Sguardi (Pov Sarah/Seth)
Sarah
«Possiamo?» Nessie bussò alla porta della mia camera, rimanendo sulla soglia fino al mio cenno di assenso. Con lei entrò Seth. Bello, bellissimo, come al solito, ma - che papà mi perdoni l'espressione - incazzato nero. Non gli avevo mai visto un'espressione tanto arrabbiata in volto. Mi correggo, non gli avevo mai visto quell'espressione rivolta verso di me.
«Bene, io vi lascio - disse Nessie, continuando poi, per rispondere allo sguardo smarrito che le avevo rivolto - Devo discutere un po' di cose con tuo padre».
Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta dietro le spalle.
Tenevo gli occhi bassi, fissi sulle mani che avevo strette in grembo, ma sentivo lo sguardo di Seth su di me. E, stranamente, temevo quello sguardo, che fino ad allora mi aveva dato, più di ogni altra cosa, sicurezza.
«Seth, ti prego, perdonami» mormorai, continuando a non guardarlo.
«Se mi guardassi, capiresti che l'ho già fatto» il mio sguardo saettò verso di lui, e mi accorsi che l'espressione del suo volto era completamente mutata. Era di nuovo il mio Seth.
«Non mi è possibile essere arrabbiato con te, non ci riesco, e non è solo per l'imprinting, Sarah - riprese - io ho fiducia in te, mi hai sempre raccontato tutto, e so che lo farai anche questa volta. Devo solo rispettare i tuoi tempi»
«Ma prima eri arrabbiato!» gli dissi, riferendomi all'espressione furente che aveva pochi minuti prima.
«Prima pensavo di essere arrabbiato con te, ma poi ti ho vista. Ho visto il tormento sul tuo viso. E per un attimo mi è sembrato di vedere anche la paura. Hai avuto paura di me. E mi sono reso conto che la rabbia che pensavo di provare per te, era invece un riflesso della rabbia che provavo verso di me, per non essermi fidato di te»
«E sei sicuro che l'imprinting non c'entri nulla? In fondo se non ci fosse stato non saresti qui a perdere tempo con una ragazzina di undici anni, avresti la tua vita, una moglie, dei figli...»
«E non sarei felice la metà di quanto mi rendi felice tu, semplicemente esistendo» mi interruppe.
Rimanemmo per qualche istante a guardarci negli occhi, cercando di capire quale sarebbe stata la mossa successiva dell'altro. Fu solo quando vidi la bocca di Seth schiudersi per parlare, che trovai il coraggio per affrontare quello che mi ero tenuta dentro, allontanandolo da me senza possibilità di difesa. Quella possibilità che, secondo Nessie dovevo dargli. Quella possibilità che volevo dargli.
«Seth, ti devo parlare» esordii seria. Lui richiuse la bocca e, con un sospiro, annuì.
«Dimmi tutto» mi disse, incurvando le labbra in un sorriso rassicurante, che mi spaventava più di quanto non avrebbe fatto un'espressione seria, perché in quel momento sentii che, qualsiasi cosa avessi detto o fatto, qualsiasi modo avessi trovato per ferirlo, lui mi avrebbe perdonata.
E non solo per l'imprinting.
Lui amava la Sarah che ero e che stavo diventando. Lui mi amava. Eppure mi avrebbe perdonata anche se gli avessi detto che lo volevo solo come amico. Sarebbe rimasto al mio fianco comunque, se questo mi avesse resa felice. Non mi avrebbe fatto pressioni. Esattamente come diceva Nessie.
Deglutii rumorosamente ed inspirai profondamente. Poi parlai.
«Qual è stato il rimpianto più grande di Leah, quando si è trasformata?» lo sapevo perfettamente qual era, la zia me l'aveva già detto, ma certo a Seth non potevo dire "sai, ho avuto le mie cose, è molto probabile che io possa avere dei figli, in futuro". Dovevo farcelo arrivare per gradi. E soprattutto dovevo fare in modo che capisse che non sapevo ancora se era con lui che volevo "sfruttare le mie capacità".
«Credo sia stato quello di rendersi conto di essere diventata sterile, di non potere avere dei figli» mi rispose, mentre un vago rossore, impercettibile a chi non conosceva le sfumature dell'incarnato dei Quileute come me, si impossessava delle sue guance. Erano segreti di sua sorella, e si sentiva in colpa a parlarne, persino con me. Ma non riusciva a dirmi di no.
«Pensi che succederà anche a me?» gli chiesi, sentendomi vagamente colpevole per il modo in cui lo stavo ingannando. Sapevo perfettamente che a me non sarebbe successo, eppure volevo che lui ci arrivasse da solo.
«Non lo so, Sarah. E non so perché tu mi stia facendo tutte queste domande. Fino a tre giorni fa non sapevi neanche come si facessero...» l'espressione stupita che si era formata sul suo volto mi lasciò capire che c'era arrivato. Era arrivato dove volevo.
«Seth...» lo chiamai dolcemente, scendendo dal letto, dove ero seduta, per dirigermi alla sedia a dondolo, dove era seduto lui, e dove tante volte, quando io ed Ethan eravamo piccoli, lui e papà si erano alternati per cullarci.
«Seth...» lo chiamai di nuovo, questa volta più forte, scuotendo il suo braccio. Sembrava caduto in uno stato di shock. Con gli occhi sbarrati e lo sguardo fisso.
«Seth...» la mia voce iniziava a tremare, stavo per scoppiare a piangere, mi stava spaventando seriamente.
«Seth, ti prego...» dissi, con le lacrime che iniziavano a scendere e posandogli un bacio sulla guancia. Non cambiò niente. Rassegnata, mi sedetti sulle sue ginocchia, con le braccia intorno al suo collo e la testa sulla sua spalla. Bagnando la sua pelle con le mie lacrime. Sentii le sue braccia stringersi intorno alla mia vita, mentre mi tirava verso di sé. La mia posizione non era delle migliori, con le gambe piegate su un bracciolo della sedia a dondolo e la schiena poggiata sull'altro. Ma non mi importava. Il sollievo di sentire Seth che si stava riprendendo da quel piccolo momento di shock compensava il tutto.
«Principessa, è per questo che mi hai tenuto a distanza in questi giorni?» disse, rimanendo completamente immobile.
«Sì... e no» gli risposi, senza muovere un singolo muscolo. Volevo rimanere in quella posizione fino a quando non mi avrebbe definitivamente allontanata da sé.
«Mi vuoi spiegare?» mi chiese. Con una voce curiosa. Non arrabbiata. Non impaziente. Solo curiosa.
«Quando ho scoperto quello che mi stava succedendo, ho pensato che fosse una delle stranezze che il mio corpo stava subendo per via della trasformazione. Né tu, né papà, mi avevate mai detto che sarebbe potuto accadere, così ho deciso di tenerlo nascosto. Papà aveva tante preoccupazioni, e anche tu, e poi pensavo che lui e Ethan non mi volessero più bene, perché c'era Nessie, che è più bella di me, e più simpatica, e più decisa, e più...»
«Siete diverse, ma siete entrambe bellissime, simpatiche e decise. Anzi, se proprio lo vuoi sapere, io penso che tu sia anche più bella di lei»
«Tu sei di parte, non vale!» gli dissi, sorridendo. Sapevo che la sua intenzione era stata farmi smettere di piangere.
«E tuo padre ed Ethan non smetteranno mai di volerti bene»
«Lo so, ma io ho sempre undici anni, sto entrando adesso nell'adolescenza, è normale per me sentirmi insicura di tutto!»
«E questa dove l'hai sentita?» rise.
«Deve averlo detto zia Rachel a papà un paio di giorni fa!» risposi, meditando.
«Perché ora è lei la grande esperta di adolescenti!»
«Non lo sei neanche tu, visto che ho dovuto praticamente dirti quello che mi succedeva prima che te ne rendessi conto!»
«Scusa se, con l'esperienza di mia sorella, il fatto che tu fossi diventata una donna non mi era neanche passato di mente!» esclamò, irritato. Alzai il viso, per guardarlo in faccia, e mi trovai di fronte un paio di occhi estremamente divertiti. Ci fissammo per qualche secondo, poi scoppiammo a ridere.
Poi tornai seria. Non mi ero neanche avvicinata alla parte peggiore del discorso.
«C'è qualcos'altro?» mi chiese, preoccupato.
Annuii.
«Seth... non so come dirtelo senza farti soffrire... ma... io ho solo undici anni, e non so se... non so ancora se... Seth, io non so ancora se voglio passare tutta la mia vita con te. Mi piace averti come amico, una persona su cui contare sempre, a cui raccontare le mie marachelle senza timore di essere punita, ma non ho nessuna idea di quello che vorrò fare "da grande". E vorrei essere libera di scegliere»
«Principessa... Sarah... io non ti farò pressioni di nessun genere, ti resterò a fianco come amico, se è questo che desideri, perché a me basta che tu sia felice, per essere felice a mia volta. E' così che funziona l'imprinting» mi disse, triste, senza guardarmi.
Posai una mano sul suo viso, voltandolo verso di me.
«Ma non è così che funziona l'amore, vero Seth?» gli chiesi, fissandolo a lungo negli occhi.
«No, l'amore non funziona così - mi confermò - ma non voglio perderti»
Mi strinse più forte a sé.
«Non mi perderai» gli risposi.
«E come? Un giorno diventerò geloso dei miliardi di corteggiatori che avrai e tu ti stuferai di me, persino di avermi come amico»
«Non mi stancherò di te. Se mai dovesse accadere che tu diventassi geloso di me, dovremo solo ritrovare i nostri equilibri»
Mi baciò i capelli.
«Seth, neanche io voglio perderti. Io vorrei solo che le cose tornassero a quando non sapevo cosa fosse l'imprinting, a quando eri l'amico a cui confidavo tutto, a quando ancora non sapevo che tutta la famiglia stesse aspettando il momento in cui fossi diventata grande per vederci felici insieme. E lo so che quello che sto dicendo potrebbe sembrare il capriccio di una bambina che ha tutto quello che chiunque potrebbe desiderare, ma tutto ciò che vorrei è condurre la vita di un'undicenne normale, anche se il mio corpo è cresciuto troppo in fretta»
«Se è questo quello che desideri veramente, farò in modo che si realizzi»
Lasciò andare la presa dalla mia vita, spingendomi verso la punta delle sue ginocchia, per farmi guadagnare un appoggio a terra prima di alzarsi.
«Beh... allora ci vediamo domani, principessa» disse, dirigendosi lentamente verso la porta.
«Seth...» lo richiamai, proprio nel momento in cui la sua mano si posava sulla maniglia.
«Dimmi tutto» mi rispose, ma nella sua voce non c'era traccia del sorriso con cui mi diceva solitamente quella frase, mentre la sua mano indugiava ancora sulla maniglia e lui non si era neanche voltato verso di me.
«Ti devo chiedere un ultimo favore, prima che tu esca da quella porta e riprenda a considerarmi una bambina»
«Temo che dirti di sì mi costerà caro»
«Puoi sempre dirmi di no!»
«Posso? Sei sicura?» mi chiese, con un'ironia che non gli apparteneva, non con me.
«Seth... io...»
«No, Sarah, stai tranquilla - si passò una mano tra i corti capelli neri, voltandosi verso di me, finalmente - non sono arrabbiato. Chiedimi tutto quello che vuoi. Esaudirò qualsiasi tuo desiderio»
«Mi daresti un bacio?» gli chiesi, abbassando gli occhi sul pavimento e mordendomi il labbro in attesa di una risposta.
«Un bacio? Te ne ho sempre dati...»
Lo interruppi, capendo che aveva frainteso le mie parole.
«No... non un bacio sulla guancia, o sui capelli. Io voglio un bacio da grandi. Io voglio che tu sia il primo»
«Io... non credo che sia una buona idea... Sarah» mi disse, abbassando lo sguardo.
«Sì... lo...»
«Questo non vuol dire che io non lo desideri, principessa» disse, riempiendo lo spazio tra noi con due grandi passi, e stringendomi tra le sue braccia disperatamente, prima di posare la sua fronte sulla mia, per guardarmi negli occhi nel momento in cui le sue labbra si impossessavano delle mie.
Fu un contatto dolce, naturale, breve. Troppo breve.
Nel momento in cui le labbra di Seth si staccavano dalle mie, portai le braccia dietro il suo collo, trattenendolo.
«Ho detto "da grandi", come uno di quelli che papà da a Nessie» sussurrai sulle sue labbra, prima di riprendere il contatto.
Questa volta obbedì. Complice anche il sospiro che mi era sfuggito, facendomi dischiudere le labbra, approfondì il bacio, prendendo le mie labbra tra le sue, succhiandole e mordendole, mentre io facevo lo stesso con le sue.
All'improvviso, si allontanò, lasciandomi sorpresa a cercare di riprendere fiato.
«Credo che possa bastare» disse, serio, mentre riprendeva il controllo di sé e si riavvicinava alla porta.
«Seth...» mormorai.
«Sarah... ti voglio bene. Ricordatelo sempre»
«Ti voglio bene anche io, Seth» gli risposi.
Lui si voltò verso di me, sorridente.
«Lo so» disse, ed uscì dalla mia stanza.
Seth
Maledizione, maledizione, maledizione.
Non dovevo baciarla.
Motivo numero uno: in quel modo sarebbe stato tutto più difficile.
Motivo numero due: era il primo bacio che davo ad una persona che contava veramente per me - quelli che mia cugina Hannah mi aveva obbligato a darle per "allenamento" non contavano nulla.
Motivo numero tre: ero un uomo morto. Quando Jake avesse scoperto quello che avevo combinato, ed era un "quando", non un "se", mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
E ora? Ora dovrai tornare quello che eri. Un uomo equilibrato che sapeva vedere la bambina di undici anni che è in lei.
La voce della mia coscienza mi diceva quello che dovevo fare, ma non mi aveva avvertito del fatto che il suo ciclo avesse messo in moto l'attivazione del mio imprinting, e che il suo corpo di giovane donna avesse fatto il resto.
Ero un uomo con una tempesta ormonale in corso irrimediabilmente innamorato della figlia undicenne del suo più caro amico.
Con questa definizione sarei passato per un pedofilo, presso chiunque.
In un mondo normale.
Nel mio mondo, la ragazzina di undici anni in questione ne dimostrava sedici o diciassette, avevo perso la testa per lei quando ne aveva quasi uno, a causa dell'imprinting, e mi stava creando più problemi che altro. E quest'ultima era la cazzata più grossa alla quale avessi pensato negli ultimi dieci anni.
Lei mi aveva reso immensamente felice. E l'avrebbe fatto ancora, se avessi avuto la pazienza di aspettarla.
Uscii da casa Black con la testa completamente nel pallone, e vagai nel bosco per un po', arrivando fino alla grande quercia dove ci davamo appuntamento per i raduni di branco. Mi poggiai con la schiena all'enorme tronco, trovando un certo conforto nello stare a contatto con la terra.
Iniziai a ricomporre quello che era successo nell'ultima settimana, partendo dall'inizio.
Il giorno di Halloween, il 31 ottobre, la mia piccola Sarah era ancora una bambina. Dava segni di trasformazione imminente, ma erano solo segni. Nessuna certezza, nessun mutamento fisico. Era la mia piccolina. Quella che dovevo proteggere ed aiutare a crescere.
Lei e suo fratello avevano dormito a casa mia la sera prima, avevamo giocato a nascondino fino allo sfinimento, mio e loro. Si erano addormentati nei rispettivi nascondigli. Sotto il letto di Leah, Sarah e nel ripostiglio delle scope Ethan.
La cosa buona era che, sapendo che quelli erano i loro nascondigli preferiti, mamma li teneva puliti a specchio, come tutto il resto della casa d'altronde. Li avevo presi, uno per volta, ed infilati nel letto della mia stanza. Ogni volta che dormivano da noi, io finivo in camera di Leah.
Li avevo svegliati con il solletico la mattina dopo. Mi ero beccato un calcio da Ethan e un pugno da Sarah, solo per averli svegliati, poi avevamo fatto la lotta con i cuscini fino a quando Charlie non li aveva richiamati per la colazione, si erano lavati ed eravamo usciti nel prato di fronte a casa a giocare. Dopo un'oretta erano arrivati anche Jake e Nessie. Mamma e Charlie li avevano invitati a pranzo, insieme a Billy, che Rachel aveva già portato lì.
Eravamo una grande famiglia.
Nella quale presto sarebbe entrata anche Nessie, che aveva accettato la proposta di matrimonio di Jake, fatta la sera prima.
Ma quella notte, tutto era cambiato. Al falò, la mia principessina aveva scoperto che quel mio starle vicino era frutto, almeno inizialmente, di un evento del tutto incontrollabile, l'imprinting. Si era arrabbiata con me, aveva pensato che non le volessi bene realmente, si era arrabbiata con la sua stessa natura. E si era trasformata. Era fuggita dal falò, e non l'avevamo trovata se non per un enorme aiuto che ci era venuto da quell'assurda connessione che aveva con Ethan. Embry e Paul l'avevano riportata a casa sua, e non ero riuscito a vederla fino al mattino dopo.
Il primo novembre, avevo litigato con Jake fino a quando Sarah non aveva chiesto di vedermi. Solo allora mi era stato concesso l'onore di scoprire la verità. La mia piccolina era cresciuta, ma solo fisicamente. Allora riuscivo ancora a vedere la bambina chiusa dentro lei. Era magnifica, certamente, ma riuscivo a non pensare al suo corpo, perché lei non era ancora pronta. Aveva solo undici anni, non era per niente pronta ad affrontare l'amore e tutte le sue conseguenze. E riuscivo a vederlo. L'avevo consolata, le avevo fatto capire che le sarei sempre stato a fianco, pronto a proteggerla da sé stessa se mai ce ne fosse stato bisogno. E che l'imprinting non c'entrava che per una minima parte, con quello che provavo per lei, e che probabilmente avrei provato anche se l'imprinting non ci fosse stato, anche se l'avrei capito più tardi, non quando mi ero ritrovato occhi negli occhi con una bambina di dieci mesi. Probabilmente non avrei mai trovato una donna che mi soddisfacesse fino a quando lei non fosse stata adulta, persino senza imprinting. Perciò trovavo assurdo quel discorso che mi aveva fatto. Se l'imprinting non ci fosse stato io non avrei perso tempo dietro una ragazzina di undici anni, ma non avrei avuto comunque una moglie e dei figli. Di questo ero più che sicuro.
Poi eravamo andati dai Cullen, e lì anche Ethan era esploso. E Jake si ritrovava con due figli adolescenti nel corpo e bambini nella mente, anche se Ethan era sempre stato molto più maturo di un bambino normale. Parlava pochissimo, e le rare volte in cui si dava pena di aprire bocca era solo per dire cose sensate. Oltre che per spifferare i segreti di sua sorella.
Ma era un bambino. Faceva cose da bambino.
E riuscivo a capirlo.
Nei giorni successivi, Jake si era rintanato nella rimessa con Ethan per sistemarla a dovere. A suo dire era per lasciare che Sarah ed Ethan avessero i loro spazi, ma sospettavo fortemente che fosse in buona parte per avere i suoi spazi con Nessie. In fondo, nei suoi panni, era quello che avrei fatto anche io. Avevo passato un sacco di tempo con Sarah, eppure non mi ero accorto di niente.
Lei non aveva voluto che mi accorgessi di niente.
Non aveva voluto che qualcuno si preoccupasse per lei, perché avevamo già tutti i nostri pensieri, e si era tenuta tutto dentro. E io stupido non mi ero accorto di niente. Forse perché già in quel momento iniziavo a rendermi conto che i miei sentimenti per lei stavano cambiando? Forse perché sapevo che presto non sarei più riuscito a vedere l'undicenne che quel corpo di donna nascondeva? Forse perché iniziavo a pensare a lei come un uomo pensa alla sua donna?
Era una fortuna che Jake avesse avuto da fare in quell'ultimo periodo per accorgersi dei miei sogni. L'erezione mattutina con cui mi svegliavo non mi aveva dato tregua, però, e mi faceva sentire tremendamente in colpa.
Cazzo, Seth! Ha solo undici anni. Devi rispettare i suoi tempi. Mi ripetevo ogni volta, ogni mattino, ogni minuto che passavo con lei. Senza rendermi conto che il mio corpo stava semplicemente rispondendo al suo. Che l'imprinting si era accorto di quello che io ignoravo.
Il giorno in cui avevo dormito a casa Black, dopo aver riportato Billy e i ragazzi a casa, avevo sentito che c'era qualcosa che non andava. Sarah era andata a dormire troppo presto, per non esserci suo padre in giro. Lei era una fan del "ancora cinque minuti, papà!" e lo diceva sempre con una vocina così tenera e spalancando quegli occhioni così dolci, che era veramente difficile dirle di no. E così finiva sempre per stare alzata più del dovuto.
Ma quella sera no. Si era infilata a letto senza aspettare suo fratello e dormiva a pancia in giù, con la testa voltata verso il muro, come se non volesse che le dessi la buonanotte. Le carezzai i capelli, e me ne andai a dormire nella camera che dal giorno dopo sarebbe stata di Sarah.
La mattina dopo, quando mi svegliai, lei non c'era. Non c'era più, e non sapevo dove cercarla. Chiamai Rachel, Emily e mia madre, ma di lei non c'era traccia. Così tornai a casa, lasciando che Ethan se la sbrigasse con suo padre. Comportamento coraggioso, non c'è che dire, ma ero convinto che fosse colpa mia. E comunque stessero le cose, Jake avrebbe pensato che lo fosse.
Mi chiedo ancora come avevo fatto a non pensare che si fosse rifugiata da Leah. Era la cosa più ovvia. Era l'unica che poteva rispondere a tutte le sue domande. L'unica donna, fino ad allora, ad essersi trasformata. Ma non condivideva neanche la sua sorte, la mia piccolina. Mia sorella era sterile, da quando si era trasformata. Lei no. Ma l'aveva scoperto solo andando a parlare con Leah, perché nessuno di noi gliel'aveva mai spiegato.
Ed aveva deciso da sola di non volermelo dire. Jake non c'entrava niente con quella decisione. Lei aveva fatto tutto da sola. Non voleva che io lo sapessi, perché non voleva che mi illudessi. Me l'aveva detto chiaro e tondo poco prima. Non so se voglio passare la mia vita con te.
E la cosa peggiore, era che non me la sentivo di darle torto, se lei a undici anni voleva fare la vita di una bambina di undici anni.
Non si sarebbe dovuta neanche porre il problema di dirmi una cosa del genere, se io non fossi stato quello che ero e legato a lei da quello che mi teneva legato a lei. Ma chi volevo ingannare? L'imprinting era solo un millesimo di quello che mi teneva legato a lei. Io ero, ormai, irrimediabilmente innamorato di quella ragazzina che voleva vivere la sua vita in perfetta normalità. E nel momento in cui l'avevo capito, avevo tormentato me stesso perché i sentimenti non avessero il sopravvento sulla ragione. Senza successo, ovviamente.
La stessa ragazzina mi aveva chiesto di baciarla, prima che tornassi a considerarla tale. La stessa ragazzina non si era accontentata di un bacio a stampo, ma che ne aveva voluto uno vero. La stessa ragazzina avrebbe riempito la mia testa e il mio cuore per tutta l'eternità.
«A che pensi?»
La domanda mi giunse del tutto inaspettata, dall'ultima persona che avrei mai pensato di trovare lì.
«Ciao, Emily! Come mai da queste parti?»
«Potrei dirti che mi piace passeggiare nel bosco, ma la verità è che ogni volta che uno di voi soffre io trovo inspiegabilmente la strada per arrivare a lui. E' come se avessi una specie di potere che mi porta a capire che c'è qualcuno che ha bisogno di parlare e sfogarsi. Capitava spesso che trovassi Jake nei posti più impensati, qualche anno fa» disse, sorridendo, mentre con il suo sorriso mi infondeva pace.
«Davvero ti è successo anche con Jake?»
«Sì, a un certo punto ha pensato anche che lo seguissi - si fermò per ridacchiare vedendo la mia faccia stupita - Me l'ha detto Sam, non sono ancora capace di leggere nel pensiero!»
«Ah, ok... va bene» borbottai, sentendomi colto in castagna.
«Allora, mi dici a cosa pensavi?»
«Al fatto che mi sia innamorato di Sarah troppo presto»
«Spiegati meglio»
«L'hai vista nell'ultima settimana?»
«Il giorno in cui sono venuta a casa Black con Esther. C'eri anche tu»
«Ecco... mettici che è anche diventata una donna, che i miei ormoni sono impazziti rendendomi un adolescente alle prime armi e che lei vuole vivere la sua vita come se la questione "lupi" non esistesse... e il mio imprinting è completamente fuori fase, ed ha scelto il momento peggiore per passare dalla fase "papà apprensivo - fratello maggiore sempre a disposizione" a quella di "innamorato cronico senza speranza"» mormorai sconfitto.
«Te l'ha detto lei che sei senza speranza?»
«No, ma me l'ha fatto capire»
«Cosa ti ha detto? Con precisione»
« "Io non so ancora se voglio passare tutta la mia vita con te". Questo mi ha detto, Emily, questo»
«E quell'ancora credo che faccia tutta la differenza»
«Che vuoi dire?»
«Devi arrivarci da solo. Ora accompagnami a casa. Mi sento stanca»
«Già, nelle tue condizioni non dovresti neanche allontanarti di casa» le risposi, prendendola in braccio.
«Guarda che sono incinta, non invalida!»
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