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Sinceritá (Pov Sarah/Seth)

Sarah

«Non puoi tenermi lontano da lei! Non hai idea di quello che significa per me! Non riesco a vederla da tre giorni ormai!»
Seth stava gridando contro papà da più di un'ora, quel giorno, come nei due che l'avevano preceduto, e mai, neanche una volta, papà aveva fatto accenno al fatto che era stata una mia volontà quella di non vedere Seth per qualche giorno. Questo per due motivi. Il primo, quello di rispettare una mia decisione. Il secondo, quello di non aggiungere altre sofferenze a quelle che lui stava provando.
«Sarah, sei sicura di quello che stai facendo?» chiese Ethan, avvicinandosi silenziosamente a me, che osservavo la lite di papà e Seth da dietro le tende delle finestre del salotto. Annuii, ero sicura di quello che avevo deciso, e non avrei lasciato che il dolore che mi provocava il sapere che Seth stesse così male mi facesse tentennare.
«Lo distruggerai» mi disse, scuotendo la testa e dirigendosi verso la porta.
«Ethan - lo richiamai - perché lo difendi? Sai perché non voglio» a lui ero stata costretta a dirlo. Per tutto il tempo che passavamo insieme, e perché mi conosceva troppo bene e aveva capito che c'era qualcosa che non avevo detto. A Nessie, no. Papà mi aveva detto che avrei potuto scegliere di parlare con lei solo quando mi fossi sentita realmente pronta. E avevo deciso di non parlarne ancora. Certo, prima o poi l'avrei dovuto fare, era una mezza vampira, e una donna. Se ne sarebbe accorta, sicuramente.
«Sarah, io so cosa significa stare lontani dall'oggetto del proprio imprinting. Seth non è un bambino, ma è abituato a starti vicino qualsiasi cosa accada. Anche per via di una certa promessa che ti ha fatto, o sbaglio?»
Scossi la testa.
«No, non sbagli»
«Allora vedi che sai perché mi schiero dalla sua parte? Tu sei mia sorella, ti voglio bene, e so che per me, qualsiasi cosa accada, ci sarai. Noi litighiamo, ci urliamo contro, abbiamo spifferato i nostri piccoli segreti a papà per ripicca l'uno dell'altro, ma mai e poi mai abbiamo pensato che qualcosa potesse separarci» si fermò per guardarmi, ero arrossita, e voleva saperne il motivo.
«Io l'ho pensato» ammisi, sussurrando a voce talmente bassa che né io, né tantomeno lui, avremmo sentito, se non fossimo stati quello che invece eravamo.
«Quando?» mi rispose, con una faccia non troppo sorpresa. Era una delle tante, troppe, cose che gli avevo tenuto nascoste in quegli ultimi giorni, e che doveva aver intuito esistere.
«Da quando so che Nessie è nostra sorella e tu stai più con lei che con me. Da quando mi dici che sono "cattiva" ad ogni cosa che le dico o che le faccio. Da quando penso che lei mi porterà via te come ci ha portato via papà» dissi, con le lacrime agli occhi. Cercai di fuggire da lui, provando a scappare in camera mia. Non fui fortunata. Nonno Billy aveva scelto proprio quel momento per emergere dal suo sonnellino pomeridiano, bloccandomi la via di fuga. E dalla porta della cucina entrò Nessie. Mi avevano chiusa in trappola. Ethan si avvicinò a me, stringendo le mani sulle mie spalle e fissandomi intensamente negli occhi.
«Sai quanto è assurdo quello che mi hai appena detto, vero?»
Annuii, e gettai uno sguardo dietro le sue spalle, guardando Nessie prima e il nonno poi. Lui mi sorrise e mi fece l'occhiolino, indicando Nessie con la testa.
«Ethan, lo so che quello che ho pensato è assurdo, ma il comportamento tuo e di papà mi ha fatto temere di rimanere sola. E non riesco a pensare che lei possa essere diversa dai suoi genitori. Voglio dire, nostra madre ci ha abbandonati per suo padre, e suo padre... non ha fatto niente per impedirlo. E' figlia di due egoisti, chi mi dice che lei non lo sia altrettanto, se non di più? Chi mi dice che non cercherà di portare papà via da noi?»
Capii quanto era grave la mia insicurezza quando mi ritrovai con il viso sul petto di mio fratello. Ethan mi aveva abbracciata. Lui, refrattario ad ogni qualsiasi forma di dimostrazione d'affetto, mi aveva stretta tra le sue braccia. Lui, di poche parole ma buone, non ne trovava neanche una adatta a farmi capire quanto fossi stata stupida. Cosa che invece stavo capendo fin troppo bene in quel modo. Gettai le braccia attorno al suo collo, stringendomi a lui. Solidità e fermezza. Questo significava il suo nome, e questo era per me. Il mio punto fermo. Insieme a papà. E Seth.
Non avevo motivo di continuare a farla tanto lunga, papà mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciata , neanche se lei glielo avesse chiesto. Ethan mi aveva abbracciata, quando non l'aveva mai fatto con nessuno che non fosse zia Emily o papà - con lui molto poco a dire il vero.
Ma continuavo ad avere l'assurda sensazione che lei avrebbe preso il mio posto nei loro cuori. E Seth, l'unico che non poteva sostituirmi con lei, lo tenevo lontano io.
«Sono una stupida» dissi, parlando sulla maglietta di Ethan.
«Non sei una stupida, Sarah, sei solo una bambina che ha sofferto molto per l'assenza della sua mamma»
«Nonno, sai che non è così! Anzi, lo è, ma la cosa che mi ha sconvolto di più è stato sapere che lei ha scelto di lasciarci!»
«Ma tuo padre non è come Bella, Sarah!»
«Sì, va bene! Lo dite tutti, ma io ho undici anni, e so da appena una settimana che mia madre mi ha abbandonata. E se c'è riuscita lei che mi ha messa al mondo, è lecito pensare che ci riesca anche lui» gridai, allontanando mio fratello da me.
«Sarah, posso parlare con te?» Nessie aveva aperto bocca per la prima volta da quando era entrata nella cucina. Annuii e mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, per ricordarmi, mentre lo facevo, del rimprovero dello zio Embry. Mi sfuggì un sorriso.
«Ethan, hai un fazzoletto?» gli chiesi
«I rimproveri dello zio Embry funzionano laddove papà fallisce?» mi disse, prendendomi in giro, mentre tirava fuori un pacchetto di fazzoletti di carta dalla tasca e porgendomene uno.
«Andiamo?» mi esortò Nessie.
«Pensavo che avremmo parlato qui» le risposi.
«Vorrei parlarti da sola, se per te va bene, e di là avremmo tutta la pace del mondo, dato che tuo padre sta litigando con Seth»
«Per "di là" vuoi dire "nel garage"?» le chiesi scettica.
«Sì, così lo vedrai, finalmente!» mi rispose, senza l'ombra di un sorriso.
«Ok» dissi, seguendola.
La luce all'esterno era fioca. Pochi raggi di sole riuscivano a bucare le nubi cariche di pioggia, e quelli che riuscivano nel loro intento dovevano fare i conti con gli alberi che ricoprivano il territorio della riserva. In altri momenti mi avrebbe dato fastidio, come di solito faceva. Non riuscivo a capire perché tutto, in quel posto, dovesse essere così maledettamente grigio e umido. Lo amavo, ma non potevo fare a meno di confrontare la sua bellezza intrinseca con quella che si aggiungeva quando sulla Riserva brillava il sole. Ma in quel momento, no. In quel momento quel grigiore si intonava perfettamente al mio umore.
Nessie aprì la saracinesca del garage, ed entrammo insieme in quello che era stato il rifugio di papà per anni. Quando eravamo piccoli non permetteva neanche a me e a Ethan di mettervi piede, forse perché, come ci aveva detto tante volte, c'erano troppi ricordi della mamma. Ma ora l'aveva trasformato in un miniappartamento per lui e la mezza vampira. Mia sorella.
«A che pensi?» mi chiese, distogliendomi dalle mie riflessioni.
«A quando papà vietava a me e Ethan di mettere piede in questo posto - le risposi - Hanno fatto un bel lavoro»
«Sì. - mormorò, mentre sicuramente pensava alla mossa successiva - Sarah, tu pensi seriamente che io sia come nostra madre?»
Annuii.
«Sai che potrei dire la stessa cosa di te?» mi chiese, sorprendendomi.
«Che vuoi dire?»
«Che ti stai comportando come una bambina capricciosa e viziata, che stai facendo del male a tutti senza neanche pensarci troppo su, che ti stai comportando esattamente come nostra madre: da egoista. Non credo tu possa rimproverarmi di qualcosa. Se non di amare tuo padre come non ho mai amato nessun altro»
La fissai a lungo senza rispondere. Le sue parole mi avevano colpita, ma non volevo darlo a vedere. Non avevo mai visto la cosa da quel punto di vista. E, a suo modo, aveva ragione.
«Tuo padre sta soffrendo, perché stare con me fa stare male te. Tuo fratello sta soffrendo, perché vorrebbe conoscermi e teme di poterti fare un torto in questo modo. Seth sta soffrendo perché non gli permetti di partecipare a quello che ti sta succedendo. Credo di avertelo già detto una volta. Quell'uomo darebbe la vita pur di vederti felice, e sembra che sia proprio questo quello che vuoi, vero? Non ti rendi conto di quanto tu stia allontanando tutti con questa tua mania di volerli tutti al tuo fianco?» aveva parlato in modo pacato, ma si sentiva della rabbia nelle sue parole. E aveva ragione. Ragione da vendere.
«Io non voglio che stiano male» mormorai, a testa bassa.
«Neanche mamma voleva che Jake stesse male. Eppure l'ha lasciato a soffrire per dieci anni. Non voleva che voi soffriste, eppure vi ha lasciati crescere senza di lei. Le cose peggiori si fanno quando non si vuole far soffrire nessuno. Soprattutto quando si cerca di accontentare tutti facendo la cosa migliore per noi stessi. Pensi forse che la mia decisione di rimanere con tuo padre non faccia soffrire la mia famiglia? Io ne sono consapevole, e l'esserlo mi permette di non sentirmi un'ipocrita quando la mattina mi metto davanti allo specchio. So che quello che ho scelto di fare fa bene a me, ma fa male a qualcun altro. Tu lo sai che le tue richieste e le tue scelte fanno soffrire un sacco di gente?»
«So che quello che ho deciso fa male a Seth» risposi, sempre a bassa voce e senza guardarla in viso.
«E sai anche che tuo padre tre giorni fa è tornato a casa distrutto? Tu gli hai chiesto di mentire ad uno dei suoi più cari amici. Tu gli hai chiesto di assumersi la responsabilità di quello che gli avrebbe dovuto dire. Non hai neanche il coraggio di ammettere con Seth che non sai se in futuro lo amerai. Sai che lo capirebbe perfettamente. Sai che non ti farebbe mai pressioni. Eppure non gli vuoi dire niente. Preferisci tenerlo all'oscuro, nonostante tu sappia perfettamente che capirebbe anche se alla fine non scegliessi lui»
«Ho paura» le dissi.
«La paura non è una giustificazione. Sai quanta paura avevo quando tuo padre si è avvicinato a me in forma di lupo? Avrebbe potuto attaccarmi, in fondo puzzavo di vampiro. Eppure mi sono messa in gioco, e mi è andata bene. Sai quanta paura avevo quando dovevo confessargli chi ero? E sai quella mattina che Seth non è venuto a salutarti? Era a casa mia, si era messo in mezzo tra mio padre e Jake, e il nonno lo stava curando. Sai quanta paura ho avuto quando ho capito che mio padre voleva attaccare Jacob? La paura non è una giustificazione, il più delle volte ci spinge soltanto a prendere le decisioni sbagliate»
Seguì un momento di silenzio. Non alzavo lo sguardo per paura di incontrare i suoi occhi, che, ne ero sicura, erano fermi ad osservare le mie reazioni. Aveva ragione. Aveva maledettamente ragione. Non ne avevo combinata una giusta, fino a quel momento, ma forse potevo ancora rimediare.
Forse potevo averla come sorella, in fondo lei mi aveva parlato sinceramente, e sarebbe stato meno imbarazzante parlare con lei di certe cose, piuttosto che con papà o Ethan o Seth. E dovevo solo mettere da parte il mio orgoglio, per qualche istante.
«Scusa» dissi, sempre senza guardarla negli occhi.
«Non è a me che devi chiedere scusa»
«E' di te che non mi sono fidata, quindi penso sia a te che devo chiedere scusa» insistetti.
«Non mi conosci. E non hai fatto nessuno sforzo per conoscermi. In qualche modo credo che sia normale per te non fidarti di me. Però conosci tuo padre, conosci tuo fratello, conosci Seth. E' a loro che dovresti chiedere scusa, perché è in loro che non hai avuto fiducia. Io posso perdonarti, e dirti che tra noi le cose andranno di nuovo bene, ma di fatto se non sarai tu a muovere dei passi verso di me, per quanti sforzi io faccia, non riuscirò mai ad arrivare a te. Io ti voglio bene. Sei mia sorella, come potrebbe essere altrimenti! Ma tu devi iniziare ad avere fiducia in me. Devi iniziare a pensare che io non sono una minaccia. E devi credere che il cuore di tuo padre e tuo fratello sia grande abbastanza per volere bene ad un'altra persona, che non sostituirà mai te»
«Non avrei saputo dirlo meglio» voltai la testa di scatto, verso la saracinesca rimasta aperta, per vedere papà sulla soglia che sorrideva. Come non faceva da tre giorni ormai.
Volai tra le sue braccia, trovandole pronte ad accogliermi, come sempre.
«Papà, scusami!» gli dissi, posando sulla sua guancia tanti piccoli baci. Ero pur sempre una bambina di undici anni!
«Per cosa, tesoro mio?» mi disse.
«Per tutto. Non volevo farti stare male. Io... mi dispiace, papà» gli dissi, posando un ultimo bacio sulla sua guancia, prima di staccarmi da lui per guardarlo negli occhi.
I suoi occhi neri nei miei occhi neri.
«Ho sbagliato anche io, tesoro. Non ho pensato a quanto mi somigliassi, e ho finito per ignorare quanto questa situazione potesse renderti insicura. Spero che ora sia finalmente tutto risolto»
«Sì e no... dov'è Seth?»
«Perché?»
«Devo dirgli tutto. Ha ragione Nessie. Lo ferisco di più così. Devo fidarmi di lui»
«Non so dov'è, tesoro. Dopo aver urlato per un'ora abbondante ha deciso di tornare a casa. Ma considerato che a casa sua ci sono Embry e Leah a dire a Sue e Charlie del matrimonio, non credo che sia andato là!»
«Non hai modo di rintracciarlo?»
«Non credo abbia il cellulare dietro. E anche se l'avesse non risponderebbe. Voleva starsene un po' per i fatti suoi»
Proprio mentre papà finiva di parlare, squillò il cellulare di Nessie.
«Pronto?»
«Renesmee, stai venendo qui?»
«No, zia, non sto venendo a trovarvi! Perché?»
«Neanche Jake?»
«No, zia, è qui davanti a me, non ha intenzione di venire da voi! Mi dici cosa sta succedendo?»
«Mi sono spariti tutti i piani per il pomeriggio. Pensavo fosse colpa di uno di voi due, ma se mi dici che non è così...»
«Seth...» mormorò Nessie, facendo due più due insieme a me e papà, che si stava arrabbiando sul serio.
«Tesoro, cos'hai?» le chiese la nana al telefono, ormai avevo capito che si trattava di lei.
«Niente, zia, è solo che abbiamo capito chi è che ha rovinato i tuoi piani!»
Papà sfilò il telefono dalle mani di Nessie e se lo avvicinò alla bocca.
«Dì a quel deficiente che se si azzarda a dire qualcosa di Sarah a Bella o Edward stavolta gli stacco la testa a morsi - si fermò, guardando la mia faccia terrorizzata - E non sto scherzando!»
«Papà... calmati» dissi, vedendo il tremore che iniziava a percorrere il suo corpo.
«Stavolta è morto» disse, quasi ringhiando, mentre chiudeva il telefono.
«Papà, lui ed Edward erano amici. Seth me l'ha raccontato. Non condivide le sue scelte, ma sai quanto me che non è capace di portare rancore alle persone. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare ed ha scelto lui. E poi non sa niente, cosa mai potrebbe dire, che non voglio vederlo? E' quello che avevo deciso, fino a pochi minuti fa. Non sa altro. L'unica cosa che voglio, è andarmelo a riprendere il prima possibile»
«Sarah, non puoi avvicinarti a tua madre così tanto, vorrà parlarti» mi disse papà.
«Andrò io»
Nessie colse entrambi di sorpresa. Me, perché non pensavo che si sarebbe offerta di aiutarmi. Papà, perché la soluzione che gli si presentava era fin troppo semplice.
«Amore, non devi...»
«Nessun problema. Lo faccio per te. Lo faccio per lei. E lo faccio per Seth, perché voglio che finalmente questi due si chiariscano un po'!»
«Nessie, ma tu sai...»
«Che sei diventata una donna?»
Annuii.
«Lo sospettavo, da quando tuo padre ha iniziato a farti da guardia del corpo. Ci stava male a mentire in quel modo a Seth, ma era solo per la bugia. Non gli dispiaceva affatto che avessi deciso di tenerlo alla larga!» mi disse ridacchiando.
«Nessie! Queste sono cose che ti ho confidato in qualità di fidanzata! Non puoi dirle a mia figlia!»
«Visto che tua figlia è mia sorella posso dirle quello che voglio!» gli rispose, facendogli la linguaccia.
«Beh... io eviterei volentieri "certi" particolari»
«Sarah! Non voglio neanche pensare a quello che hai appena detto... la mia piccola, innocente bambina, completamente...»
«Jake, falla finita. Avresti dovuto spiegarle come nascono i bambini anni fa, invece di farla arrivare al ciclo completamente ignorante! Chissà che spavento si è presa la mia sorellina!»
«Nessie, puoi andarci piano con questa storia della "sorellina"? E... puoi andare di corsa a casa tua? Seth lo rivorrei intero... mi sembrava che tua zia avesse qualcosa di interessante in programma!»
«Oh... i programmi "interessanti" di zia Alice prevedono sempre un giro per negozi in compagnia di mamma e di zia Rose. Seth sarà un piacevole diversivo per mamma... un po' meno per zia Rose, ma non si può mica avere tutto dalla vita! Comunque mi sbrigo, anche perché più passa il tempo, più il tuo caro paparino si innervosisce».
Uscì dalla porta, e velocemente scomparve alla nostra vista.

Seth
«Non puoi tenermi lontano da lei! Non hai idea di quello che significa per me! Non riesco a vederla da tre giorni ormai!» urlai. Jacob non mi permetteva di vedere Sarah da tre giorni, e la cosa assurda era che sembrava che non le permettesse di avere contatti di alcun tipo con me. Da tre giorni niente telefonate, niente visite, niente di niente. E mi ritrovavo a sfogare la mia frustrazione su di lui. Che era l'artefice del mio malumore
«Sapevi perfettamente che sarebbe successo, ti avevo avvertito per tempo, quindi non farmi credere che tu sia sorpreso!» la sua perfetta calma mi irritava ancora di più. Non solo non mi permetteva di vedere l'oggetto del mio imprinting, ma mi sfotteva anche. Se solo non fosse stato il mio alfa, in quel momento sarebbe stato tre metri sottoterra.
«Ma perché solo in questi ultimi tre giorni e non da quando si è trasformata, allora. Non mi sembrava che prima tu avessi problemi a farmi stare con lei» ribattei, certo delle mie argomentazioni.
«Come avrai notato, non ho passato molto tempo con voi, prima, e non mi ero accorto di come la guardassi!»
«Non starai mica facendo sul serio, Jake. Ha undici anni! Non le farei mai niente...»
«Non sto parlando di qualcosa che faresti a lei. Ma di qualcosa che ti faresti pensando a lei! E non mi dire che in questi ultimi sette giorni non sei tornato ad una fase adolescenziale, perché non ti credo»
«Jake, ma è assurdo! E poi quello che faccio nel bagno di casa mia è affar mio!»
«Non se chi popola i tuoi pensieri mentre fai quello che fai è mia figlia! La mia unica figlia femmina undicenne!»
«Cazzo, Jake, tu ti sbatti una di dieci anni e vieni a farmi la predica?» mi resi subito conto di quello che avevo appena detto. Il tremore di Jake andava aumentando, e sembrava sull'orlo della trasformazione. Ma avevo detto quello che pensavo. Non aveva il diritto di rimproverarmi quando lui faceva esattamente la stessa cosa.
«Io. Non. Mi. Sbatto. Nessie. Io la amo, e la sposerò. Ed è una situazione del tutto diversa. Lei ha dieci anni, ma è di fatto una donna, che ragiona come tale. Sarah sembra una donna, ma ragiona ed è una bambina. Mi sono spiegato?»
«Chiaramente questo discorso lo hai fatto anche ad Edward» non sapevo cosa mi spingesse ad irritarlo sempre di più. Di certo non l'istinto di autoconservazione, visto che lo stavo provocando e prima o poi sarebbe esploso.
«Seth, sappiamo entrambi che Edward mi ha affidato sua figlia. Sa che mi ama come sa che io amo lei. Non l'avrebbe mai lasciata andare così tranquillamente se non fosse più che sicuro di averla lasciata in buone mani, e soprattutto che è abbastanza matura per fare le sue scelte. Ed è la stessa cosa che farò io. Non ti impedirò di vederla per sempre. Ti impedirò di vederla almeno fino a quando non ti sarà passata questa fase post-adolescenziale. Cazzo, Seth, l'odore si sente da miglia»
«Ho avuto l'imprinting a diciassette anni e prima pochi motivi per dare sfogo ai miei impulsi. All'università le ragazze che mi facevano il filo non mi interessavano, permettimi di essere un po' "immaturo" su certi fronti»
«E pensare che dai consigli su quei fronti a ragazzi adolescenti ogni giorno»
«Non credo che ripetere frasi fatte come "Aspettate il momento giusto e fatelo solo con la persona giusta" oppure "Usate precauzioni" sia da etichettarsi come "dare consigli". Il mio ruolo è ascoltare quei ragazzi, ed aiutarli a trovare la loro strada»
«Come hai fatto con Nessie...» mi disse sorridendo.
«Beh, a dire la verità lei ha fatto tutto da sola. Che sono un Quileute, se sai che razza di figaccioni siamo, non è difficile capirlo!»
«Ecco, adesso parli anche come un adolescente!» disse, battendosi la fronte con la mano.
«Grazie!» gli risposi, ridendo.
Ci stavamo entrambi rilassando. E ci comportavamo come due perfetti imbecilli, come al solito.
«Adesso che mi hai fatto la ramanzina posso entrare?»
«Non fino alla maggiore età di Sarah. E non sto scherzando!» mi disse, serio.
«Ma sei la stessa persona che si batté per i miei diritti davanti alla madre di quella ragazza che è chiusa in casa?»
«Sì, sono la stessa persona. Estremamente gelosa e possessiva. E soprattutto protettiva!»
«Jake, sei totalmente assurdo. E ingiusto!»
«Non mi sembra che Sarah sia ancora uscita a reclamare i suoi diritti!»
«L'avrai chiusa in camera sua e gettato via la chiave!»
«Non credo che questo l'avrebbe fermata. Potrebbe semplicemente aver trovato qualcosa da fare più adatto alla sua età»
«Ma se qualsiasi cosa abbia deciso di fare in passato l'abbiamo sempre fatta insieme!»
«Arrivano dei momenti, nella vita di una ragazza, in cui non si vuole più fare tutto insieme agli amici. Ci sono cose che deve fare da sola. E, probabilmente, questa è una di quelle»
«Cosa stai cercando di dirmi, Jake?»
«Niente a cui tu non possa arrivare da solo. Vedi però di non scegliere la strada sbagliata per farlo»
«Se parli per rebus non vedo come posso arrivare alla soluzione senza complicarmi la vita»
«Preferiresti le parole crociate?»
«Jake, qui stiamo parlando della mia vita, non di un giornale di enigmistica qualsiasi!»
«Lo so, ma è anche della vita di mia figlia che stiamo parlando!»
«Le ho fatto qualcosa senza rendermene conto? Jake, ti prego, dimmelo, sto impazzendo a non avere sue notizie»
«Ma non ce la fai proprio ad aspettare che sia lei a raccontarti quello che ha in mente o che le sta accadendo, vero?»
«Quindi non le stai impedendo di vedermi. E' lei a non volermi vedere» dissi, improvvisamente consapevole del reale motivo dell'ostilità del mio amico. Sarah non voleva vedermi. Non voleva vedermi. Non voleva vedermi...
«Io non ho detto nulla di tutto ciò. Solo... lasciale qualche giorno. Vedrai che sarà lei stessa a cercarti» mi disse, cercando di poggiarmi la mano sulla spalla.
Per qualche motivo, mi ritrassi.
«Io... io... devo andare a casa»
Scappai. Di corsa. Con le lacrime agli occhi. Ma sapevo che non potevo tornare a casa. Non potevo rovinare a Leah un momento bello come quello che stava vivendo. Non l'avrei fatto. Non quando sapevo che aveva duramente riconquistato la felicità dopo aver sofferto troppo. Non se lo meritava.
Mutai.
Mi ritrovai a correre per il bosco in maniera disperata, senza meta. Fino a quando mi resi conto che una meta ce l'avevo, anche se inconscia. Stavo andando a casa Cullen. Strano come, in quel momento, in cui mi sentivo solo e abbandonato da tutti, il mio istinto mi stesse guidando dai miei vecchi amici. Vecchi amici che avevano deciso di farci la guerra, dato che ci avevano lasciati nell'ignoranza per dieci anni.
Vecchi amici di cui sentivo un disperato bisogno in quel momento.
Sbucai nella radura dove c'era la loro casa, e mi accorsi che mi stavano aspettando. Edward con un paio di pantaloni in mano ed Alice con lo sguardo accigliato. Aspettai che Alice rientrasse in casa, poi mi ritrasformai. Presi i pantaloni che Edward mi porgeva e mi rivestii.
«Grazie» gli dissi.
«Stai soffrendo molto?» mi chiese lui.
«Dipende da cosa intendi per "molto"» gli risposi.
«Cercheresti notizie di Sarah tramite noi?» disse, riferendosi certamente a quando, dieci anni prima, aveva cercato notizie di Bella tramite me.
«Quella sarebbe follia pura, non sofferenza» gli risposi, facendogli notare che avevo più probabilità io di sapere cose su Sarah direttamente da Jake che loro.
«Hai ragione» disse, in risposta ai miei pensieri.
«Posso farti una domanda?» gli chiesi
«Già fatta - scherzò lui, sorridendo - Comunque puoi chiedermi tutto quello che vuoi!»
«Come l'hai presa quando hai saputo di Jake e Nessie?»
«Jacob e Renesmee? Sapevo che lui me l'avrebbe portata via fin da quando lei ha iniziato a sognarlo. Avrei soltanto voluto che fosse un po' più grande... anche se in effetti lei ha raggiunto la maturità completa già da qualche anno, ed è in grado di compiere le sue scelte. Ma la vedo ancora come la mia bambina, e non riesco a credere che tra qualche mese sarà sposata, e che non avrò neanche la possibilità di accompagnarla all'altare» mi rispose, rabbuiandosi.
«Anche lei lo vorrebbe» dissi, lo sapevo per certo, a Jacob erano passate nella mente quelle parole troppe volte, per poterle ignorare.
«Dici sul serio? Non me ne ha parlato!» mi rispose, improvvisamente gioioso e pieno di speranza.
«Questo perché ne ha parlato con Jacob e hanno riscontrato troppe difficoltà perché possa accadere. Probabilmente non ha voluto parlartene per non illuderti.»
«Non è che Jacob gliel'ha vietato?»
«A quanto ne so io, Jake l'ha incoraggiata più volte a venirvi a trovare, non le sta negando il diritto di voler bene alla sua famiglia. Le ha solo chiesto di tenerlo fuori.»
«Capisco»
«Seth! Come mai da queste parti? Pensavo che non ci saresti più venuto a trovare dopo...»
Bella era uscita sul portico a salutarmi, parlandomi con un tono fin troppo allegro. Probabilmente non sapeva ancora che non sarebbe venuto nessun altro insieme a me.
«Ciao, Bella! Diciamo che mi sono ritrovato da queste parti e ho deciso di fare un salto!»
«Sarah non è con te?» mi chiese, e un'espressione di delusione si dipinse sul suo viso di eterna ventenne quando, per risposta alla sua domanda, scossi la testa.
«Non viene neanche Renesmee?» mi chiese, con una speranza rinnovata.
«Non credo che sappiano che sono qui. Sono fuggito dalla riserva dopo aver avuto una pessima notizia» dissi, cercando di ricacciare indietro le lacrime che pungevano agli angoli degli occhi.
«E' successo qualcosa di grave?»
«Qualcosa che in passato avresti accolto con sollievo, direi» le risposi con astio, ripensando a quando aveva cercato di impedirmi di rimanere vicino a Sarah.
«Ho fatto molte cose di cui mi pento, in passato»
«O non ti ricordi a cosa mi sto riferendo, o mi vuoi far credere che ti stai pentendo di aver scelto di abbandonare i tuoi figli per Edward» lo psicologo che era in me, quello diplomatico ed estremamente cauto, se ne era andato in ferie, lasciando al suo posto un Seth bambino, impulsivo e frustrato.
«So a cosa ti stai riferendo» mi rispose lei, altrettanto acidamente.
«Seth, Bella... non è il caso di litigare così. Al passato purtroppo non c'è rimedio» ci interruppe Edward.
«Hai ragione, amore» disse Bella.
«Scusa, Edward» seguii io.
«Ora possiamo sapere cos'è successo?» chiese Edward.
«Sarah ha deciso di non volermi vedere»
«Da quanto? E per quale motivo? Non le avrai mica fatto niente...» chiese Bella.
«Da quanto... sono tre giorni ormai che non la vedo e non la sento e non mi è permesso sapere niente di lei. Il motivo... se lo sapessi credi che sarei qui? E no, non le ho fatto niente, anche se Jake crede che...» interruppi il pensiero a metà, incapace di formularlo a voce.
«Jake crede che?» incalzò Bella.
«Bella, credimi, non è niente che vorresti sapere» le rispose Edward. Già, lui l'aveva letto nella mia testa. Mimai un "grazie" con le labbra.
«Seth... avevi detto che non sapevano dove ti trovassi!» mi disse Bella, guardando altrove e cambiando argomento.
«Io non sapevo neanche che sarei venuto qui, fino a quando non mi sono reso conto della direzione che stavo seguendo!» seguii il suo sguardo, fino ad incrociare la figura di Nessie.
«E' tua figlia!» le dissi.
«Lo vedo anche io che è mia figlia! Non hai più alcun vantaggio su di me, o devo ricordartelo?»
«No, non devi farlo. Edward, riesci a capire perché è qui?»
«E' venuta per riportarti a casa. Sarah vuole parlarti»
Sarah voleva parlarmi. Di cosa? Del fatto che non volesse essere l'oggetto del mio imprinting? O del perché aveva deciso di non volermi più vedere?
Nel frattempo, Nessie era arrivata da noi.
«Tesoro! Come va?» le disse Bella, stringendola tra le sue braccia, e posando un bacio sui suoi capelli.
«Va benissimo, mamma. Jake è perfetto, e le cose non potrebbero andare meglio. Tuttavia...»
«Tuttavia?»
«La mia non è una visita di cortesia. Sono venuta solo a portarmi via questo testone. Sarah ti vuole parlare, ed è preoccupata per te»
«Si ricorda ora di preoccuparsi per me? Dille che... no, non le dire niente. Anche perché sarò io stesso a dirle tutto, quando ci vedremo. Andiamo!» sbottai prima, per concludere in toni fin troppo pacati, anche se si sentiva l'impazienza di tornare a casa per vedere, finalmente la mia piccolina, e di capire che cosa l'avesse allontanata tanto da me.
Mi allontanai un secondo per trasformarmi.
«Renesmee...» la chiamò Edward un attimo prima che ci avviassimo.
«Dimmi, papà»
«Vorresti veramente che fossi io ad accompagnarti all'altare?»
«Chi te l'ha detto?» sussultò, mentre i suoi occhi si posavano su di me.
Sì, sono io il colpevole. Ammisi, conscio del fatto che lei non avesse il potere di suo padre.
«Non importa chi me l'ha detto. E' vero?»
«Sì, è vero. Ma ci sono troppe complicazioni. Ad esempio, come lo spieghiamo a nonno Charlie che faccio parte della famiglia Cullen e che tu hai una nuova fidanzata-moglie che somiglia così tanto a sua figlia?»
«E' proprio necessario spiegarglielo?» chiese lui.
«Glielo spiegherò io stessa. Mi devi solo fare un favore - disse Bella, prendendo l'iniziativa e interloquendo con Nessie - chiedi a Jake di lasciare che io entri nella riserva, per un giorno»
«Mamma, sai che è una cosa praticamente impossibile. Si dovrà scontrare con tutti»
«Non mi sembra che la sera in cui mi ha dovuto dire della trasformazione di Sarah sia stata questa la sua priorità. Io ho creato questa situazione e io la devo risolvere, e per farlo devo poter entrare nella Riserva, dato che mio padre vive lì»
«Farò quello che mi è possibile» le rispose. Detto quello, si voltò verso di me, e, con un sorriso, spiccò un salto nella direzione della Riserva.

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