braccia al petto.
«E sentiamo, il tuo secondo "complimento" da dove deriva?»domandó acida calcando sulla parola complimento.
Seth alzò gli occhi al cielo.
«Dovresti iscriverti a un corso di comprensione del sarcasmo, non c'é che dire. Bé, in tua difesa posso dire che questa battuta era piú sottile. Frignona nel senso di fragile. Sai, un Fiorellino come te...»
«Non farlo mai piú»lo ammonì Marghe fissandolo male.
Seth la fissò perplesso, inclinando la testa di lato. Un ricciolo gli scese sull'occhio destro.
«Cosa?»
«Non chiamarmi piú Fiorellino».
«Cos'é? Ti dà fastidio?»domandó Seth sorridendo beffardamente.
«Secondo te?»gli rispose retoricamente la ragazza nel modo piú acido possibile. Lo odiava soprattutto perché di solito la gente lo usava per prenderla in giro, come in quel caso.
«Ahi, ahi. A quanto vedo hai tirato fuori le spine, Fiorellino».
"Oddio quanto é irritante!" pensò Marghe esasperata.
«Chiamami ancora una volta cosí, o io...»
«Tu cosa?»la sfidò Seth, che le si avvicinò fermandosi ad un soffio dal suo orecchio. Il cuore di Marghe cominciò ad andare a mille all'ora.
«Sai, mi piacerebbe sapere cosa vorresti farmi, ma non sono interessato»le sussurrò il ragazzo con voce melliflua. Ennesima scoccata. Adesso si che era sicuro che le starebbe stato lontano.
Margherita arrossì senza ritegno, nel momento in cui capì dove Seth voleva andare a parare con le sue parole.
Come?!
Cosa?!
«Sei un pervertito!»esclamò spingendolo via, attirando l'attenzione di alcuni suoi compagni di classe che erano rimasti in aula. Farsi gli affari loro no eh?
E poi, wow, che addominali da favola che aveva! Quanto le sarebbe piaciuto ritoccarli...
"Calmati Margherita. Sembri una povera fangirl di fronte al suo idolo. Controllati. É solo un ragazzo strabellissimo con il carattere di merda, fuori dalla tua portata" si riprese aspramente.
«Ammettilo che ti piaccio»ribatté a bruciapelo Seth con un ghigno provocatorio.
Diamine si, eccome se gli piaceva! Lo conosceva...cioè aveva avuto a che fare con la sua vista solo qualche ora e già le aveva mandato in estasi il suo cuore.
Ma ciò che rispose fu tutt'altro.
«Non é vero».
«Ah no? E come mai mi hai fissato la nuca per tutta la durata della lezione? Volevi per caso friggermi il cervello, o é perché sei attratta da me?»
Oh, accidenti! Se n'era accorto che lo fissava come una maniaca!
E adesso? Urgeva trovare una scusa che reggesse.
"Cavolo che vergogna" pensò.
«Stavo fissando la lavagna, e tu sei davanti a me. Logico che fui fossi nel mio campo visivo. Guarda che il mondo non gravita tutto attorno a te. Solo perché guardavo davanti a me non deve per forza implicare che ti fissavo».
Seth le sorrise. Accidenti a lui! Aveva pure le fossette.
«Farò finta di crederci».
Grr. Che fastidio.
«Pensala come ti pare Grigori».
Seth ridacchiò.«Sei cosí sgarbata con tutti, o questo trattamento speciale lo riservi solo al sottoscritto?»
Avrebbe voluto essere una ragazza sfacciata che magari gli avrebbe risposto in modo provocante.
Ma lei non era quel genere di persona.
Era Margherita.
«Io non sono sgarbata. Sei te che ti sei fatto strane idee»replicò nell'imbarazzo piú completo.
"Bé, ma tanto bene non l'ho trattato" le disse una vocina.
"Macché se lo merita! Ti sta prendendo in giro" ribatté una seconda voci a interiore.
Ecco, se dialogava nella sua mente era davvero ammattita.
«Hai una strana concezione di gentilezza, Fiorellino».
«Smettila di chiamarmi cosí»replicò lei esasperata.
«E perdermi tutto il divertimento? Giammai».
Marghe represse una rispostaccia e lo squadrò piú male che poteva.
«Bé che ti succede? Il gatto ti ha mangiato la lingua?»le domandó Seth sempre con divertimento. Sotto sotto gli piaceva quella ragazza.
Marghe ebbe la brillante idea di fissarlo negli occhi, e rimase cosí catturata dall'intensità dei suoi occhi smeraldo.
«Ecco...io...»balbettò. Le parole come per magia le erano scivolate via dalla mente.
«Io cosa?»
Marghe voleva chiedergli il motivo per cui la trattasse cosí, ma non ce la faceva. Urgeva chiarirsi le idee.
Senza rispondere si diresse verso la porta dell'aula.
«Ehi Fiorellino»la chiamò con voce canzonaria Seth.«Lo sai che la ricreazione finirà tra una trentina di secondi? Non vorrai farti beccare fuori dall'aula dalla prof, eh?»
Marghe si girò di scatto verso di lui.
«Fatti gli affari tuoi Grigori»gli rispose sgarbatamente, per poi uscire dalla porta.
Non raggiunse neanche il bagno che la campana suonò.
Dopo trenta secondi esatti come aveva preannunciato Seth.
Borbottò una serie di insulti nei confronti del nuovo arrivato, mentre tornava in classe.
Mentre raggiungeva il suo posto notò il ghigno soddisfatto di Seth, che ignorò bellamente.
Ma non appena si sedette, Seth si girò verso di lei.
«Visto che avevo ragione?»
La ragazza lo fissó male ma non proferì parola. Se fosse stato possibile fulminare la gente con lo sguardo in quel momento sarebbe senz'altro successo.
Peccato.
Era davvero uno spreco un bel visino come il suo per un arrogante presuntuoso.

Angolino dell'autrice:
Ma ciaooooo a todo el mundo :)
(Era da tempo che volevo dirlo XD)
Cooomunque vi é piaciuto il nostro burrascoso incontro ufficiale tra Seth e Marghe? :)
E avete apprezzato lo straaaano,fatemelo dire,straaaanissimo senso dell'umorismo di Seth? XD
Ringrazio tutti voi che seguite la storia :D
E mi scuso per avervi fatto aspettare tanto D:

FreDrachen

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro