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Prologo

Buio.

Un buio spaventoso e demoniaco.

L'aria è calda e soffocante ed è il perfetto sfondo a quell'orrore fatto di urla disumane, risate folli e sadiche e voci che abbaiano ordini in una lingua sconosciuta.

« Dove sono? »

L'uomo si rialza a fatica, tastando con le mani il pavimento scivoloso e sporco, dove le pietre scure e sconnesse, con le loro profonde scanalature, forniscono riparo a grossi ratti.

In realtà, l'uomo riesce a percepire il freddo del pavimento con una sola mano.
L'altra è di un materiale che non appartiene al suo corpo.
Metallo grigio e scintillante.

Alla sua vista, la sua mente si contrae e in un dolorosissimo spasmo migliaia di ricordi lo investono, con una sorta di feroce crudeltà.
Il suo intero corpo viene scosso dai brividi.
È un dolore troppo grande da sopportare.
Dimenticare, sarebbe l'unica cosa che gli darebbe sollievo.

Dimenticare gli esperimenti sugli esseri umani, quella violenza inimmaginabile, dimenticare i crimini commessi, le atrocità che egli stesso ha compiuto..
E poi, il perdono, l'oblio, l'assoluzione di quelle colpe, , è la cosa che desidera di più al mondo.

Ma forse c'è stato qualcosa prima di quell'inferno, qualcosa per cui vale la pena vivere.

Qualcosa che vale la pena di ricordare.

« Ma come posso saperlo, se non so nemmeno come mi chiamo? » si chiede l'uomo battendo rabbiosamente il pugno contro le lastre di pietra.

Si sente un perdente, un prigioniero.
Prigioniero dei suoi incubi e dei suoi ricordi.
E prigioniero di quella stanza grottesca e anonima, che lo chiude in quelle quattro mura e lo separa dal resto del mondo per mezzo di possenti
sbarre d'acciaio tremendamente arrugginite.

Il muro di fronte alla cella è lordo di sangue, che a giudicare dal colore, è ancora fresco.
Il corridoio della prigione viene continuamente percorso dal figure ammantate d'ombra, indistinguibili dalle figure di altri prigionieri, che con i loro lamenti strazianti rendono l'atmosfera ancora più cupa e terribile.

Poi, improvvisamente, la tensione si rompe: le urla di dolore si trasformano in grida di vittoria, man mano che le celle vengono sgomberate.
È come in guerra; pensa l'uomo senza forze, rinchiuso nella cella 802, mentre contempla il riflesso di uno sconosciuto se' stesso in qualche frammento di vetro trovato frugando tra le erbacce.

Lunghi capelli castani e stopposi incorniciano un volto pallido e sanguinante, dai tratti virili e molto marcati.
Fronte alta e guance scavate sono segni distintivi, forse, ma non gli dicono assolutamente nulla.
Gli occhi grandi, chiari e privi di qualunque emozione sono come un pozzo che comunica con la sua interiorità, lo specchio della sua anima, ammesso che ne abbia mai avuta una.

Gli spari e le urla si susseguono sempre più velocemente, le esplosioni delle granate lo fanno sobbalzare di tanto in tanto, ma non molto a causa del rumore, ma piuttosto a causa dei ricordi di una guerra lontana, che appartiene ad un lontano passato.

Una delle bombe esplode proprio di fronte alla sua cella, e le sbarre vengono divelte dalla forza distruttiva dell'ordigno esplosivo.

Il soldato trattiene una smorfia di dolore e premendo una mano sul petto per fermare l'emorragia, si trascina a fatica verso l'uscita.
Il corridoio è il protagonista indiscusso del fuoco incrociato, le pallottole volano dal una parte all'altra, come impazzite.

« La lingua che parlano questi soldati..io la conosco.. »

Camminando a carponi l'uomo riesce a raggiungere una scalinata che porta fuori, le stesse scale che percorrevano incessantemente i suoi aguzzini.
Sta per abbrancarsi al corrimano, così da potersi reggere, ma una voce familiare lo fa voltare verso l'inferno dal quale sta fuggendo.

« Bucky..sei tu? »

Il soldato che ha pronunciato queste parole è alto e biondo.
Ha gli occhi color del cielo, e lo guarda con compassione o forse stupore.

« Bucky..chi diavolo è Bucky? » si chiede a mezza voce l'uomo, prima di venire colpito nuovamente ad un fianco.

« Bucky! » urla il soldato biondo, cercando di corrergli incontro, ma l'uomo stringe i denti e ricomincia la sua lenta scalata, che finisce qualche minuto dopo.

Ha il cuore in gola ed è agitatissimo.
Perché ha la netta sensazione di conoscere quell'uomo?
Deve tornare indietro?
E chi è Bucky?

L'aria fredda che gli sferza il viso profuma di libertà. No, non tornerà indietro.
Alza la testa e volge lo sguardo alla luna, così grande e meravigliosa.

La neve gli cade senza posa tra i capelli, ma non gli importa.
È libero adesso.
Una sorta di commozione lascia che si inumidiscano gli occhi..da quanto tempo era che non vedeva il cielo?
È così blu, è sereno, così piacevole da osservare.. Per un attimo tutti i demoni smettono di tormentarlo.

Non è più il soldato torturato dal suo passato, non più un mostro, ma solo un uomo senza ricordi, un uomo anonimo, come tanti altri.

Poi l'incanto si spezza, qualcuno lo afferra per le spalle cercando di trascinarlo giù dalle scale.

Allora si divincola, si agita fino a quando l'altro non lascia la presa; al che si ritrova con la faccia sepolta nella neve, e riprende a strisciare verso la libertà.
Il vento porta con se' l'odore della salsedine e il rumore delle onde.
Arrivato al ciglio della scogliera, l'uomo guarda il mare gelido e scuro in tempesta: quali altre possibilità ha?

Così si lascia cadere dal costone di roccia, mentre il mare della Siberia lo accoglie con le sue freddissime braccia.

« Steve.. Rogers.. Ecco chi era quell'uomo..»

E come all'inizio l'oscurità lo ha accolto, ecco che lo accompagna nuovamente nell'oblio e nella dimenticanza.

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