Capitolo 32
Sono allibita, delusa, tramortita. Mi sento completamente svuotata.
Rimango immobile, in mezzo al corridoio, a ripercorrere con la mente gli eventi appena trascorsi.... Perchè sono così stupida? Perchè, non mi decido, una volta per tutte, a fregarmene? A rendermi conto di come le cose stanno realmente.
Le persone sghignazzano, chiacchierano tra loro, all'oscuro del tornado di emozioni nel mio petto.
Devo assolutamente riprendermi, non posso lasciarmi sconfiggere da lui, non posso dargliela vinta. Non vedrà mai più l'Anthea di una volta, nessuno la vedrà più. Anthea è tornata con i piedi per terra.
Faccio retro-front, e per poco non vado a sbattere contro una figura ignota: Sheyla.
Mi squadra da capo a piedi, e il suo viso si incupisce quando scorge i miei occhi gonfi, i miei pugni stretti, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
«Che è successo?», esordisce, chiaramente preoccupata.
Non ho intenzione di dare spiegazioni a nessuno, quindi la liquido con un cenno della mano, supplicante di non indagare oltre. In un altro momento mi sentirei in colpa per un trattamento del genere, ma non oggi. Voglio dire, lei non c'entra nulla in questa faccenda, ma non sono in vena di doverle raccontare tutto. Non ne ho le forze, non più.
Mi dirigo a passo spedito verso il bagno, e mi ci catapulto dentro.
Due ragazze mi squadrano, quando sbatto la porta, ma subito dopo riprendono a sistemarsi ciuffi di capelli con delle forcine, ridacchiando sonoramente.
Raggiungo il lavandino, e specchiandomi, non ne riconosco il riflesso: occhi gonfi, stanchi, le occhiaie leggermente pronunciate, il trucco colante, la fronte corrugata.
Com'è possibile che un ragazzo abbia potuto ridurmi in questo stato? Com'è possibile che io abbia lasciato che mi riducesse in questo stato?
Mi sento ridicola, ricordando la spensieratezza di stamattina nel tentativo di sembrare carina per lui. Lascio scorrere l'acqua gelata nel lavandino, iniziando a fregare violentemente il viso, nell'intento di eliminare qualsiasi traccia del mascara.
Una volta terminato, e osservando il mio volto completamente acqua e sapone, un lieve senso di soddisfazione mi scuote. Tuttavia, questa sensazione non sarà destinata a durare a lungo.
[...]
Sono esattamente due settimane che non ci rivolgiamo la parola.
Il dolore è un po' meno forte, o meglio, sembra essersi leggermente ovattato nel corso del tempo: ora rimane solo la delusione.
Quando ci incrociamo nei corridoi, lui evita il mio sguardo, e io evito il suo, nonostante le numerose tentazioni di strattonarlo, di chiedergli perchè ha deciso di scombussolarmi la vita, proprio quando finalmente stava prendendo la piega da me ardentemente sperata.
Passo le giornate a fingermi felice agli occhi degli altri, specialmente a quelli di Sheyla e dei miei genitori, che non ho intenzione di far preoccupare. Inoltre, finalmente ho il tempo che mi serve per concentrarmi sugli studi: mi impegno molto, essendo una delle poche distrazioni che riesco a concedermi, e i risultati cominciano ad arrivare.
Mi chiedo, però, come possa essersi capovolto tutto in così poco tempo: a inizio anno, mi sentivo così al sicuro, avendo vicino due ragazzi così speciali, per me. E ora? Ora, le persone su cui contavo di più, non hanno esitato a deludermi.
Penso che la mia amica, nonostante i miei tentativi, sia riuscita a captare qualcosa di diverso in me, soprattutto dopo avermi vista in quello stato, quel giorno. E beh, sta tentando in tutti i modi di farmi uscire dal guscio, di invitarmi in tutti i modi a prendere parte ad una delle feste di Travis, che sta ancora frequentando.
Tuttavia, in questo periodo, la sera, preferisco barricarmi a casa, lanciarmi sul divano e godermi una dozzina di puntate della mia serie tv preferita, gustandomi del buon gelato.
Ed ora eccomi qua, avvolta nel mio morbidissimo pigiama, con le lacrime agli occhi di fronte ad una scena d'amore struggente, e un gelido cucchiaio tra le labbra. Non posso fare a meno che sentirmi come Bridget Jones in uno dei suoi film.
Guardo il calendario: tra poco sarà Natale. Ho sempre adorato la festa natalizia, tuttavia quest'anno probabilmente lo considererò un giorno come un altro.
Osservo lo scintillio delle lucine colorate che avvolgono l'albero di fronte al caminetto, e non riesco a fare a meno di tornare indietro nel tempo di una decina di anni: l'atmosfera era forte, la curiosità di scoprire i regali che il caro vecchio Babbo Natale aveva lasciato sotto l'albero ti logorava dentro, le canzoncine dei bambini del coro riempivano ogni quartiere della città oltre che il tuo cuore, la neve candida che, puntualmente, scendeva a fiocchi.
Non capisco, e non capirò mai, la fretta dei bambini di crescere.
Io stessa, da piccola, non vedevo l'ora di frequentare le scuole superiori, di iniziare ad indossare determinati vestiti, iniziare a truccarmi, trovare il fidanzatino perfetto, uscire con gli amici alle feste, senza ordini, senza punizioni.
Mi ero creata nella testa questa scaletta di cose meravigliose che potevo fare, ma che ora, tuttavia, scopro trovarle completamente futili. Non sempre le cose vanno come speriamo... e ora come ora vorrei solamente costruire con le mie stesse mani una macchina del tempo, per poter ritornare a quei meravigliosi momenti in cui, se qualcosa ti turbava, qualcosa come un temporale, o un rumore che ti risultava spaventoso, potevi semplicemente rifugiarti tra le rassicuranti braccia dei tuoi genitori.
Certo, oggi quello che mi turba non è più una tempesta, o un ramo che sbatte contro la finestra, o ancora il buio sotto il letto, ma qualcosa di peggio, e tutto quello di cui avrei bisogno ora, è la sensazione di rassicurazione da parte di qualcuno. Che tuttavia, non ho.
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