Capitolo 76
Canzoni del capitolo:
• lovely billy eilish ft khaid
• Another love by Tom Odell
*Miriam's Pov*
Philipp è ormai via da più di dieci minuti. Cerco di ingannare l'attesa leggendo di nuovo il menu.
Le mani mi tremano. Mi ripeto che andrà tutto bene.
È la prima volta, dopo tanto tempo, che non passo una serata normale come questa. Mi sembra strano, ma allo stesso tempo sono felice. Non nego di avere un po' di ansia. Le persone bisbigliano. È tutto tranquillo, finché non vedo un ombra apparire davanti a me.
« Signorina, è qui da sola? »
Alzo leggermente la testa. Di fronte a me, c'è un uomo in divisa. È un poliziotto. Cerco di restare calma e con tranquillità, cercando di essere il più convincente possibile, gli dico:
« No. Sono qui con mio marito. Tornerà a breve. »
Il poliziotto mi osserva attentamente. Ingoio una quantità di saliva. Respiro a stento. Il poliziotto continua con le domande:
« A quanto vedo, lei non è tedesca. Neanche polacca. Mi dica, da dove proviene? » mi chiede, sospettoso.
« Sono francese. Sono venuta qui perché mio marito lavora qui. » spero di averlo convinto e prego che se ne vada al più presto.
« Non lo metto in dubbio. » mi guarda dritto negli occhi e si avvicina più scrupolosamente a me. « Pero, vorrei vedere i suoi documenti, per favore. D'altronde è la prassi. »
Il mio cuore manca di un battito. E ora? Cerco di inventarmi qualcosa... qualsiasi cosa.
« Guardi mio marito arriverà a breve. Le posso assicurare che... » non mi fa finire la frase, anzi diventa sempre più irrascibile.
« I suoi documenti. » mi dice, a comando.
Sento le gambe tremare. Mi aveva zittito con sole poche parole. Volevo gridare a squarciagola che non avevo i documenti. Non avevo più nulla. Ho la lingua incollata al palato e rimango a fissarlo in silenzio.
« I suoi documenti. Mi faccia vedere i suoi documenti! » esclama, alterato.
Le persone si voltano a guardare la scena. In questo periodo, alla gente piace vedere scene simili, altre provano compassione. Quest'ultime ormai sono veramente poche.
« Che sta succedendo? » a noi, si avvicina un ufficiale delle SS. È alto, il suo volto incute paura e timore. Come tutti loro del resto. Io non oso proferire parola. Ho le gambe paralizzate dalla paura.
« Questa puttana, non vuole farmi vedere i documenti. » gli spiega, il poliziotto.
L'ufficiale si gira verso di me e si avvicina con aria minacciosa.
« Allora, non hai sentito? Dove sono i suoi documenti?! » urla.
Io provo a non scoppiare a piangere. Philipp, ma dove sei?!
« I suoi documenti! » poi, inizia a urlami in tedesco. « Dì la verità, sei una sporca ebrea, non è così! Lurida puttana! »
Sento che sto per svenire, quando sento la voce di Philipp.
« C'è qualche problema? Perché sta urlando a mia moglie in quel modo?! » Philipp si abbatte come una furia. Io scoppio a piangere. Ringrazio dio per essere venuto in tempo.
L'ufficiale guarda Philipp. E sul suo volto appare un sorriso beffardo:
« Questa è sua moglie? »
« Sì. Stia lontano da lei, come cazzo si è permesso di trattarla in questo modo, con simili accuse?! » Philipp e l'ufficiale si guardano in malo modo.
« Sua moglie non ha i documenti. » lo informa, il poliziotto. Sbaglio madornale. Philipp si gira verso di lui e gli esclama furibondo:
« Non credo ce ne sia bisogno. Questo le basta? Pezzo di imbecille! E ora, fuori dai coglioni! »
Philipp voleva sottolineare il fatto di essere un ufficiale delle SS, e questo non dava loro il diritto di chiedere i documenti. Il poliziotto, non contestualizza e se ne va. Ma l'ufficiale rimane al nostro tavolo.
« Mi perdoni, non credevo che suo marito facesse parte delle SS. » mi rivolge la frase in modo gentile.
Non oso guardarlo. Guardo Philipp. La sua espressione non cambia di molto. È ancora arrabbiato.
« E dove opera lei, se posso chiedere? » chiede, a Philipp.
Philipp si accede una sigaretta. « Sono uno di quelli che si impegna a eliminare la spazzatura. » tradotto in poche parole, voleva dire: uccido le persone nei campi. Philipp lo dice con soddisfazione.
« E lei è...? »
« L'Hauptsturmführer Philipp Hoffman. E lei? »
« Bruno Wagner. L'Gruppenführer Wagner. Sono a capo di una divisione di fanteria nelle Waffen SS. » dice, orgoglioso.
Philipp non si scompose più di tanto. « A capo di una fanteria? Di una misera fanteria... » il tono di Philipp si fa più cupo.
Io gli do un colpetto sul piede. Ma lui non ci fa caso e continua:
« Lei si rende conto della sfrontatezza che ha avuto? » beve un sorso di vino. « Non riesco a capire, come uno del suo rango possa anche solo pensare di vantarsene. » allude, sorridendo.
Guardo Philipp e poi Wagner. Si è creata una certa tensione. Philipp lo sta umiliando.
« Come, scusi? Ma come.. »
Philipp non lo lascia finire. « Non vedo nessuno qui, di grado superiore al mio. Posso e come. Vuole farmi rapporto? La sua opinione non conta un bel niente. Lei non conta assolutamente nulla. » Philipp lo dice con soddisfazione. Il volto di Wagner è paonazzo dalla rabbia e non contesta. Con un ultimo saluto, sbatte i tacchi degli stivali e se ne va.
« Coglione. » mormora, Philipp, mentre finisce di bere il suo ultimo goccio di vino.
Io rimango in silenzio per tutta la durata della serata. Paghiamo il conto e non appena siamo in macchina, Philipp mi chiede:
« Che hai Miriam? Va tutto bene? » è preoccupato. Vorrei dirgli il contrario ma non sarebbe servito a nulla. Mi conosce troppo bene.
« Sono ancora un po' scossa per quello che è successo. »
« So come ti senti. Mi dispiace, non volevo che accadesse questo. »
So che cerca di farmi star meglio. Ma non sto bene.
« No. Tu non sai come ci si sente, Philipp! Non lo sai. Dammi una valida ragione per la quale mi hai lasciata lì da sola. »
Philipp continua a guidare, mantenendo lo sguardo dritto verso la strada. Ora sono io che non capisco il suo silenzio.
« Ferma la macchina. » gli ordino.
« Cosa?! »
« Ho detto ferma la macchina! »
« Miriam, non dirai sul serio! »
Faccio per aprire la portiera. Non mi importa che l'auto sia ancora in corsa.
Philipp accosta. Scendo sbattendo la portiera. Philipp mi segue. Io non accenno a smettere di camminare.
« Miriam, sali in macchina! » esclama, Philipp, cercando di raggiungermi.
« Dimmi, allora, la motivazione! »
« E va bene! Ho visto Albrecht al ristorante. E abbiamo avuto una discussione. Contenta, ora? Non ti avrei mai lasciata da sola. Mai! Ma lo avevo visto in atteggiamenti intimi con una ragazza. E quella ragazza non era Friedri... Emily. »
Dopo aver sentito pronunciare quelle parole, torno indietro a spasso spedito verso di lui.
« Dimmi che non è vero... dimmi... » cerco di riprendere fiato e di non scoppiare a piangere. « Dimmi che non è vero! Stavano... stavano per portarmi via! » sono furiosa. Mi manca il respiro. Philipp non è arrabbiato. Vedo il suo sguardo triste. So che si sente in colpa. Ma sono troppo arrabbiata, e devo scaricarmi in qualche modo.
« Miriam, ti prego... lo so ho sbagliato. Credi che non lo sappia questo?! Tu non immagini lontanamente come mi sono sentito quando ho visto quei due vicino a te... ho avuto paura. Ho avuto paura di perderti. » si avvicina a me, toccando i capelli. « Ti prego, saliamo in macchina. »
Mi riprendo due secondi. Non volevo discutere su questo. Ho avuto molta paura e sapere che lui non era lì come me. Questo pensiero mi fa stare male.
Faccio come dice e salgo di nuovo in macchina. Per tutta la durata del tragitto rimaniamo in silenzio. Fino al nostro rientro a casa.
***
Sono passate tre settimane da quella sera. Io e Philipp non avevamo più toccato l'argomento. Ma, in questo periodo, ho notato, nei suoi atteggiamenti, il suo farsi perdonare. Non ho potuto fargli pesare questa situazione. D'altronde non se lo merita e l'ho perdonato. Philipp mi ha raccontato della questione su Albrecht. E debbo dire che anche a me non piace.
In queste settimane, abbiamo avuto un gran da fare. Philipp è stato molto impegnato. Ultimamente il campo è sovraffollamento. Aumentano i trasporti di internati verso altri campi. Molte volte il padre organizza delle cene a casa sua, ultimamente con altri ufficiali. Ma io ho il mio bel da fare. Tra la casa, il giardino e tutto il resto.
Questa mattina, però mi sento uno schifo. Non ho fatto altro che dare di stomaco. Forse è qualcosa che ho mangiato ieri sera. Avevo preparato del pollo con verdure. Dal sapore era buono. Anche Philipp lo ha mangiato con gusto. Quindi non credo sia stato il pollo.
Mi sdraio sul divano, devastata. E chiudo gli occhi per riposare un poco.
Sento il portone di casa aprirsi, e la voce di Philipp fa il suo ingresso:
« Ciao, amore. Sono tornato presto oggi. Fortunatamente. » mi informa, venendomi a dare un bacio a fior di labbra.
Io mantengo gli occhi chiusi e gli rispondo a versi. « Qualcosa non va? »
« Non sto molto bene oggi. Ho dato di stomaco tutta la mattina. Non credo che oggi mangerò. »
« Vuoi che chiami Mark? » mi chiede, preoccupato.
« No. Tranquillo è tutto ok. » mi alzo su un pochino. Philipp apre il giornale. Oltre che il vomito, ho anche i giramenti di testa e nausee. Spero che passi in fretta.
« Beh intanto che tu leggi il giornale, io vado a preparare il pranzo. »
« Vuoi che ti dia una mano? »
« Assolutamente. Tranquillo. » gli dico, dalla cucina, mentre mi metto il grembiule.
Dalla cesta prendo le verdure e inizio a tagliarle. Faccio dei piccoli respiri per farmi passare la nausea ma nulla.
Mentre finisco di tagliare i pomodori, la mano di Philipp si poggia sulla mia e mi leva il coltello.
« Ti vedo molto stanca oggi. » osserva, mentre finisce ciò che avevo iniziato.
Il mio viso pallido ne è la prova. Apro il rubinetto, e mi sciacquo le guance con dell'acqua fresca per darmi sollievo.
« Sto bene. » gli dico. Il mio sguardo si sposta sul tavolo. Vedo una busta contenente una scatola. L'apro e trovo dei pasticcini.
« Li ha fatti mia madre. Me ne ha regalati un po'. Sa che ti piacciono i dolci e così. »
« Che pensiero carino. Quando avrò l'occasione la ringrazierò di persona. » hanno un aspetto molto invitante. In effetti, ho un pochino di fame. Ne prendo uno al cioccolato e lo assaggio.
« Sono veramente buoni. » dico, finendo di mangiarlo.
« Che ti avevo detto? Mia madre è una brava cuoca. Ma da quando abbiamo la servitù... mi mancano i suoi piatti. » lo dice, mentre ne afferra uno. « mi chiede costantemente di te. E mi chiede se tu stia bene. »
La mamma di Philipp è un tesoro. Mi tratta come se fossi sua figlia. Ogni tanto viene lei a trovarmi. E ci facciamo delle lunghe parlate davanti a una tazza di tè.
« E gli altri come stanno? » domando mentre ne afferro un altro. Questa volta all'albicocca.
« Stanno tutti benone. » Philipp mi guarda insospettito, mentre finisco di mangiare il mio dolcetto all' albicocca. « Ma... non avevi mal di stomaco? »
« Infatti. Ma ho anche molta fame. » mando giù l'ultimo boccone. « E poi, due pasticcini che male possono fare? »
« Sarà... senti dopo pranzo ti va di fare quattro passi in riva al laghetto? È da un po' di tempo che non lo facciamo. » mi chiede, mentre rovescia la verdura nella pentola d'acqua.
« Beh perché no? Un po' d'aria fresca non ci farebbe male. » affermo, mettendogli apposto il colletto della giubba dell'uniforme.
Philipp mi bacia sulle labbra. Ultimamente non passiamo molto tempo insieme. Vorrei uscire di nuovo, ma l'ultima esperienza al ristorante mi è bastata. E la fine della guerra sembra sempre più lontana. Ma il 6 giugno accadde qualcosa di inaspettato. Sui giornali, avevo letto dello sbarco in Normandia. Lo avevano chiamato D-day. Quando lo avevo letto sul giornale, non ci potevo credere. Io e Leonard facevamo i salti di gioia. Ci eravamo messi a cantare e fare rumore con le pentole per tutta casa con mia che abbaiava e correva felice insieme a noi. C'erano tutti gli americani, gli inglesi, il Canada e la Francia. E da est i russi respingevano le truppe tedesche. l'unico che non partecipò ai festeggiamenti era stato Philipp. So come possa essersi sentito. Anche se ora è in disaccordo con l'ideologia nazista è pur sempre un tedesco. È pur sempre un soldato. In cuor suo, sperava che la Germania avesse qualche possibilità. In tutti questi anni, ha creduto in qualche miglioramento per la sua nazione.
Quindi voglio fare tutto ciò che mi è possibile per distrarlo.
Mentre prendo le posate, sento che è in arrivo un altro conato. Non è possibile! Lancio le posate sul tavolo e corro al primo bagno che trovo.
Alzo la tavoletta del water e do di stomaco. Sento Philipp, che apre la porta.
« No! Vattene via! » un altra scarica. Non voglio che mi veda in queste condizioni.
Mentre ne butto giù un altra, sento la mano di Philipp posarsi sulla mia fronte. Ho le lacrime agli occhi, per via dello sforzo. Do un altra scarica ancora, prima di tirar via lo sciacquone. Rimango seduta a terra, poggiandomi di schiena contro Philipp. Lui mi avvolge con le sue braccia da dietro. Io sono uno straccio.
« Non vado da nessuna parte. » mi sussurra, mentre inzuppa un fazzoletto nell'acqua fresca e lo passa sulle mie guance. « Miriam, non sono tranquillo. Devi farti vedere da un medico. »
« Philipp... sarà solamente un innocuo problema gastrico. Avrò mangiato qualcosa che non ho digerito. Tutto qui. » cerco di rassicurarlo.
« Ad ogni modo voglio che ti faccia vedere da un medico. Andrò a chiamare Mark. » dice, aiutandomi ad alzarmi.
« Ti prego, Philipp. Sto bene. Non voglio far scomodare Mark per una simile sciocchezza. »
Ma lui non mi ascolta. Alza la cornetta e inizia a comporre il numero.
« E va bene, andrò dal medico. Ma voglio decidere io chi mi visiterà. » gli dico, alzando gli occhi al cielo.
Philipp mette giù la cornetta. « D'accordo. Se questa è la tua richiesta. L'accetto. Però Miriam, se il tuo intento è di nascondermi il tuo stato di salute, sarà del tutto inutile. Lo verrò a sapere. »
Annuisco. So da chi voglio farmi visitare. E non sarà di certo Mark. È ora di andare a trovare una vecchia conoscenza.
Note d'autrice:
Sono tornata con il nuovo capitolo ❤️
Ho ricevuto i vostri mess scusate 🥺 non è che non volevo aggiornare ma non mi venivano idee. E preferisco che mi venga idee che scrivere lo stesso per poi che esca un capitolo brutto.
Anyway. Spero che questo vi piaccia ❤️
Ringrazio sempre chi legge, commenta e vota
Al prossimo capitolo
Un megabacione
Noemi.
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