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7 - Take on me - by A-ha

«Ti pareva!»
Era uscita solo pochi minuti per andare al supermercato sotto casa, il negozio era appena duecento metri sulla sinistra della casa, perché lei avrebbe dovuto mettersi in tiro?
Si sarebbe dovuta alzare, lavare, vestire, e a quel punto sarebbe stata sveglia e non ci sarebbe più stato senso nel fare colazione.
Era così impaziente da non accorgersi che stava per piovere e così, uscita del supermercato, si ritrovò a correre col pigiama zuppo sotto un furioso acquazzone.
Solo una volta vicina al portone d'ingresso si accorse della presenza di una grande macchina scura, un SUV che riconobbe facilmente dalla targa.
Emily?
Si riparò sotto gli archi a guardare l'agente Prentiss scendere dall'auto e correre in direzione del portico, sprovvista di ombrello.
«Che ci fai qui?» Beatrix infilò le chiavi nella toppa.
«Passavo da queste parti e ho pensato di venire a prenderti. Ti spiace?» La collega più anziana la squadrò sconcertata.
Le due s'infilarono dentro l'atrio grigio della palazzina dove abitata, resa ancor più piccola dalla volta a botte che sembrava restringere i muri attorno a loro.
«No, affatto, anzi ti offro qualcosa. Ci sono emergenze?»
«Non hai il cellulare?»
Gli occhi della giovane donna andarono al cielo, «Sono in pigiama, Emily! Hotch non può pretendere che io viva col cellulare incastonato nell'orecchio.»
L'altra si fece sfuggire una risatina, «Tu devi essere una di quelle che dormirebbe anche durante un'esplosione nucleare.»
«Già, non permetto a nulla di turbare la mia pace dei sensi. Ti avviso, c'è casino e puzza di chiuso. Se non ti schifi, ti offro un cappuccino.»
Una casa austera si palesò di fronte a loro. Il mobilio era scuro e pesante, armadi arrotondati che ricordavano uno stile vagamente rococò con manici dorati e specchi a figura intera, delle vecchie serrature che sarebbero apparse desuete a qualsiasi nonna, senza contare le chincaglierie di porcellane varie.
«Prego.» Beatrix fece strada, entrando nella cucina. In stile liberty di colore verde pastello con una cappa di legno molto graziosa, i piani dei banconi in granito e simpatiche teiere dipinte sistemate sopra i pensili.
«Passo molto tempo qui dentro e mi piace che al mattino io sia investita dal sole», aprì la finestra.
Emily prese posto su una sedia in legno verde pastello.
«Come lo vuoi il cappuccino?» La padrona di casa armeggiò coi pensili.
«Come lo fai?»
Beatrix alzò le spalle, «All'italiana. Tanto latte, tanta schiuma, caffè quanto basta e qualche pizzico di cose strane. Come dovrebbero imparare a farlo anche qui, insomma.»
L'agente Prentiss aggrottò la fronte, «Considerato come ti atteggi, non avrei problemi a credere che ci sia qualche droga, lì dentro.»
L'altra sbottò a ridere, «Oh, Emily, per chi mi hai preso? Ti sembro una drogata?»
Tornò seria quando lesse l'espressione della collega.

Era un sì, quello?

Momento di silenzio .
«Spezie, Emily, spezie. Uso uno zucchero grezzo non raffinato chimicamente e poi scelgo se mettere del cacao oppure della cannella. Non ci sta male la cannella, ma a mio avviso deve essere tritata molto fine, altrimenti ti resta tra i denti e può essere sgradevole, inoltre molte persone non l'amano, anzi, ne sono disgustati. Deve essere molto buono anche con la vaniglia ma non la compro perché le bacche costano un occhio della testa, uno sproposito!
Vero che poi posso essiccarle, ma sinceramente non saprei come usarle, se proprio devo aromatizzare i dolci preferisco sempre il limone, gusto personale, ovviamente.»
Si accorse troppo tardi dello sguardo obliquo della collega.

«Che c'è?» domandò.
«Quando parli così, sembri Reid.»
«Chi?»
«Reid, il Dottor Spencer Reid, il tuo collega. Pronto, Beatrix?»
La padrona di casa rovesciò appena il capo indietro, «Ah, sì, quello figo
Emily la guardò stupefatta, «...prego?»
«Ho detto, quello figo. Parlavi di Reid, no? Beh, io trovo che sia figo.»
L'altra scosse il capo, «Aspetta, frena. Morgan può essere considerato figo, ma Reid... è un ragazzino, sembra un'adolescente anche se ha trent'anni passati.»
Beatrix iniziò a condire i due cappuccini, «Cosa ci vuoi dentro?»
Emily rimase a bocca socchiusa, «Vaniglia, grazie.»
«Non mi ascolti? Non ne ho», ridacchiò la padrona di casa.
«Oh, giusto. Allora solo zucchero, grazie.»

La padrona di casa sedette e porse la bevanda calda alla collega, per poi bere un sorso dalla sua tazza.
«Cos'ha Reid che non va?» chiese, «È alto, magro e ha un'intelligenza superiore alla norma. Un genio. Perché mai dovrei preferirgli Derek? Lui è più ordinario.»
Emily quasi si strozzò, «Derek, ordinario? Dico, Beatrix! Potrebbe fare il modello!»
«Lo so, appunto. È una bellezza che rientra nei soliti canoni e ha una personalità che gli si addice. Figo, virile, socievole, premuroso e bla bla bla. Un vero uomo.»
La più anziana era confusa, «Mi stai dicendo che non ti attrae perché è troppo sicuro di sé?»
Beatrix diede un altro sorso, «Non mi attrae perché mi attrae Reid.»
«Ma è... insicuro.»
«Lo so. È così carino!»
Il cellulare di Emily trillò, e la donna rispose in un sospiro esasperato, «Prentiss. Sì, Hotch, sono passata da Beatrix. Mi trovavo da queste parti, ieri il suo pick up si è rotto e...»

Il campanello attirò l'attenzione di Beatrix, che si alzò e aprì la porta.
Il postino sorrise sollevato, «Finalmente la trovo!»
Gli mostrò un mezzo sorriso, «Faccio un lavoro che è già tanto se riesco a dormire qui. Devo firmare?»
La ragazza disegnò una nota musicale su una ricevuta di ritorno, lasciandolo di stucco.
Guardò la busta, rigirandosela tra le mani con aria interdetta. Sembrava macchiata di terra oltre che sporca di pioggia.
«Senta, le è caduta da qualche parte?» chiese.
«Me l'hanno consegnata così. Forse è caduta a chi l'ha imbucata!» rispose quello.
Se ne andò e Beatrix chiuse la porta, fissando il rettangolo ripieno per poi portarselo al naso.
«Che... cosa fai?»
Beatrix la osservò.
Questa qui non si abituerà mai alle mie stranezze.
«Non lo so», rispose, «questa busta non mi convince.»
Le due si guardarono.
«Potrebbe essere una bomba.»
«Potrebbe contenere spore.»
«Potrebbe essere di tutto.»

Entrarono al BAU per un'entrata secondaria, verso la sezione dove venivano effettuati gli esami chimici.
A casa di Beatrix c'era già una squadra inviata da Hotch che le avrebbe reso il servizio di disinfestazione da possibili alterazioni chimiche, batteriologiche o radioattive
«Tutto questo per uno stupido cappuccino. Farò causa alle poste!» l'espressione torva della giovane donna fece sghignazzare Emily. Erano trattenute in un asettico corridoio con un braccio scoperto sul quale puntavano del cotone.

La collega si voltò verso di lei, «Guarda il lato positivo, possiamo parlare meglio di...»
«Del concetto di bellezza? È soggettivo. E non l'ho neanche visto, oggi. Se avessi guardato il cielo e mi fossi accorta che stava iniziando a piovere al mio risveglio, mi sarei alzata col cavolo.»
La risata di Emily rimbombò nel corridoio deserto.
La testa di Beatrix produsse un tonfo nel toccare il muro, «Chissà se hanno scoperto qualcosa.»

«Guarda com'è preoccupato per la fidanzatina», mormorò Morgan a Garcia, che soffocò un sorriso abbassando il capo, «Smettila, pettegolo!»
Hotch discuteva con Gideon, e sembrava più pensieroso del solito. Si era precipitato a fare un sacco di telefonate, mandando una squadra specializzata a casa della nuova collega, fatto che aveva solleticato la loro vena ciarliera.
«Stiamo indagando su una busta per una nostra agente, guarda un po', il giorno che erano in due a casa. Tutto questo è un caso?» L'hacker ruotò in aria l'estremità della sua matita gialla adornata di piume rosa.

«Sembrerebbe di no. Concentriamoci. Hanno capito di cos'era sporca la busta?»Derek tornò serio in volto.
«Il Laboratorio Analisi mi ha comunicato due minuti fa che è sporca di sangue.»
«Allora ci sono impronte.»
«Purtroppo no. Ha usato i guanti.»
L'uomo si toccò il mento, «Una busta, sporca di sangue, che forse contiene materiale sospetto.»
Dopo qualche secondo,si diresse da Hotch e Gideon, e interruppe la loro conversazione.
«Scusate, mi è venuta in mente una cosa», gli altri due lo guardarono, «Spedisco una busta dal contenuto pericoloso. Voglio colpire direttamente una persona. In questo caso, la persona per farsi colpire deve aprire la busta. Che senso ha fargliela recapitare sporca e sospetta, senza nessun mittente? Avrei potuto stampare dal web una qualsiasi etichetta fatta con uno dei programmi di Garcia. E mi sarei preoccupato di mandarle una lettera pulita, no?»
«Sembrerebbe un tipo disorganizzato», sentenziò Gideon, «Ma non sappiamo cosa voglia da Beatrix. Devi considerare, Derek, che molte persone ricevono la posta al mattino, un momento dove di solito non si è molto lucidi. Viene spontanea l'apertura delle buste, anche per un moto di curiosità del contenuto che esse celano. Il nostro SI questo lo sa.»
«Siamo sicuri che sia un SI?» domandò il giovane uomo.
«La lettera è arrivata senza mittente e sporca di sangue. Deve esserci un SI», Hotch fu lapidario.

«Che noia...» il capo di Beatrix ciondolò poggiato sul muro.

«Chissà che non abbiano finito a casa tua?» chiede Emily.
«Mah. Alle brutte, dormo qui.» Si voltò verso la collega, esitando, «Emily... mi dispiace averti coinvolta.»
L'altra sgranò gli occhi, «Ma non è successo nulla.»
«Insomma, siamo trattenute come cavie da laboratorio in un corridoio. Se i tempi sono quelli che utilizzano al 911 per una sbucciatura, stai sicura che per un sospetto avvelenamento ci tengono qui due giorni.»
La donna più anziana fece una smorfia, «Ti sdebiterai con un altro cappuccino.»
«Secondo te cosa vuole quello da me?»
Beatrix si era fatta di colpo seria, Emily la guardò, «Credi ce l'abbia con te?»
«Ne sono sicura. Busta senza indirizzo, sporca di sangue... poteva anche contenere parti umane.»
«Hai parenti da qualche parte?» domandò la collega.
La giovane donna guardò altrove, «Forse.»
«Che significa?»
«Non voglio parlarne, Emily. Scusami.»
L'altra aggrottò le sopracciglia, «Non puoi tenermi nascosta una cosa del genere, non in questa circostanza.»
«Tutti abbiamo degli scheletri nell'armadio.»
«Ma perché no?»
«Emily», gli occhi di Beatrix sembrarono spiritati, «basta.»

La conferma era arrivata da ormai una mezz'ora: nella busta non c'era nulla, a parte una semplice lettera.
La squadra se ne stava attorno al tavolo nella sala delle riunioni a fissare la missiva con espressioni più o meno gravi.
Beatrix ed Emily fecero il loro ingresso, trafelate.
«Scusatemi!» esclamò subito la prima. 

Morgan fece cenno di no col capo, «In qualche modo riesci sempre ad arrivare tardi.»
Di rimando, la donna gli diede una pacca sulla spalla, «Sì, oggi ho anche trascinato Emily. Sto migliorando, vero?»
«Come vi sentite?» domandò serio Hotch.
Emily annuì col capo, «Bene, anche se... odio le analisi del sangue, mi fanno senso gli aghi.»
«Con tutto quello che vediamo, ti fa senso un aghetto insignificante come quello?» Reid era incredulo.

L'altra fece spallucce, «Non sono insensibile come il nostro nuovo acquisto, che guardava il sangue come se neanche la riguardasse.»
Beatrix fece spallucce, «Pensavo ai fatti miei.»
Lanciò un'occhiata a Reid, che ricambiò interrogativo prima di voltarsi altrove.
In realtà neanche lei sapeva perché l'avesse fissato a quel modo così insistente.
Forse perché quel cardigan gli donava.
Forse perché, in fondo temeva di non rivederlo. Era proprio contenta di essere di nuovo lì, e gli sfottò di Morgan non le sortivano nessun effetto negativo.
Beh, un po' di fifa l'ho avuta.
Derek indicò la busta, «Sembrerebbe innocua. Ora devi aprirla.»
«Se non lo è, ne pagherai le conseguenze, agente Morgan», gli si rivolse con un sorriso per dissimulare la paura.

Ce la puoi fare, Bea!

Inspirò ed espirò forte, allungò la mano e afferrò l'oggetto, seppur un po' preoccupata.

Non devono accorgersene!

Congelò la sua espressione, concentrandosi sui movimenti per aprirla, e con le dita si fece spazio al suo interno.
Lo spazio necessario per estrarre un foglio ingiallito, che spiegò in due: lo stesso recava una cosa che lei conosceva molto bene e la sorprese, incuriosendola.
«Cosa c'è scritto?» domandò Hotch.
Anche gli altri si sporsero, e sui loro volti comparvero espressioni interrogative.
Lei li guardò, esitando. «Uno spartito», disse in un soffio.
Reid strinse gli occhi, si avvicinò per guardarlo meglio e fermò il foglio con una mano. Quella di lei, tremava.
«Quella è l'Estate di Vivaldi», disse la giovane, «Non so se possa entrarci con me o se sta cercando di avvisarci. O di mettersi in contatto. La busta è sporca di sangue, ha ucciso già qualcuno? Oppure lo sta torturando? Oppure vuole sfidarci, forse è così.»
Uno tsunami di scenari le aveva sconvolto la mente, lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi spalancati. 

Ma perché l'ha mandata proprio a me?

«Stai tirando fuori troppe ipotesi, tutto bene?» Morgan si avvicinò e le mise una mano sul braccio. Se la scrollò via, veloce.

Oh... no.

Si rese conto troppo tardi della sua reazione esagerata.
«Scusami.» Lo disse col fiatone, «Scusatemi.» 
Uscì dalla stanza.

Seduta su una panchina del parcheggio esterno, Beatrix sollevò una mano a mezz'aria, fissandola.

Ho smesso di tremare.

Stare sola le faceva sempre bene. Riusciva a riprendere il controllo della propria mente e a mantenere la maschera. Con la coda dell'occhio, notò una figura scura avvicinarsi.

«Non. Toccarmi.» Scandì le parole al meglio.
«Non voglio farlo», rispose Hotch, «Ti sono venute in mente troppe informazioni. Eri un fiume in piena, Derek cercava solo di calmarti.»
Lei sospirò, piegando la testa, «Ho sentito un CRACK nel cranio. Quel rumore che ti sorprende quando le situazioni ti sfuggono di mano.»
«Beatrix», iniziò l'uomo, «prima o poi la situazione ti sfuggirà di mano. Non puoi pretendere di controllare totalmente gli avvenimenti della tua vita. Non puoi farcela.»
«Ce l'ho sempre fatta. Ho modificato il mio carattere e la mia psiche.»
«Hai rischiato di creare un serial killer.»
«Lo so», chiuse le palpebre, «ma io sono più forte. La mia razionalità a governa tutto quanto, l'istinto non prevarrà mai.»
«Stai delirando.»
«Hotch, è solamente autodifesa. Mi sono sempre salvata il culo grazie alla mia personalità di riserva. Non so quanto c'entri il Q.I. in questa storia, ma mi ha salvata. Non sarei qui, altrimenti. Sarei dall'altra parte, lo sai, Hotch, lo sai meglio di me.»
I due si fissarono.

«Adesso posso toccarti?» chiese l'uomo.
«Adesso sì.» 

La mano di Hotch andò sulla sua, «Torna dentro. Dobbiamo capire chi è, cosa vuole e cos'ha in programma di fare. E sappi che le tue intuizioni saranno tutte molto utili.»
La donna sorrise mesta, «Magari questa mia empatia mi aiuterà ad essere davvero utile a qualcosa.»

Non appena rientrarono, Emily si accostò alla collega, «Come ti senti?»
Beatrix sorrise appena, «Come una stronza. Mi sono spaventata e mi sono fatta prendere la mano. A volte sono una perfetta idiota.»
«Stai tranquilla. È normale, quando vieni presa di mira.»
Lei annuì, come se non l'avesse ascoltata affatto, «Mettiamoci all'opera. Lo spartito abbiamo detto che è l'Estate di Vivaldi. Ma non abbiamo idea di cosa significhi.»
Si voltò e notò Morgan. 

La stava guardando da lontano, fisso. Il respiro le si mozzò in gola.

Ha capito tutto. Dannazione.

Cercò di non agitarsi, rimanendo padrona di sé.

Spero almeno abbia la decenza di non dirlo in giro.

Un rumore di tacchi la distrasse, e guardò J.J. con un fascicolo tra le mani, che li interruppe senza tante cerimonie, «Scusate, c'è un'emergenza.»

«L'assassino ha lasciato il pacco qui, in mezzo al parcheggio del centro commerciale.»

Hotch era tutto preso dalla spiegazione della guardia giurata, e Gideon analizzava quel poco che era stato ritrovato nei pressi della galleria commerciale di Reno.
«Perché nessuno ci ha chiamati prima?»
«Lasciano sempre qualcosa a quell'angolo per chi viene a chiedere la carità qui. Ma stamattina questo pacco odorava così tanto... l'abbiamo aperto e abbiamo trovato...»
«Grazie, ci siete stati molto utili», tagliò corto Gideon, congedando il personale con la sua solita cortesia.
Beatrix se ne stava da parte: contrariamente al loro luogo di provenienza, in Nevada c'era un bellissimo sole che l'aveva costretta a indossare le lenti scure, ma non era certo quello il suo problema.
Non poteva dire di non essere pensierosa dopo la missiva mattutina, questione che la stava distraendo tanto da farla disinteressare al caso.
Durante il volo era stata meno chiacchierona, più chiusa, e da fuori poteva sembrare che analizzasse quel poco che avevano sui cadaveri.

In realtà non li ho proprio calcolati.

«Questo è il terzo ormai, perché non ci hanno chiamati prima?» domandò Hotch
«Non ne ho idea. Magari hanno tentato di trovare una spiegazione da soli», rispose Gideon, «Quel che è strano è il modus operandi.»
Morgan si avvicinò, chinandosi sul pacco: due braccia, due gambe e una testa.
«Il tronco dov'è?» fu il naturale quesito.
«Forse se l'è tenuto come feticcio», mormorò Gideon.
«Un feticista?»
«Può darsi. Anche se il tronco è davvero troppo grande per essere un feticcio. E può essere impersonale, a meno che non vi siano tatuaggi, cicatrici o cose del genere.» Si alzò,
«Per fortuna, abbiamo il resto. Dobbiamo analizzarli e vedere cosa nascondono.»
Morgan si guardò attorno, «Abbiamo altri arti a disposizione?»
«Sì, ma c'è un particolare», precisò Hotch, «questo è già il terzo cadavere ed è la prima volta che manca un tronco.»

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