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Capitolo 11

Seth
Inferno, Landa della Paura

Un'altra giornata stava per giungere a termine.

Con violenza strattonó le corde con cui teneva inoffensivo il fuggitivo. Era stato particolarmente astuto a cercare di depistarlo cercando di raggiungere il Centro, dove si trovava la dimora del Boss e la Voragine, contornata dal Bosco dei Suicidi, per poi cambiare bruscamente verso la Landa degli Ingannatori, a nord.

Fu per caso fortuito che Seth capí il suo gioco e per questo riuscí a intercettarlo a pochi metri dal confine.

Il fuggitivo, un ragazzo sui trent'anni dai capelli biondi con un ciuffo moscio che gli ricadeva sull'occhio destro, non oppose quasi alcuna resistenza.

Sapeva che con Seth era una battaglia persa in partenza.

Per fortuna non ci misero molto a raggiungere la Voragine. Anche se, come ogni altra volta che toccava a lui portare a destinazione un fuggitivo, mentre attraversava il Bosco dei Suicidi, i dannati lí condannati non facevano altro che allungare le loro protuberanze legnose verso di lui, chiedendo pietà. Come nella Divina Commedia di Dante Alighieri, anche lí le anime dei suicidi, quando piombavano nell'Inferno, si tramutavano in alberi.

E Seth davvero non li sopportava. Avevano fatto una scelta, rinunciare alla loro vita per sfuggire ai loro problemi, un atto di vighiaccheria a suo parere, e dovevano subirne le conseguenze.

All'entrata della Voragine scorse due Mezzi Demoni, un maschio e una femmina. Il primo era quasi rasato e pieno di inquietanti tatuaggi neri di stile tribale su tutto il corpo, affiancati anche da innumerevoli piercing soprattutto sulle orecchie, uno sul labbro e uno sul sopraciglio. La femmina invece aveva i capelli viola lunghi raccolti in una morbida treccia, e indossava abiti veramente provocanti: un reggiseno che doveva fungere da canotta, a cui erano assicurate delle catene, che facevano sembrare il tutto una cotta di metallo, una minigonna cosí corta da essere quasi indecente, e che per miracolo copriva il copribile, e ai piedi calzava due vertiginosi tacchi a spillo neri con le borchie.

Subito si fecero attenti nello scorgere Seth e il suo prigioniero.

«Vi ho portato un altro giocattolino»annunció Seth, strattonando le corde attorno ai polsi del suo prigioniero, a cui scappó un lamento di dolore.

Gli occhi del ragazzo scintillarono al suono del lamento. Per lui che proveniva dalla Landa della Disperazione, era musica per le orecchie.

La ragazza, invece, incrociò le braccia al petto appena sotto i seni, sogghignando imperiosa. «Non oso immaginare come si troverà nella Voragine, se già si lamenta come un rammollito».

Seth scrolló le spalle.

«É tutto vostro ragazzi. Divertitevi».

La ragazza si passó la lingua, con un piccolo piercing sulla punta, sulle labbra, come fosse una bestia famelica.

«Non vedo l'ora di cominciare. Ti unisci al divertimento Seth?»

Il ragazzo scosse la testa.

«Magari un'altra volta».

Lei buttó la treccia all'indietro, e lo fissó con serietà.«Non ti ho mai visto nella Voragine a torturare. Non sai cosa ti perdi, sul serio Seth. É un'esperienza...unica». E gli rivolse uno sguardo intenso. Aveva gli occhi veramente particolari, dorati per via delle lenti a contatto che indossava, e a renderli ancora più strani e inquietanti un trucco nero simile a quello usato nell'antico Egitto.

«Ti prometto che una volta verró, Cass»le promise Seth facendole l'occhiolino, a cui lei rispose con un sorriso sornione.

«Ti aspetteró, principino»ribatté Cassandra con un sorriso complice.

E insieme a Hector, il ragazzo nonché suo fidanzato, scortarono il prigioniero verso la Voragine.

Quando li vide sparire, Seth si stiracchió, facendo scroccare la schiena. Quel giorno era davvero a pezzi, ed erano ore che il suo stomaco reclamava cibo.

Per questo si dislocò nella sua Landa. Quello era il metodo piú usato da loro Mezzi Demoni, se ovviamente conoscevano il luogo preciso dove volevano apparire. Se funzionava a che durante la Caccia sarebbe stato meglio, ma pazienza. Gli piaceva mettere in moto il corpo, sentire ogni muscolo teso allo spasmo, la fatica sulle gambe e l'eccitazione provocata dai prigionieri in fuga.

E poi doveva smaltire i barattoli di Nutella che a volte divorava, quasi sempre dopo cena.

Chiuse gli ochi e quando li riaprí si ritrovó in camera sua. Si spoglió degli abiti bagnati di sudore e sangue altrui, e indossó una maglia nera sopra un paio di bermuda, senza farsi quella volta la doccia. Lí all'Inferno era peggio che stare in estate in superficie. C'erano sempre una trentina di gradi se non di piú, l'aria era pesantissima e odorava di zolfo. Per questo quando poteva, si dislocava almeno per qualche ora sulla Terra.

Gettó un'occhiata all'orologio. Per fortuna era arrivato in tempo per la cena.

Percorse i corridoi oscuri della tenuta a passo veloce. La mente già focalizzata sul cibo.

Quando mise piede nella sala, quasi tutti erano presenti.

Charlotte fu la prima a notarlo e si voltó dall'altra parte con espressione ferita. Ce l'aveva ancora con lui per il rifiuto della volta prima.

Non che gli importasse molto.

Andare dietro a lui equivaleva uscirne con il cuore spezzato. Il tutto per colpa del sogno.

"Prima o poi capirà" pensó.

Superó anche il tavolo a cui era seduto Nathan, Diego e la sua comitiva. Camilla era seduta sulle gambe del fratello, e sospettava che gli raccontasse qualche aneddoto divertente perché ogni tanto scoppiavano a ridere.

A vederli così insieme sentì una fitta al cuore.

Lui non avrebbe avuto una simile fortuna, si ritrovò a pensare con delusione.

Ma la sua mente era altrove. A quelle parole pronunciate dal fratello il giorno prima.

"Non tentare con la sorte Seth. Ti é andata bene fino adesso, ma non é detto che in futuro la sorte giochi a tuo favore. Ricordatelo" aveva detto Nathan.

Cosa volevano significare?

"Nulla, di certo non nulla di grave" cercò di autoconvincersi.

Eppure in quel momento non vi aveva dato molto peso, ma ripensandosi risuonavano come una minaccia. O meglio, una promessa. Come se Nathan avesse preannunciato la sua fine.

Scacciò il pensiero.

"Ma cosa vai a pensare Seth? Va a raggiungere tuo padre prima di farlo arrabbiare"gli impose una vocina interiore.

Come al suo solito prese posto accanto ad Abaddon, intento a rimirare in calice contenente del vino rosso.

Forse notò la sua espressione cupa, perché subito affermò:«Che hai figlio? Ti vedo preoccupato».

Seth si sforzò di sorridere.«Ero perso nei miei pensieri padre. Nulla di grave».

«A che proposito?»

Il ragazzo cercò una risposta che evitasse ulteriori domande.

«Stavo pensando domani di passare un po' di tempo nella Voragine. Ho sentito che in questo periodo ci sono molti dannati da torturare»rispose, certo che suo padre approvasse tantissimo la sua idea.

Infatti si aprì in un sorriso d'approvazione.

«Saggia decisione figlio».

E detto questo tornò al suo vino.

Il ragazzo sospirò.

Ma ancora non si sentiva tranquillo. Avvertiva uno sguardo su di sé che gli fece salire un brivido su per la schiena. Volò con lo sguardo sulla sala e lo incrociò con Nathan. Non ne aveva le prove, eppure sentiva che lo sguardo che gli stava trasmettendo una sorta di inquietudine era proprio il suo.

A che pro?

E perché le labbra erano incurvate in un piccolo sorriso?

Forse era per Camilla al suo fianco, o per qualche altra cosa, chissà.

Eppure c'era qualcosa che lo rendeva inquieto, e che lo faceva sentire vulnerabile.

«Un Mezzo Demone non deve dimostrare la sua paura. Deve essere forte e determinato in ogni occasione»era quello che gli ripeteva sempre suo padre.

E anche in quel momento allora non doveva lasciarsi prendere da chissà che. Magari si stava sfasciando la testa per niente.

Ma mai avrebbe pensato che potesse accadere ciò che accadde di lì a poco.

Accadde mentre stava per portarsi una forchettata di cibo in bocca.

I dannati che li servivano di solito stavano da parte in attesa di ordini, ad eccezione di quello di Seth, che era una sorta di assaggiatore, incaricato ad assaggiare ogni cibo che finiva davanti al ragazzo, che stava a poca distanza dal tavolo dove di solito sedeva con il padre Abbadon.

Lí per lí Seth scorse un lieve spasmo, ma non gli diede peso. I dannati erano sovraccaricati di lavoro pesante, e a volte avevano queste reazioni.

Ma via via gli spasmi si fecero piú violenti, finchè non crolló a terra in ginocchio, annaspando come uno in cerca d'aria.

Seth involontariamente lasció cadere la forchetta nel piatto, e fissó sgomento il suo assaggiatore che via via stava diventando viola in viso, in carenza d'ossigeno. Anche il volto di Abaddon, di solito impassibile, si colorò di preoccupazione mentre fissava il dannato contorcersi da un dolore che lo divorava dall'interno.

Seth si alzó di scatto come per allontanarsi anche di poco da quella situazione, e questo catturó l'attenzione degli altri Mezzi Demoni che si avvicinarono per assistere meglio alla scena.

Nessuno fiató finché il dannato non esaló l'ultimo rantolante respiro, e cadde a terra assumendo una posizione innaturale. Pur essendo creature già morte,un dannato poteva rimorire una seconda, e se ciò accadeva,smetteva completamente di esistere. Infatti il corpo si gretolò come se fosse stato fatto di pietra,diventando polvere.

Poi fu un susseguirsi di grida. E tutte che pronunciavano quasi la stessa cosa: Attentato.

«Silenzio!»

La voce tonate e cavernosa di Abaddon fece ricalare il silenzio nel salone.

«Allora chi é stato?»tuonó furioso.

Tutti i Mezzi Demone si fissarono l'un l'altro con sospetto.

E come dal loro torto.

Tra loro albergava un traditore, che aveva attentato alla vita del Principe Ereditario.

Angolino dell'autrice:
Tadaaan eccomi qui ^^
Finalmente è arrivata la svolta della storia :3
Vi siete fatti qualche idea di chi potrebbe esserci dietro l'attentato? XD
Ringrazio tutti voi che leggete,commentate,aggiungete la storia alla vostra bibblioteca o elenco di lettura o che siete lettori silenziosi.
E vi invito,se ve la sentite ovviamente,di dire la vostra ;)
A presto!
FreDrachen

P.s:l'immagine che accompagna il capitolo è il prestavolto di Abaddon :)

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