Ti vorrei sollevare (Pov Ethan)
Ethan
Sono in piedi dalle otto di ieri mattina. Ho badato ai miei fratelli e mi sono preparato psicologicamente a un incontro con Esther senza l'appoggio di Sarah. Preparazione inutile, tra l'altro, perché lei a casa non c'era.
Sono tornato a casa mia, nonostante le insistenze di zia Emily perché mi fermassi ad aspettare che Esther e Judith tornassero dalla loro passeggiatina serale nei boschi, e mi è bastata una sola parola per farla smettere. Ronda.
Già, sono tornato a casa, mi sono cambiato e sono partito per il bosco. Mi aspettavano dodici ore di ronda, che pensavo di trascorrere sonnecchiando beatamente, come ho fatto negli ultimi cinque anni - dopo due anni di addestramento, papà non ci ha permesso subito di fare le ronde notturne - o quantomeno standomene per i fatti miei a pensare a quanto fosse stato crudele il destino con me. Mio padre è l'alpha del branco, e il padre del mio imprinting lo è stato in passato, e nessuno dei due vuole che Esther sappia la verità
E invece no. Mi sono toccati il vampiro e la trasformazione di Esther, e, come se non fosse già abbastanza, adesso mi beccherò anche la sonora cazziata di papà.
Per due motivi. Perché lo sveglierò, e perché l'avrei dovuto fare prima. In contraddizione tra loro? Ovviamente no. La prima cazziata sarà perché mi presenterò di fronte alla sua porta alle otto di mattina, la seconda perché avrei dovuto avvertirlo in qualche modo di quello che stava succedendo nel bosco.
Apro la saracinesca della rimessa. In realtà ci sarebbe anche un passaggio interno alla casa, ma non ho tempo da perdere, e poi questa non è mai chiusa a chiave. L'altra sì, perché dà direttamente nella camera. E' capitato una sola volta che quella porta rimanesse aperta... e non voglio pensarci.
Entro nel piccolo soggiorno che abbiamo costruito io e papà alcuni anni fa, e busso alla porta della camera. Non in modo che venga giù, ma neanche troppo delicatamente.
Dopo un paio di minuti scatta la serratura della porta. Mi apre papà, passandosi le mani tra i corti capelli per ravviarseli, in boxer e nient'altro. E scommetto che se li è appena rimessi.
«Ma chi cazzo... Ethan, che ci fai qui a quest'ora?» mi chiede, guardando l'orologio sulla parete che ha di fronte e richiudendosi la porta alle spalle. In effetti è insolito che io passi di qui così presto. Di solito vado prima a dormire e poi faccio rapporto in officina. Di solito.
Oggi no.
Non posso aspettare. E non solo perché c'è una minaccia sconosciuta che si è avvicinata troppo. Anzi, in questo momento di quel succhiasangue maledetto non me ne frega un accidenti di niente. E' perché di mezzo c'è la mia Esther. La mia dolcissima e delicatissima Esther che è entrata a far parte del branco.
E adesso ti sfido a non dirle nulla finché non sarà maggiorenne, papà! Penso, scordandomi che non può sentirmi , perché siamo entrambi in forma umana.
Mi sbadiglia in faccia strofinandosi la mano sul viso, mentre attende che io parli.
«Allora? Vieni qui, mi svegli e poi te ne stai zitto? Che ti prende? Non stai zitto da quando hai imparato a parlare!» mi prende in giro. E' il suo modo di fare, sdrammatizza, ma nel suo sguardo aumenta la preoccupazione con lo scorrere dei secondi in cui io cerco le parole per dirgli quello che è successo.
Capisco che non ci sono parole per esprimere quello che provo. E' una tragedia di dimensioni colossali.
«Ethan, così mi fai preoccupare...»
«Lei... lei si è trasformata» dico e crollo a sedere sul divano che è di fronte al caminetto. Mi sento come svuotato, e mi rendo conto solo in questo momento di quanto mi abbia realmente scosso tutto questo rincorrersi di eventi.
«Ethan... parla chiaro, per favore. Chi si è trasformata?» come al solito papà è un po' lento di comprendonio. Quante altre lei ci possono essere nel mio vocabolario? Soprattutto, quante altre lei per le quali una trasformazione rappresenterebbe un evento possibile, anche se non probabile?
«Esther, papà. Esther si è trasformata!» gli dico, esasperato, lanciandogli un'occhiataccia. Ci sarebbe dovuto arrivare prima e da solo. E' mio padre o no?
«Sam lo sa?» chiede. Ecco, ora è entrato nel mio stesso universo. Bentrovato, papà!
«Sì, ieri sera ho accompagnato Esther e Judith a casa. Credo che il fatto che sua figlia si sia presentata nuda con solo una mia maglietta addosso sia stato abbastanza esplicativo!»
«Credo di sì» mi risponde, annuendo pensieroso, ma non condividendo con me quello che pensa.
«Che facciamo adesso?» chiedo. Ora che lei sa in parte la verità mi aspetto che si organizzi una riunione di branco per raccontarle tutto. Non la lasceranno mica così!
«Niente. Vatti a riposare un po', poi ne riparliamo. Io, te, Sam e Paul» dice, con il tono di chi non ammette repliche. E se non fosse mio padre e non lo conoscessi così bene, ne azzarderei qualcuna, come ad esempio "che cazzo c'entra lo zio Paul". Ma lo conosco, e quel tono sottintende un ordine. Uno di quelli ai quali, se fossimo trasformati, non potrei disobbedire.
***************
Devo aver dormito qualcosa di più rispetto alle due ore che mi ero riproposto di non superare. Il sole entra dalla finestra della mia camera e, oltre ad essere strano per Forks, di solito lo fa di pomeriggio. Eppure mi sembrava di aver messo la sveglia.
Allungo una mano verso il comodino e non la trovo. Allora apro gli occhi per cercarla, e mi trovo di fronte papà.
«Sapevo che avresti cercato di barare, e avevi bisogno di dormire, perciò te l'ho tolta io» mi dice, certamente riferendosi alla sveglia.
Mi giro, voltandogli le spalle e mugugnando qualcosa di inintelligibile anche per me che lo pronuncio. Scommetto che hanno già discusso senza di me.
Ma insomma, c'è di mezzo la mia vita, potrei essere preso in considerazione? Non sono più un bambino!
«Ethan! Se ti sbrighi a lavarti Sam e Paul sono arrivati adesso. Non c'era qualcosa che ti stava particolarmente a cuore?» mi dice, mentre esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Mi alzo pigramente dal letto, apro l'armadio e prendo qualcosa - non so neanche bene cosa - per cambiarmi, poi mi infilo nel bagno che ho in comune con Sarah. Non busso neanche, tanto lei non c'è.
Mi lavo e mi vesto lentamente. Tanto, conoscendoli, avranno già preso le loro decisioni e io non potrò farci niente.
Scendo e prendo in braccio July, che, in fondo alle scale, mi aspetta con un sorriso smagliante. Non appena è all'altezza del mio viso, si sporge verso di me e mi dà un bacio sulla guancia.
Mi correggo. Mi sbava su una guancia, tanto che, se non fossi sicuro di risultarle indigesto, penserei che mi sta assaggiando.
La stringo forte. Le voglio così tanto bene! Come alle altre due pesti, che, dopo il discorsetto di Sarah, hanno pure smesso di litigare.
Nonostante tutto, nonostante sia stato io a decidere di separarmi da lei non accettando la borsa di studio che mi era stata offerta da Harvard - ci volevano entrambi - nonostante sappia che non mi sarebbe stato possibile allontanarmi così tanto dalla riserva, e soprattutto da Esther, credo che quella pazza di mia sorella mi mancherà tantissimo. Mi capisce al volo, spesso non c'è bisogno neanche che si avvicini. E non è per il nostro strano modo di comunicare che avevamo quando eravamo piccoli, e che è sparito da tempo, ormai. E' così, e basta.
Lascio Juliet a terra, libera di trotterellare per la casa, e vado in salotto da papà. So che lui, zio Sam e zio Paul sono lì. Conoscendoli staranno dando fondo alle scorte di Nessie e del nonno!
Entro nella stanza e sono cinque, non tre, gli uomini che mi trovo di fronte. E il sesto sta entrando dalla porta sul retro proprio in questo momento.
«Se ci fossero anche Sarah, zia Leah e zio Embry sarebbe una vera e propria riunione di branco!» dico, attirando l'attenzione dei presenti su di me.
«Sei sceso, finalmente! Ci stavamo preoccupando!» mi dice zio Paul, continuando a saccheggiare il sacchetto di patatine che si sta dividendo con zio Jared.
«Vedo, come ti preoccupi, zio!» gli dico ridendo, ed affondando la mano nel suddetto sacchetto solo per il gusto di dargli fastidio.
Sono come papà, in questo. Stuzzicare zio Paul ci viene naturale. Ed è estremamente divertente.
«Allora, cos'è successo?» mi chiede Seth, senza troppi giri di parole, interrompendo il momento ludico che si era venuto a creare. E' sempre pensieroso e scontroso da quando Sarah è partita, come se lei ne avesse combinata un'altra delle sue. A quello che so, però, la scema è riuscita - finalmente, oserei dire - a dirgli che lo ama. Certo, il giorno dopo è partita per il mare, ma esistono i telefoni, no?
Invece sembra sulle spine, come se gli stesse per scoppiare una bomba sotto la sedia. O sotto il divano, visto il posto in cui è seduto.
«Pensavo di dover affrontare solo un padre preoccupato e uno zio rompicoglioni, oltre al mio capobranco, ma visto che siete tutti qui mi devo preparare un discorso fatto bene» dico, trascinando una sedia sul pavimento e sedendomi a cavalcioni su di essa.
«Ti mancano solo un cappello calato sugli occhi, una birra in mano e un paio di rutti e poi sei un cow boy perfetto - mi dice acido papà, al quale probabilmente il mio comportamento non sta piacendo. Ha ragione, di solito mi comporto da persona bene educata, quale sono, ma il fatto che abbiano discusso di quello che è successo senza di me e stiano facendo finta di niente mi fa imbestialire - Allora, vuoi dirci cos'è successo, Ethan? Stamattina mi hai detto solo che Esther si è trasformata, ed io ho dedotto che avesse a che fare con il ritorno di tua madre ed Alice in zona, ma più di questo...»
«No!» lo interrompo, intuendo che come al solito non ha capito un cazzo di niente, e che due più due ha fatto cinque per lui. Anche se, effettivamente, se fosse realmente questo, quello che ha capito, non avrebbe senso il fatto che ha radunato tutto il branco per una semplice trasformazione. Già, ma lui è un alpha atipico. La dittatura non fa per lui, preferisce la democrazia. Di solito.
«No cosa, Ethan?» mi chiede zio Sam, con un velo di preoccupazione sul volto. Eppure lui dovrebbe sapere tutto, Esther gli avrà raccontato qualcosa, o no?
«No, questa volta non è colpa della mamma e di Alice. O almeno non solo» dico, e qui mi fermo, perché ho gli occhi di tutti addosso, e quelli di zio Sam mi fissano inquieti.
«Ethan, ci vuoi spiegare bene quello che è successo ieri notte?» mi dice papà, guardando intensamente lo zio Sam. E' come se sotto ci fosse qualcosa che nessuno dei due mi vuole dire. Ma cazzo. Ho diciotto anni e mezzo e vorrei sapere quello che sta succedendo. Perché se è qualcosa che riguarda Esther, allora riguarda anche me.
«Prima zio Sam deve dirmi perché Esther non gli ha detto nulla» affermo deciso, sfidandolo con lo sguardo a contraddirmi. Lui lo abbassa quasi subito, triste.
«Esther si è chiusa in camera sua poco dopo che te ne sei andato. Ha pianto tutta la notte e continua a dire che non vuole essere un mostro» ammette, quasi colpevole.
«E tu non le hai detto nulla?»
«Gli ordini alpha sono validi anche per me, Ethan, che ormai sono fuori dal branco da anni. Il segreto deve rimanere tale, fino a quando lo stesso alpha non deciderà che è il momento di svelarli»
«Cazzate!» rispondo, ringhiando a mio padre.
«Ethan, calmati!» dice secco zio Paul, affiancandosi a me e mettendomi una mano sulla spalla.
«Ethan sappiamo tutti come ti senti in questo momento. Forse io più degli altri - mi dice Quil - E' vero, Claire non si è mai trasformata, ma c'è stato un periodo in cui tuo padre mi ha fatto ostruzionismo quando io volevo raccontarle tutta la verità, dicendomi che era troppo presto. E' stato da questo che è nata l'imposizione che ha coinvolto anche Sam e Paul»
«Ma ormai lei è parte del branco...» cerco di obiettare.
«E al più presto lo riconosceremo. Ma dobbiamo essere tutti» dice papà.
«Sarah tornerà solo tra un mese, come possiamo lasciare che Esther viva nella convinzione di essere diventata un mostro per tutto questo tempo? Come?» urlo, ritrovando la mia combattività.
Zio Paul mi molla un pugno nello stomaco, perché mi calmi. Abbiamo scoperto, con lui e zio Sam, che certe caratteristiche dell'essere lupo non si perdono. Rimangono la forza e i sensi sviluppati. Si perdono l'eterna giovinezza e la pericolosità. Ma per le persone normali non è certamente un danno.
Mi piego in due per il dolore. Lo zio non ci va certo leggero, mi ritrovo con le lacrime agli occhi, che cerco di trattenere, perché sono un uomo, e il respiro corto.
«Paul» lo riprende mio padre, vedendo che quasi non riesco a muovermi.
«Tra... tranquillo» dico, rialzandomi in piedi prima che la situazione degeneri. Mi fa ancora male, ma riesco a respirare, ed è questo l'importante. Soprattutto perché senza respirare non posso parlare.
«Io sono d'accordo con Ethan» dice zio Sam, E in effetti non mi aspettavo altro. Insomma, è di sua figlia che stiamo parlando!
«Io anche, per quello che vale» dice Seth. E il suo voto conta parecchio in effetti, visto che è il beta di questo branco. Anche se potrebbe essere dettato solo dal fatto che in questo modo Sarah sarà costretta a tornare prima.
Ma chissene! Di vacanze lontane da noi potrà farne a bizzeffe quando sarà ad Harvard!
«Io sono assolutamente d'accordo con Ethan. Non possiamo lasciare Esther all'oscuro del motivo per cui le stanno succedendo queste cose strane!» afferma serio Quil.
A questo punto siamo in quattro e, su sette votanti, rappresentiamo la maggioranza. A meno che papà non opti per una dittatura proprio oggi.
«Non è necessario che i rimanenti votino - dice, appena prende la parola - Ethan, chiama Sarah e dille di ritornare!»
Eh? Perché proprio io? Quella mi uccide se le rovino le vacanze, perché non lo fai tu, papà?
Proprio mentre sto pensando questa cosa, a decisione ormai presa, compare Nessie, bellissima come suo solito, con in braccio Jay e July. Chissà che fine ha fatto Joey in tutto ciò.
«Posso parlare anche io?» chiede, ma so già che se anche la risposta fosse no, lo farebbe lo stesso. Non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, lei.
«Certo, amore» le dice papà, prendendo Jay dalle sue braccia. Ormai sa che con July non ha speranze. Chissà come mai, poi. Che mi ricordi io, Sarah adorava stare tra le sue braccia!
«Parlate ad Esther senza richiamare qui Sarah. Non è necessario fare una riunione di branco attorno a un falò perché qualcuno possa spiegarle tutta la situazione. Soprattutto se è qualcuno di cui lei si fida - mi fissa intensamente - ciecamente»
«Ma... Nessie» balbetta papà, la cui autorità viene minata solo da questo piccolo ibrido tra un'umana e un vampiro che è mia sorella.
«Jake, è la prima vacanza che tua figlia si concede. E direi che se la merita! Perché dobbiamo rovinarle il suo regalo di diploma a se stessa?» gli dice dolcemente. L'espressione che fa papà mi fa capire che c'è caduto con tutte le scarpe e che farà ogni cosa che dice lei.
Non perchè sia privo di una sua volontà, sia ben chiaro, ma perché lei gliel'ha detto con "quella" voce. Quella che sottintende che se lui fa come dice lei...
Crescendo ho scoperto che il sesso è la chiave per molte cose nel mondo degli adulti. Anche se in realtà a papà e Nessie non servono scuse particolari per mollare le tre piccole pesti a me e a Sarah e rinchiudersi nella rimessa.
«Quindi Ethan verrà a casa mia?» chiede zio Sam, guardando mio padre.
«Sì. Ethan... fai buon uso di questa possibilità» mi dice, e mi sento libero. E' uno strano effetto, non siamo neanche trasformati, eppure le sue parole mi fanno lo stesso effetto della rimozione di un ordine alpha.
«Però prima voglio sentire Sarah lo stesso» affermo deciso.
«Perché Ethan?» chiede Nessie. Lo so che lo fa per entrambi, perché così Sarah continuerà a godersi le sue vacanze ed io potrò raccontare le cose ad Esther a mio modo, come ho sempre desiderato, senza ingerenze da parte del branco, però mi scoccia che si stia impicciando dei fatti nostri.
Se voglio parlare con mia sorella sarò pure libero di farlo, o no?
«Affari miei. Tranquilla, comunque, non le dirò niente di tutto questo» le rispondo, forse un po' sgarbato, visto che mi attiro un'occhiataccia di papà. Pazienza, lei è mia sorella, le rispondo come risponderei a Sarah.
Prendo il cordless e mi rintano in camera mia, illudendomi ancora di poter avere un po' di privacy.
Compongo il numero del cellulare di Sarah e lo lascio squillare finché non mi risponde.
«Pronto?» chiede. E' ovvio, ha visto il numero di casa, ma non può sapere con quale dei tanti abitanti stia parlando!
«Sarah, sono Ethan. Hai due minuti per me?»
«Due che siano due. Che c'è, non vedevi l'ora di liberarti di me e ora già senti la mia mancanza?»
«Se così fosse, sarei in buona compagnia» le rispondo, andando dritto al nocciolo della questione che mi sta a cuore e che voglio discutere con lei. E' per questo che mi sono allontanato.
«Che vuoi dire?»
«Hai sentito Seth, ultimamente?»
«Ah... oh... no, non l'ho sentito. Non lo sento... in effetti non lo sento da quando mi sono dichiarata» mi dice. Ecco spiegato il muso di Seth.
«Come mai?» insisto.
«Io non l'ho chiamato, ho pensato che magari mi potrebbe ritenere una ragazzina petulante ed insistente... ma neanche lui si è fatto vivo!»
«Sarah, ti posso chiedere un favore?»
«Sì, lo sai»
«Non lasciare che passino altri otto anni. Non so se reggerebbe il colpo. Non ora»
«Mi hai chiamato solo per questo?» mi chiede, per trovare un modo per cambiare argomento. Ma ha ragione, non l'ho chiamata solo per questo. Mi conosce bene, quella scema.
«No, in effetti... volevo sapere il giorno preciso in cui tornerai» le dico, sperando che non capisca che ci sono problemi a casa. La conosco, e, a dispetto di quanto le darebbe fastidio rientrare, lo farebbe, perché non riesce a non essere responsabile. Si sacrificherebbe per la Riserva. Ma, come ho detto a Nessie, non ho intenzione di far sì che lei torni. Non ora che abbiamo trovato un'alternativa a me più congeniale.
«Torno il 12 luglio, Eth. Mi sembrava di avertelo già detto!»
«Non me lo ricordavo!» dico ridendo.
«Allora, avevo ragione a dire che ti manco!»
«Sì» le rispondo. Perché negarlo, se è la verità?
«Mi manchi anche tu, Ethan» mi dice.
«Promettimi che ti farai sentire con Seth» chiedo, spostando l'argomento nuovamente su uno che mi coinvolga personalmente il meno possibile.
«Solo se si fa sentire prima lui - mi risponde. Poi sento un vociare dietro di lei, e la sua risposta chiara. "Arrivo!" - Senti, Ethan, ora devo andare. Ci sentiamo stasera, ok?»
«Ok»
E mi attacca in faccia. Mia sorella non cambierà mai.
Scendo di nuovo al piano di sotto, e ritrovo tutti quanti. Pensavo che papà avesse ormai sciolto la riunione, non avevamo deciso come muoverci? Perché sono ancora tutti qui?
«Quando torna Sarah?» mi chiede papà, con una voce curiosa, nient'altro.
«Il 12 luglio - gli rispondo - Perché siete ancora tutti qui?» chiedo, sedendomi a fianco di Seth che sta ancora sul divano, anche se ha drizzato le orecchie al solo sentire il nome di mia sorella.
«Ethan, io vorrei tornare a casa da tua zia e dai miei figli, se non ti è di troppo disturbo. Ora che hai risolto il tuo problema principale, ci diresti cos'è successo nel bosco?» dice zio Paul.
Ah, allora è per questo che sono ancora qui!
«C'è un nuovo vampiro in zona» dico, ansioso di andarmene da questa casa e di raggiungere la mia Esther, in preda a chissà quali pensieri.
«E perché non ce l'hai detto subito...» inizia mio padre, ma Seth gli fa un cenno e lui si ferma subito. Delle volte, il fatto che papà non abbia avuto l'imprinting è una gran scocciatura. Fortuna che si fida ciecamente dei suoi amici che invece l'hanno avuto.
«Ethan, è una cosa importante. Com'è questo vampiro? Da dove viene? Perché si trova qui? E soprattutto, è pericoloso? Non so se capisci...»
«Seth, per favore, una domanda per volta! Delle volte non capisco se sia Sarah ad avere preso da te o tu da lei!>> gli dico, scoppiando a ridere insieme a tutti gli altri. Ripreso fiato, dopo qualche secondo, torno serio, ed inizio a dire quello che so, cioè niente. L'unica che potrebbe risolvere molti dei quesiti che mi ha posto Seth è Esther.
«Non so molto, sono arrivato poco prima che fuggisse. Tutte queste domande le dovremmo fare ad Esther, che però, come tutti avete sentito, si è chiusa in camera sua e non vuole parlare con nessuno. Posso dirvi solo una cosa, che so per certo. Non è come mamma e i Cullen. Quello è un vampiro pericoloso. Se non fosse stato così debilitato dalla fame, tanto da non rendersi conto neanche dell'odore di Esther, a quest'ora non sarei neanche qui a raccontarvelo» rispondo, rendendomi conto del rischio che ho corso soltanto adesso che lo dico.
Guardo le facce di chi mi sta attorno, tutte serie, come sono sicuro che sia anche la mia. E' una situazione assurda e fino ad ora mi sono preoccupato solo del problema minore.
Devo imparare a gestire l'imprinting, come hanno sempre fatto gli zii. Zio Sam e zio Paul non si sono mai tirati indietro, fino a quando non hanno deciso di smettere di trasformarsi. E prima non hanno mai anteposto i loro interessi a quelli della tribù. E a pensarci bene, non lo fanno neanche ora.
E Seth, che nonostante i dubbi che mia sorella continua ad instillargli, è qui, lucido, più o meno, a fare il suo dovere di beta, come ha fatto negli ultimi sette anni.
Devono proprio insegnarmi a gestire l'imprinting.
«Ti rendi conto del pericolo che avete corso?» mi chiede papà, distogliendomi dalle mie riflessioni.
Annuisco. Ora lo so quanto ho rischiato. Finora l'adrenalina, la preoccupazione per Esther e la voglia di cercare una soluzione ai nostri problemi mi avevano aiutato a non pensarci. Ma ora... ora che ci penso, ora che ci rifletto sopra... io non ho mai affrontato un vampiro ostile che non fosse Jasper, e in fase d'allenamento. E non era aggressivo per davvero.
Non voglio neanche pensare che sarei potuto morire senza mai aver detto a Esther quanto la amo. E non voglio pensare all'alternativa che lei potesse morire... non sarei sopravvissuto.
Ci è andata fin troppo bene.
«Beh, credo che per saperne di più dovremo aspettare che tua figlia esca dalla clausura» dice papà a zio Sam. Lui annuisce e si alza.
«Ethan, andiamo?» mi chiede. E all'improvviso sembra avere di colpo la sua età reale, che non ha mai dimostrato, nemmeno da quando ha smesso di trasformarsi.
«Dai zio, andrà tutto bene» gli dico, affiancandomi a lui e dandogli una pacca sulla spalla.
«Spero che tu abbia ragione» mi risponde, abbassando lo sguardo, ed avviandosi verso la porta.
Lo seguo, e lo seguo fino a casa sua. Non mi interessa di come finirà la riunione. Io ora devo pensare ad Esther.
«Non è facile gestire il proprio bisogno di avere vicino la persona amata, e di sapere in ogni istante che stia bene e al sicuro, ma ci riuscirai. Quando sarà passato un po' di tempo, quando anche lei saprà tutto, riuscirai a stare tranquillo anche quando non l'avrai sempre sotto controllo»
«Ma allora Seth...»
«Seth ha avuto un percorso diverso. Ma te lo spiegherà lui quando e se vorrà»
«Conoscendo mia sorella immagino che avrà avuto un gran casino in testa per un sacco di tempo»
Lui scoppia a ridere. La prima volta che lo vedo ridere da ieri notte.
«Andiamo, dai, risolvi i tuoi di casini, che Sarah ai suoi ci penserà quando ritorna!» mi dice, sfregandomi la mano sulla testa e scompigliandomi i capelli. Mi circonda le spalle con un braccio ed entriamo insieme. Odio quando mi trattano da bambino, ma con lui, oggi, faccio un'eccezione.
«Sam! Com'è andata... - zia Emily si ferma, nel momento in cui mi vede - Ethan, cosa fai qui anche tu?» mi chiede, con un gran sorriso.
«Devo riparare i danni che fanno gli adulti» rispondo, fissando lo zio, che mi sorride.
«Quindi sei qui per Esther - riflette ad alta voce - E' di sopra. Prima di andare vuoi un po' di latte e di biscotti per merenda? Li ho sfornati ora»
«Magari ne porto un po' anche ad Esther. Dubito che abbia mangiato»
«Infatti» mi dice sorridendo, andando a preparare un vassoio.
<< Judy come sta?» chiedo a zio Sam. Finora mi sono preoccupato solo di Esther, ma la piccola si sarà agitata da morire, quando si è svegliata con una gamba rotta.
«L'abbiamo portata in ospedale ieri notte e l'hanno ingessata. Era meno grave di quello che sembrava. Non ricorda nulla di quello che è successo, e ciò che ricorda è talmente incredibile che si è convinta subito che fosse un sogno» mi risponde. Non sono molto convinto di questa risposta. Judy è curiosa e testarda, e scommetto che, non appena sarà di nuovo in grado di muoversi liberamente, dovremo preoccuparci anche di tenerla lontana dal bosco.
«Ecco qui, Ethan» dice zia Emily, rientrando nel soggiorno.
«Grazie zia, sei un angelo» prendo il vassoio e mi dirigo verso le scale. Davanti alla stanza di Esther, me lo passo su un solo braccio e busso alla porta. Non risponde nessuno. Che stia dormendo? Provo ad aprire la porta, ma la trovo chiusa a chiave.
Potrei buttarla giù con facilità, anche se dubito che gli zii sarebbero contenti.
«Esther, sono io. Sono Ethan. Per favore, aprimi!» nessuna risposta. E nessun movimento, non sento assolutamente niente dall'interno. Siamo proprio sicuri che non sia fuggita dalla finestra?
Mi concentro meglio. La sento respirare, perciò è qui dentro, e non è un respiro tranquillo, rilassato o rallentato.
E' un respiro agitato, forse sta piangendo, ma soffoca i singhiozzi nel cuscino.
Ritorno per un attimo con la memoria alla trasformazione di Sarah. Ma la situazione era completamente diversa. Noi sapevamo già tutto delle leggende della tribù, anche se l'avevamo saputo soltanto poco prima.
«Terry, io rimango qui fuori. Posso passarci anche la notte su questo pavimento. Ma prima o poi dovrai uscire, anche solo per andare in bagno. Intanto io parlo un po' con la tua porta. Se vuoi ascoltare mi fa piacere, spero di riuscire a chiarirti il perché»
Lei continua a non rispondere, ma non singhiozza più, segno che mi sta ascoltando. O almeno spero che sia così. Poggio il vassoio a terra e mi siedo con la schiena appoggiata alla porta.
«Nella nostra tribù le leggende dicono, che in caso di bisogno, vengono scelti dei guerrieri che la proteggano. Ma la scelta non avviene in maniera pubblica, non è un'elezione. E il bisogno che scatena la loro natura non è noto a tutti - mi interrompo e rido, per un secondo, non sarò mai bravo come papà o come zio Sam. Di solito quella che sa fare i discorsi è Sarah, è per questo che quello del diploma l'ho lasciato scrivere a lei - Il pericolo è rappresentato da esseri sovrannaturali, i vampiri, e i guerrieri della tribù vengono chiamati Protettori e sono caratterizzati dalla capacità di trasformarsi in lupi. Noi siamo dei protettori, Esther. Siamo stati scelti dalla per combattere i nostri nemici naturali. I vampiri»
Non so che altro aggiungere, senza accennare al fatto che i nostri genitori fanno parte di questa élite della tribù, se di tale si può parlare, ma vengo tratto d'impaccio, perché la sento muoversi ed avvicinarsi alla porta . Scatto in piedi prima che riesca a far scattare la serratura e ad aprire la porta.
Nell'istante in cui mi volto verso la porta aperta, me la ritrovo sul petto, che piange e stringe le braccia intorno alla mia vita. Istintivamente la stringo a me. Strano come le femmine del branco rimangano così minute e, nonostante l'aumento di massa muscolare, così donne. Sono più alto di lei di almeno venti centimetri. Riesco a poggiare il mento sulla sua testa comodamente, ma non lo voglio fare, voglio poggiarci le labbra, invece.
Chiudo gli occhi e respiro il suo odore, che mi manda in orbita ogni volta, anche se finora è sempre stato un colpo al cuore, visto che non potevo averla, o almeno non potevo averla senza mentirle.
«Ethan, è tutto vero quello che mi hai detto?>> mi chiede, quando, dopo qualche minuto, si allontana da me e si asciuga gli occhi con le mani.
Annuisco, sperando che non mi faccia altre domande. A cui so che risponderei, perché non posso negarle niente.
«Da quanto lo sai?» mi chiede.
«Ricordi la prima volta che mi hai visto, quando sono cambiato?»
«Avevo appena otto anni, ma sì, me lo ricordo - sorride per un attimo, e non capisco il perché, poi riprende - come potrei scordare il primo rifiuto ricevuto da un ragazzo?»
Capisco perché sorrideva. Ha ripensato a quel bacio che mi aveva dato e alla mia fuga immediatamente successiva. Sorrido anche io.
«Ma è stato anche l'unico rifiuto che hai avuto!» le dico, prendendola un po' in giro, vedendo che è ben disposta.
«Beh, da quel ragazzo, così palesemente... sì» ribatte. Come? Cosa? Altri ragazzi? Dove? Quando? Perché?
«Ethan, stavo scherzando! Lo sai che sei l'unico ragazzo della mia vita. Almeno fino a quando non ti troverai una fidanzata. Allora dovrò iniziare a cercare anche io!» mi dice, e io mi rilasso subito.
«Scusami per questa reazione, Esther - devo cambiare argomento in fretta, allontanarmi da lei, altrimenti mi servirà presto il bagno. Sono un licantropo, ma anche un adolescente. Ed ho problemi da adolescente, come quel coso che mi sta crescendo nei pantaloni. E non mi aiuta il fatto che lei sia vestita come ieri sera quando l'ho lasciata. Cioè con la mia maglietta e basta. Anche se penso, e spero, che abbia aggiunto della biancheria - Non hai fame? Tua mamma mi ha dato dei biscotti da portarti»
Raccolgo in fretta il vassoio e lo metto tra di noi.
«Aggiungerei anche questo alla mia collezione di rifiuti da parte tua» mi dice, rientrando in camera sua e rifacendo il letto. Non si sforza neanche di nascondere la mercanzia. Ma questa libidine è una cosa che fa parte dell'essere licantropi? Lei era così... pudica prima. Terry, se solo sapessi...
La seguo nella stanza senza neanche rendermene conto, poso il vassoio sulla scrivania e la raggiungo sul suo letto. Mi siedo accanto a lei.
«Loro lo sanno?» mi chiede all'improvviso.
«Loro chi?»
«Mia madre, mio padre, zio Jake, Nessie, Sarah... loro»
«Sì»
«E perché non mi hanno mai detto nulla?»
«Tuo padre per lo stesso motivo per il quale ieri notte non potevo dirtelo io. Mio padre perché pensava che quello che ti è successo non sarebbe mai accaduto. Zia Emily e Nessie... loro sono vincolate al segreto per amore. E Sarah è come te... come noi»
«Anche Sarah? Da molto o è una cosa recente?»
«Sette, otto anni. Come me. Anzi, da un giorno in più»
«Certo che fate sempre tutto insieme, voi due!» mi dice ridendo. Poi torna seria.
«Cosa c'è?» le chiedo.
«Mi sono sempre sentita un po' esclusa dal vostro rapporto. Siamo amici, usciamo insieme, ma ero sempre un passo indietro. Ora finalmente so perché»
«Non è mai stata nostra intenzione escluderti» mi difendo. Non l'avrei mai voluto, e se mi fossi accorto che la pensava così... niente. Non credo che avrei mai escluso mia sorella dalla mia vita. E' una parte di me. O forse sì. Per Terry, sì.
«Lo so, ma il vostro rapporto è così bello che rende difficile l'inserimento da parte di altri. Non so come Jennifer sia riuscita a farsi amica Sarah, in realtà»
«A scuola non stiamo mai insieme, Sarah ed io. Frequentiamo corsi diversi e abbiamo amicizie diverse» mi sto rendendo conto di quanto poco abbia lasciato Terry libera di entrare nel mio mondo.
«E nessun interesse sentimentale?» scoppio a ridere, poi la guardo. L'ho messa in imbarazzo. Non voglio che stia così.
«No, nessuno» cioè, uno. Tu. Lo penso, ma non lo dico. Non se non sono sicuro di quello che prova lei. Non se non sa ancora dell'imprinting.
«Ah, ok» dice, e si alza dal letto, dirigendosi verso la scrivania. Forse ora faremo onore ai biscotti di zia Emily. Infatti, prende il vassoio e, sedendosi di nuovo sul letto, se lo poggia sulle ginocchia.
Mangiamo i biscotti in silenzio, ognuno preso nei suoi pensieri. I miei sono tutti concentrati su di lei. I corti capelli che le ricadono sugli occhi, il modo in cui afferra i biscotti e li porta alla bocca, il baffo di latte rimasto sopra il labbro. Vorrei poggiarci sopra le mie di labbra, e pulirla così, e immagino di farlo, ma lei mette fine alle mie fantasie pulendosi con il tovagliolo.
Poi punta di nuovo il suo sguardo pulito, serio e attento, nei miei occhi.
«Quelli che spacciate per cugini tu e Sarah e che ogni tanto vi vengono a trovare sono vampiri?» chiede.
Dovevo aspettarmi una cosa del genere. E' sempre stata un'osservatrice attenta, e dovevo sapere che avrebbe fatto due più due in un lampo.
«Sì»
«E perché non li cacciamo?»
«Perché loro sono vampiri buoni. Non succhiano il sangue alle persone, cacciano gli animali e sono nostri alleati»
«Sembrano molto legati a Nessie»
«Sì, lo sono»
«Anche a tuo padre. E una in particolare a te e Sarah»
«E' mia madre» le rispondo. E lo so che avrei potuto essere meno brutale, ma non ho trovato un modo migliore per spiegarle come stanno le cose realmente.
«Tua madre è un vampiro? Possono avere figli?»
«Non le donne. Comunque, ti racconto tutto dall'inizio. Quando siamo nati io e Sarah, mamma era ancora umana e papà era innamorato di lei. Circa un anno dopo c'è stata una battaglia con dei vampiri malvagi e vendicativi in cui i lupi erano alleati dei vampiri buoni, e al termine di quella battaglia mamma ha fatto finta di essere morta. Questo abbiamo creduto per dieci anni, poi è arrivata Nessie e papà si è innamorato di lei. Ed è stato qui che si sono complicate le cose»
«Non che prima fossero semplici!» scoppia a ridere lei.
«Nessie fa parte della famiglia Cullen, che è la famiglia di vampiri che ci vengono a trovare»
«E' una vampira anche lei?»
«No. E' la figlia di un vampiro. E di un'umana»
La vedo sgranare gli occhi per la sorpresa, quando arriva all'informazione che cercavo di darle.
«Nessie è tua sorella?»
Annuisco, e proseguo nel racconto.
«Sulle prime papà non ha voluto che io e Sarah incontrassimo nostra madre. Era troppo arrabbiato con lei, perché ci aveva abbandonati per così tanto tempo, lasciandolo a marcire nei sensi di colpa. Poi, però, si è reso conto che era necessario che sapessimo, perché io e Sarah stavamo reagendo alla presenza dei vampiri. Io mi sono trasformato per colpa di mia madre. Mi ha fatto provare una rabbia inimmaginabile, credo di essere arrivato quasi ad odiarla, per il fatto che ci avesse lasciati»
«E Sarah?»
«Vorrei che fosse lei a dirtelo» non voglio parlarti di Seth. Non voglio che tu sappia dell'imprinting. Ma lo saprai, e vorrei che tu sia libera di scegliere se amarmi oppure no solo dopo averlo saputo.
Esther fa un grande sospiro, poi mi mette in grembo il vassoio e si alza.
«Lo porteresti a mia madre? Mi cambio e andiamo a fare una passeggiata, se ti va»
«Sì, con piacere» dico, scattando in piedi e rovesciando quasi il vassoio.
«Quale delle mie due proposte?» mi chiede.
«Entrambe»
Scendo dalla zia e le lascio il vassoio. Judith è di fronte alla televisione, ma non le presta attenzione. Sta colorando un album.
«Ehi, come va la gamba? Ieri quando io ed Esther ti abbiamo trovata ci hai fatti preoccupare a morte!» le dico, sedendomi di fianco a lei.
Con i bambini sono un grande, merito di avere tre fratelli, due cugini veri e vari cugini acquisiti tutti molto più piccoli di me.
«Posso far finta con papà e mamma di essermi convinta delle bugie che mi hanno detto, ma tu non mi freghi, Ethan» mi risponde, confermando tutti i miei sospetti.
La fisso per un secondo, poi le scompiglio i capelli.
«Io so quello che ho visto» insiste.
«Sì, e io sono un grande lupo marrone scuro» le risponde Esther, scendendo le scale e facendo il suo ingresso con il sorriso più bello del mondo.
Rispondo al suo sorriso, e mi sento un po' deficiente.
Si avvicina a me e mi prende una mano. Mi correggo. Non "mi sento" un deficiente, "sono" un adolescente deficiente ed arrapato. Mi ha solo sfiorato e i pantaloni sono diventati ad un tratto un impiccio inutile.
«Andiamo» mi dice.
Annuisco, cercando di pensare a qualcosa che non sia lei con addosso solo la mia maglietta. E soprattutto cerco di non pensare alla sensazione che provavo ieri sera quando la sua intimità nuda era a contatto diretto con la mia schiena.
Quando sono andato a trasformarmi ho dovuto provvedere a smontare quel coso enorme che avevo tra le gambe, dato che non mi riusciva di farlo in altro modo.
Camminiamo per un po', continuando a tenerci per mano. E' un contatto che mi piace, e non voglio farne a meno. Poi, all'improvviso, ci fermiamo.
Esther si mette di fronte a me, e mi fissa negli occhi, con decisione.
Fa un respiro profondo, poi inizia a parlare.
«Ethan, sai che i miei sentimenti per te non sono mai stati propriamente quelli di un'amica, ma ho accettato questo ruolo perché mi permetteva di starti vicina. Ora però non mi basta più. Io - Non lo dire. Esther, non lo dire, prego in silenzio - ti amo, e non sono più disposta ad essere solo un'amica. Posso aspettare che tu ti senta pronto per un rapporto sentimentale, ma non posso più essere solo un'amica»
Rimango in silenzio e fisso la terra che ho sotto i piedi. Ho tolto la mano dalla sua e non riesco neanche a guardarla negli occhi.
«Non c'è bisogno che tu dica niente, Ethan. Sei stato abbastanza eloquente» mi dice. E se ne va, diretta a casa sua.
Mi lascia qui, come un coglione.
Sbagliato ancora, non come. Io sono un coglione.
La ragazza che ami ti si dichiara e tu non riesci neanche a guardarla negli occhi? Giuro che non rimprovererò più Seth.
Nell'aria c'è l'odore delle sue lacrime.
Non voglio che pianga. Io ho paura a confessarle che la amo perché non voglio che pensi che sia solo per l'imprinting, quando le confesserò di averlo avuto con lei. Ma la amo, e vorrei veramente dirglielo, senza farla soffrire ancora. La amo da una vita, anche se me ne sono reso conto da poco.
«Terry, ti amo anch'io» sussurro al vento, prima di ritornare a casa mia, con la testa confusa e la coda tra le gambe.
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