Domenica 26 giugno 2011
Alla domenica spesso ho sonno perchè per tirare su due soldi, se non sono sdrenato dal lavoro allo studio, faccio il buttafuori al Wave One, e questa è una di quelle domeniche, che normalmente passo a dormicchiare sul lettino in spiaggia. Oggi invece, con un macigno sulle membra, aspetto il treno che dovrebbe arrivare a mezzogiorno e un quarto. La stazione di Cesena è immersa in un caldo umido orrendo, mi si appiccica la canotta alla schiena, la banchina sa di unto e sudore stantio, sbadiglio continuamente senza ritegno.
Il treno è preceduto da una folata di aria che mi regala cinque secondi di fresco, poi si aprono le porte automatiche ed escono diverse persone cariche di bagagli, alcuni sono turisti, altri chissà cosa sono venuti a fare qua, di domenica, con questo tempo.
Cerco la ragazzina in base alla descrizione che ne ha fatto Davide, ma è lei che trova me. Ha la faccia un po' sbattuta, è magra, non è altissima, tiene i capelli neri fermati in una semplice coda di cavallo, una canotta anonima grigia su dei pantaloncini da calcio o basket al ginocchio che coprono le gambe molto asciutte e bianche.
Si sistema gli occhiali, mi saluta dicendo «Ciao»..
Evidentemente non c'è nemmeno da chiedere se sono o non sono Gek, evidentemente i Gek si riconoscono con facilità, anche perchè siamo rimasti solo io e lei sulla banchina.
«Si, tu sei... Brenda».
«Si» e si allunga un momento di silenzio che rompo dicendo «Io spero che non sia un problema, ma sono venuto in moto per evitare la coda e non morire di caldo dentro la macchina, te la senti?» e le porgo il casco, averne due serve sempre.
Lei ci guarda dentro come per verificare che non ci siano cose tipo procioni morti, e lo mette meccanicamente, ci mette un po' ma lo allaccia da sola, montiamo e sento l'impaccio di dove tenere le mani.
«Se non sai dove tenerti prendi da qui e stringi, al massimo mi graffi» ma il suo tocco è leggero e per tutto il viaggio, e immagino che non possa che essere così. Appena entrati a casa telefona a Davide, lo tranquillizza che è andato tutto liscio con frasi brevi e con un tono quasi distaccato, sembra stia dettando dei telegrammi. Oramai è l'una e mezza, ho lasciato l'appartamento in totale penombra per non rischiare di ritrovarmi in un forno a microonde. Le chiedo se ha fame ma dice di no, allora le faccio vedere la mia camera riadattata: una stanza di forma quasi quadrata, esposta a ovest, con una porta finestra che dà in un minuscolo terrazzino. La tapparella a mano, di vecchia foggia, è tirata giù quasi del tutto, gli infissi sono vecchioti ma tengono.
«Non è lo Sheraton ma d'altronde Cervia non è New York» ho una risata un po' sforzata, le faccio ventisette domande sulla sistemazione della camera, su come è andato il viaggio e sul fatto che è caldo ma che siamo in un posto di mare quindi c'è il mare, lei risponde a monosillabi.
«Mangio qualcosa, poi se vuoi ti porto al mare» le dico e immaginando la risposta a monosillabo, mi salto un petto di pollo e lo metto a tocchetti sull'insalata, lei è in camera a guardare in giro mentre disfa una specie di grande borsa da ginnastica.
Anche se la porta è aperta busso lo stesso. Ha tirato su la tapparella, il sole entra lateralmente, fortissimo, assieme al caldo.
«Se vuoi andiamo al mare, ma poi giuro che una volta lì ti lascio stare».
«Si, grazie» e non capisco se il grazie è riferito all'andare al mare o al lasciarla stera.
«Senti, io di solito vado da un mio amico che ha un bagno a Milano Marittima, c'è un ombrellone, usalo liberamente, poi una volta che sai dov'è sei libera di andare più o meno dove vuoi anche se, dato che sono responsabile per te, magari le prime volte non andare troppo in giro o che so, sai...».
Il suo sguardo sembra dirmi «Ma che viaggi ti fai?» e me ne sto zitto per il resto del tempo in cui usciamo di casa e raggiungiamo lo stabilimento. Nicola il Figlio del Bagnino non c'è, ma c'è suo padre Loris con cui chiacchiero un po', al bar butto qualche battuta alle tipe di quest'anno, presento Brenda, e mi accorgo che il mio «Chiacchiero un po'» per lei equivale a «È qui a parlare da un'era geologica» così scendiamo in spiaggia, una fornace dove la sabbia letteralmente scotta.
Mi addormento in fretta sotto al parasole del lettino, mentre lei giocherella con un Galaxy Next all'ombra. Quando mi sveglio due ore dopo è ancora all'ombra a giocherellare più o meno nella stessa posizione. So che non è bello per un adolescente ricordare la scuola una volta finita ma mi sembra un argomento accettabile per scambiare due parole e per circa dieci minuti faccio domande ad minchiam ottenendo poche frasi che vadano oltre le tre parole. Però tre parole sono già meglio che i monosillabi.
Ogni mezz'ora le chiedo se è stanca o se vuole tornare a casa, dato il primo giorno piuttosto impegnativo, non capisco se si trova bene o se si trova male, così verso le sette salgo a fare l'aperitivo.
Al bar c'è un gran casino, il bancone è lungo ma preso d'assalto dai turisti. i due chiringuiti messi all'altro capo non sono da meno. È anche comparso Nicola che si sarà svegliato da due ore.
Non perchè ci vado io ma Nicola ha ristrutturato il bagno in un maniera veramente sontuosa: vetro, bianco, legno, vegetazione. L'aperitivo è sempre incasinato, lui lo fa in grande stile col DJ e la gente che balla in una zona che si può considerare a tutti gli effetti una pista, attorniata da divanetti di plastica intrecciata. Ormai è un marchio di fabbrica.
Brenda è sul lettino che giocherella ancora con lo smartphone quando butto un occhio alla spiaggia, pur essendo milanese non è abituata agli aperitivi, per la prima volta mi rendo conto che essermi preso la responsabilità di qualcuno limiterà sul serio la mia libertà. Smetto di guardare alcuni culi sontuosi, finisco il coca&rum e la vado a recuperare.
«Ti va una pizza?».
«Ok».
«Ma la vuoi tonda o al taglio, o a spicchi?».
Ci pensa, poi dice «Un paio di spicchi» e la porto dal Mela, ma con lui non riesco a parlare perchè ha una fila di gente che fa schifo alla crisi economica, è lui che mi fa cenno di avvicinarmi, mi dice di mandargli l'ordine via cell così aggiro la fila. Mi siedo con Brenda in un tavolino, fuori dal locale a cui non daresti due lire per quanto è ordinario, invece c'è sempre ressa. Lei guarda l'elenco delle pizze al taglio e delle pizze a spicchi, poi alla fine chiede due margherite, io mando il messaggio con due margherite e due verdure, poi mi accomodo.
«Com'è andato il primo giorno di vacanza?».
«Bene».
«Eri mai stata in Riviera?».
«No, mai».
«È un po' incasinata ma poi ci fai l'abitudine, magari questi primi giorni forse ti annoierai perchè non conosci gente, ma poi ti rifarai».
«Non ti preoccupare, non mi annoio».
«Beh, se posso esserti di aiuto volentieri».
Preferirei mille volte che mi dicesse che sono un ipocrita peloso che cerca di parlare con lei per capire se non è troppo matta per poterle fare da padre surrogato e in caso contrario rimandarla al mittente come un pacco. Invece se ne sta lì con i monosillabi e la coda di cavallo.
Domani lavorerò tutto il giorno e lei dovrà arrangiarsi, volevo dire ancora alcune cose importanti ma giuro che mi passa la voglia. Mi sforzo.
«Domani sarò a lavorare, tu sai che la spiaggia è tutta tua, la bici per te in garage c'è e la strada non è difficile e se ti perdi chiamami pure, ok».
«Ok».
«Mangia pure al mare a pranzo, Nico lo sa e poi alla fine della vacanza facciamo i conti, tranquilla adesso per i soldi. Poi domani sera quando chiudo vengo a fare un salto là e magari torniamo insieme».
«Ok».
«Ti direi stasera di fare un giro ma mi devi scusare, sono stanchissimo in questi giorni, e domattina mi devo svegliare presto per finire un bozzetto. Quando vai al mare basta che ti tiri dietro la porta di casa».
«Ok».
Sono tentato di alzarmi e vedere dove ha l'interruttore, magari se lo giro dice anche altre parole.
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