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Can't fight this feeling (Pov Ethan/Nahuel)

Ethan

«Sì, verrò.»

Due parole, dopo un sospiro e una pausa lunghissima, hanno segnato una svolta per Matt e Nahuel. Padre e figlio, a raccontarlo non ci crederebbe nessuno. Beh, qualche volta non credono neanche che io e papà abbiamo questo rapporto di parentela, quindi non è poi così assurdo.
Mi sono fatto prestare l'auto di Matt e sto andando a prendere il mio amico all'aeroporto. Chissà come l'ha presa davvero, al telefono mi è sembrato piuttosto calmo, ma conoscendolo... Seth mi ha detto di comportarmi normalmente, ma è una parola!
Ho paura del mio amico, ed è una cosa orribile da dire. Cioè... non ho paura di lui, ma della sua reazione.

«Cos'ha detto?» Matt entra nella nostra camera con la speranza dipinta in volto.
Ho appena concluso la telefonata con Nahuel e non ho neanche poggiato il telefono sul comodino.
«Verrà» rispondo immediatamente, dandogli l'informazione che più gli preme «Verrà, ma non so come l'ha presa. Lui è... abbastanza ermetico da questo punto di vista.»
«Ma... vi aveva parlato di... me, no?»
«Sì, ma è stata una svista, una parola di troppo che gli è sfuggita perché si stava arrabbiando con Sarah... sai anche tu com'è mia sorella quando ci si mette.»
«Vuoi dire che non avreste dovuto sapere niente?»
«No, voglio dire che Nahuel non avrebbe voluto che sapessimo niente. In quasi vent'anni non aveva detto niente neanche a Renesmee che pure continuava ad insistere sul fatto che dovesse trovarsi una brava ragazza!»
«Si vergognava di noi?»
«No, immagino che per lui siate una ferita ancora aperta. Ma sabato prossimo potrai sapere tutto direttamente da lui, o no?»
«E se non volesse parlarmi?»
«Sarà qui per te, Matt. Perché non dovrebbe volerti parlare?»

Ho lasciato la casa di Moonstone Beach neanche cinque minuti fa, con un largo anticipo sui tempi di arrivo di Nahuel al piccolo aeroporto di Arcata, ad appena dieci minuti d'auto da lì.
Parcheggio di fronte all'ingresso, uno dei vantaggi di questi piccoli aeroporti è proprio il poter parcheggiare nelle vicinanze, e scendo dall'auto, ricordandomi solo all'ultimo di spegnere la radio. Sembro quasi tornato una persona normale. Ascolto musica, leggo libri. Ho persino ricominciato a studiare.
Sarah aveva ragione ad essere preoccupata. Credo di essere anche dimagrito... Sì, come no! Ridacchio e giocherello con le chiavi dell'auto mentre attraverso la strada per entrare nell'aeroporto.
Mi siedo nella sala d'attesa, fino a quando non sento un aereo atterrare sulla pista. Mi rialzo pronto ad accogliere il mio amico, che viene verso di me con i rayban calati sugli occhi, nonostante siamo al chiuso. Ci abbracciamo come se non ci vedessimo da anni, pacche sulla schiena comprese, poi raccoglie la sua sacca da viaggio.
«Andiamo?»
«Sei davvero ok con tutta la storia?» chiedo quando saliamo in auto, un istante prima di mettere in moto.
«No. Ma via il dente via il dolore, o qualcosa del genere... o no?»
«Sei venuto con quest'intenzione? Toglierteli di torno una volta per tutte?»
«Ethan, non li vedo da quasi settant'anni. Avevo perso la speranza di rivedere Matthew in questo mondo, perdonami se sono un po' teso! E comunque no, non ho intenzione di perdere di nuovo mio figlio. Sarà difficile instaurare un rapporto con lui, ma non ho intenzione di perderlo ancora.»
«E di Denise cosa mi dici?» percepisco il suo irrigidimento istantaneo nel momento in cui nomino la mia ospite.
«Spero di riuscire a non farle del male.» ringhia, stringendo un pugno nell'altra mano.
«Nahuel...» lo richiamo, ma non riesco a continuare. Cosa potrei dire ad un uomo che si è visto portare via il figlio dalla donna che diceva di amarlo, e riesce a ritrovarlo per puro caso dopo quasi settant'anni?
Il tragitto dall'aeroporto alla casa sulla spiaggia è breve, troppo, perché lui riesca a calmarsi prima di rivedere Matt e Denise.
«Ti va di fare una passeggiata in spiaggia, prima di entrare?»
«Stai cercando di non farmi esplodere?»
«Sì, il piano sarebbe questo.»
«Mi piacerebbe vedere mio figlio, Ethan. Penso tu possa capirmi.»
Sospiro, con una fitta di dolore al petto.
«No, non posso capirti, Nahuel. Ma posso immaginare l'impazienza di Matt. Anche se...»
«Anche se tua madre ti ha abbandonato di sua spontanea volontà e quindi per te non c'era tanto desiderio di ritrovarla.»
«Già... beh, più o meno.»
«Allora?»
«Lo chiamo e gli dico di uscire?»
«È un compromesso?»
«Potrebbe.»
«Sei proprio il fratello di Renesmee! - ride per qualche secondo, poi prende aria e risponde - Sì, va bene».
Matt non aspettava altro che una parola di suo padre, per uscire di casa e venirci incontro. Scende i gradini della veranda di corsa, poi il suo passo rallenta, quasi si aspettasse di non essere riconosciuto. O peggio ancora, rifiutato. Eppure i desideri di Nahuel mi sembravano chiari, quando li ha espressi ad alta voce.
«Papà?» chiede titubante, continuando ad avvicinarsi a passi lenti.
Nahuel annuisce, e in un istante sono l'uno tra le braccia dell'altro, come se non si fossero mai separati.
«Sei diventato grande.»
Sono le prime parole che Nahuel rivolge a Matt, e io mi sento quasi uno spettatore abusivo in questo momento così intimo che dovrebbe restare privato tra loro due. Inizio a dirigermi verso l'ingresso di casa, quando Matt risponde a suo padre.
«Tu invece sei sempre uguale.»
Li sento ridere, mentre mi chiudo la porta di casa alle spalle.
«Sono contenta che si siano ritrovati. Sono estremamente felice che Nahuel non se la sia presa con Matt, lui non ha colpe.»
«Tu te ne sei andata per proteggere vostro figlio. C'è solo una cosa che non mi è chiara. Perché, quando Matt ha smesso di invecchiare tu non hai ricominciato a trasformarti e non siete tornati da lui?»
«Sei troppo giovane per capirlo, Ethan. Quando Matt ha smesso di crescere erano già passati quindici anni dalla nostra partenza.»
«Ma quindici anni per un essere immortale non sono che una manciata di giorni!»
«Non se l'essere immortale in questione li ha passati nell'odio più totale per te. E poi... sai cosa significa essere separati dalla propria sathina, dal proprio imprinting, come lo chiamate voi, per quindici anni? Soprattutto quando sei convinta che ti detesti in maniera viscerale?»
No, non lo so, ma forse lo scoprirò presto. Scuoto la testa.
«L'unica cosa che desideri è la morte, Ethan. Io avevo mio figlio, che mi ha impedito di compiere gesti disperati, e per lungo tempo è stato l'unico motivo per il quale sono rimasta in vita.»
Annuisco, conscio del fatto che potrebbe essere il mio destino. E io non ho un figlio al quale aggrapparmi.

Percepisco l'ingresso di Nahuel in casa come se fossi nell'ingresso. L'atmosfera si fa immediatamente tesa, come se non fosse lui quello che fino a trenta secondi fa sentivo ridere nel cortile.
«Perché?»
Nahuel è sempre di poche parole quando si tratta delle questioni importanti, e la sua voce carica di risentimento mi fa capire che Denise ci ha visto giusto.
«Papà...»
«Matt, va' in camera tua!» Denise lo interrompe prima che abbia modo di dire qualsiasi cosa. Forse sa anche lei che il confronto è ormai inevitabile, e non intende tirarsi indietro.
«Ma lo sai che sentirei tutto comunque! E non trattarmi come un bambino!» si ribella.
«Matt, da' retta a tua madre.»
Matt, ti prego non fare cazzate... Sali. Mi ritrovo a pregarlo nella mia testa. È assurdo, ha ragione lui, ma in questo momento la cosa migliore che lui possa fare è cedere alle richieste dei suoi genitori. Nahuel è già abbastanza irritato di suo per poter pensare di stuzzicarlo senza conseguenze.
I passi per le scale confermano la buona impressione che ho di lui. È un ragazzo intelligente.
«Sentirò tutto comunque» borbotta, buttandosi sul letto.
«Sì, lo so, è assurdo. Ma che ci vuoi fare?»
«Niente. Sei pronto per scendere a dividerli?»
Ridacchio per un istante, poi torno serio. La situazione lo richiede.
«Sì.»

Nahuel
Riabbracciare Matthew dopo quasi settant'anni è stato come vivere un sogno che speravo non sarebbe mai finito. Eppure ormai dovrei essere grande abbastanza per sapere che ad ogni sogno corrisponde un risveglio più o meno brusco.
Il mio si chiama Denise.
Entrare nella casa in cui vive con nostro figlio da non so quanti anni e sentire l'intenso odore di copihue che l'ha sempre contraddistinta mi fa stringere lo stomaco per la rabbia.
Vederla è quasi scioccante. È invecchiata. Certo, me l'aspettavo, ma le ciocche argentate che si affacciano tra i suoi capelli nerissimi mi danno la misura del tempo che è trascorso. I muscoli non sono più tonici, la pelle è rugosa. Solo gli occhi sono gli stessi. Quegli occhi azzurri come il cielo pieni di orgoglio che ha trasmesso a nostro figlio.
«Perché?»
È la domanda che mi sono ripetuto per tutto questo tempo. Non volevo che uscisse dalle mie labbra così piena di risentimento, credevo di essere riuscito a metabolizzare la sua decisione, in tutto questo tempo, ma ritrovarla e sapere quale sofferenza ci ha inflitto senza motivo mi fa stare male quasi come quando ho scoperto la loro assenza.
«Papà...»
«Matt, va' in camera tua».
Persino la sua voce è invecchiata, e il tono contrasta con la fierezza che ha negli occhi. Direi che è un tono rassegnato, benché la secchezza con cui dà l'ordine a nostro figlio mi ricordi che con lei non devo mai fidarmi delle apparenze, ma dei miei sensi e del mio istinto. Ed ora mi suggeriscono di stare all'erta.
«Ma lo sai che sentirei tutto comunque! E non trattarmi come un bambino!»
«Matt, da' retta a tua madre.»
La risposta secca che scivola dalle mie labbra mi sorprende, quasi, mentre continuo a fissare Denise. È tutto come allora, solo che Matt non è più il bambino di tre anni che cacciavamo dalla stanza per urlarci contro. È un uomo ormai, e da uomo capisce che non è il caso di insistere. Esce dalla stanza e sento i suoi passi dirigersi verso il piano superiore, il rumore della rete di un letto posta sotto sforzo, le chiacchiere tra lui ed Ethan. Il silenzio.
«Lo ripeterò un'altra volta: perché?»
«Nahuel, kau tahu kenapa. Tidak perlu menjelaska kepada Anda lagi. Saya yakin bahwa, meskipun tujuh puluh tahun elah berlalu, aku masih ingat dengan sempurna setiap katatunggal yang telah terbang di rumah kayu.»*
Per un attimo mi chiedo perché stia usando la nostra lingua, invece di parlare tranquillamente in inglese. Poi capisco che non vuole che Matthew ed Ethan ascoltino quello che abbiamo da dirci.
«Ya, aku ingat. Tapi aku ingin kau ceritakan sekali lagi. Dan kali ini dengan pengetahuan bahwa aku benar. Bahwa Matius tidak usia seperti yang Anda pikir akan. Yang selalu akanmenjadi dua puluh dan membawanya pergi bukan tidak baik, jika tidak menyakiti duaorang.»**
«Oke! Kau benar! Atau Anda hanya ingin aku berlutut di kaki Anda untuk meminta maaf?»***
«Saya ingin kembali tujuh puluh tahun terakhir! Saya ingin bertahun-tahun ketika kita bisabahagia dan kita belum! Saya ingin melihat anak saya tumbuh. Dapatkah Anda memberi saya semua ini?»****
Il silenzio che segue le mie parole è significativo.
«Seperti yang saya pikir. Sekarang katakan apa itu rasa sakit begitu banyak berharga. Anda Mio. Matius.»*****
Denise continua a rimanere in silenzio. Sorrido amaro.
«Non lo sai?» le chiedo, avvicinandomi a lei e prendendole il mento in una mano, tornando all'inglese.
«A niente, Denise. Non è servito a niente. Abbiamo sofferto per settant'anni per niente. Ti detesto, e non credo che riuscirai mai a fare in modo che abbia ancora fiducia in te.»
Continuo a tenere il suo mento nel palmo della mano, mentre mi avvicino per essere sicuro che mi guardi dritto negli occhi mentre pronuncio la frase successiva.
«Ti. Odio.»
La lascio andare bruscamente, e mi allontano da lei.
«Voglio che Matt venga via con me.»
«È grande abbastanza per decidere, Nahuel. Se vuole venire con te non sarò io a fermarlo.»
«Non te lo avrei permesso»
«Ci sono due cose che devo aggiungere. La prima è che seguirà il suo cuore, e il suo cuore lo porta lontano da entrambi, al momento. La seconda... è che prima o poi verrà con te qualunque sia la sua scelta.»
Sorpreso, non riesco a capire cosa voglia dire di preciso.
«Nahuel, non fare quella faccia. Credo tu abbia capito che ho deciso di non arrestare più il processo che mi porterà ad invecchiare fino a morire. Per quanto riguarda Matius, si è innamorato di una ragazza umana, e non le ha ancora rivelato la sua natura. Ammettendo anche che lei non si lasci intimidire dagli ostacoli che ci sono tra di loro, cosa pensi che succederà tra qualche decennio? Lei sarà un'anziana donna, e lui un giovane di vent'anni. Quando lei morirà, lui verrà con te.»
«O deciderà di morire.»
Il solo pensiero di Matthew che prende la decisione di cercare un modo per mettere fine alla sua vita mi lascia senza respiro. È mio figlio. Ama un'umana che non sa niente di lui. Soffrirà.
Sono le prime lacrime che verso da quando ho scoperto che se ne erano andati, le prime da quando mi sono giurato che non avrei mai più pianto.
Poi mi rendo conto che c'è una soluzione. Che anche Bella ed Edward erano un'umana che amava un immortale e che forse... sorrido, pensando che mio figlio potrebbe essere felice per il resto della sua vita immortale.
«E se...»
«No, papà. Non ho intenzione di trasformare Jen. Voglio che viva la sua vita fino al termine.»
«Matt...»
«Matt, potrebbe essere lei stessa a chiedertelo, quando le racconterai di te. Di noi.» è Ethan a parlare, certo dall'alto dell'esperienza di sua madre.
«Non le permetterò di togliersi la vita, dovessi lasciarla, per riuscirci.»
«Non ti facevo tanto simile ad Edward.»
«Che vuoi dire?»
«Chiedi a lui, quando torni a Boston. Lui e mia madre sono la barzelletta di Forks... beh, almeno lo erano, fino alla presunta morte di lei.»
«Comunque, Matt, devi parlarle al più presto» Denise si inserisce nel discorso dando un consiglio non richiesto a nostro figlio. Ma ha ragione.
«Credi che non lo sappia? Sono mesi che cerco il modo giusto di dirle tutto, poi penso che potrei rovinare la sua amicizia con Sarah e...»
«Stai usando mia sorella come alibi?»
«No, è che...»
«Matt, sii sincero con te stesso. Sei sicuro di non star usando Sarah come alibi, semplicemente perché hai paura che una volta che tu le avrai rivelato cosa sei davvero lei possa decidere di non vederti più?»
«Forse.»
«Non è un "Sì, sono sicuro".»
«Ethan, basta.»
Ethan è un ottimo amico, e sono sicuro che tra qualche giorno riuscirà a spiegarsi meglio con Matt, ma per il momento l'ombra che passa sul viso di mio figlio mi impedisce di lasciarlo continuare. L'ho ritrovato, e ho saputo che rischio di perderlo ancora in una manciata d'anni, voglio stare con lui il più possibile.
«Ethan, cos'hai risposto a tua madre?»
«Riguardo a?»
«La sua proposta di andare ad Harvard.»
«Ma tu come fai a... lascia perdere, quella linguaccia di Renesmee non sa tenere un segreto. Non le ho ancora detto niente, ma penso che rimarrò a Seattle. Perché me lo chiedi?»
«Matt, a te dispiacerebbe se venissi per qualche tempo a Boston? Per conoscerci meglio, intendo.»
«No, papà. Non mi dispiacerebbe affatto. Beh, a parte il fatto che non potrei chiamarti papà, intendo.»
«Bene, chiamo mamma e le dico che io non vado, ma che le ho trovato un inquilino per la stanza in mansarda!»

* Nahuel, sai il perché. Non c'è bisogno che te lo spieghi ancora. Sono sicura che, nonostante siano passati settant'anni, ti ricordi ancora perfettamente ogni singola parola che è volata in quella casa di legno.

** Sì, lo ricordo. Ma voglio che tu me lo dica ancora una volta. E stavolta con la consapevolezza che avevo ragione io. Che Matthew non è invecchiato come pensavi che avrebbe fatto. Che rimarrà per sempre un ventenne e che portarmelo via non è servito a niente, se non a far soffrire due persone.

*** Va bene! Avevi ragione! Ti basta o vuoi che mi prostri ai tuoi piedi per chiederti scusa?

**** Voglio indietro gli ultimi settant'anni! Voglio tutti questi anni in cui avremmo potuto essere felici e non lo siamo stati! Voglio vedere crescere mio figlio. Puoi ridarmi tutto questo?

***** Come pensavo. Ora dimmi a cosa è servito tanto dolore. Mio. Tuo. Di Matthew.

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