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I want to hold your hand (Pov Ethan/Esther)

Ethan

«Maledizione!» impreco. La maledizione è rivolta contro me e la mia stupidità. L'ho baciata. L'ho baciata perché lei lo voleva. Perché entrambi lo volevamo.
E poi?
«Sono un idiota.»
Ho bisogno di calmarmi per qualche minuto prima di poter incontrare Sam, altrimenti capirà tutto. Probabilmente lo capirà lo stesso, ma forse è meglio non dargli ulteriori motivi di odiarmi. Perché lo so che mi odia ancora.
Inizio a spogliarmi e lascio i vestiti appesi a un ramo basso. Mi trasformo ed inizio a correre, assaporando gli odori e la sensazione del vento sul pelo. Cerco di annullare i miei pensieri e di dare ascolto agli istinti del lupo, come mi ha insegnato papà tanto tempo fa. Dieci minuti di questa routine e sono di nuovo pronto ad affrontare Sam.
Torno al punto di partenza, dove ho lasciato i miei abiti, e riprendo sembianze umane. Sospiro, perché mi rendo conto che il mio pensiero felice è ancora Esther. Dopo tutto questo tempo è ancora lei, è sempre stata lei.
L'odore della falegnameria si sente da centinaia di metri di distanza, la segatura calda mi riempie le narici insieme all'odore di impregnante. Il rumore delle seghe circolari è tanto assordante da farmi domandare, ancora una volta, come Sam possa lavorarci. È insopportabile.

***

«Ciao, Ethan. Sei in ritardo.»
«Lo so, Sam. Scusami» rispondo, anche se mi rendo conto che non è un buon modo per iniziare una conversazione.
«Come mai sei a piedi?»
«Non sono a piedi. Ho lasciato l'auto -» davanti a casa tua. Non finisco la frase, quando mi rendo conto che i suoi occhi mi scrutano attenti. Lui sa. Evito di chiedermi come, l'odore di Esther probabilmente non è solo nelle mie narici. È anche sui miei vestiti. Mi domando invece perché sono stato così scemo da non pensarci prima.
«Hai visto Esther?»
Annuisco. Negare sarebbe da idioti, e io idiota lo sono, ma non così tanto.
«Mi auguro che tu le abbia chiesto scusa.»
«Ci ho provato, Sam.»
«Non le ha accettate?»
«Sì, no... senti, Sam, non voglio offenderti, ma è complicato e sono affari nostri. Sono qui per parlare dell'ampliamento dell'officina.»
«Perfetto. Ma prima che parliamo di affari, sappi che se riduci mia figlia come l'ultima volta sei un uomo morto. Jake cosa pensa dell'espansione?» la freddezza con cui mi parla e passa da un argomento all'altro mi mette i brividi. Sono sicuro che sarebbe pronto ad uccidermi davvero.
«Dello stanzino, o ufficio che dir si voglia, ha la piena responsabilità zia Leah, e lei mi ha dato l'ok, considerato che dobbiamo stare in due in quel buco. Pensavamo di allargare la stanza fino a dare all'edificio un aspetto più o meno regolare, quindi avremo bisogno di -»
«Conosco bene l'officina di Jake, Ethan. L'unica cosa che mi lascia un po' perplesso è il fatto che tu stia chiedendo a me e non ai Cullen.»
«Meno ho a che fare con loro e meglio è. E comunque al momento saranno tutti in fibrillazione per il bambino di Sarah, figurati se hanno tempo per me e le mie cose serie.»
«Non hai ancora perdonato tua madre? »
«Perdonata per cosa? Ah, già. Per avermi mollato a mio padre facendogli credere di essere morta. No, per quello l'ho perdonata da un pezzo, solo non voglio avere niente a che fare con lei e la sua famiglia. O il meno possibile, dato che si impicciano di qualunque cosa in qualunque momento. Lo sai che gli unici che reggo sono Emmett e Rose.»
«Capisco cosa vuoi dire» si ferma un attimo, poi riprende «Bene, verrò domani a fare un sopralluogo e a prendere le misure. Per la prossima settimana dovremmo riuscire ad iniziare i lavori, se per voi va bene.»
«Affare fatto.»
«Non mi chiedi niente del preventivo?»
«Mi fido. Al limite portalo a zia Leah prima di iniziare i lavori, comunque non credo ci saranno problemi a coprire le spese. Con l'abitudine che hanno in questo posto di tenere auto vecchie di trenta, quarant'anni, l'officina va a gonfie vele.»
«Pensavo avessi intenzione di usare il tuo regalo per i diciotto anni.»
«Il fondo fiduciario dei Cullen? Non toccherò un centesimo di quei soldi almeno fino a quando non avrò un figlio in età da college. E sempre che lui non se lo paghi con una borsa di studio.»
«Papà?» Esther si affaccia nella falegnameria. Ci guardiamo imbarazzati per qualche istante, sotto lo sguardo indagatore di Sam. «La mamma mi ha mandata a chiederti cosa vuoi per pranzo.»
«Quello che vuole, come sempre, Terry. A me andrà sicuramente bene.»
«Ok. Ci vediamo a casa» si volta e se ne va, senza aggiungere altro e senza salutarmi.
«Piantala di fare così!» mi riprende Sam con un po' di sarcasmo nella voce, dopo che Esther si è allontanata.
«Così cosa?»
«Piantala di guardarla come un cane bastonato e costretto a stare sotto la pioggia!»
«Ma...» non so come replicare, perciò mi zittisco. Sam ha pienamente ragione, io Esther la guardo così, dato che mi sento in colpa per come finisco con il trattarla, ogni volta.
«Senti, Ethan, a me scoccia da morire doverti dire una cosa del genere, perché, come hai detto tu, sono affari vostri e ormai siete grandi abbastanza per avere il completo controllo delle vostre vite» la paternale su come tratto tua figlia no, Sam. Non ora, ti prego. «Ma - e lo sai che non sono il tuo più grande fan, per via dell'ultima volta, ma sono ancora meno fan di Tim, perché ti conosco da quando eri alto un soldo di cacio e Esther è il tuo imprinting, perciò stai bene a sentire quello che devo dirti, perché non lo ripeterò due volte - ma voi due vi amate ancora, è chiaro come una di quelle giornate di sole che non si vedono tanto spesso da queste parti, perciò datevi una svegliata. Non perdete altro tempo e non punzecchiatevi continuamente come quando eravate bambini. Mi spieghi perché prima non ti ha neanche salutato?»
Lo guardo per qualche istante, sono sorpreso dalle cose che mi ha detto. Pensavo che mi odiasse... beh, non è esattamente dalla mia parte, ma riconosce il fatto che io ami ancora sua figlia, forse perché conosce bene l'imprinting e sa che non può essere altrimenti. O forse perché sa cosa significa amare davvero una persona. Fatto sta che questo discorso davvero da lui non me l'aspettavo.
«È... complicato. Ma grazie dei consigli, Sam. Ne farò tesoro.»

***

Esther

«Ehi, vuoi dirmi cosa c'è?» Tim mi sorride e aspetta che parli. Sono venuta a trovarlo all'officina non so bene per quale motivo, forse solo perché sapevo che ancora per un po' lui non ci sarebbe stato, considerato che era impegnato con mio padre, ma non trovo il conforto che pensavo di trovare nel vederlo. Anzi, mi sento ancora più in colpa.
Io ho baciato Ethan, e l'ho fatto perché volevo farlo. E volevo farlo perché lo amo ancora, è inutile che io provi a fingere che le cose stiano diversamente.
«N...»
«Non ti azzardare a dire niente. È da quando quello è tornato a La Push che sei strana. È successo qualcosa?»
«Tim...» sospiro e non so come continuare. È un bravo ragazzo, si merita la verità, considerato che stavo anche pensando a un impegno serio con lui, ma merita una ragazza che lo ami davvero, e che ami solo lui, non che abbia sempre il cuore predisposto a fuggire con qualcun altro. Ma posso davvero dirgli che non so più se voglio stare con lui dopo neanche tre giorni che Ethan è tornato? La verità è sempre la scelta migliore, ma lo è anche in questo caso?
«Esther, lo ami ancora?» delle volte mi stupisco di quanto Tim sia perspicace, ma è anche vero che la cosa deve essere piuttosto ovvia, considerato che in tre giorni abbiamo fatto scintille ogni volta che ci siamo incontrati.
Sospiro e di nuovo non gli rispondo. Questa volta sospira anche lui.
«Io lo odio. Ti ha ridotta in pezzi e tu sei qui pronta a regalargli il tuo cuore. Non so se sei più scema tu o io che sto ancora qui a cercare di capirti, Esther. Ho cercato di aspettare i tuoi tempi, ho rispettato i tuoi spazi e per cosa? Per sentirmi un completo imbecille quando tutti sapevano cose che io ignoravo completamente perché tu non volevi dirmele? Quando abbiamo iniziato a uscire insieme non eri altro che una bambola di pezza svuotata di qualsiasi sentimento. Non ridevi, non piangevi. E ok, ora che so il motivo era anche piuttosto comprensibile, ma facendo i conti era colpa sua! E tu ora mi vieni a dire che dopo tutto quello che ti ha fatto saresti pronta a ricominciare da capo con lui? Aveva ragione mia madre, quando mi diceva che in quella famiglia non siete tutti dritti!»
Non replico. Ha tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato e trattarmi così, e ancora non sa tutto.
«Cazzo! E te ne stai qui zitta ad ascoltare tutto quello che ti dico come se te ne fregasse meno di niente! Cos'è, vuoi dirmi che sono servito a scaldarti il letto nel frattempo che lui faceva la sua pausa di riflessione? Vaffanculo, Esther!»
«Tim!» Jake fa capolino nella rimessa, probabilmente attirato dalle urla di Tim.
«Vaffanculo anche a te, Jake. E vaffanculo anche a quel testa di cazzo di figlio che ti ritrovi e che si diverte a fare casini con questa imbecille che gli va ancora dietro. Ah, e già che ci siamo, mi licenzio. Io con te e con quel grandissimo coglione che non sa fare altro che danni non voglio più avere niente a che fare» butta la chiave inglese a terra e, senza aggiungere altro, se ne va.
Jake sospira. «Cos'è successo?»
«Ha fatto tutto da solo, nel senso che... non gli ho neanche detto che stamattina ho baciato Ethan» mi fermo un attimo, perché sento le guance andarmi a fuoco. Sospiro e riparto. «Jake... secondo te sono una scema se penso di fidarmi ancora di Ethan tanto da dargli una seconda possibilità? Cioè... stamattina ci siamo baciati e poi lui è fuggito via senza dire niente» sospiro di nuovo.
«Non ti sembro un po' di parte per darti questa risposta?» sorride. «Comunque, provo ad esserlo il meno possibile. Per quello che vale un mio consiglio, cerca di seguire sempre quello che ti dice il tuo cuore. E se ti dice di dargli un'altra possibilità e riesci a non pensare al passato... beh, buttati!»
«E se va male un'altra volta?» chiedo, impaurita.
«E se invece va bene, Terry?» mi domanda lui, con il suo sorriso rassicurante, e tutto si rimette nella giusta prospettiva. Non è detto che vada male ancora una volta e comunque sono cresciuta, saprò affrontarlo meglio, se dovesse succedere.
Sorrido. «Grazie, Jake» dico, mentre lo abbraccio di slancio.
«Di niente, tesoro. Sono sempre qui se hai bisogno di un consiglio, lo sai.»
Sì che lo so. Jake c'è sempre stato, per me. Sorrido ancora ed esco dalla rimessa, andando a sbattere contro Ethan che sta entrando.
«Scusa!» diciamo insieme. Ci sorridiamo e riusciamo, per un istante, a guardarci negli occhi.
«Ethan, io...»
«Esther, io...»
Parliamo nello stesso istante e ridiamo di nuovo.
«Prima tu» gli dico e lui smette di ridere.
«Scusa per quello che è successo stamattina. Non avrei dovuto baciarti, non era giusto, tu stai con un altro, ma è stata la cosa più bella che mi sia successa negli ultimi tre anni. E sono stato imperdonabile, non dovevo andarmene in quel modo, lasciandoti lì con le lacrime agli occhi.»
Mi imbarazza un po' parlare di noi e dei nostri affari di fronte a suo padre, anche se Jake è il mio confidente preferito, perciò mi limito a mordermi il labbro e a stiracchiare la bocca in un mezzo sorriso.
«Non ti va di parlare qui?»
Scuoto la testa e lui sorride.
«Papà? Vado io a Port Angeles a prendere i pezzi di ricambio.»
«Ok, Ethan. Vedi di non perderti, che quei pezzi ci servono!»
«No, tranquillo.»
Si volta verso l'ingresso dell'officina e si avvia verso l'esterno. Poi si gira di nuovo. «Che fai, non vieni?»

In auto l'aria è tesa.
Continuo a stringermi le mani, cercando di trovare il coraggio di riprendere il discorso là dove l'avevamo interrotto, ma non ci riesco. Stare qui dentro con lui mi riempie di ansia. E lui non mi sta neanche pressando.
«Terry, respira. Se non ne vuoi parlare non lo facciamo. Raccontami qualcosa dell'università... hai fatto amicizia con qualcuno?»
«Sì, ho... conosciuto un bel po' di gente e ho stretto qualche buona amicizia. Ho due compagne di corso carinissime e dolcissime, si chiamano Christina e Justine e ho passato dei bei momenti con loro, quest'anno. Hanno promesso di venirmi a trovare durante l'estate, magari te le faccio anche conoscere!» dopo un primo momento di imbarazzo mi rendo conto di quanto sia semplice raccontargli le cose. Parlo praticamente per tutto il viaggio, senza rendermene conto. Lo faccio ridere, rido anche io e piano piano mi rilasso. È così facile stare vicino a lui... perché non me lo ricordavo?
«Non ti ricordavo così chiacchierona, Terry» mi dice mentre parcheggia. «Devo lasciarti un secondo. Se tutto va bene e il proprietario ha già preparato i pezzi, pago e torno subito. Non fuggire.»
Immagino che ci siano mille mila sottintesi in queste sue parole, ma non faccio in tempo ad elaborare neanche il primo che lui è già di ritorno.
«Fatto?»
«Ovvio» risponde con un sorriso. Si allaccia la cintura ed accende il motore.
«Torniamo già?»
«Se non vuoi, no. Possiamo andare a fare una passeggiata al molo.»
Al molo di Port Angeles a passeggiare ci sarò stata milioni di volte, ma nessuna di quelle sarà mai come questa.
Ethan si ferma a un chiosco a comprare due hot dog. Insisto per pagare la mia parte, come faccio sempre con Tim, ma è irremovibile.
«Io lavoro, tu no.»
Mentre passeggiamo in silenzio, mangiando i panini e assorti ognuno nei propri pensieri, la mano di Ethan scende a cercare la mia. Mi irrigidisco sorpresa, poi sorrido e do un morso al panino per nascondere la mia soddisfazione. Mi preoccupa un po' quello che può pensare di me... per lui sto ancora con Tim, e io un po' mi sento in colpa a cedere così velocemente: cosa penserà la gente di me? Però, in fondo, cosa mi importa di quello che pensa la gente?
«Ti dà fastidio?» chiede, probabilmente male interpretando la mia titubanza iniziale.
«No.»
«Sicura? Perché posso...» stringo più forte la sua mano perché capisca che deve lasciarla esattamente dove sta.
«E con Tim come facciamo?»
«Credo di aver capito che mi ha lasciata un paio d'ore fa. Ieri sera era andata bene, ma deve averci ripensato... comunque mi ha lasciata.»
«È così facile?» chiede, perplesso. Sorrido.
«Con tutto quello che abbiamo passato per arrivare ad averla così facile hai anche intenzione di lamentarti?»
Si ferma e si mette di fronte a me, con quello sguardo serio che tanto mi è mancato in questi tre anni.
«Assolutamente no» dice, poi le sue labbra sono sulle mie e non riesco a pensare ad altro che al suo sapore. Sa di ketchup e maionese e non ho mai assaggiato nulla di così buono.
«Perciò, adesso... stiamo insieme?» mi chiede, quando deve riprendere fiato.
«Dobbiamo risolvere un po' di cose, ma direi che possiamo provarci, no?»
«Direi di sì.»
È un bacio felice, quello che segue. E pieno di amore. Quanto mi è mancato il mio Ethan!
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«Su cosa?»
«Beh, stamattina -»
«Stamattina non avevo ancora parlato con tuo padre e mi ostinavo a non ascoltare il mio cuore, perché la mia testa continuava a dire che mi avrebbe fatto male, tanto male. Adesso... direi che è abbastanza chiaro come la penso ora, no?»
«Non hai più paura? Perché io ne ho un casino. Ho paura di incasinare tutto di nuovo e di fare il coglione ancora una volta. È l'unica cosa che mi riesce davvero bene, incasinare tutto.»
«Ho ancora paura. Ma ho anche fiducia in noi. Fiducia in me, in te, e nel fatto che questi tre anni in cui siamo stati lontani non possono averci fatto altro che bene, Ethan. Siamo cresciuti e siamo pronti ad affrontare una relazione più matura, o almeno lo credo. E se non dovesse funzionare di nuovo... non voglio pensarci. Sono sicura che stavolta andrà bene.»
«Sei cambiata davvero tanto.»
«In meglio, spero.»
«Decisamente. E stavolta mi impegnerò sul serio perché tutto vada per il meglio.»
«Basta che tu sia te stesso. Ti amo per questo motivo... adesso penserai che sono una scema, ma ti amo perché sei tu.»
«Non penserò mai che tu sia una scema. Penserò sempre che tu sia la persona più buona che conosco, che ha deciso di dare una seconda occasione ad un idiota che la prima l'ha buttata dalla finestra facendoti un sacco di male. Ah, e che ti amo da impazzire, ovviamente.»

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