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Capitolo 5

<<Sam, Sam.>> qualcuno mi scosse leggermente.

<<Sam, svegliati.>> ripeté. Dalla voce capii che era una ragazza - o un ragazzo appena castrato non so - e sembrava preoccupata.
Mi strofinai gli occhi alzando leggermente la testa. Neanche il tempo di sollevare le palpebre li richiusi di scatto a causa di una fitta lancinante alla testa.

<<Sam, aspetta. Tranquilla, non sforzarti. Chiamo gli altri.>> disse la voce velocemente.

Decisi di rimanere in posizione supina per evitare altri dolori per poi aprire lentamente gli occhi.

Non ricordavo bene cosa era successo. Tutto era confuso.

Mi guardai intorno. Il luogo dove mi trovavo era illuminato dalla luce del sole, quindi supposi fosse mattina, aveva le pareti celeste chiaro, un colore abbastanza calmo. C'erano dei quadretti qua e là ma erano troppo lontani rispetto al letto per poter capire cosa ritraessero.
La stanza di per sè era abbastanza spaziosa.

Decisamente non era la mia camera o quella di Jenn. Ma se non ero nè a casa mia né dalla mia amica dove cavolo mi trovavo?

E se qualcuno mi avesse rapita? Dov'era Jennifer? Sono sicura che se qualcuno mi avesse deportato Jenna si sarebbe preoccupata...

E Luke? Anche lui era scomparso?

Mi portai le mani sugli occhi e iniziai a piangere. Un po' per il dolore alla testa, un po' per la paura.

<<Ma com'è che ti trovo sempre a piangere?>> disse con tono scocciato un ragazzo.
Non mi ero neanche accorta che qualcuno aveva spalancato la porta ed era entrato in camera.

Tolsi le mani dai miei occhi stropicciati e prendendomi di coraggio alzai lo sguardo.

Tirai un sospiro di sollievo appena vidi Calum Hood guardarmi un po' annoiato, un po' ironico e si, un po' preoccupato. Non mi ero neanche resa conto di aver trattenuto il respiro.

<<Come va? Ti fa male la fronte?>> mi chiese avvicinandosi al letto dove ero sdraiata. Aveva una garza con il leucoplasto tra le mani.

<<Un po'.>> dissi incerta, osservandolo.
<<Dove sono?>> continuai.

<<A casa mia e di Ash.>>

Pronunciò quelle tre parole con nonchalance e senza imbarazzo, come se fosse una cosa quotidiana o ovvia.
Strabuzzai gli occhi e arrossii. Non era normale per niente.

Lo guardai interrogativa mentre si sedeva sul letto accanto a me. Gli feci spazio dubbiosa e lui prese il disinfettante che si trovava nel comodino accanto. Non mi ero accorta fosse lì.

Iniziò ad armeggiare con la bottiglietta ma io lo bloccai. <<Che stai facendo?>>

<<Ti medico la ferita in fronte.>> rispose con ovvietà.

Appena mi poggiò le dita fredde sulla mia pelle calda sussultai impercettibilmente.

Il suo tocco era leggero mentre con un po' di cotone imbevuto - uscito da non so dove - mi puliva la ferita leggermente secca.

<<Brucia?>>
<<No.>>

Queste si che sono conversazioni...

'Principessa sono qui, non ti lascio.' Queste parole rimbombavano nella mia testa - troppo bene direi - mentre cercavo di evitare di arrossire.

Era tutto così imbarazzante. I ricordi di ieri sera erano vividi nella mia mente e la sua faccia adesso era troppo vicina alla mia.

Aveva i capelli corvini leggermente scompigliati, la mascella contratta, le labbra morbide chiuse in una linea ferma, gli occhi che scrutavano attentamente il taglio ma che comunque non lasciavano trapelare alcuna emozione. Il naso sempre grande in mezzo alla faccia.

Era bellissimo - lui ovviamente non il naso - e non si poteva certo negare.

Aveva un carattere ambiguo, ed era difficile da interpretare ma di sicuro era un bel ragazzo, su questo non c'era dubbio.

Si accorse che lo stavo osservando e fissò i suoi occhi caldi nei miei.

Arrossii di botto imbarazzata distogliendo lo sguardo e posandolo sulla garza appoggiata sulle sue gambe. Lui fece un sorrisetto sollevando un angolo della bocca. Sbuffai contrariata e lui si lasciò scappare una breve e leggera risata.

Decisi di rompere il silenzio che si era creato. <<Scusami per ieri sera...>>

<<Batti spesso la testa eh?>> disse in tono canzonatorio. <<È la tua tattica per abbordare i ragazzi? Farti male e poi svenire?>> rise.

Risi anche io. Alla fine Calum non era tanto male...

<<Sono seria. Grazie per quello che hai fatto. Mi hai anche ospitata a casa tua, non so come sdebitarmi.>> lo guardai mentre si alzava e riposava tutto in una mensola, che conteneva il kit del pronto soccorso.

<<Non preoccuparti, mi sono offerto io di aiutarti. Non sei in debito con me tranquilla. Anche se adesso che ci penso potrei farti ripagare questo traffico che ho fatto per te in natura...>> ammiccò facendomi l'occhiolino.

Non fiatai. <<Guarda che scherzavo eh.>> disse sorridendo.
Sorrisi anche io.

<<O forse no.>> rise.

<<Okay basta così.>> annunciai diventando dello stesso colore dei capelli di Michael.

Quei due giorni stavano diventando più imbarazzanti della prima stagione di awkward.

<<Calum - lo chiamai - so che abbiamo iniziato col piede sbagliato e sinceramente vorrei ricominciare da capo evitando svenimenti e salvataggi.>> gli sorrisi cercando di fargli capire che ci tenevo alla sua amicizia.

<<Hai ragione - mi tese una mano - io sono Calum Hood, bassista nei 5 Seconds of Summer.>>

Gli strinsi la mano felice. <<Io sono Sam Styles, sorella nascosta del cantante degli One Direction aka Harry Styles.>>

<<Lo so.>> affermò sorridendo appena.

Gli lanciai un'occhiata curiosa. Harry non aveva parlato a nessuno di me eccetto agli altri componenti degli One Direction.

Si rese conto dopo pochi secondi di quello che aveva detto e si affrettò a rimediare aggiungendo che mio fratello gliene aveva parlato mentre erano in tour.

Annuii poco convinta.

Avremmo prolungato quel silenzio per un'eternità ma poi mi ricordai di una cosa. <<Chi mi ha svegliata stamattina?>>

<<La tua amica, Jennifer mi sembra si chiami.>>

Annuii soprappensiero. <<Ha dormito qui anche lei?>> chiesi.

<<Si, mi ha spiegato che abitate un po' lontano rispetto a Sydney, quindi ho pensato di farla rimanere.>>

<<In realtà abbiamo dormito tutti qui. Anche gli altri volevano sapere come stavi.>> mi spiegò.

Avevamo decisamente iniziato col piedi sbagliato. Calum era così dolce e carino. Continuava ad essere un po' rigido ma per lo meno era educato e rispettoso. Poi mi aveva aiutata per due volte nell'arco poche ore quindi gli ero debitrice.

<<Sicura di non volere una mano per scendere le scale?>> mi chiese il cinese taroccato con un sorrisetto in faccia.

In tutti risposta gli feci una linguaccia da brava ragazza di diciotto anni.

Scesi le scale con calma con Calum al mio seguito. Sentivo il suo sguardo sulla mia schiena e questo mi rendeva nervosa, talmente nervosa da non vedere uno scalino, l'ultimo.

Adesso voi vi aspetterete la parte dove dico 'aspettai l'impatto con il pavimento ma questo non arrivò perché due forti braccia mi presero dalla vita evitando la terza caduta con un probabile svenimento annesso' e invece no.

Caddi sul serio.

Non totalmente ma il mio sedere aveva avuto il ricongiungimento con il precedente scalino. In ogni caso prima che sbattessi la testa Calum mi bloccò per poi risollevarmi senza sforzo tenendomi per i fianchi.

Ma esattamente tutta questa goffaggine da dove e da quando? Ero in risparmio energetico e non mi accorgevo di nulla? Domande a cui non troverò mai risposta.

Mi voltai verso di lui che d'altra parte aveva alzato un sopracciglio pronto a fare qualche battuta inopportuna.

<<Non sono sempre così - spiegai velocemente - voglio dire, è la prima volta che mi capita di cadere e scivolare costantemente, mi dispiace...>> sembravo una macchinetta.

Lui fermò questa cascata di frasi senza senso con un "Tranquilla, se hai i piedi tondi non è colpa tua."

<<Quanto sei scemo.>> risi.

Lui mi mise una mano sulla spalla e andammo in cucina.

Lo spettacolo che mi si proponeva davanti era assurdo: Luke abbracciato a Jennifer che piangeva sulla sua spalla, Michael che giocava con la Playstation e Ashton che cucinava qualcosa facendo saltare dei probabili pancake in padella - domanda lecita: perché cazzo li faceva saltare? I pancake vanno modellati sulla padella non in aria - mentre cantava la canzone della Sirenetta, under the sea.

Luke stava continuando a passare una mano sulla schiena della mia amica, accarezzandola per tranquillizzarla quando Jen si accorse della mia presenza e si catapultò su di me portandosi appresso un altro fiume di lacrime da depositare sulla maglia che per fortuna non era mia.

<<Jenna, tranquilla, perché piangi?>> le sorrisi rassicurante.
<<È tutta colpa mia. Sono stata egoista, quando sei uscita perché ti sentivi poco bene dovevo uscire con te per accertarmi stessi bene. Invece sono rimasta dentro e ...>> aveva dentro di se anche un fiume di parole.

<<Jennifer calma. Non ti preoccupare. Aspettavi questo concerto da tutta la tua vita, te lo meritavi. Anzi scusami se ti ho dato tutti questi problemi.>>

La mia migliore amica mi abbracciò forte. <<Ti voglio bene Sammy.>>
Ricambiai l'abbraccio sotto lo sguardo attento dei quattro australiani. <<Anche io.>> risposi.

Ashton interruppe il nostro abbraccio strappalacrime mettendo un braccio attorno alle nostre spalle. <<Pronte a mangiare i migliori pancakes della vostra vita?>>

Già mi stava salendo il vomito.

Calum incrociò il mio sguardo molto probabilmente disgustato e rise. <<Vado a comprare qualcosa da starbucks.>>

Ashton sbuffò. <<Nessuno si fida delle mie doti culinarie.>>

<<Forse perché non ne hai?>> disse retorico Calum. Lo ammonii con un'occhiataccia.

<<Tranquillo Ash, assaggerò io quello che hai cucinato.>> disse emozionata Jen.

Passata la preoccupazione per me non mi aspettavo una Jen coscienziosa. Era pur sempre di fronte ai suoi idoli.

<<Michael mi accompagni?>> chiese Calum.

Il pomodoro annuì.
<<Posso venire anche io?>> domandai guardandoli. Annuirono con una scrollata di spalle. <<Mi do una sciacquata e scendo. Calum avresti un'altra maglia da prestarmi?>>

<<Si ma non è regalata sappilo.>> asserì.
In tutta risposta alzai gli occhi al cielo.

Prese una maglia enorme dal suo armadio e me la lanciò per poi andarsene mentre mormoravo un grazie.

Portai l'indumento vicino alla faccia odorandolo. Profumava di limone e anche di dopobarba. Era un odore piuttosto familiare ma non ricordavo dove potevo averlo mai sentito. Mio fratello non usava certo uno sciampo al limone.

Scossi la testa, togliendomi questi pensieri dalla mia povera testa - già provata - ed entrai in bagno.

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