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Capitolo 29

Usciti dal locale, finalmente, si decide a posarmi a terra. 
Inspiro l'aria fredda, prima di emettere uno sbuffo, esasperato. 
  «Be', ti ringrazio, eh... ». Mi sistemo la gonna, stropicciata.
La testa continua a girare ma, respiro dopo respiro, la sensazione sembra attenuarsi, almeno un po'.
Ian non risponde. Ha l'aria seria, quasi delusa, e un'inspiegabile senso si colpa mi pervade dalla testa ai piedi. Non gli devo spiegazioni, non gli devo nulla. Sono una ragazza di nemmeno 19 anni, ho diritto di divertirmi, come chiunque. 
Eppure, il suo sguardo, sembra essere diventato, per me, un macigno, che mi schiaccia, pressante, lo stomaco. 
Mi porge, senza rivolgermi la parola, qualcosa di indefinito, che la mia visuale leggermente contorta del momento non mette bene a fuoco. 
Sobbalzo, però, quando identifico il casco bianco e nero, ma capisco subito. Non ho intenzione di alimentare la sua ira, la sua rabbia, la sua confusione. Non so nemmeno io di cosa si tratti, ma ho come l'impressione che se dovessi obiettare, se mi mettessi a fare una delle mie sceneggiate lui esploderebbe. 

Mi guardo attorno, incerta sul da farsi. Dovrei davvero lasciare qui la mia migliore amica? Devo salire su quella moto, che Ian sta montando proprio ora? 
Sono quasi certa che Sheyla sia in buone mani, o meglio, lo sono dopo aver ascoltato la minaccia di Ian agli amici, e dalle loro espressioni capisco che... be', non si assumeranno il rischio di scoprire se Ian faccia sul serio o meno.
Sono titubante, è vero, ma è anche vero che, purtroppo, non posso fare a meno di pensare a lui, di volerci passare più tempo possibile, inutile negarlo. 
Voglio saperne di più, sempre di più di lui. E l'unico modo per comprendere cosa passi continuamente in quella testolina scompigliata, è dargli corda, almeno per ora. 
Il pensiero, o meglio, la fantasia, di un Ian che lascia sola una come Evelyn, solo per venire in un locale, trascinandomi via, mi fa sorridere, speranzosa. Ma tutti sappiamo che, trattandosi di una fantasia, è decisamente contorta. 
Mi lascio prendere dal momento, dall'atmosfera, o molto più probabilmente dall'alcol, che mi sussurra di godermi ogni attimo che mi viene offerto. 
Mentre Ian mette in moto il veicolo, scorgo sul suo volto un accenno di sorriso, quando, con molta meno fatica della volta precedente, monto a cavallo della sua R nineT. 
Mi sento improvvisamente sollevata. Forse, dopotutto, non ce l'ha con me. Forse, alla fine, non ho rovinato tutto, o almeno non più di quando lui non abbia già fatto, ricorda il mio dannato subconscio. 
  «Portami a casa di Sheyla, stanotte passo la notte lì », lo avviso.  
Mi stringo a lui, senza che ci sia bisogno di dirmelo, inalando a pieni polmoni il profumo che, giorno dopo giorno, secondo dopo secondo, si fa sempre più indelebile in me. 
Cerco di godermi quegli istanti, di imprimerli bene nella mente: dal vento che mi scompiglia i capelli, al rombo tuonante della moto. Non so quando, o se, potrei provarli nuovamente. 
Ian mi sconvolge, mi fa ingarbugliare le interiora, mi fa scoppiare la testa, tutto in una volta. 
Prima fa il gentile con me, mi fa sentire come se fossi l'unica che riesce, in qualche modo, ad arrivare a lui, per poi, in una frazione di secondo, rimpiazzarmi. Ed ecco che il circolo vizioso ricomincia.
Eppure, continuo a sperare che, prima o poi, qualcosa in lui possa cambiare, che inizi, definitivamente, a vedermi con occhi diversi. 
Mi sembrano passati poco più di 5 minuti, quando la moto si ferma in un parcheggio buio, e dall'altra parte della strada scorgo l'imponente casa di Sheyla. 
Stropiccio gli occhi, mi sono persa nei miei pensieri e il tempo è volato. 

Ian mi aiuta a scendere dalla moto, porgendomi la sua mano, fredda e morbida. 
Sfilo il casco, restituendoglielo, quando lo sistema sul sellino della moto. 
Mi sento intorpidita, paonazza, imbarazzata. Non riesco a dire una parola, non so cosa mi prenda. Sono diventata di pietra... Lui però, smorza il silenzio, accarezzandomi la guancia con il pollice... Scrutandomi attentamente.
Un gesto così inaspettato, così dolce, in un attimo è in grado di sciogliermi completamente. 
Ci fissiamo per un tempo che mi pare un'eternità. La luce del lampione proprio sulle nostre teste, in un contrasto netto con l'oscurità circostante, gli illumina i lineamenti perfetti, mettendo in risalto gli occhi, che diventano del colore del ghiaccio. 
  «Non bere più», sussurra, in tono di supplica... Lo sguardo spaesato, quasi impaurito, e tutto d'un tratto riesco a dare concretezza al senso di colpa di poco fa. Ripenso ad un Ian più giovane, che fa cadere il telefono fisso alla notizia della sorella, in coma. 
Una lacrima mi riga la guancia, ma lui non sembra stupirsi. Semplicemente, me la asciuga, continuando ad accarezzarmi, per poi prendermi per il mento, costringendomi a mantenere lo sguardo. 
Il tempo sembra fermarsi. Non credo che sensazioni del genere si possano provare con chiunque, e mi domando perchè, perchè lui. Perchè non posso semplicemente provare sensazioni simili per qualcun altro, qualcuno che riesca ad aprirsi con gli altri con facilità? Qualcuno che non mi faccia soffrire, che non mi faccia impazzire. 
Ma non appena lui si avvicina a me, il suo volto a pochi centimetri dal mio, tutti questi pensieri spariscono, e di colpo, capisco che non troverò ancora una risposta, per oggi. 
Le sue labbra si posano, delicate, sulle mie, e un brivido mi scuote completamente. 
Chiudo gli occhi, e mi abbandono a quel bacio, un bacio che in un certo senso mi sembra di avere già provato, ma al tempo stesso nuovo, diverso. Un bacio dolce, che, nonostante l'alcol in corpo, so che non dimenticherò tanto facilmente. Di cui mi pentirò, forse, ma al momento, non importa. Non importa più di nulla, voglio lui, e solo lui.
Avete presente quando, da bambini, al mare, cercavate di trattenere il maggior tempo possibile il respiro sott'acqua? Quando, ad un certo punto, sobbalzavate pensando di non riuscire più a risalire? E quando, infine, riemergevate, inspiravate a pieni polmoni l'aria fresca, ma continuavate imperterriti, nonostante quella sensazione terrificante, a voler riprovare, a ri-immergervi, sperando di ottenere un risultato migliore del precedente?
Ecco, Ian mi fa sentire così. Spesso mi spinge a fondo, impedendomi di respirare, ma quando riesco finalmente a risalire, a convincermi che merito altro, voglio assolutamente riprovarci. 
Mi toglie il respiro.







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