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Tutto in una notte pt.1 (Pov Alice/Edward/Alice)


Alice

Non parlavo con Edward da quando gli avevo detto che sua figlia era scappata di casa. Mi aveva urlato contro, ma essendo all'isola Esme non poteva capire che gli stavo mentendo. Io sapevo perfettamente dove fosse Renesmee. Anche Bella sapeva dove era sua figlia.
Le era bastata una domanda. Una di quelle domande che solo l'intuito di madre poteva averle suggerito.
«Gliene hai parlato?» La mia risposta, o meglio l'assenza della mia risposta, le aveva permesso di capire dove fosse la ragazza. Per questo non erano ancora tornati dal loro secondo viaggio di nozze.
Renesmee pianificava la fuga da mesi. Ed era stata attentissima a non farsi scoprire da Edward.
«Alice, come puoi stare così tranquilla?» mi chiese Rosalie.
«Rose, Renesmee è grande e saprà cavarsela. E' una Cullen» le dissi, con la massima calma.
«Sì, ma come fai a non impazzire? Non sappiamo dov'è!» le diede man forte Emmett. Un'aura di tranquillità si sprigionò per la stanza.
«Jazz, non è il momento di stare tranquilli. E' grave, e se non troviamo Renesmee prima che...»
«Prima di cosa, Rose?» le chiesi.
«Prima che lo sappiano Edward e Bella»
«Edward e Bella lo sanno, Rose.» rispose Carlisle al posto mio.
«E perché non sono ancora tornati?» si infuriò lei.
«Perché evidentemente non ne sentivano la necessità» disse Esme. Bella doveva aver parlato anche con loro, approfittando di un momento di assenza di suo marito.
«Beh, io la vado a cercare!» sbottò lei, uscendo di casa. Emmett la seguì.
«Alice. La verità per favore» mi disse Carlisle deciso, guardandomi negli occhi.
«Bella ci ha detto che tu sai tutto» aggiunse Esme. Jasper mi raggiunse, e mi prese per mano.
«Sì, noi sappiamo tutto» disse.
«Sediamoci»
Non che ne avessimo bisogno, ma era comunque più simpatico parlarci seduti sul divano piuttosto che in piedi in mezzo al salone.
«Carlisle, quanto sai dei sogni di Renesmee?»
«Sogni in senso figurato o sogni notturni?»
«In questo caso valgono tanto uno quanto l'altro» risposi.
«Edward mi ha detto del suo sogno ricorrente»
«Sogna Jacob ogni notte fin da quando aveva pochi mesi» aggiunse Esme, stringendo la mano di Carlisle.
«Sapete perciò quanto Edward e Bella fossero preoccupati per le risposte che un giorno lei avrebbe chiesto»
«Sì, ma ancora non capisco cosa c'entrino i suoi sogni con la fuga. Non avrebbe potuto parlarci del suo desiderio di conoscere Jacob?»
«Credo che sia stata un po' colpa mia. - ammisi - l'ultima volta che ho parlato con lei mi sono lasciata sfuggire dei gemelli»
«Le hai detto che ha due fratelli?» disse Carlisle, guardandomi incredulo.
«Sì. Carlisle non guardarmi in quel modo. So che doveva essere Bella a parlargliene. Non mi aspettavo certo che sarebbe fuggita, lasciando solo un biglietto per me e Jazz»
«Vi ha detto dove andava?»
«Sì, non voleva che ci preoccupassimo» disse Jasper.
«E dov'è?» chiese Esme, ansiosa.
«A Forks» sussurrai io.
«Perfetto, almeno adesso so dove andare a cercare mia figlia» disse Edward, carico di valigie, appena rientrato dal suo viaggio con Bella.
«Sì, ma non lo farai» gli risposi.
«Che cosa ti fa pensare che non lascerò le valigie qui in mezzo al salone e mi precipiterò a prendere mia figlia?»
«L'ho visto» gli risposi sicura.
«Già. Tu e le tue dannate visioni»
«Ragazzi... - disse Esme - Forse dovreste calmarvi un po'» Passò solo un attimo, prima che Edward si mettesse ad urlare.
«Jasper. Non ci provare. E' una cosa tra me ed Alice»
«Una cosa che si sarebbe risolta molto tempo fa, se mi avessi dato ascolto» gli dissi io.
«Edward, che significa?» gli chiese Bella.
«Fattelo dire da tua... sorella» Mi aveva guardata con disprezzo, con l'intenzione di ferirmi.
«Edward, sai che ho ragione - gli dissi, prima di rispondere a Bella - Bella... quello che sto per dirti risale al periodo della tua trasformazione. Quando la bambina era appena nata... quando Edward mi ha raccontato della notte in cui l'avete concepita»

Edward

La notte in cui avevamo concepito Renesmee. Me la ricordavo come se fosse stata il giorno prima. Già, ero un vampiro, non mi era concesso dimenticare. Neanche quando i ricordi erano così dolorosi. Neanche quando avrei preferito dimenticare.

«Bella, cos'hai?» le chiesi. Era affacciata alla finestra. Fuori era buio, non si vedevano neanche le stelle ed aveva nevicato tutto il giorno. In Alaska non faceva niente di diverso. Nevicava. Sempre. Era un po' come la pioggia a Forks. Non si dimenticava mai che esistesse.
Eravamo andati via da Forks da qualche mese, e, fino ad allora, lei non aveva mai dimostrato di essersene pentita. Certo, sapevo che le mancavano i gemelli. Quale madre avrebbe mai abbandonato i suoi figli così, senza avere dei ripensamenti?
«Niente, Edward. Niente.»
Sapevo che c'era qualcosa che non riusciva a dirmi: Forse perché pensava che non fosse importante. Sbagliava. Qualsiasi cosa fosse, per me era importante, se riguardava lei. Mi avvicinai a lei. Le strinsi la vita, stando attento, come al solito, a non usare troppa forza. Era ancora una fragile umana. Una fragile umana che avevo rischiato di perdere.
Se Jacob non avesse...
Odiavo sapere quanto gli ero debitore. Se lui l'avesse riscaldata quella volta... Lei sarebbe morta. Se non avesse chiesto il mio aiuto. Se non si fosse fidato di me. Lei non sarebbe stata lì con me in quel momento. E io come l'avevo ripagato? Portandogliela via. Per sempre. Senza appello.
Gli avevo fatto credere che fosse morta. Come lo credevano tutti.
Per tutti, Isabella Marie Swan era ormai morta. Il giorno successivo al suo ventesimo compleanno. Per me, e per tutta la mia famiglia, lei era ancora viva. Era il mio miracolo.
Poggiai le labbra sul suo collo candido.
«Cos'hai, mio angelico maritino?» mi chiese, con il sorriso nella voce. Il suo sorriso caldo e dolce. Quel sorriso che amavo. Quel sorriso che per me non era mai abbastanza. Quel sorriso che già dalla prima volta mi aveva riempito la vita.
«Ti amo, Bella» le risposi
«Anch'io, Edward. Come nessuno può aver mai amato»
«Ricominciamo?» le chiesi divertito. Eravamo soliti bisticciare su chi di noi due amasse di più l'altro. La guardai, e vidi che scuoteva la testa. Come una bambina. Ma i suoi occhi non erano lì con me.
«Bella, cos'hai?»
Di nuovo quella domanda. Questa volta senza risposta.
«Bella, mi devo preoccupare?» le chiesi. Quella che mi diede era l'ultima delle risposte che avrei mai voluto da lei.
«Mi manca, sai?»
Feci finta di non aver capito, ma in realtà sapevo benissimo cosa intendeva.
«Cosa?» le chiesi, sperando che non mi dicesse quello che invece sapevo che mi avrebbe detto.
«La mia vecchia vita. I gemelli. Jacob - mi irrigidii a quel nome, mentre lei si voltava a guardarmi, rimanendo comunque tra le mie braccia - E lo so che è meglio così, che comunque prima o poi ce ne saremmo dovuti andare, perché anche se Jake ha dato il suo benestare per la mia trasformazione, ci sono i bambini, mio padre, e tutti gli altri umani a cui non potrei dare delle spiegazioni. E lo so che è irrazionale, perché ho te e non mi serve nient'altro per stare bene. Ma mi manca. E non riesco a farci niente»
Dopo le ultime parole aveva nascosto il viso nell'incavo del mio collo, e mi aveva abbracciato. Le mie mani salirono ad accarezzare i suoi capelli.
«Non ti dovevo imporre questa scelta» sussurrai. Lei alzò lo sguardo, fiero, come ogni volta che difendeva una sua idea.
«Non mi hai imposto niente, Edward. Mi hai chiesto di condividere la tua scelta e l'ho fatto. Perché sapevo che in questo modo sarei stata con te per sempre. Ho scelto allora di abbandonare la mia vita a Forks. Di lasciare gli umani e i licantropi. E l'ho fatto per noi. Mi mancano i bambini. Mi manca Jacob. Mi manca mio padre. Ma non me ne pento. Perché ogni giorno ricevo molto di più di quello che avrei mai potuto desiderare. Ho il tuo amore»
La baciai. Intensamente. Dolcemente. Profondamente. Quando mi staccai da lei, ci fu solo una parola che riuscii a dirle.
«Grazie»
Lei sorrise. Poi le sue labbra tornarono sulle mie. Questa volta con passione. Calde, quelle labbra mi invitarono a prenderla. A farla mia. Non riuscivo mai a saziarmi di lei. Dolce. Innocente. Ma tremendamente sensuale.
Avevamo fatto l'amore guardandoci negli occhi. Cercando di rassicurarci a vicenda solo con lo sguardo. Ed ora la osservavo, mentre cercava di regolarizzare il suo respiro.
«Edward, ti amo» mormorò, prima di scivolare tra le braccia di Morfeo.

Alice

«Alice, non capisco. Cosa c'entra quella notte con Renesmee?» mi chiese Bella, distogliendo il marito dai suoi pensieri.
«Bella, Alice ha una teoria in proposito alla nascita di nostra figlia»
«Non sulla sua nascita. No, quelle le lascio a te e Carlisle. - dissi, sorridendo a mio padre - Io ho una teoria sul perché non riesco a vederla. E sui suoi sogni»
«Ci vuoi dire qual è questa teoria, Alice?» mi chiese dolcemente, ma fermamente, Esme.
«Ci stavo arrivando - Jasper strinse la mia mano, sapeva che quella sarebbe stata la parte più difficile da digerire, per tutti - Quella notte, per un motivo o per l'altro, sia Bella che Edward si sentivano in colpa verso Jacob. Ma in fondo il motivo era lo stesso. Si sentivano in colpa per avergli mentito. E per averlo costretto ad un'esistenza fatta di solitudine e sensi di colpa. Quella notte, è stata concepita Renesmee. E non dico che non sia stato un frutto del loro amore, ma penso che il voler porre rimedio a quella sofferenza che, volontariamente o meno, avevano causato sia stata una grossa componente nella nascita della bambina»
«Se così fosse vorrebbe dire...»
«Se così fosse vorrebbe dire che io non la vedo perché lei è da sempre destinata a far felice Jacob, così come non sono più riuscita a vedere Sarah dopo l'imprinting di Seth. E che lei lo sogna da quando aveva appena pochi mesi di vita perché le fosse chiaro quale era il suo destino»
«Vuoi dire che lei è l'imprinting di Jacob?»
«No. Voglio dire che lei è il destino di Jacob»
«Sono solo teorie, Alice» mi disse Edward.
«Edward, tu sapevi queste cose da dieci anni?» gli chiese Bella. Lui annuì.
«Non me le hai mai dette» gli disse lei, triste.
«Ci credi?»
«Credo che sia l'unica spiegazione possibile all'ossessione che Renesmee ha avuto per lui in tutti questi anni. Ragiona, Edward. Come poteva essere possibile altrimenti che lei conoscesse il suo viso? In questa casa non ci sono sue foto. E l'immagine che si ripeteva nei suoi sogni era l'immagine di Jacob al mio ventesimo compleanno. Poco prima che...»
«Poco prima che ti rapisse Victoria. E' l'ultimo ricordo che hai di lui da umana, Bella. So perfettamente di che immagine di Jacob si tratta. Per questo sono sempre stato convinto che Alice avesse ragione - le rispose, avvicinandosi a Bella e prendendole la mano - Ma non volevo che mia figlia soffrisse. Lei non poteva andare a Forks, presentarsi a Jacob e dirgli "Ciao, sono la figlia della donna che tu credi morta da molti anni. Ti sogno da una vita e credo di essere destinata a te per riparare agli errori dei miei genitori"»
Bella si strinse a lui. C'era sofferenza nelle sue parole. Rabbia verso se stesso.
«E' per questo che mi hai odiato, negli ultimi dieci anni?» gli chiesi.
«Ti ho odiata per questo... e per la facilità con cui sei riuscita a dirle la verità. Ma non sono mai riuscito ad odiarti fino in fondo. E tutto ciò mi portava sempre più in un circolo vizioso da cui non sarei mai uscito, se tu non avessi portato a galla tutto quanto»
«Edward... sono sempre la tua sorellina?» gli chiesi.
Jasper sapeva quanto era importante per me quella risposta. Sapeva quanto avevo sofferto per la separazione dal mio fratello preferito. Ma entrambi ci eravamo arroccati nelle nostre posizioni. Io, convinta che Renesmee dovesse sapere di Jacob, perché anche lui meritava un po' di serenità. Lui, convinto che sua figlia dovesse invece rimanere all'oscuro di tutto. Forse per paura di perderla.
«Non ho mai smesso di volerti bene, mostriciattolo» mi disse, sorridendo sereno come non lo vedevo da molto. Aprì le braccia e mi ci tuffai dentro.
«Scusa, Bella!» riuscii solo a dire, prima di essere stritolata nell'abbraccio di mio fratello.
«Per non avermi detto niente o per avermi rubato le braccia di mio marito?» mi rispose lei. Le sorrisi. Ero felice che tutto si stesse risolvendo.
«Alice?» mi chiese Edward, allontanandosi da me.
«Dimmi, Edward»
«Renesmee ha anche cambiato numero di telefono, vero?»
Annuii.
«Puoi chiamarla per dirle che le vogliamo bene?»Sorrisi, e presi in mano il telefono.

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