Love love (Pov Ethan)
Ethan
«Che cazzo ti è saltato in mente?» urlo all'indirizzo di mia sorella. Seth mi guarda storto, ma non riesce a darmi del tutto torto. Cerco di calmarmi solo per quel povero innocente che Sarah porta in grembo e che non c'entra niente con tutta questa storia. La sua unica colpa è avere mia sorella come madre.
«Te l'ho detto una vita fa che non mi piace che mi organizzi le cose alle spalle. Te l'ho ripetuto non so più neanche quante volte in ventitré anni, e tu continui? E ci hai messo di mezzo anche Trix!»
Il mio tono è più calmo, ma immagino di somigliare un po' a papà in questo momento. Lui non alzava mai la voce con noi, ma faceva davvero paura quando si arrabbiava.
«Cercavo solo di darti una mano» mi dice.
«Ah, sì? E come? Vuoi spiegarmi come tirare fuori robe vecchie di tre anni di cui Tim non era a conoscenza potrebbe aiutarmi in qualche modo? E poi a cena? Nonostante ti avessi guardata il più storto possibile e te l'avessi anche comunicato? Perché mi hai sentito, lo so che mi hai sentito!»
«Ethan, non posso stare a guardare mentre continuate ad amarvi senza dirvelo. Mentre lei sta con un altro senza amarlo davvero!»
«Ah, no? Beh, fa lo stesso. Perché è esattamente quello che farai e Seth si assicurerà che tu non faccia altre porcate come quella di stasera. A Trix penserò domattina, ma stai tranquilla che non la passerà liscia neanche lei. Mi chiedo solo come caspita tu sia riuscita a convincerla, Sarah.»
«Non è stato difficile. Ed è stata lei a dirmi che ultimamente eri più cupo del solito, io ho solo collegato i puntini e ho capito che era per Esther. Che quel cazzo di imprinting che hai avuto con lei non ti lascerà mai in pace. E pensare che Trix sarebbe perfetta, per te. Perfetta!»
«Ma non lo è, se la mia anima gemella è qualcun altro. E poi, Sarah, vieni proprio tu a fare a me la paternale sull'imprinting? Quando col tuo ci vivi insieme, ti ci sei sposata e aspetti suo figlio?»
«Sarebbe più corretto dire che io sono il suo -»
«Fa lo stesso, Sarah. Non fare la puntigliosa adesso, che mi fai solo incazzare di più. Secondo te quale effetto hai ottenuto? No, dai, dimmelo.»
Torno all'argomento principale della nostra conversazione, ossia il casino che ha fatto con Esther e Tim. Che poi, se ripenso alla conversazione che ho avuto nel pomeriggio con Trix mi incazzo solo di più... mi aveva fatto i complimenti per il mio autocontrollo, per essere cresciuto, e il tutto mentre si preparava a piantarmi un coltello in mezzo al cuore.
«Avranno litigato...»
«E poi?» mi dispiace incalzare con lei, specialmente quando fa quella faccia dispiaciuta che ha messo su ora, ma il danno che ha fatto è stato grosso, e Seth che non parla per prendere le sue difese la dice lunga su quanto lo sia stato. «Lo sai in genere una coppia di innamorati come conclude un litigio, Sarah? Ti è mai successo di litigare con Seth e di fare la pace con lui a letto?» abbassa la testa. «Ecco. È questo che hai fatto.»
«Ma lei non lo -»
«E piantala con questa storia che Esther non ama Tim! Non sei lei, non sai cosa pensa. Se non lo amasse perché vorrebbe lasciare il branco per lui?»
Rimane a bocca aperta per qualche istante.
«Te l'ha detto lei?»
«No, Sarah, me l'ha detto lo zio Embry. Se qualche volta pensassi più agli altri che a te stessa... anche sabato sera, che bisogno c'era di dirlo davanti a tutti in quel modo? Tra l'altro senza neanche preparare Esther in qualche maniera. Potevi dirle prima che sei incinta, tu non hai visto come c'è rimasta!»
«Perché, tu sì?» mi chiede, e sorride. So di essermi appena fatto un autogol clamoroso, ma mi è sfuggito di bocca prima di poterci riflettere. Esther è stata male per colpa dell'egoismo di mia sorella. Solo questo importa.
«Sì, io l'ho vista piangere, Sarah. Non ci è passata sopra come vuole far credere a tutti, non pensi che sia anche per questo che non l'aveva ancora detto a Tim? Io...» alzo le mani e le riabbasso immediatamente, in un gesto stizzito e spazientito. «Fai come ti pare, ma non ti avvicinare a lei per nessuna ragione al mondo. E adesso me ne vado, ce la fai a non combinare altri casini, diciamo per i prossimi sei mesi?»
«Perché solo sei mesi?» mi chiede.
«Perché poi nascerà il marmocchio, e spero tu sia abbastanza impegnata con lui da non riuscire a preoccuparti per me.»
Prendo le chiavi che ho lasciato sul tavolo del soggiorno ed esco, senza dire un'altra parola e lanciando un'occhiata di sbieco a Seth. Della serie "falla ragionare tu, ti prego".
***
4 giugno 2030
«Mi odi?» Trix guarda dritto davanti a sé. Siamo seduti in macchina e finora non abbiamo parlato. Finora, ossia da quando l'ho presa in hotel per andarcene a parlare in un posto più tranquillo.
«No, non ti odio. Non riesco a capire come Sarah ti abbia trascinata in mezzo, però» le rispondo, voltandomi verso di lei.
«Non è stata lei a mettere in mezzo me. Sono stata io a mettere in mezzo lei, Ethan. Se cerchi qualcuno con cui prendertela sono io.»
«Non cerco nessuno con cui prendermela. Mi piacerebbe solo sapere cosa avevate in testa, tutte e due. Voglio dire... che vi aveva fatto il povero Tim?» E tu guarda se devo pure prendere le sue difese. Sto proprio messo male.
«A noi niente. E a te?» mi guarda intensamente.
«Niente. Sta con la ragazza...» posso dirglielo davvero? Cioè, fino a sei mesi fa stavo con lei, posso confessarle davvero che ho sempre amato un'altra?
«Che ami, Ethan. Sta con la ragazza che ami e che hai sempre amato. E io l'ho sempre saputo e ho sperato che ti passasse. Ma se non ti passa non posso farci niente, è per questo che quando ci siamo lasciati non ho pianto e non mi sono tirata i capelli. L'ho sempre saputo che sarebbe finita... ci ho sperato, ma l'ho sempre saputo.»
È questo che mi è sempre piaciuto di lei, la sua capacità di rimettere tutto nella giusta prospettiva. Ma non mi spiego come mai si sia messa a fare comunella con mia sorella. Sono agli antipodi. Forse per carattere si somigliano un po', ma come ragionamenti... completamente all'opposto.
Le passo il braccio dietro le spalle e la attiro a me. Stiamo in silenzio per qualche secondo, poi lei si mette a ridere.
«Ethan, ti ricordi perché non ho mai voluto fare l'amore in macchina?»
Sciolgo l'abbraccio e la guardo perplesso.
«Mi si stava piantando il freno a mano nella coscia!» ride. «Comunque, l'idea era quella di darti una mano, non di distruggere il precario rapporto che hai con lei.»
«Non mi pare vi sia venuto troppo bene» sbotto.
«Perché tua sorella ha la tendenza a volere tutto e subito. Non è cattiva, è solo un po' precipitosa, a volte. E questo invece era un caso in cui avrebbe dovuto avere un po' di pazienza.»
«È che Sarah pensa solo a quello che le fa comodo. Certe volte mi chiedo se mi voglia bene davvero o se lo dica soltanto perché abbiamo il cinquanta per cento del patrimonio genetico in comune.»
«Scherzi, vero? Sarah ti adora. Quasi quanto adora Seth, o forse anche un pochino di più.»
«Se lo dici tu» alzo le spalle.
«Sì, lo dico io. E dico anche un'altra cosa.»
«Cosa?»
«Perché non vai a chiedere scusa a Esther?»
«Con Sam che mi punterà il fucile dalla finestra se mi avvicino a meno di cento metri da casa sua?»
«Potresti avere delle sorprese.» No grazie, basta sorprese, ne ho già avute abbastanza per tutta la mia vita.
«Ne dubito» le dico e mi volto di nuovo verso il volante. «Dove la porto, signorina?»
***
«Che sei venuto a fare?» non è prestissimo, ma Esther è ancora in pigiama. Brutto segno. Si stringe la vestaglia addosso e continua a fissarmi con quello sguardo fiero dall'alto degli scalini della veranda. Non è ben disposta nei miei confronti, e direi che probabilmente ha pienamente ragione.
«Volevo solo chiederti scusa... per ieri sera.»
«Ora l'hai fatto. Puoi anche andartene.»
La guardo meglio. Ha gli occhi gonfi, non deve aver dormito molto stanotte. Mi si stringe lo stomaco. Sono geloso, geloso marcio. Continuo a guardarla senza dire una parola, cercando di inghiottire quel sentimento che non dovrei provare, ma vederla qui, bella come non mai, con i capelli ancora arruffati, e sapere che non è mia mi distrugge.
«Ethan, hai bisogno di qualcos'altro?»
«Di te.»
Mi scivola dalle labbra quasi in un sussurro, senza che possa controllarlo. Mi do dello scemo, vorrei prendermi a pugni e seppellirmi sotto terra per la figuraccia appena fatta. Distolgo lo sguardo da lei, ma non riesco a muovermi. La sento sospirare.
«Dammi cinque minuti. Mi vesto e ti accompagno alla falegnameria a piedi. Io e te dobbiamo fare quattro chiacchiere.»
«Puoi davvero accompagnarmi?»
«Mi stai davvero chiedendo se c'è Tim di sopra nel mio letto?» sorride. «A quest'ora è al lavoro, dovresti saperlo. E comunque papà non lo vuole in casa dopo le dieci di sera. Anche se non sarebbero affari tuoi.»
Camminiamo in silenzio, fianco a fianco, quel tanto che basta per allontanarci da casa sua ed avere un po' di privacy.
«Ethan, non puoi tornare a La Push dopo tre anni che non ti fai sentire e pretendere che le cose tornino tutte com'erano prima» esordisce.
«Il fatto è che io non voglio che le cose tornino com'erano prima, Esther. Se pensi questo non hai capito assolutamente niente! E se non mi sono fatto sentire per tre anni è stato perché tu mi avevi detto di sparire dalla tua vita. Aspettavo che fossi tu a richiamarmi indietro e ad avere bisogno di me.»
«Io avevo bisogno di te, ma tu mi avevi detto di volere del tempo per te, per capire cosa volevi da te stesso. Leah mi aveva dato il tuo numero, sai, quando stavi da...»
«Da Denise? Leah ti aveva dato il numero di Denise?» le chiedo, fermandomi di colpo in mezzo al sentiero. Annuisce. «E perché non mi hai mai chiamato, Esther?»
«Perché ti odiavo.»
Le sue parole mi colpiscono come un treno in mezzo al petto. Mi odiava. È per questo che non ho avuto bisogno di lei per un sacco di tempo? Era lei a non volermi? Questo cazzo di imprinting non lo capirò mai!
«Tu. Mi. Odiavi.»
È difficile accettare la realtà, anche quando fa quadrare ogni cosa. Tipo il fatto di essermi messo con un'altra ragazza. Di aver fatto l'amore con lei. Di aver pensato, a un certo punto, di passarci la vita insieme. Perché sì, ci ho pensato a una vita con Trix. Ma non me la sono sentita di mollare tutto per lei.
«E adesso?» chiedo. Non vorrei aver dato alla frase questo tono da cucciolo bastonato che invece le ho dato, vorrei dimostrarmi più forte, vorrei non averle detto quello che le ho detto tre giorni fa. Vorrei. Ma la realtà non cambia. Sono cose che ho fatto.
«Perché mi hai detto quello che hai detto sabato notte?» mi chiede. Alzo gli occhi e trovo i suoi. Fieri, accesi da una passione che non sapevo neanche possedesse e che chissà quando l'ha tirata fuori. E con chi. Lo stomaco fa un'altra capriola.
È ora di tirare fuori tutto quanto. Tutti i dubbi, tutte le incertezze. Tutta la verità. È ora di scoprire cosa ci hanno dato questi tre anni, e se c'è una qualche possibilità che lei ritorni mia. Perché deve essere lei a decidere. Su questo non c'è alcun dubbio.
«Perché lo pensavo. E lo penso.»
«Ma capisci che sto con Tim, ora, vero? » mi chiede, mentre fa un passo nella mia direzione.
«Sì, lo so. E infatti mi dispiace per quello che è successo ieri sera, Esther. Credimi, non ne sapevo n-» mi mette un dito sulle labbra per impedirmi di continuare a parlare.
«Lo so che non ne sapevi niente. Tim mi ha detto che ieri pomeriggio avevi impedito a Trix di dire una cosa simile a quella che ha detto Sarah ieri sera. Il che mi fa credere che tu sapessi che lui non era a conoscenza del perché la fine per noi due fosse stata così netta, e così brusca.»
«Avevo origliato una sua discussione con Adam. Io... volevo sapere qualcosa su come stessi, dopo sabato sera. Ho sbagliato, e anche di questo perdonami, ma aveva un'importanza quasi vitale avere quelle notizie. Così ho capito che non ne sapeva niente, e che per controllare che andasse tutto bene avrei dovuto chiedere direttamente a te. O a qualcuno vicino a te.»
«Per questo hai preso quell'appuntamento con mio padre?»
Chino la testa. Beccato in pieno.
«Sì. Non solo, ma anche per questo.»
Sorride e non posso fare a meno di pensare che questo sia il suo solito luminoso e bellissimo sorriso, quello che ho rischiato di non vedere più. Quello che Tim le ha ridato e ha tutto il diritto di godersi. Altra capriola dello stomaco. Altra fitta di gelosia. Mi riscuoto e mi rendo conto che siamo troppo vicini, che i nostri corpi continuano ad attrarsi come se non si fossero mai separati. Che se chinassi la testa nel momento in cui lei solleva il viso le nostre labbra potrebbero sfiorarsi.
«Ho voglia di baciarti, Esther. Ma non lo farò, non voglio metterti in una posizione scomoda.»
La supero, riprendendo a camminare, ma devo bloccarmi poco dopo, al suono delle sue parole.
«Anch'io, Ethan.»
Il mio corpo non risponde più alla mia testa, ma solo alla magia che mi lega a lei. Torno indietro, la raggiungo, la stringo tra le braccia e poso le mie labbra sulle sue. È un attimo in cui tutto si ferma e sembra giusto, un attimo in cui mi illudo che lei sia mia.
L'attimo dopo tutto riprende a girare vorticosamente, lei non è mia, lei sta con Tim. Lei non merita questo tipo di trattamento e io non voglio una relazione nascosta, non con l'amore che provo per lei. Dopo tutto questo tempo non ho ancora imparato a dominare gli istinti, quando si tratta di lei, ed è esattamente quello che temevo. Non posso starle accanto, se minaccio di distruggere tutto l'equilibrio che faticosamente ha ricostruito. Non posso decidere di averla di nuovo tutta per me, se lei prima non ha chiarito le cose con Tim. Stava per lasciare il branco, per lui, perciò le sue intenzioni sono maledettamente serie, con lui. Ha ragione lei, non posso piombare qui e pretendere che le cose siano come prima. Devo allontanarla da me, perché lei ha già scelto la vita che vuole, e non è con me.
La lascio andare bruscamente e ricomincio a camminare.
«Vado da solo, Esther. La strada la conosco.»
Rimane lì, ferma. Non si muove. E l'odore inconfondibile che sento mi dice solo una cosa. Sei un coglione, Ethan.
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