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Spiaggia (Pov Renesmee/Jacob)

Renesmee

Muovevo le mani sulla sua schiena, cercando di appropriarmi di qualcosa che già sapevo essere mio. Ma non potevo farne a meno. Non potevo rinunciare al calore che emanava, al profumo della sua pelle, non in quel momento che era un lupo, né tantomeno quando era in forma umana. Non avevo voglia di tornare a casa, separarmi da lui, ma l'avevo promesso a mio padre.
Mio padre.
Se solo avesse osato fare del male al mio Jake, l'avrei ucciso con le mie mani. Era una fortuna per lui che Seth fosse intervenuto in tempo. Ed ora il lupo era a casa mia, con tutti i miei parenti. A casa di Jake c'erano i bambini e Billy. E noi non avevamo un posto tutto nostro dove rifugiarci. Iniziarono a cadere fiocchi di neve.
«Odio la neve!» esclamai, sussurrando, mentre gli accarezzavo la testa dietro le orecchie. Nei suoi occhi si formò un'espressione di meraviglia. Sembrava chiedermi "Perché?".
«Quando abiti in un posto dove per sei mesi l'anno c'è il sole e per gli altri sei mesi è sempre notte, ed è freddo, sempre, e nevica invariabilmente, impari ad odiare la neve» sbottai, in risposta. Sorrise con gli occhi. Quegli occhi così profondi da permettere di leggergli nell'anima. Sembrava sereno. Non ne sapevo i motivi.
«Se ti chiedessi di portarmi a casa, cosa faresti?» Scattò, indicando con il muso in direzione di casa Cullen.
«E se ti dicessi di portarmi alla Riserva?» Si accucciò, per permettermi di salirgli in groppa. Non appena fui saldamente adesa contro di lui, scattò in direzione di casa sua. La mia mano scese sul suo muso. Volevo raccontargli di me, della mia vita prima di lui. Di quello che avevo provato con lui. E del terrore che tutto fosse svanito, quando mi aveva detto di non volermi vedere più.
«Jake, ti amo» mormorai ancora una volta, contro il suo pelo, baciandolo tra le scapole e aggrappandomi al suo collo come a dirgli che non gli avrei più permesso di lasciarmi sola. Arrivammo di fronte alla sua casina in legno. Minuscola, in confronto alle case a cui ero abituata, ma non per questo meno confortevole. Mi lasciò sola per qualche istante. Il tempo di fare il giro di casa, trasformarsi, entrare dal retro, prendere qualcosa per vestirsi ed uscire dalla porta principale. Mi accorsi che era tornato quando qualcosa di veramente caldo mi aveva presa tra le sue braccia, sollevata, e riempito la bocca di un sapore magnifico. Il mio sapore preferito.
Il suo sapore.
Eravamo lì, fuori da casa sua, in un momento fuori dal tempo, impegnati a godere della reciproca compagnia, in quel bacio che comunicava emozioni contrastanti. Gioia e dolore. Paura e sollievo. Rabbia e serenità. Ma soprattutto comunicava amore, passione e urgenza. Urgenza di essere più uniti di quello che eravamo in quel momento. Pioveva, ed eravamo bagnati fradici. Ma non ci importava. Non importava a me, come non importava a lui.
Non potevamo sentire freddo.
E non l'avremmo sentito neanche se avessimo potuto.
Allontanò il suo viso dal mio. La sua bocca dalla mia. La sua lingua dalla mia. Mi sporsi verso di lui per riguadagnarli.
«Nessie... ti va di fare una passeggiata?» mi chiese. Non ne vedevo il motivo, stavamo così bene. I nostri corpi allacciati. Il suo respiro caldo contro il mio viso. Ma eravamo comunque di fronte a casa sua. Forse era per quello che voleva allontanarsi. Annuii.
Mi posò a terra e intrecciò la sua mano sinistra alla mia, stringendomi a sé con il braccio destro. Camminavamo lentamente, il suo passo adeguato al mio, e in silenzio. Non capii subito dove mi stava portando. Poi sentii il rumore delle onde che si infrangevano contro gli scogli farsi sempre più forte. E lui sospirò.
«Questo posto è pieno di ricordi tristi» disse, stringendomi più forte. Aveva bisogno di sentirmi vicina. Strinsi le sue dita per fargli capire che ero lì, accanto a lui. Lui mi sorrise. Con la pioggia che scendeva sul suo viso e che si confondeva con le sue lacrime.
«Perché piangi?» gli chiesi. Eravamo lì. Eravamo insieme. Perché piangeva?
«Perché ti ho fatto del male, e sono uno stupido» Mi fermai, voltandomi, per guardarlo negli occhi.
«Sono stata male questa settimana, senza di te, è vero. Ma non devi mai più pensare che sia stata colpa tua. Non sarebbe successo se ti avessi detto tutto fin dall'inizio. E non devi mai più dire che sei uno stupido» mi sollevai sulle punte per posargli sulle labbra un bacio. Lui riempì lo spazio che ancora ci separava chinando la testa. Poi riprendemmo a camminare, arrivando alla spiaggia. Ci sedemmo sulla sabbia bagnata, tenendoci per mano.
Non parlavamo.
Guardavamo le onde e l'orizzonte. Il buio completo di quella notte non ci impediva di farlo.
«Nessie, non voglio più stare senza di te» mi disse, all'improvviso. Mi voltai verso di lui.
«Se non vuoi, non devi farlo. Anche perché non ho intenzione di lasciarti andare così facilmente ora che sai tutto» Gli sorrisi. Mi posò un bacio sulle labbra, dolce, senza andare oltre.
«Ethan... Ethan ha reagito alla tua natura... - mi disse titubante - E visto che sei solo una mezza vampira... ha avuto solo una mezza reazione... ma ho paura...»
«Che si trasformi completamente ora che tutta la famiglia Cullen è qui?»
Annuì. Non aveva la forza per parlarne.
«Dovrai dirlo agli altri» affermai.
«Seth lo sa già... e anche Sam... Ethan ha avuto un mezzo imprinting con Esther»
«Un mezzo imprinting?» chiesi, sorridendo.
«Sì... sono ancora entrambi troppo piccoli perché sia un imprinting completo. Ma sono destinati a stare insieme, a quanto pare»
«Non ne sembri contento»
«Io... non lo so... è ancora troppo presto per parlarne... passeranno ancora molti anni prima che succeda, ma... Esther... Terry è solo un'umana. Ed Ethan deciderà di invecchiare con lei. Così come faranno Seth per Sarah e Quil per Claire. Così come hanno fatto Sam per Emily, Jared per Kim e Paul per Rachel. Si trasformano solo il minimo indispensabile. Io... io non li voglio perdere. Non voglio provare cosa significhi perdere un figlio. In un mondo normale non dovrei neanche pensarci. Ma so che decidere di passare la mia vita con te significherà guardarli invecchiare giorno dopo giorno e andarsene, mentre io resterò immutabile e giovane per sempre»
Mentre parlava aveva ricominciato a piangere. Piangevo anche io, perché finalmente capivo il tormento al quale era stato sottoposto da quando aveva scoperto che ero figlia di un vampiro. I vecchi rancori che lo legavano a mio padre c'entravano solo in parte. Lui... era preoccupato per i suoi figli. Perché scegliere di vivere con me significava rinunciare a una vita normale con loro. Significava rinunciare ad invecchiare. E se ora che erano ancora piccoli l'avrebbe potuto sopportare... presto o tardi non l'avrebbe più fatto.
«Sono... sono un'egoista» mormorai tra i singhiozzi.

Jacob

«Sono... sono un egoista» la sentii mormorare tra i singhiozzi, il rumore delle onde e quello della pioggia scrosciante che cadeva su di noi. Mi voltai verso di lei, con un'espressione sorpresa e piena di dolore.
«Non guardarmi in quel modo. Mi illudevo di essere migliore dei miei genitori. Mi illudevo di non essere capace di ferire qualcuno. - urlò - E invece sono venuta da te solo per egoismo. Non ho pensato a quanto avresti potuto soffrire tu, se mai avessi deciso di ricambiare i miei sentimenti. Non ho pensato ai tuoi figli. Non ho pensato che i miei avrebbero potuto seguirmi. Sono un'egoista» Aveva strappato la sua mano dalla mia, e aveva nascosto il suo viso tra le ginocchia, circondandole con le braccia. Una posizione di protezione. Come se si dovesse proteggere da me.
«Nessie» la chiamai dolcemente, posando la mano che prima stringeva la sua sui suoi capelli bagnati, accarezzandoli. Non si mosse.
Decisi allora di parlare.
«Nessie, tu non mi stai facendo soffrire. Non è colpa tua. Tu hai il merito di avermi riportato alla vita, quando da dieci anni stavo soltanto sopravvivendo, per Sarah e per Ethan, soprattutto. Se non ci fossero stati loro non so dove sarei in questo momento. Hai il merito indiscusso di avermi fatto scoprire la verità. E hai il merito di avermi fatto innamorare di nuovo, come mai pensavo sarebbe successo. L'unico modo in cui potresti farmi soffrire sarebbe pensando di lasciarmi»
Riuscii a farla voltare verso di me. Circondava ancora le ginocchia con le braccia, ma almeno aveva alzato la testa. Il braccio che allungavo sulla sua testa scese sulle spalle, e la attrasse a me. Lei si adagiò contro il mio petto. Con l'orecchio sul mio cuore.
«Batte così forte, Jake» mi disse, sospirando.
«Batte anche il tuo, Nessie» le risposi.
«E' un suono così bello»
«E' il suono della vita, amore mio» Alzò la testa, e nel momento stesso in cui i suoi occhi incontrarono i miei, seppi che non avrei mai potuto lasciarla. Ma non lo sapevo già? Le mie labbra scesero ad incontrare le sue, che subito si dischiusero al calore delle mie. Con la lingua seguii il contorno delle sue labbra, per prendere poi possesso della sua bocca.
Il bacio si fece sempre più incandescente. Sempre più profondo. Sempre più urgente. Le mie mani esploravano la sua schiena, infilandosi sotto la sua canottiera leggera. Le sue mani circondavano il mio collo, aggrappandosi ai capelli sulla mia nuca. Continuavamo a guardarci negli occhi, per conoscere le nostre emozioni più profonde.
«Ho bisogno di te. Di sentirti mia» le sussurrai con voce roca nell'orecchio. In risposta la sua bocca tornò sulla mia, ma le sue mani scesero dal mio collo al bordo della mia t-shirt bagnata, sollevandola insieme alle mie braccia. Si staccò da me solo un attimo, il tempo di sfilarmi la maglietta e di tornare con le labbra sulle mie. Anche le mie mani si infilarono sotto la sua canottiera, nei miei occhi una muta domanda. Di nuovo allontanò il suo viso dal mio, questa volta per permettere a me di toglierle il suo indumento. Mi fermai imbambolato a guardarla. Era bella come la ricordavo. Se non di più. Il respiro affannato dalla passione che faceva salire e scendere i suoi seni. Il rossore che imporporava le sue guance, solitamente d'alabastro. L'eccitazione che le illuminava gli occhi. Benedissi, per la prima volta, la mia natura di lupo, che mi permetteva di vedere tutto quello, nonostante il buio della notte. Come un animale, mi avventai con le labbra sul suo collo, scendendo sulla sua pelle, assaporandola, fino ai suoi seni.
Giocai con i suoi capezzoli, con la lingua e con le mani, fino a che non la sentii gemere di piacere. A quel punto mi spinse con la schiena a terra, iniziando lo stesso gioco che avevo fatto io, ma molto, molto più lentamente. Mi stava torturando. E il mio corpo reagiva ad ogni suo tocco leggero. Ad ogni suo bacio. Gemetti di piacere a mia volta. E decisi di giocare al suo stesso gioco. Mi rotolai su un fianco, trascinandola con me e ribaltando le nostre posizioni. Riprendendo la mia esplorazione dove l'avevo interrotta. Scesi con le labbra dai suoi seni al suo ombelico, e più giù. Infilai le dita nell'elastico dei suoi pantaloncini di cotone e glieli sfilai. La guardai negli occhi, scoprendo che non tutte le barriere erano state abbattute con quel gesto.
«C'erano i miei in casa, Jake» mi rispose, maliziosa, con una luce scherzosa negli occhi. Le sfilai anche gli slip, e il suo odore mi sconvolse. Misi un dito nella sua apertura, e mi bagnai dei suoi umori. Inspirai profondamente quell'odore portandomi il dito vicino al viso, e poi la assaggiai. Non avevo mai fatto quell'esperienza prima, ma fui sicuro che non ci fosse un sapore tanto buono in tutto il resto del mondo. Il mio dito tornò nella sua apertura, accarezzandola e facendo dei movimenti circolari, sempre più profondi, ai quali lei rispose iniziando a gemere e ad inarcare il bacino. Quando fui sicuro che fosse arrivata al limite, tolsi le dita. Volevo che impazzisse per il piacere, prima di soddisfarla completamente.
«Non sei leale» mi disse lei, sorridendo, e costringendomi di nuovo con la schiena a terra. Slacciò i miei jeans, e me li tolse, gettandoli vicino alla mia testa. Io non avevo niente sotto. Prese il mio membro tra le mani e iniziò ad accarezzarlo per tutta la sua lunghezza, stringendolo nel suo pugno. Sembrava che si indurisse di più ad ogni passaggio. Era seduta a cavalcioni sul mio torace, e da quella posizione potevo ammirare il suo fondoschiena perfetto. Allungai le braccia, per scoprire con piacere che arrivavano perfettamente ai suoi seni. Così, mentre lei dava piacere a me, io continuavo a dare piacere a lei. Ben presto però arrivai al punto di non ritorno. La sollevai dal mio petto e la poggiai a terra. Frugai per un attimo nelle tasche dei miei jeans ed estrassi quello che cercavo. Svolte tutte le azioni "preliminari", tornai ad occuparmi della mia donna. Tornai a sdraiarmi sulla schiena, e la rimisi a sedere sul mio torace, questa volta con la faccia verso di me.
Decisi di lasciare a lei le redini del gioco.
Lei, dapprima titubante, si assestò sul mio membro, delicatamente. Poi, con una sola mossa, sorprendendomi, mi accolse per intero dentro di sé. Dopo qualche secondo iniziò a muoversi su di me, raccogliendo le mie braccia e poggiandosele sui fianchi.
«Siamo in due. E in due dobbiamo amarci» mi sussurrò all'orecchio, dopo essersi piegata su di me ed essersi strappata in quel modo un gemito di piacere. Iniziai a guidare i suoi movimenti su di me. Movimenti sempre più veloci, sempre più urgenti, che ci trovarono ad urlare nel buio della notte su una spiaggia tempestosa. Sfinita, si sdraiò sopra di me.
Seppur a malincuore, la spostai, prima di "svuotarmi". Sfilai il condom e lo annodai, come da istruzioni. Nessie mi guardò.
«Jake, ma...»
«E' un sacrificio che faccio volentieri» le risposi. Lei non sembrava d'accordo, tanto che si portò davanti a me trascinandosi sulle ginocchia, per poi chinare il suo viso sul mio membro. Sentii la sua lingua scorrere dalla punta alla base e viceversa, e già gemevo di piacere, quando lei iniziò a succhiare la punta, prima leggermente, poi sempre più voracemente. Sentivo il mio membro sparire nella sua bocca sempre di più, e ad essa si aggiunse anche una mano. Imitava i movimenti del suo bacino coordinando bocca e mano.
Ero quasi sicuro che non l'avesse mai fatto prima, eppure era fantastica.
Ma la mia resistenza aveva un limite, e quasi subito raggiunsi l'apice del piacere svuotandomi dentro la sua bocca. Lei ingoiò tutto. Poi mi guardò negli occhi.
«Hai un sapore buonissimo, Jake»
Avvicinai il mio viso al suo, e la baciai, assaporando il mio gusto mischiato al suo. Ci stendemmo sulla sabbia, abbracciati e nudi, sotto la pioggia. Non avrei mai più odiato la pioggia di Forks.
«Jake... dovresti... tornare a casa. Hai fatto una promessa, e devi mantenerla» mi ricordò un po' di tempo dopo. Difficile sapere quanto ne fosse trascorso. Ci rivestimmo in silenzio con i nostri abiti bagnati.
«Vuoi venire a dormire da me?» le chiesi. Lei si illuminò come un bambino davanti all'albero di Natale.
«Sei sicuro?» mi chiese.
«Come non lo sono stato mai, in tutta la mia vita» le risposi. Lei mi prese per mano, e ci avviammo verso casa mia.
Lì facemmo la doccia, a turni, e poi ci infilammo nel mio letto. Stretti, visto che era ancora il lettino di quando ero ragazzo, ma per una volta mi andava bene così. La tenevo stretta tra le mie braccia, avvolta in una delle mie magliette, con il suo odore che si mischiava al mio. Al domani avremmo pensato quando ce ne fosse stato bisogno. In quel momento ero sereno, in pace con me stesso e con il mondo.
Lei era la mia vita.

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