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Stuck in a moment can't get out of (Pov Matt/Edward/Sarah/Jacob)

Matt
«Ma quanto chiacchiera?» chiedo a Jen, indicando con un cenno della testa Sarah, al telefono con quella che avevo capito fosse la sua più acerrima nemica, in quanto fidanzata di suo fratello.
«E' Sarah, Matt. Chiacchiera tanto, lo sai com'è fatta!» risponde lei ridendo e prendendomi la mano. Sarah si è allontanata da noi di qualche passo, probabilmente per non farci sentire quello che sta dicendo. Troppo spesso si dimentica che dovrebbe stare più attenta, quando ci sono io nei paraggi. Troppo spesso dimentica i dubbi che i suoi "parenti", se così posso chiamare un gruppo di bugiardi traditori come delle sanguisughe, e il suo fidanzato nutrono ancora nei miei riguardi. Non posso leggere nei loro pensieri, ma di certo lo sento come cambia il loro odore, quando sono nei paraggi. Sarah invece ha deciso di fidarsi di me, forse per il fatto che tengo stretta per mano la sua migliore amica, la mia sathina. Non che abbia esattamente "scelto" di averla per me, ma ora non posso farne a meno. Mi ucciderei, piuttosto che farle del male, per quanto sia difficile per me farlo.
«Matt?» Jen richiama la mia attenzione posandomi una mano sul viso, e cercando il mio sguardo con il suo. Sorrido, quando incrocio i suoi occhi.
«A che pensavi?» mi chiede, rabbuiandosi. Ultimamente è successo spesso. Io mi perdo nei miei pensieri e lei se ne accorge - è tutt'altro che stupida, la mia Jen - mi chiede cosa mi passa per la mente e sa già che non le risponderò. Negli ultimi tre giorni ho iniziato a maturare la decisione di dirle tutto. Ma ne vorrei parlare con qualcuno... forse Sarah potrebbe darmi dei consigli, ma dovrei prima rivelare tutto a lei... anche perché... ci andrebbero di mezzo lei e la sua famiglia.
Io potrei perdere la mia sathina, ma lei ci rimetterebbe la sua migliore amica. Jen non ha un carattere facile, al di là dell'eccessiva spensieratezza che mette sempre in mostra. E' una persona riflessiva, ha paura di essere ferita, e per questo è stato difficile farle ammettere di provare qualcosa per me. Dicendole la verità la ferirei sicuramente, perciò, per il momento, tengo tutto per me.
«A niente, Jen. Niente di cui tu debba preoccuparti»
«Non puoi continuare a tenerti le cose per te. Stiamo insieme da quasi quattro mesi e so pochissime cose su di te. Certe volte ho paura che tu non ti fidi di me»
«Non è questo -»
«E cos'è allora?» mi interrompe, sostenendo il mio sguardo.
«Non... non sono ancora pronto a dirti tutto di me»
«Alias non ti fidi ancora di me»
«No, Jen. Mi fido di te»
«E allora dimmi a cosa pensavi!»
«Ragazzi? Si sta facendo tardi, dovremmo entrare a lezione» accolgo con sollievo l'interruzione di Sarah, anche se credo l'abbia fatto di proposito. Non poteva non essersi accorta della piega che aveva preso la conversazione. Anche se ultimamente è spesso distratta, e persa nei suoi pensieri. Un po' come me, del resto.
«Sì, hai ragione» mormoro, allontanandomi da Jennifer, che mi guarda ferita. Ho paura che la perderò, la perderò comunque. Sia che le dica quello che sono davvero... sia che non lo faccia.

* * *

Le raggiungo per la pausa pranzo al nostro solito tavolo, sono uscito tardi da lezione, e loro hanno già quasi finito di mangiare. Jen mi vede, si alza, e saluta in fretta Sarah. Se ne va prima che io abbia la possibilità di avvicinarmi.
«E' arrabbiata con me» affermo, sedendomi sulla sedia ancora calda di lei, immergendomi nell'aria che ancora profuma di lei.
«Un po'. Ma le passerà»
«Lo spero»
«Le passerà, Matt. Fidati.» mi sorride dolce, poi con un gesto mi incoraggia a mangiare quello che ho davanti. Ingoio la prima forchettata di questo cibo senza sapore, dovrei ricominciare ad alimentarmi in maniera adeguata, alternare la mia dieta. Se continuo a mangiare solo a mensa mi verrà qualcosa al fegato, me lo sento.
Mentre mangio, mi accorgo che Sarah continua a fissarmi. Il suo sguardo mi fa formicolare la schiena, richiama la mia attenzione come un pericolo.
«Se vuoi andare da Jen puoi farlo tranquillamente» le dico, tra un boccone e l'altro.
«Non servirebbe a niente. Non mi direbbe certo perché stavate litigando, lo sai com'è. E credo che questo sia uno di quei momenti in cui vuole rimanere sola»
«La conosci bene, vero?»
«Non si fa conoscere da nessuno di cui non si fidi ciecamente, Matt. Ma per avere fiducia bisogna dare fiducia. Ed inizia a chiedersi se abbia fatto bene a fidarsi di te»
«E tu?»
«Io non c'entro niente in questo discorso. Mi fido di te perché credo che se avessi voluto fare del male a me o alla mia famiglia lo avresti già fatto»
«Quindi ti fidi, ma fino a un certo punto»
«Mi fido, fino a quando non avrò motivo di non fidarmi più»
«Questo non è fidarsi, Sarah»
«Lo so, ma per il momento è quello che meriti. Non so niente di te»
«Potrei dire la stessa cosa di te»
«Infatti neanche tu ti fidi completamente di me. O mi sbaglio?» Sarah mi sta ampiamente dimostrando due cose. La prima, è quanto lei e Jen si somiglino. Dietro una facciata di ragazzine superficiali si nascondono due ragazze attente a ogni dettaglio. La seconda, è che ha un'incredibile capacità di rivoltare le frittate.
«Già» annuisco.
Ci alziamo in piedi con i vassoi nello stesso istante, e ci dirigiamo verso il cestino dei rifiuti. Mentre svuota il suo vassoio, la vedo portarsi la mano libera al petto, e fare una smorfia di dolore.
«Tutto a posto, Sarah?» le chiedo, preoccupato per lei.
Annuisce con la testa, ma non si volta. Quando lo fa, c'è un sorriso finto impresso sulle sue labbra.
«Sei sicura?» annuisce di nuovo, continuando a sorridere, ma quando crede che non la stia più guardando la sua espressione torna di dolore.
«Sarah -»
«Ho detto che va tutto bene, Matt. Stai tranquillo»
Ma il passo affrettato che ha, e il fatto che stia mormorando qualcosa a bassissima voce al telefono mi fanno capire che il niente nasconde qualcosa.
«Cos'ha?» sono talmente assorto nel cercare di capire quello che sta passando per la testa di Sarah che non mi rendo conto dell'arrivo di Jen al mio fianco.
«Non lo so, un momento prima sorrideva, e un minuto dopo si teneva stretto il petto come se le potesse scoppiare il cuore»
«E' successo qualcosa a Ethan»
«Che ne sai?»
«Fa così da sempre. Ogni volta che Ethan è giù per qualcosa, sta male anche lei»
«Vorrei anch'io un rapporto del genere con mio fratello, se ne avessi uno»
«Credimi, delle volte per lei è un peso. Specie quando lui sta giù perché hanno litigato e lei si sente spinta a chiedergli scusa»
Sarah chiude la telefonata e si avvicina a noi.
«Tutto a posto, Sarah?» le chiede Jen, con lo stesso tono preoccupato che ho usato prima io.
«No, Jen. Esther ha avuto un incidente, Ethan era lì e non è riuscito ad evitarlo. Ora la stanno operando, e spero davvero che vada tutto bene»
«Ma non si sono lasciati, lei e tuo fratello?» chiedo.
«Non si potranno lasciare mai davvero»
«Che significa, Sarah?» chiede Jen confusa. Io ho capito quello che voleva dire. Esther è la sathina di suo fratello, e non saranno mai completi, separati.
«Niente, Jen. Solo che sono ancora troppo innamorati, per pensare di potersi dimenticare, Terry era lì per vederlo e chiarirsi con lui, e invece...» sospira, come se in realtà ci fosse tutt'altra storia da raccontare.
«Sei sicura che sia solo questo?» insiste Jennifer, nonostante l'abbia stretta a me e le abbia fatto capire che non deve continuare a tartassare Sarah. Credo sia nella fase "almeno uno di voi due deve dirmi la verità".
Sarah sospira ancora, prima di sussurrare un sì, sottovoce.
Jen si rassegna, probabilmente sa che non caverà un ragno dal buco con la sua amica, e guarda l'orologio.
«Matt, siamo in ritardo per la riunione del giornale!»
Ha ragione, ma mi dispiace lasciare Sarah da sola, in queste condizioni.
«Andate, non fate tardi. Me la cavo!» sorride, in modo falso. Non sorride con gli occhi, e non è da lei. Anche Jen sembra titubante, adesso, nonostante debba essere un po' arrabbiata per quel silenzio della sua amica.
«Sarah, se vuoi -»
«Jen, davvero, sto bene. Andate e non preoccupatevi per me. Vado a seguire le mie lezioni e ci vediamo tra un paio d'ore, ok?»
Si allontana da noi, sempre con un passo svelto e agitato.
«Sei tranquilla?» chiedo a Jen, passandole un braccio dietro le spalle e stringendola a me. Adoro il suo profumo.
«Per niente, Matt. E comunque - afferma, liberandosi dal mio abbraccio - sono ancora arrabbiata con te»

* * *

Una noiosissima riunione di redazione dopo, siamo di nuovo nel cortile del campus ad aspettare Sarah. Ci viene incontro al suo solito passo, sembra stare un po' meglio. Non sorride, ma almeno sembra rassicurata.
Sto ancora pensando al suo aspetto sereno, quando all'improvviso le cade la borsa dalle mani e si accascia a terra stringendosi il petto.
«Matt!» urla Jen spaventata, mentre entrambi corriamo verso Sarah e cerchiamo di capire cosa sia successo.
A terra, con le lacrime agli occhi, mormora qualche parola, incomprensibile per lo più.
"E' perso" continua a ripetere, guardando fisso di fronte a sé, ma, di fatto, non guardando niente.
«Portiamola a casa» mi dice Jen, ed io prontamente sollevo Sarah tra le braccia.
«Ma sei impazzito? Cerchiamo di farla camminare! Falle passare un braccio intorno alle spalle, e l'altro intorno alle mie»
Non posso dirle che per me non sarebbe un grosso sforzo quello di portarla in braccio fino a casa sua, e così, con Sarah barcollante tra me e lei come un'ubriaca, raggiungiamo la grande villa bianca che ospita lei e la sua famiglia di sanguisughe.
Alla porta il tizio che dovrebbe chiamarsi Jasper, mi lancia delle occhiate colme di odio, come se fosse per colpa mia che lei sta così.
«Passamela» mi ordina l'altro, il roscio, Edward, se non sbaglio. Titubante, gli mollo Sarah tra le braccia, mentre Jen aspetta che la invitino ad entrare.
«Jen -» inizio, ma vengo bruscamente interrotto.
«Jen, ti farei entrare molto volentieri, ma -»
«Ma quando sta così ha bisogno soltanto di riposo - continua la mia sathina - Sì, il signor Black me lo dice ogni volta» e, se la situazione non fosse tragica, giurerei che le labbra di Jasper si siano stirate impercettibilmente in un sorriso, quando Jen ha detto le parole "signor Black". Come se il fatto che qualcuno chiami "signore" il padre di Sarah fosse comico.
«Ti faccio chiamare appena si riprende» continua, la stessa ragazza di prima, quella con i capelli lunghi e neri. Bella, se non vado errato.
Non mi sono mai sforzato di memorizzare i loro nomi, mi rimangono in testa anche se non voglio, e non posso farci niente.
Jen fa un cenno di assenso con la testa, e mi prende per mano.
«Andiamo» mi sussurra, stringendola, mentre la porta si chiude dietro le nostre spalle.

* * *

Edward
«Hai già sentito Jacob?» Bella distoglie lo sguardo da sua figlia per un secondo, quando sente la mia voce, e fa un cenno di diniego con la testa. No, non l'ha ancora chiamato.
"E' perso" Sarah continua a dire questa frase nel suo dormiveglia, e non riusciamo a capire cosa voglia dire. Sappiamo che ha a che fare con Ethan, ma... sospiro e scendo velocemente al piano di sotto. Afferro il telefono e compongo il numero della casa di mia figlia, a La Push.
«Pronto?»
«Renesmee, sono papà»
«Papà, non è proprio il momento giusto per chiamare siamo - si ferma un secondo, sospira e riprende - Già sapete cos'è successo, vero?»
«La reazione di Sarah è stata inconfondibile, e continua a mormorare qualcosa come "E' perso". Non sappiamo niente di più, perché tua sorella non ha ancora ripreso conoscenza»
«Esther aspettava un bambino, papà. Un bambino di Ethan. Stava andando a Seattle a fare la prima visita con il nonno, ma deve esserci stato qualche imprevisto perché è stata investita da un auto nei pressi del dormitorio di Ethan. Lui... lui ha visto tutta la scena. Gli altri lo hanno accompagnato all'ospedale e lì Terry è stata operata...»
«Tesoro, prendi fiato»
«Non lo troviamo, papà. Non riusciamo a trovare Ethan. Seth e Jacob lo stanno cercando da ore, ormai, hanno setacciato i boschi, hanno coinvolto anche Nahuel e gli altri. Ma non riusciamo a trovarlo. E Sarah ha queste maledette reazioni ogni volta che Ethan sta male. Diventa inutile»
«Renesmee, forse è meglio che Sarah abbia queste reazioni. Con la sintonia che hanno immagini cosa può significare per lei provare sia il dolore di suo fratello che il suo stesso dolore?»
«Papà... vorrei solo che Ethan ritornasse a casa. Vorrei solo questo»
«Lo troveranno, tesoro. Stai tranquilla. I bambini sono lì?»
«No... Rachel li ha portati a casa sua, per farli giocare un po' con i cuginetti. Ma non sono stupidi, lo sai, papà»
«Esther è ancora a Seattle?»
«Sì... il nonno ha deciso di farle passare la notte lì per evitare troppi sospetti. In fondo è stata appena operata. Sam ed Emily si sono precipitati da lei non appena hanno avuto la notizia»
«Come l'hanno presa?»
«Si sono preoccupati per la figlia, come volevi che la prendessero? A tutto il resto penseranno più in là, anche perché Esther avrà bisogno di molto aiuto per superare tutto questo»
Edward.
Bella mi chiama usando il pensiero, e non ne capisco il motivo. Continuando a chiacchierare con mia figlia, salgo nella stanza.
«Renesmee, Sarah si è svegliata»
«Passamela subito»
«Credo infatti che voglia parlarti»
Passo il cordless a Bella, che lo poggia dolcemente vicino all'orecchio di sua figlia.
«Ness... lui è... alla grotta»
«Sarah, quale grotta? La foresta è piena di grotte, sii più precisa, te ne prego»
«Dillo... a Seth. Lui capirà»
Sento Renesmee sospirare all'altro capo del telefono, per poi parlare di nuovo con sua sorella.
«Lo dirò a Seth, d'accordo. Ora mi spieghi perché non gli avevate detto niente del bambino?»
«Esther non voleva»
«E quando mai questo ti ha fermato?»
«Ness, non capisci. Voleva fuggire, lontano, dove nessuno l'avrebbe più trovata. Se il prezzo per tenerla vicino alla riserva dove il bambino - la voce si spezza, e Sarah inizia a piangere - Il bambino non c'è più, vero? E' per questo che Ethan continua a dire "L'ho ucciso. E' colpa mia". E' per questo?»
La voce è salita di un paio di ottave, mentre negli occhi compare il panico e il dolore si fa più forte. Jasper si affaccia sulla porta della camera di Sarah con un'espressione che è il riflesso di quella della mia figliastra.
«Sarah...» Renesmee non riesce a continuare, quel bambino che non nascerà mai segnerà le vite di tutti, in un modo o nell'altro.
«Ness, prendo il primo volo disponibile e sarò da voi il prima possibile» Sarah è risoluta, mentre pronuncia questa affermazione, e lo sappiamo tutti, per questo motivo non mi stupisco quando Alice arriva in camera con un biglietto aereo appena stampato e una valigia che inizia a riempire.
«Sarai lì tra dodici ore esatte. Avvertiamo Rose ed Emmett e ti facciamo accompagnare alla Riserva»
«Grazie - mormora Sarah - Ness, hai sentito? Sarò lì tra dodici ore»
«Sarah, non -»
«Non mi dire che non c'è bisogno. Lui l'avrebbe fatto, per me. E io devo stargli vicina»
«Va bene. Ma tuo padre non ne sarà felice»
«Neanche Seth, se è per questo»
I pensieri di tutti sono focalizzati sulle ultime notizie. Esther incinta, Esther che ad appena sedici anni perde un bambino, Ethan che si ritiene responsabile per questa perdita. Ethan che fugge sconvolto.
Sospiro, e abbraccio mia moglie.
«Grazie, Edward» mi sussurra, e risponde al mio abbraccio.

* * *

Sarah
«L'hanno trovato?» sono le prime parole che rivolgo a zia Rose quando la vedo. La mancanza di informazioni, sull'aereo, ha fatto aumentare a dismisura la mia preoccupazione. Lei annuisce, e mi abbraccia.
«Cosa c'è?» le chiedo, preoccupata da questa sua necessità di darmi conforto. Dietro le sue spalle, vedo zio Emmett con un'espressione che non si addice al suo viso di sorridente giocherellone.
«Zia, cos'è successo a Ethan?»
«Non... non riescono a fargli riprendere sembianze umane. Seth ci ha provato, ma sai come funziona, per voi. E se lui continua ad indugiare in quella depressione...» sospira, esattamente come farebbe un umano, lasciando intendere il resto della frase. Se non riuscirà a pensare a qualcosa che gli dia un po' di pace, non tornerà mai umano. Non può succedere, non a mio fratello, non a Ethan.
Il petto ricomincia a farmi male, mentre la crepa nel mio cuore, riflesso di quella di Ethan, ricomincia ad approfondirsi.
«Devo andare da lui»
Un'ora e mezza più tardi, passata su un'auto lanciata a velocità da circuito di Formula 1 sull'autostrada, sono a La Push. Casa. Nessie mi aspetta di fronte alla casetta ridipinta di verde in cui ho abitato per diciannove anni, al suo fianco i miei fratellini, che mi corrono incontro felici e sorridenti. Li abbraccio stretti e respiro il loro odore. Solo Juliet mi chiede di Ethan.
«Arriverà presto anche lui, non ti preoccupare zanzarina!» lo spero davvero tanto, sorellina. Aggiungo tra me e me, stringendola più forte.

* * *

«No e no. Non andrai laggiù da sola»
«Seth, piantala. E' mio fratello, non mi farà del male»
«Non ti ho detto di non andare, ma di non andare da sola. E non mi sembra che l'ultima volta -»
«L'ultima volta aveva ragione lui. Gli avevo tenuta nascosta la verità su Nahuel e -»
«E questa volta secondo te non è la stessa cosa, se non peggiore? Gli abbiamo tenuto nascosto suo figlio, Sarah!»
«Ma era per una buona causa!»
«E' sempre per una buona causa, Sarah! L'ultima volta era per non isolarlo, e stavolta perché Esther aveva minacciato di fuggire con il bambino. Ed inizio a pensare che forse sarebbe stato meglio»
«Non puoi crederlo davvero» gli dico, ferita. Abbiamo urlato finora, ognuno arroccato sulle sue posizioni, ma quando ha detto che "forse sarebbe stato meglio", aveva un'espressione così grave e così seria che non ho potuto fare a meno di pensare che ci credesse davvero. Mi fa stare male, che possa crederlo davvero.
«Sarah, guarda com'è finita. Se non ci fossimo messi in mezzo prima o poi lei sarebbe tornata, con il bambino. Ethan avrebbe saputo che da qualche parte del mondo lei e il piccolo stavano bene, magari sarebbe partito subito alla sua ricerca... e invece»
Le lacrime gli pungono gli occhi. Seth è uno che non ha paura di mostrare i suoi sentimenti di fronte agli altri. E si sente colpevole tanto quanto Ethan per questa situazione. Io, invece... io continuo a pensare che abbiamo agito nel modo giusto. E' solo che probabilmente doveva andare così, per quanto tragica la situazione sia. Doveva andare così.
«Seth...» lo abbraccio da dietro, cingendogli la vita con le braccia e poggiando la guancia sulla sua schiena. Le sue mani trovano le mie e si fermano su di esse.
«Ok.» dice, dopo un interminabile minuto di silenzio.
«Ok?» chiedo, non sapendo bene a cosa si stia riferendo.
«Ok, andrai da Ethan. Ma non ti avvicinerai a lui e al primo segno di nervosismo da parte sua uscirai da quella grotta»
«Seth, sei un idiota!» urlo, allontanandomi da lui di colpo. Lo sguardo che mi rivolge è duro. Questo è il massimo delle concessioni che intende fare.
«Non puoi pretendere che io lasci mio fratello laggiù a soffrire da solo»
«Sì, che posso! Tu sei la mia vita, la mia compagna, e saperti in pericolo mi distrugge. Ma sono disposto anche a concederti una prova, se questo può farti stare bene. Ma devi stare alle mie condizioni»
«Beh, non intendo sottostarci. Sapevi che era questo il motivo per il quale tornavo a casa -»
«E infatti, se ben ricordi, ho urlato contro Alice!» grida. E' arrabbiato, con me. Non si arrabbia mai, con me.
«Ad ogni modo, io te l'ho detto perché era giusto che tu lo sapessi. Ma sai anche che non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da te. Né tantomeno di farmi dire quello che devo fare»
«Perfetto. Fai come ti pare. Ma stasera non disturbarti a tornare a dormire qui»
«Seth...»
«Niente Seth. Sei ancora una ragazzina. Una ragazzina immatura, Sarah. Mi illudevo che fossi diversa, che avessi smesso di fare tutto quello che volevi, che avessi capito cosa significa amare davvero qualcuno ed avere paura di perderlo. Pensavo che avessi capito cosa significa per me saperti costantemente in pericolo anche senza che tu te le vada a cercare. Ma non ho intenzione di stare a guardare mentre ti metti in pericolo da sola!» mi urla contro, e stavolta sono le mie le lacrime che minacciano di uscire. Le ricaccio indietro, per non dargli anche questa soddisfazione. Ma poi... che soddisfazione gli darei? Ci sta male quanto me a dirmi queste cose, ma se lo fa è perché lo ritiene davvero necessario. Che razza di fidanzata idiota che si ritrova. Ma se cedessi adesso, lui capirebbe che può dirmi quello che devo fare, e non voglio che le cose vadano così.
«Bene» dico, afferrando la mia giacca dall'appendiabiti nell'ingresso.
«Cosa?»
«Bene, torno a casa da mio padre. E stanotte dormo nella grotta, con Ethan. E no, non te lo dico per farti arrabbiare, ma solo per fartelo sapere».
Mi chiudo la porta alle spalle e sospiro. Appena Ethan starà meglio, sistemerò le cose con Seth. Non posso permettere che una stupidaggine del genere rovini il nostro rapporto. Ma adesso devo pensare a mio fratello.

* * *

Papà non ha fatto domande, quando mi ha vista arrivare a casa a piedi. Ha lasciato che mi cambiassi, e che scendessi di nuovo, prima di guardarmi in faccia e capire che avevo litigato con Seth. Non mi ha chiesto nulla neanche quando mi ha sentita sospirare pesantemente prima che aprissi la porta di casa e uscissi. Forse ha capito anche che avevo bisogno di andare da Ethan, prima di qualunque altra cosa. O forse spera che riesca a riportargli indietro suo figlio.
Il mare è decisamente troppo mosso, per tentare la sorte e tuffarmi dalla scogliera, e poi ho qualche coperta e un po' di provviste nello zaino, e non vorrei che si bagnassero. Decido di scendere dall'ingresso "asciutto" della grotta.
Ethan si volta verso di me, quando sente il mio odore, ma torna subito a poggiare la grossa testa lupesca sulle zampe anteriori. I suoi occhi sono lucidi, pieni di lacrime, e il pelo del muso è bagnato. Mi avvicino cauta a lui, stringo le braccia attorno al suo collo, e lo sento poggiare il nasone umido sulla mia schiena.
«Sono qui, Ethan. Non ti lascio»
Lo so.
Sentire la sua voce nella mia testa e scoppiare a piangere è un tutt'uno.
«Ethan, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...»
Non è colpa tua, è solo colpa mia. E' morto per colpa mia.
«Non è colpa tua, Ethan. Non lo è. Non è colpa di nessuno»
Lei è fuggita perché mi ha visto baciare un'altra. Non faceva attenzione a dove andava perché stava soffrendo per colpa mia. E' colpa mia se il mio bambino non c'è più.
Mi rendo conto di quanto siamo diversi io e mio fratello. Io non mi assumerei mai la responsabilità di qualcosa che è una pura fatalità. Lui... lui sì. Lascio il suo collo, e mi siedo con la schiena appoggiata al suo fianco. Mi poggia la testa in grembo e continuiamo a parlare nel nostro modo speciale.
«Ho litigato con Seth» gli dico, nel tentativo di distrarlo dai suoi pensieri. E poi ho bisogno di parlarne con qualcuno.
Perché?
«Non voleva che venissi da te»
Aveva ragione, non dovevi venire
«Non potevo lasciarti qui da solo»
Ma non dovevi litigare con Seth, per me.
«Non mi sei molto d'aiuto» lo rimprovero.
Dico quello che penso, come sempre.
«A proposito di dire quello che pensi... gli altri... ti sentono?»
No. E io non sento loro.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, ognuno preso nei suoi pensieri. Continuo ad accarezzargli la testona, mentre cerco le parole giuste per confessargli la mia colpa. Il mio peccato di silenzio. Mi rendo conto che non serve a niente tergiversare. Sospiro, e inizio a parlare.

* * *

Jacob
«Cosa vuol dire che non l'hai fermata?»
«Esattamente quello che ti ho detto, Seth. Non l'ho fermata perché non avevo intenzione di farlo. Sai come e meglio di me, quanto possa essere testarda, se ci si mette»
«Ma non può fare sempre come vuole!»
«Seth, è il suo gemello, non puoi pretendere che -»
«Ness, è proprio per questo che lo pretendo. Continuerà a voler confondere la vita di Ethan con la sua anche in futuro, se non si mette in testa che sono due persone diverse!»
Metto una mano sul braccio di Seth, impedendogli di continuare. Le tre piccole pesti devono aver già sentito più di quanto dovevano, e si sono affacciate sulla porta del soggiorno.
«Zio Seth, perché sei arrabbiato con Sarah?» Joseph si avvicina a Seth, guardandolo con i suoi vispi occhi verdi e gli tira i pantaloni del completo.
«Io non... - si china per prenderlo in braccio, mentre Jason e Juliet, mano nella mano, si avvicinano a me e a Ness - Non sono arrabbiato con Sarah, sono solo un po' dispiaciuto»
«Zio, lo sai che con me non puoi dire le bugie!»
Il potere di Joey è estremamente irritante, in alcuni momenti, tipo quando fa domande scomode a me o alla madre, ma in questo momento lo trovo decisamente utile. Seth deve ammettere di essere arrabbiato con Sarah perché ha preferito andare da Ethan piuttosto che rimanere al sicuro per non farlo preoccupare. Il che è un comportamento abbastanza egoista, per uno che li ha visti crescere.
«Sarah è andata a prendere Ethan» afferma Juliet, fissandomi con i suoi occhioni verdi che mi fanno venire voglia di riempirla di coccole come facevo con Sarah quando aveva la sua età. Ma lei, a differenza di Sarah, mi cerca solo se sente di avere bisogno di me. Mi sento un po' sfruttato, in effetti, ma ho capito che se non mi cerca è perché sta bene, si sente serena in ogni situazione, ed è quello che ogni genitore vorrebbe per i suoi figli, perciò non mi lamento.
«Che significa, zanzarina?» le chiedo, abbassandomi alla sua altezza ed usando il nomignolo che hanno coniato per lei i miei figli più grandi.
«Me l'ha promesso. Mi ha promesso che Ethan arriverà presto, e lo è andata a prendere» è sicura di quello che dice. Sicura perché Sarah non ha mai mancato una promessa, con lei. Sicura perché si fida dei suoi fratelli maggiori. Sicura perché vuole crederci.
Sto per risponderle, quando la porta della cucina si apre alle mie spalle, e sento la voce di Sarah.
«E infatti, eccolo qui, July. Mi accompagni di sopra a metterlo a letto?» le dice, con finta allegria, reggendo il peso di suo fratello, sfinito, sulle spalle. Lo ha avvolto in un paio di coperte, un suo braccio le cinge le spalle e la mano le finisce sulla clavicola. Una mano di Sarah è serrata attorno al polso di suo fratello. Passando di fronte a Seth, gli dedica un'occhiata triste e velocemente distoglie lo sguardo. Seguita da Ness e dai cuccioli, sparisce in fretta al piano di sopra.
«Non mi perdonerà mai» mugugna Seth, intristito per il trattamento che gli ha riservato mia figlia. Mi verrebbe da sorridere, se la situazione non fosse tragica.
Sospiro, pensando al fatto che dovremmo cercare una soluzione per Ethan. Tornare a Seattle è fuori discussione, e anche stare qui non è una buona idea. Dovrebbe andare in un posto neutrale, dove riprendere il controllo sulla sua vita, prima di affrontare tutto il resto.
«Jake... Ethan avrà bisogno di un periodo di riposo» mi dice Seth, che è uscito dalla fase "bambino cocciuto" ed è rientrato nel suo ruolo di uomo maturo e psicologo.
Annuisco, sospirando di nuovo.
«E se gli facessimo fare un viaggio nel nord della California?»

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