Lunedi 9 ottobre 2011
Mi sveglio prestissimo, è ancora quasi buio quando esco a correre, poi un po' sudaticcio vado al bar di Luca e prendo la torta, il pasticciere ci ha scritto sopra «Auguri Brenda 15» e me la porto via tutto contento nonostante sia piena di carboidrati che mi guardano e sogghignano. Non si dovrebbe partire dalle torte a stimarsi come genitori ma mi sento felice di quello che ho organizzato.
Attraverso un po' di telefonate sono risalito alla compagna di banco di Brenda, Caterina, la Cate, poi da lei ad alcune ragazze con cui va almeno d'accordo. Sarà una microfesta con sei persone, le regalerò un iPhone 4 che tanto adesso esce il 4S e me lo hanno pure scontato. Con quello potrà «Pinnare» tutte le immagini che vuole.
Arrivo a casa ed è sveglia, ha fatto la colazione come se fosse un giorno qualsiasi, esce dopo pochi minuti, sembra tutto come al solito ma se la guardo bene mi sembra leggermente più serena. Vagheggio che sia merito del mio «Buon compleanno Brenda!» che ho detto appena arrivato, ma forse era già così.
Alle tre di pomeriggio chiudo il negozio, recupero le "amiche" di Brenda che cazzeggiano fotografando i demo che ogni tanto metto in vetrina. Per me non ci sono grandi differenze fra di loro, sono quattro e mi sembra starnazzino più o meno nella stessa maniera. Poi una mi guarda e fa:
«Aspe aspe madò! Ma te fai il buttafuori, vero?!» e inizia a frizzare come una aspirina.
«A volte si».
«Non ci credo! Te sei quello che facevi il buttafuori al Wave quest'estate! Ma non ci credo! E m'hai fatto pure cagare addosso che pensavo che mi rimandavi indietro!».
Come un fiume in piena, si mette a raccontare alle altre tre la storia della serata e tutti gli accorgimenti che aveva usato per sembrare più grande e farmela franca, si sta divertendo troppo nella sua convinzione di avermi fatto credere di avere diciott'anni. Quando il fiume inizia a rientrare nell'alveo, la stoppo dicendole «Tesoro, non mi sognerei mai di fermare veramente quelle di sedici o diciassette anni. Fermo quelle di quattordici. E se fanno le capricciose fermo anche le quindicenni come te, ma se stai cagatina, sei sempre la benvenuta alla porta di Gek» le altre si mettono a ridere al "Cagatina" ed immediatamente la tizia viene soprannominata Tina come quella di Uomini e Donne, ed è tutto un Maria-io-esco.
Pure per salire le scale starnazzano come delle anatrine, sulla porta Tina mi ferma dicendo «Ti prego possiamo fare un selfie?» e lo scatta prima ancora che dica di si, poi lo mette su un social network con la didascalia «Anche stavolta il buttafuori ci fa entrare #MariaIoEsco» e una serie di altre parole assurde precedute dal cancelletto, entriamo precipitandoci a urlare «Buon compleanno!» e le compagne abbracciano Brenda.
E lei sorride, sembra a disagio per tutti quegli abbracci, quel passarsi di mano i telefoni guardando le foto e i selfie, ma è evidentemente contenta.
Lo è ancora di più quando tiro fuori una torta a forma di riccio diffidente e le compagne si fiondano a fotografarla, e poi a filmare lei mentre scarta il regalo urlando «Brenda's unboxing!» in un inglese talmente accentato all'americana da far ridere. Lei estrae l'oggetto e le altre fanno le isteriche al posto suo. Ha gli occhi più felici del solito, lo so, è solo un cellulare e di sicuro ci combinerà qualche guaio con 'sta cosa dei selfie, ma almeno per la prima volta, con uno sforzo, mi sembra di averla resa meno distaccata.
Il paio di ore passa in maniera particolare, Brenda più che altro ascolta le altre parlare, ma non mi sembra dispiaciuta di quel setting, Tina mi sta troppo appresso, fa un sacco di domande sui locali da ballo e sui tatuaggi, io mi dilungo in spiegazioni ed aneddoti e poi arriva il momento del dare aria ai denti.
«Io vorrei farmi tatuare I LOVE ROBERT PATTINSON» e il terribile miscuglio tra amori da fiction e tatuaggi prende il via, dopo cinque minuti devo fermarle.
«Ragazze, io non sindaco mai ciò che vengono a chiedermi di mettere sulla pelle, a parte simboli estremisti e riferimenti alle droghe, che non è il vostro caso, spero».
«Io sono estremista su Pattinson, giuro» e ridono.
«No, ragazze, mi permetto di dire questa cosa a voi perchè per ora non siete clienti: il tatuaggio è una cosa che resterà per sempre sulla vostra pelle».
«Ma ho sentito che si può togliere!».
«Ma non devi partire da questo, devi partire da qualcosa che sarà tuo in eterno. Prova a immaginarti tra vent'anni: avrai trentacinque anni, magari un moroso, magari lo starai cercando, e lui ti vedrà una bella pataccona con scritto I LOVE ROBERT PATATRAC o quello che è» strappo loro un'altra risata «Mentre il vostro Robert avrà cinquant'anni e la gente manco si ricorderà dei film che ha fatto».
«Impossibile! Robert è eterno!» starnazzano.
«Il tatuaggio è l'arte di rappresentarsi, magari in maniera figurativa, o con parole, o con ahimè frasi. Non deve essere il come vi sentite oggi, ma il come siete fatte dentro. Siete impulsive, siete meditatrici, siete solari, siete ombrose, siete delle cavalline selvatiche, siete delle bradipe, o che ne so, la città che vi ha cresciuto, o il mito che vi ha ispirato, una data fondamentale, un aspetto fondamentale come la fortuna».
Involontariamente inizio a descrivere alcuni miei tatuaggi e le loro motivazioni. Sono prevalentemente cose serie, importanti, che hanno marcato la mia vita, ma cerco di mettergliela giù in maniera leggera. Stanno zitte e buone, tutte quante, alla fine smetto e Tina fa «Brenda ma il tuo tutor è il mio idolo assoluto».
Alla spicciolata vanno, rimaniamo io e Brenda, che si mette a sparecchiare, la guardo e le dico «Certo che non cambi proprio» e le tolgo di mano i piatti.
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