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Scomparsa (Jacob/Seth)

Jacob

La mattina dopo, mi svegliò il sole che filtrava dalle tende azzurre. Nessie era ancora nuda, accoccolata al mio fianco, e dormiva. Con i capelli color bronzo scompigliati, e quell'espressione appagata e serena che le si era dipinta sul viso era ancora più bella. Non che la notte precedente non mi avesse regalato espressioni che l'avevano resa divina.
L'esperimento della benda era andato a buon fine. Era stata un'idea azzardata, ma aveva funzionato. E scommettevo che la prima cosa che avrebbe fatto quella mattina sarebbe stata avvolgersi nel lenzuolo e girovagare per il nostro miniappartamento - mancava solo la cucina in effetti - curiosando tra i libri che avevo acquistato su consiglio di Rachel e saltellando qua e là eccitata come una bambina la mattina di Natale. Si mosse leggermente, e una ciocca di capelli le finì sul volto. La scostai leggermente, cercando di non svegliarla, mi piaceva guardarla in volto mentre dormiva. Quell'espressione che aveva era di pura pace.
Lei per reazione al mio tocco si strinse a me ancora di più, portando una delle sue gambe tra le mie. Se avesse continuato così, la prima cosa che avrebbe fatto quella mattina sarebbe stata anche l'ultima che aveva fatto la sera prima.
Jake, ma che vai pensando? Mi rimproverai. Quella mattina avrei dovuto sbrigare un po' di pratiche, per il trasferimento dei bambini dalla scuola di Forks a quella della Riserva, dove si sarebbero fatti meno problemi per il loro aspetto. Se avessi fatto quello a cui stavo pensando non avrei combinato nulla.
«Jake» mormorò, senza aprire gli occhi. Stava sognando me. Era così tenera. Mi azzardai ad accarezzarle la guancia. Lei sorrise. Mi venne voglia di baciarla, così chinai la testa sulla sua e lo feci. Poggiai delicatamente le labbra sulle sue, e, prima che potessi ritrarmi, il mio sguardo si perse nei suoi occhi color cioccolata, ormai spalancati, e il bacio si approfondì. Ci separammo dopo qualche tempo. Lei mi sorrise, poi parlò.
«Grazie. Per stanotte, e per tutto. E soprattutto per il magnifico risveglio» disse, allungando le braccia sopra la testa per stiracchiarsi. Poi, come avevo previsto, si avvolse nel lenzuolo, ed iniziò a girovagare per la stanza, mormorando "wow" e "non ci credo che tu l'abbia fatto in soli tre giorni" a ripetizione. Quando uscì dalla camera da letto per entrare nel salottino che faceva da anticamera, scesi anch'io dal letto, e mi avviai verso il bagno.
Aprii l'acqua nella doccia. Non avevo bisogno di acqua calda, ma mi piaceva la sensazione sulla pelle, mi rilassava. Mi infilai sotto la doccia, ed iniziai ad insaponarmi.
«Pensavo... - sussultai nel sentire quella voce, doveva essere nel salottino, non nel bagno con me - Ehi, ti ho fatto paura?»
«No, amore, mi hai solo sorpreso, tutto qui» le risposi, continuando ad insaponarmi, mentre lei mi parlava da fuori il box doccia.
«Pensavo che questo fosse un lavoro che potrei fare io, se non ti dispiace» disse, aprendo il box doccia e lasciando cadere il lenzuolo a terra, per poi entrare a farmi compagnia in quello stretto spazio. Prese il doccia schiuma dalle mie mani, ed iniziò ad insaponarmi, massaggiando delicatamente il collo e le spalle, scendendo verso il petto e gli addominali, per poi stringersi a me per insaponare anche la schiena, scendendo dalle scapole fino ai glutei. Aveva calcolato tutto alla perfezione, anche l'erezione che in quel momento si alzava imponente spingendosi verso di lei, su cui lei continuava a strofinarsi, contribuendo ad aumentarne le dimensioni.
«Nessie...» provai a lamentarmi, e lei interruppe il massaggio immediatamente.
«Non ti piace?» mi chiese.
«Non è questo - a quelle parole riprese immediatamente il lavoro che aveva interrotto - Ness, stamattina devo sbrigare delle faccende per i bambini e...» mi interruppi, perché una delle sue mani era tornata sul davanti, e aveva iniziato ad accarezzare delicatamente la mia erezione.
«Ness, che fai?» cioè, era ovvio cosa stesse facendo, e non potevo dire di non volerlo, solo... oh, al diavolo, Jake! E' la tua donna, e tutto quello che vuoi è fare l'amore con lei ancora una volta, per darle il buongiorno, e se è anche quello che vuole lei, perché non lasci da parte i tuoi pensieri, per un attimo, e ti lasci andare?
Posai le mai sui suoi glutei e la sollevai alla mia altezza, poi mi avvicinai al muro, facendo aderire la sua schiena alle piastrelle e chiudendola tra esso e il mio corpo. Le sue gambe si avvolsero strette intorno al mio bacino, permettendomi di penetrarla. Poggiai le mani al muro, con le sue che si allacciavano dietro il mio collo, e chinai la mia testa sulla sua, per baciarla selvaggiamente, mentre il ritmo delle mie spinte aumentava sempre di più, e i suoi gemiti si confondevano nel rumore dell'acqua che continuava a cadere sui nostri corpi. Raggiungemmo l'apice del piacere insieme, poi la strinsi a me, per permetterle di ritrovare un equilibrio prima di farle poggiare nuovamente i piedi a terra. Nel momento esatto in cui la lasciai andare, le sue mani si strinsero ai lati del mio viso, e mi tirò verso di sé, per baciarmi sulle labbra.
«Era questo il buongiorno che mi aspettavo, dopo la notte appena trascorsa» mi disse, sorridendo, mentre ancora mi guardava negli occhi. Prese di nuovo il doccia schiuma, e questa volta iniziò a passarlo su tutto il suo corpo. La fissavo imbambolato, era così sensuale... mi riscossi da quei pensieri quando la sentii ridere.
«Se continuo così mi sa che passeremo la mattinata nella doccia, vero Jake?» disse, infilandosi sotto il getto d'acqua calda e sciacquando via il sapone. Una dea. La mia dea. Così come era entrata, mi lasciò solo sotto la doccia, con la sensazione di aver immaginato tutto, se non avessi avuto la certezza che lei era lì, che era reale, e che era mia. Finii di lavarmi anche io, ed uscii dal bagno, con il solo asciugamano intorno ai fianchi. La trovai seduta sul letto, con le spalle rivolte verso la porta del bagno, intenta a stendere sulla sua pelle bianchissima una crema che profumava di liquirizia, e che confondeva meravigliosamente l'odore di vampiro che la sua pelle aveva.
«Jake, vestiti, o farai tardi» mi disse, senza neanche girarsi, continuando a massaggiarsi le gambe, le braccia e il resto del corpo con quella crema. Rimasi fisso a guardarla, come ipnotizzato dalla sua bellezza, della quale sembrava quasi non rendersi conto.
«Jake, prima facevi tante storie!» continuò, senza voltarsi neanche stavolta, ma nella sua voce sentivo l'ombra di un sorriso, un sorriso allegro, per nulla infastidito dalla situazione. La mia piccola sirena. Saltai sul letto, allungando le braccia verso i suoi fianchi, ed iniziai a farle il solletico. Lei afferrò un cuscino e me lo sbatté sulla faccia.
«Ehi, era solo solletico!» mi lamentai.
«Sì, ma una donna deve sapere come difendersi» mi rispose, seria, per poi abbassare il suo viso sul mio e posare quelle morbide e dolci labbra che aveva sulle mie.
«Ora però vestiti, non vorrei mai che mi si accusasse di distogliere le tue attenzioni dal resto della tua famiglia» mi disse, rattristendosi improvvisamente, mentre si infilava nell'armadio per scegliere la biancheria.
«Ness, è successo qualcosa con Sarah?» le chiesi. Negli ultimi tre giorni, quelli in cui non ero stato in casa, i loro rapporti sembravano improvvisamente peggiorati. Non ne sapevo i motivi, così come Ethan, che mi aveva dato quella dritta, non capiva cosa stesse passando per la testa di sua sorella.
«E' stata acida e scontrosa con me per tutto il tempo che hai passato qui con Ethan. Non so se si sia sentita trascurata, oppure mi veda come una minaccia, so che non mi tratta più come all'inizio»
«Tra voi due c'è sempre stata una certa rivalità» le dissi, convinto di quello che avevo visto in precedenza.
«Sì, Jake, ma quando ha capito che io non puntavo a Seth sembrava che tutto si fosse appianato. Ed ora invece se ne viene fuori con questo atteggiamento. Ho cercato anche di avere informazioni dal tuo amico psicologo, ma diventa muto come una tomba quando si tratta dei suoi segreti»
«Sì, conosco questa sensazione di fastidio» dissi, sorridendo, e ripensando all'infinità di cose che Seth mi aveva tenuto nascoste. Era bravo a tenere i segreti, quando voleva, e quando c'era Sarah di mezzo aveva ben più di un motivo per volere. Mi concentrai per un attimo su me e Nessie. Stavamo parlando mentre ci vestivamo, come una coppia collaudata da anni, e il solo pensarci mi trasmetteva una sensazione di pace.
«Vorrei tanto sapere dove sto sbagliando con lei. Con Ethan... ma certo, Ethan!» disse, guardandomi, dopo essersi infilata la polo a maniche lunghe sopra i jeans, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Potresti spiegare anche a me, amore?»
«E' gelosa. Non di Seth, ora che ha capito che non ha nulla da temere, ma di suo fratello. Di nostro fratello.»
«Conoscendola, potresti avere ragione»
«No, non potrei. Ho ragione. So che è così. Sarah è stata abituata a non dover dividere nessuno degli uomini della sua vita, ed ora si ritrova a dividere te con me, ed Ethan addirittura con due persone, con la certezza che una delle due lo allontanerà da lei»
«Non pensavo che mi somigliasse così tanto» mormorai, abbassando gli occhi a terra.
«Che vuoi dire, Jake?»
Finii di vestirmi, e mi sedetti sul fondo del letto, che lei aveva prontamente rifatto, mentre io mi attardavo nelle mie riflessioni dentro l'armadio, facendole segno di sedersi accanto a me. Volevo renderla partecipe delle mie paure. Paure antiche. Paure che da quando c'era lei erano scomparse completamente. Paure che sembravo aver trasmesso a mia figlia.
Lei si sedette accanto a me, con le mani strette in grembo, in silenzio, in attesa che parlassi. Presi un grosso respiro, e cominciai.
«Quando Seth ebbe l'imprinting con Sarah, ebbi la stessa reazione che ha avuto lei con te. Mi ero convinto di essere costretto ad un'esistenza solitaria. Avevo perso mia madre. Avevo perso Bella. Le mie sorelle erano entrambe felici con i loro compagni. E avrei perso Sarah, prima o poi».
Sulla faccia di Nessie era passata un'ombra, quando avevo nominato sua madre, ma doveva sapere che qualunque fosse il discorso che le avrei fatto, lei sarebbe stata una parte importante di quel discorso. Era stata una parte importante della mia vita, prima di lei, e non potevo cancellarla con un colpo di spugna, significava cancellare dieci anni di sofferenza, ma anche dieci anni di vita. Dieci anni in cui avevo cresciuto la mia vita, i miei figli. Dieci anni in cui ero cresciuto ed ero diventato l'uomo che ero in quel momento.
«Ma Sarah ha Seth» mi disse lei.
«Sì, ma non è ancora abituata alle stranezze da lupo. Ed è possibile che la paura di rimanere da sola si faccia viva in lei ogni tanto, nonostante le certezze che Seth può darle»
«Odio mia madre»
«Non odiarla, Nessie - le dissi, avvicinandomi a lei ed abbracciandola - Se lei non avesse fatto quello che ha fatto tu non ci saresti, ed io non avrei te»
«Ti amo, Jake» mormorò, tra le mie braccia, stringendomi a sé, per quanto le era possibile.
«Ti amo anche io, Nessie. Sei la mia forza» le risposi, sincero.
Rimanemmo qualche istante così, stretti l'uno nelle braccia dell'altro, fino a quando non sentimmo bussare sulla saracinesca del garage.
«Giuro che se è Seth questa volta l'ammazzo»
«Dai, non sta mica interrompendo... beh lo sai!» mormorò imbarazzata.
La mia dea. Arrossiva a parlarne, ma quando c'era da passare ai fatti... Mi alzai dal letto ed andai ad aprire. Mi stupii di trovare Ethan.
«Cucciolo, che c'è?»
«Papà, ora con questa storia del cucciolo puoi anche farla finita. Ho l'aspetto di un uomo ormai! Comunque, volevo dirti che... Sarah è sparita»
«Come sarebbe a dire che Sarah è sparita?» urlai, e Nessie mi raggiunse immediatamente, prendendomi la mano e cercando di calmarmi.
«Stamattina quando mi sono svegliato non era nel suo letto. E non era neanche con Seth...» lo interruppi.
«Che significa non era neanche con Seth?» sbraitai.
«Adesso capisco perché ha mandato me - borbottò, prima di rispondermi - Seth ha dormito in casa nostra stanotte. E no, Sarah non ha dormito con lui, te lo posso assicurare. I miei sogni sono stati normali»
«Riuscite a sentirvi anche quando dormite?» chiesi, curioso e stupito.
«Non prima. Ma sembra che da quando ci siamo trasformati io non riesca neanche ad andare in bagno senza che lei lo sappia. Ad ogni modo, ora mi sta escludendo, e non riusciamo a capire dove possa essere»
«Hai chiamato zia Rachel?»
«E' stata la prima che abbiamo avvertito. Da lei non c'era, ma ha detto che se sa qualcosa ci fa sapere»
«Mi sembra il minimo - risposi - E Seth dov'è?»
«E' andato a casa sua»
«Come minimo è colpa sua» borbottai.
«Jake, non puoi prendertela sempre con lui - sbottò Nessie - e sarebbe anche il caso che la smettessi di essere così ossessivamente geloso. Mi ricordi mio padre»
La guardai sbalordito. Poteva dire tutto, meno che io fossi come suo padre.
«Hai capito quello che volevo dire» disse lei in risposta al mio sguardo.
«Ciò non toglie che se ne sia andato senza neanche avere il coraggio di venire da me a dirmelo»
«Probabilmente era solo preoccupato, e voleva iniziarla a cercare per conto suo. E poi, visto che ti conosce, probabilmente non voleva essere attaccato da te»
«Non lo avrei mai attaccato!»
«Probabilmente non nel senso letterale del termine, ma certe volte le parole fanno più male di due colpi ben assestati, Jake» mi rimproverò. Alcune volte mi sembrava che tra noi due l'adulto di ventotto anni fosse lei. Abbassai lo sguardo.
«Se avete finito di litigare - disse Ethan - continuo a parlare io. L'ho cercata anche da zia Emily, ma non era neanche da lei. Poi papà mi dici cos'ha la zia, perché Esther dice che non sta per niente bene.»
«Sarah non sarebbe mai andata da Emily - disse Nessie, pensando - Vede Esther come una minaccia al tuo rapporto con lei, non le offrirebbe mai punti deboli da sfruttare»
«Ma Esther non è così!» si indignò Ethan.
«Noi lo sappiamo, ma quello che passa per la testa di tua sorella in questo momento non ha nulla a che fare con la logica» terminò lei con un sorriso.
«Ma la fate finita di essere così tranquilli? Dove può essere andata?» dissi, iniziavo a preoccuparmi. Non era da mia sorella, e non era neanche da Emily. Seth avrebbe già chiamato, se fosse stata da Sue e Charlie.
«Ethan, qual è stata l'ultima cosa che ti ha detto?» chiesi a mio figlio, in un'improvvisa illuminazione.
«Non ha parlato. L'ultima cosa che le ho sentito pensare è stata "Devo parlare con qualcuno che mi possa capire", ed era ieri sera prima che ci mettessimo a dormire, stamattina, quando mi sono svegliato, lei non c'era già più»
«Sai dov'è andata?» mi chiese Nessie.
«Credo di sì»

Sarah

Quella mattina all'aprire gli occhi, la prima cosa che cercai fu mio fratello. Per assicurarmi che dormisse. Gli avevo chiuso la mia mente. Non sapevo ancora perché, ma sapevo che quando volevo starmene in pace, bastava che lo decidessi, e ci riuscivo. Silenziosamente, scivolai fuori dal letto, vestita, così come ero andata a dormire. Nessuno si era accorto di niente, mi ero infilata nel letto e avevo finto di dormire prima che Ethan venisse in camera, e prima che Seth venisse a darmi la buonanotte. Stando a quanto avevo capito dai pensieri di Ethan, quella sarebbe stata l'ultima volta che avremmo dormito insieme. Che papà avesse capito qualcosa? No, papà non aveva capito nulla, così come non l'aveva capita Seth. E se non l'aveva capita lui, non c'era nessuno che potesse capirmi. Ero sola. Un mostro. Una femmina in un branco di maschi. Questo era il pensiero che mi ossessionava. Fino a quando non ricordai di non essere completamente sola.
C'era lei.
C'era la zia Leah. Anche lei aveva subito la trasformazione, anni prima, e papà aveva detto che qualche volta si trasformava ancora anche lei. Dovevo capire, dovevo avere delle risposte, dovevo sapere quello che mi stava succedendo. Non mi ero mai sentita così... agitata, in pericolo, minacciata, come in quel momento. Sapevo che non era una condizione reale, era qualcosa che veniva da me, qualcosa che mi spingeva a rifiutare gli altri, a chiudermi in me stessa. Avevo paura. Paura di essere lasciata sola. Perché ero strana, perché non ero normale, perché ero cattiva.
Cattiva. Ethan mi aveva detto quella parola tante di quelle volte in quegli ultimi giorni, che mi ero convinta di esserlo veramente. Ed era sempre riferito a qualcosa che io avevo detto o fatto a Nessie. Era colpa sua. Prima si era presa il mio papà, che passava più tempo con lei che con me, ed ora si stava prendendo anche mio fratello, il mio gemello, la mia metà. Ma non avrebbe mai avuto con lui lo stesso rapporto che avevo io. Non sarebbe mai stata capace di leggergli dentro come facevo io. Non avrebbe mai preso il mio posto. Punto. Perché io non gliel'avrei permesso.
Uscii dalla camera in punta di piedi, bloccandomi per un attimo sulla porta, spaventata da un improvviso e rumoroso cambio di posizione di Ethan. Trattenni il respiro quel tanto che bastava per capire che non si era svegliato, e che la mia fuga non era stata scoperta ancora prima di iniziare. Con le scarpe in una mano, mi diressi alla porta d'ingresso e la aprii, facendo attenzione ad ogni rumore della casa. Il nonno russava nella camera che fino a qualche giorno prima era di papà, Ethan dormiva della grossa nella nostra, e Seth... Seth era l'unico a cui avrei detto dove stavo andando, perché non si preoccupasse, ma avevo troppa paura che papà glielo estorcesse comunque e che venisse a prendermi prima che potessi risolvere qualche dubbio parlando con la zia.
Appena mi fui chiusa la porta alle spalle, presi un grosso respiro, riempiendomi i polmoni dell'aria fresca e frizzante della mattina a La Push. Stava albeggiando. Le nubi diventavano da nere a leggermente rosate, e lasciavano intuire il calore che il sole avrebbe portato su Forks, se solo loro avessero lasciato passare i suoi raggi. Era novembre, e per le persone normali abbastanza freddo da non girare con un paio di jeans e una maglietta di cotone a maniche lunghe. Ma io non ero una persona normale. Io non ero normale. Punto. E non lo ero mai stata.
Mi sedetti sui gradini della veranda per infilarmi le scarpe, e poi corsi via, verso casa di zia Leah. Sicura di trovarci anche zio Embry. Erano fidanzati da secoli, ed abitavano insieme da anni. Non capivo perché non si fossero ancora sposati. Pensavo a questo, mentre correvo ad un'andatura che potesse sembrare umana, anche se, data la distanza tra casa mia e quella della zia, mi sarebbe dovuto venire almeno un po' di affanno se fossi stata normale. Ma no, niente. E questo contribuiva a farmi sentire strana.
Arrivata davanti casa della zia, iniziai ad avere i primi dubbi. Zio Embry mi avrebbe rimproverata sicuramente, per essere sparita di casa senza avvertire papà, innanzitutto, e per averlo svegliato nel suo unico giorno di riposo. Forse nell'ordine opposto. Zia Leah... zia Leah mi avrebbe accolta senza fare domande. Mi avrebbe messo davanti una tazza di latte caldo e avrebbe aspettato finché non fossi stata pronta a parlare. Era brusca e spesso poteva sembrare anche scortese, ma con me ed Ethan era stata sempre disponibile e gentile. Io vedevo in lei quello che Ethan vedeva in zia Emily. Per me zia Leah era una seconda mamma. Ma nessuno sapeva che io la vedevo così. Nessuno. Solo Ethan.
Bussai alla porta a vetri. Una volta non sarebbe sicuramente bastata, conoscendo il sonno di zio Embry, e quello di tutti i lupi. Anche di Ethan. Mi sbagliavo. Non tutti i lupi erano così. Zia Leah venne quasi immediatamente alla porta. Aprì, e si stupì di vedermi sulla porta. Mi fissò per un lungo istante, ma, come avevo previsto, non fece domande.
«Entra» mi disse semplicemente, rientrando in casa. La seguii in cucina, dove la vidi armeggiare con un bollitore per il tè, e un pentolino per il latte. Esattamente come avevo previsto.
«Sarah, tuo padre sa che sei qui?» mi chiese, poggiando il bicchiere di latte caldo davanti a me. Bevvi un lungo sorso, cercando di trovare una tranquillità che non avevo, prima di rispondere.
«No, non lo sa. E' troppo impegnato con la sua fidanzata per pensare a me» risposi.
All'improvviso bruciore sulla guancia che seguì non ero preparata. Non l'avevo previsto. Non me l'aspettavo. Non da lei. Mi sentii tradita. Portai una mano alla guancia, e fissai zia Leah con le lacrime agli occhi. Se un po' mi conosceva, sapeva che nei miei occhi c'era una domanda inespressa. Perché?
«Non voglio più che tu dica una cosa del genere, Sarah - mi disse, dura - Tu e tuo fratello siete i tesori più grandi di vostro padre. E' grazie a voi che è riuscito a superare la "morte" di vostra madre. E se ora ha un po' di serenità con una donna che ama e che lo ama a sua volta non vedo perché tu debba reagire così»
«Pensavo che mi avresti capita, invece forse è meglio che vada via» le risposi, bevendo tutto d'un fiato il bicchiere di latte ed alzandomi dalla sedia su cui ero seduta. Mi posò una mano sul braccio, senza dire niente, ma capii che mi stava pregando di rimanere. Mi sedetti di nuovo. Anche io l'avevo pensata così, almeno all'inizio. Ero felice per il mio papà. Felice di vederlo tornare a sorridere. Ma poi ero cambiata. Ed era colpa sua. E della mamma.
«Sarah, cosa c'è?» mi chiese la zia dolcemente, con un sorriso.
«E' colpa sua. E' colpa sua se papà non mi vuole più bene. E' colpa sua se Ethan si sta allontanando da me. E' colpa sua se io sono diventata un... un mostro» dissi, scoppiando a piangere, mentre lei prendeva una sedia, si sedeva accanto a me e mi stringeva a sé.
«E' per questo che sei qui?» come sempre, aveva capito tutto. E le era bastato un solo accenno a quello che era il reale problema. Annuii.
«Anche io pensavo di essere un mostro. All'inizio, quando mi trasformai per la prima volta, pensai di essere totalmente sbagliata. Sam mi aveva da poco lasciata per mia cugina, Emily, ed io odiavo la mia vita, odiavo Sam, odiavo Emily, ed odiavo anche questo posto. Volevo fuggire. Ero piena di rabbia, verso tutto e tutti, e non riuscivo a vedere quanto questo mi stesse consumando. Poi mi trasformai. L'amore di Sam per Emily trovò un suo posto nell'equilibrio del branco, ma lo stare sempre nella sua testa era una condanna. Sentire quanto quell'amore fosse puro, e capire che lui non aveva mai provato un sentimento tanto forte per me mi distruggeva. Ma non potevo permettere che gli altri capissero quanto stessi soffrendo, e così attaccavo per non essere attaccata. Facevo soffrire gli altri per non essere costretta a soffrire da sola. Passavo i momenti da trasformata a fare del male agli altri, e i momenti da umana a fare del male a me stessa. A pensare di essere un abominio della natura, una cosa che non sarebbe dovuta esistere. Fuggii, una notte, poco dopo che tuo padre era diventato capo branco. Sam me l'aveva sempre vietato, ma tuo padre capiva la sofferenza che provavo, e mi incoraggiò a lasciarmi tutto alle spalle. Ha sempre saputo che sarei tornata indietro, ma me lo disse solo anni dopo. Ha lasciato che compissi i miei sbagli. Ma ho anche imparato un sacco di cose, in quell'anno che passai lontana da La Push. Innanzitutto, iniziai a fare delle ricerche. Volevo capire perché una donna fosse stata colpita dalla maledizione della trasformazione. Volevo capire come tornare indietro, ritrovarmi. Viaggiai da una tribù all'altra, cercando di carpire più informazioni possibili sulle loro leggende, perché, come avevo imparato a mie spese, in fondo alle leggende si cela sempre la verità» si fermò, facendo un sospiro e bevendo un lungo sorso di tè.
«Hai scoperto qualcosa?» le chiesi, era arrivata al nocciolo della questione senza che io le dovessi neanche spiegare quale fosse il mio problema.
«Sì... e no» mi rispose, sussurrando le ultime parole.
«Che significa, zia?»
«Che non ho trovato quello che volevo»
«E cosa hai trovato?»
«Secondo le leggende delle altre tribù, quando è una donna ad entrare a far parte del gruppo dei protettori, è perché nessuno è in grado di assicurare una discendenza alla stirpe. Ma questo per me ovviamente non può valere»
«Perché, zia?» chiesi, vedendola triste, spenta, come mai l'avevo vista prima.
«Perché per me trasformarmi è significato non avere più la possibilità di dare una discendenza a qualcuno»
«Vuol dire...»
«Sì, Sarah. Io non posso avere figli» mi disse, alzandosi dalla sedia su cui era seduta e raccogliendo le nostre tazze ormai vuote, portandole verso il lavandino, forse per non farmi vedere la lacrima che stava scendendo lungo la sua guancia. E che avevo fatto in tempo a vedere.
«Zia, come nascono i bambini?»
«Credo che dovresti chiedere a tuo padre, tesoro» mi rispose, passandosi il dorso della mano sulla guancia.
«E sentirmi rifilare per l'ennesima volta la storia delle api e dei fiori? E non mi dire di chiedere a Seth, perché l'ultima volta che l'ho fatto si è quasi strozzato con la bistecca che stava mangiando»
«Uomini» rispose lei, con un sorriso, e alzando gli occhi al cielo.
«Che cos'hai contro gli uomini?» le disse zio Embry, entrando nella cucina, e sbadigliando vistosamente. Era bello, lo zio Embry, come tutti i miei zii. Come papà. Come Ethan. Come Seth. Anzi, Seth era più bello degli altri. Ma mi imbarazzava lo stesso il fatto che fosse entrato in cucina solo con i boxer.
«Embry! Ma ti sembra il modo di venire in cucina?» gli disse zia Leah, con una voce un po' più acuta di quella che usava di solito.
«Di solito indosso molto meno...» disse, stringendosi a lei. Ovvio, non mi aveva ancora vista.
«Embry!» urlò zia Leah, divincolandosi da lui. Fu a quel punto che si accorse di me.
« Ciao, Sarah! - disse allegro - come mai da queste parti a quest'ora del mattino?»
«Embry, vatti a vestire, poi la saluti e le chiedi quello che ti pare»
«Ma che c'è di male? E' come se fossi in costume, e mi ha già visto tante volte in costume, la mia nipotina preferita!» si lamentò, iniziando a farmi il solletico sui fianchi.
«Embry, piantala e vatti a vestire!» gli ordinò lei. Quei due erano così diversi, che a volte mi chiedevo come facessero a stare insieme. Ma si volevano un gran bene, si vedeva lontano un miglio.
«Scusalo - mi disse, scuotendo la testa - Dove eravamo rimaste?»
«A "uomini"» le risposi, sorridendole.
«Già. Uomini. Non saprebbero affrontare questi discorsi neanche dopo un corso di preparazione. Specialmente con una figlia femmina»
«Ma Seth non è mio padre...»
«Per lui la questione è un attimino più imbarazzante ancora. Comunque, la domanda era "come si fa un bambino", giusto?»
Annuii.
«Sai, Sarah, quando due persone si amano, come io amo tuo zio Embry, o come tuo padre ama Nessie, si uniscono, per diventare una cosa sola, e per dare inizio a una nuova vita. Ovviamente, non è che ogni volta che si uniscono in quel modo nasce un bambino, perché nella vita di una donna ci sono alcune fasi in cui, si dice, è fertile oppure no. Ogni mese, il corpo di una donna è soggetto a dei cambiamenti, che prendono il nome di ciclo mestruale, e durante questo ciclo una cellulina, che si chiama ovulo, matura, e diventa pronta a fondersi con un'altra cellulina, che arriva a lei solo quando la donna si unisce all'uomo nel modo in cui ti dicevo prima. E' così che si crea una nuova vita. Quando la cellulina "ovulo" non trova un'altra cellulina con cui fondersi, torna da dove è venuta, e invecchia. Quando è invecchiata del tutto, muore, e la donna perde del sangue»
«A te non succede più?» le chiesi.
«No, non mi succede più. E' per questo che non voglio sposare tuo zio. Non voglio che si possa pentire di aver scelto me, e di non avere figli suoi. Perché me lo chiedi?»
«Perché a me... perché a me succede»

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